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8 ~ miskowin

La situazione all'interno di quella sala da pranzo fu sicuramente una delle più singolari che fossero mai accadute.

Tra il tavolo riservato agli adulti e quello dei bambini, era infatti il primo l'origine di tutto lo schiamazzo e la confusione.
Tra i cinque, invece, vi era quasi il silenzio più assoluto, rotto solo di tanto in tanto da piccoli interventi di Mathis e, seppur ancora più raramente, anche di Jacob.

Dominik mangiò in silenzio, cercando di fingersi interessato alla conversazione che stava avvenendo tra i nove adulti (i due tavoli si trovavano infatti a solo mezzo metro di distanza l'uno dall'altro) per non rischiare di incappare per errore nello sguardo di Ethan.

Era da quando in corridoio gli aveva dato quella risposta, che continuava a fissarlo implacabile, neanche ci fosse tra di loro una gara di sguardi.
Quasi fosse convinto che, se solo lo avesse fissato abbastanza, fino a portarlo all'esasperazione, l'avrebbe fatto cedere.

- Oh, ecco, vedi... È un po' imbarazzante... - Aveva detto il moro solo venti minuti prima, sotto lo sguardo attento dell'altro bambino. - Devo proprio rispondere? -

Ethan aveva annuito lentamente con il capo. Se la curiosità fosse stata un qualcosa di tangibile, o almeno visibile, in quel momento Dominik l'avrebbe sicuramente vista circondare l'altro, risplendendo con un'intensità quasi abbagliante.

- E va bene, ma giurami di non dirlo a nessuno. -

- Giuro. -

Aveva subito risposto il bambino, pendendo completamente dalle sue labbra.

- La verità è che non c'era davvero nessuno lì con me in quel vicolo... - Gli aveva detto Dominik a bassa voce. - Stavo parlando con... Con il mio amico immaginario. -

Delusione. Questo è ciò che il bambino aveva visto riflettersi negli occhi di Ethan nel momento in cui aveva sentito la sua risposta.
Il bambino aveva quindi osservato il moro con lo sguardo assottigliato, quasi risentito, offeso che la sua spiegazione fosse stata così noiosa e banale.

- Hai dieci anni. - Gli aveva detto, come se con quella semplice affermazione avesse dimostrato ogni cosa. - Non è possibile che parli ancora con gli amici immaginari. -

- E invece è così... - Aveva sospirato Dominik con una leggera alzata di spalle. - Ovviamente non è che ci creda davvero o qualcosa del genere, semplicemente è... Divertente. -

- Divertente. -

Aveva ripetuto Ethan, continuando ad osservarlo con quello sguardo incredulo.

- Già. - Aveva ribattuto semplicemente l'altro, per poi tirare fuori il proprio cellulare dalla tasca della giacca. - Scusami un attimo, devo avvisare mia nonna che resto qui a pranzo o si preoccuperà. -

E ora eccoli seduti a tavola, alle prese con quella assurda gara di sguardi.

"Ma cosa vuole?"

Penso il Dominik sedicenne, osservando la scena della spalle del minore con sguardo a dir poco esasperato.
Alla fine la risposta che aveva dato a Ethan non era stata poi così lontana dalla realtà. Anzi, se gli avesse raccontato come stavano davvero le cose, probabilmente sarebbe giunto lui stesso alla conclusione che il moro avesse qualche rotella fuori posto e che ancora parlasse con gli amici immaginari.

- Sono davvero ottimi. -

Commentò tutto d'un tratto una donna dal tavolo accanto, la madre di Jacob, rivolgendosi a Dominik.

- Grazie. -

Disse subito il bambino, sorridendo nel vedere che tutti e nove gli adulti sembravano apprezzare i muffin che aveva portato.

- Aiuti spesso tua nonna in cucina? -

Chiese poi un uomo dall'aria calma e posata che il moro riconobbe subito come lo zio di Ethan.
Ora che ci pensava, era piuttosto strano che lui fosse l'unico a non essere venuto con i suoi genitori.

- Ogni tanto. - Rispose Dominik, leggermente a disagio sotto lo sguardo di ghiaccio dell'uomo. - E soprattutto con i dolci. -

A quello seguirono diversi altri complimenti, finché ognuno di loro non ebbe detto qualcosa, quindi la madre di Jacob, una donna dalle dolci labbra rosee e i capelli stretti in una morbida crocchia scura sulla sommità del capo, si rivolse ai cinque bambini.

- Dato che avete finito, perchè non uscite un po' a giocare? -

Mathis e Jacob non se lo fecero certo ripetere due volte: la donna non ebbe il tempo di finire la frase, che erano già sfrecciati fuori dalla sala da pranzo. Anche Zack, dopo giusto un attimo di esitazione, si affrettò a raggiungerli. Ethan invece si mosse solo nel momento in cui Dominik si alzò in piedi a sua volta.

"Quasi quasi avrei preferito che le cose fossero andate come ricordavo." Pensò il sedicenne, sospirando esasperato. "Meglio qualche muffin sparso per strada, che una zecca attaccata addosso. E questo adesso chi se lo toglie più di dosso?"

Certo, fare un'affermazione del genere era un'esagerazione da parte sua, non sapeva se avrebbe sopportato di vivere per una seconda volta quell'episodio, tuttavia era innegabile che Ethan stesse diventando una vera seccatura.
L'unica cosa positiva era che sarebbe stato impossibile per lui scoprire la verità da solo.

E intanto che rifletteva su quel fastidioso futuro bullo, si affrettò a raggiungere i cinque bambini, ormai arrivati nel piccolo parco giochi del quartiere, situato giusto in fondo alla strada, all'ingresso del parco più ampio del paese, che finiva con il confondersi con il limitare del bosco.

Una volta arrivati, Jacob e Mathis si affrettarono ad appropriarsi del dondolo, sedendosi alle due estremità dell'asse di legno.
Dominik si sarebbe diretto verso l'altalena, se solo Zack non si fosse già seduto su quella accanto. E stava quindi pensando a cosa fare, quando d'un tratto si rese conto della presenza di qualcuno.

Il sedicenne sbarrò gli occhi nel vederla, mentre il bambino non fece una piega e subito andò a sedersi accanto a lei, pensando che dopotutto anche stare semplicemente seduti sulla panchina fosse un'opzione  accettabile.

Njemile non disse una parola quando notò l'arrivo dei cinque e semplicemente continuò a fare ciò che stava già facendo.

L'adolescente non riuscì a fare a meno di sorridere nel vedere il pupazzo che la bambina teneva tra le mani, anche se gli mancavano ancora un occhio e una gamba, lo riconobbe all'istante: era proprio quello che Njemile si portava continuamente dietro, sempre presente, in ogni occasione.

Ricordava di essere rimasto sorpreso quando, la prima volta che era andato a casa sua, aveva notato l'inquietante collezione di bamboline voodoo esposta su uno degli scaffali della sua libreria.
Njemile gli aveva spiegato che si trattava di tentativi falliti, ma che comunque non aveva avuto il coraggio di buttare via (c'era sempre da ricordarsi che quelle bamboline erano state fatte tutte a sua immagine) e che quindi quella che ormai si portava dietro era la versione definitiva.

- Cosa fai? -

Il ragazzo sollevò il capo di scatto all'udire quella domanda.
A porgerla era stato Ethan, sedutosi sulla panchina accanto a Dominik.

Le spalle della bambina ebbero un piccolo sussulto all'udire quella domanda e, con leggero timore, volse lo sguardo verso i due bambini che le si erano seduti accanto senza che quasi se ne rendesse conto, presa com'era dal suo lavoro di cucito.

- È una bambola. -

Rispose semplicemente, sotto lo sguardo meravigliato dei due.

- Tenetevi a debita distanza! È per il vostro bene! -

Gridò d'un tratto Zack, che aveva osservato la scena dalla parte opposta del parco giochi, ancora intento a dondolarsi sull'altalena.

- Che succede? - Chiese Mathis allarmato, dato che dalla sua posizione rivolgeva le spalle alla panchina. - A cosa devono fare attenzione? -

- C'è la strega voodoo! - Gli rispose Jacob, il quale invece aveva un'ottima visuale, specialmente quando il dondolo si inclinava in modo tale da farlo finire a mezz'aria. - Ehi! Correte via prima che sia troppo tardi! -

All'udire quelle parole il sedicenne si sentì montare la rabbia, non sapeva se considerarla o meno una fortuna il fatto che in quelle condizioni non potesse andare a strangolarli.

Subito però si voltò verso Ethan e il piccolo sè, in attesa di vedere la loro reazione.

Cose del genere dovevano essere quasi nella norma per Njemile, perchè  non fece una piega, limitandosi a raccattare le proprie cose per andare via.
Era probabile che anche nella realtà dell'adolescente, quel giorno i cinque si fossero incontrati al parco giochi e quei quattro avessero iniziato a infastidirla, tuttavia c'era una cosa che decisamente non quadrava: lui stesso.
Lui avrebbe conosciuto Njemile solo dopo l'incendio, un anno dopo, durante quella fuga dai quattro bulli che l'avrebbe portato nel bagno delle ragazze al primo piano.

In qualche modo, stava venendo tutto stravolto.

- Che sciocchezze! - Sentenziò Ethan, facendo calare il silenzio e attirando su di sè lo sguardo di tutti i presenti, Njemile compresa. - Non ditemi che credete davvero a queste sciocchezze! Voodoo? Ma fatemi il piacere... -

Njemile, indecisa se prendere quell'intervento come un aiuto o un insulto, stava per andare via in ogni caso, quando Dominik, senza quasi pensarci, la fermò, prendendole delicatamente il polso.

Per quanto quella stretta fosse debole e incerta, la bambina sussultò a quel contatto e, sorpresa, rivolse i suoi occhi cerulei in quelli grigi del bambino.

- Come funziona? -

Le chiese lui quasi in un mormorio, come se si fosse reso conto solo in quel momento di cosa avesse appena fatto.

- Cosa? -

Replicò lei, assottigliando lo sgaurdo e liberandosi della sua stretta con uno strattone.

In tutta risposta Dominik accennò con il capo alla bambola che lei teneva tra le mani.

- Quello che ci faccio si ripercuote sulla persona che rappresenta. Ecco tutto. -

Rispose lei seccamente, ancora indecisa su come interpretare il comportamento di quello strano bambino.

- E chi rappresenta? -

Chiese il moro, sgranando gli occhi.

- Me. - Rispose Njemile, sollevando leggermente il mento e aggiungendo: - Ho intenzione di usarla per farmi i massaggi. -

Silenzio.

Per alcuni istanti nessuno fiatò, neanche Zack, Mathis e Jacob.

Quindi...

- Ma che figata! - Esclamò Ethan, riuscendo ancora una volta a rompere il silenzio con una semplice frase. - Sarebbe fortissimo se funzionasse sul serio! Ma ti immagini? - Chiese, ora rivolto a Dominik. - Tutte quelle ore buttate passate a cercare di raggiungere quel maledetto punto al centro della schiena che ha improvvisamente deciso di mettersi a prudere... Ne voglio una anche io! -

Gli altri cinque bambini lo osservarono con tanto d'occhi, sconvolti da un'uscita del genere.
Quindi Dominik e Njemile, dopo essersi rivolti uno sguardo perplesso, scoppiarono a ridere nel medesimo istante, presto seguiti da Ethan.

Il sedicenne invece, che stava osservando la scena almeno con la stessa incredulità di Mathis, Jacob e Zack, era rimasto a dir poco senza parole.

Era assurdo ciò che stava accadendo.
Il fatto che Ethan fosse così diverso dal solito, che lui avesse incontrato Njemile con un anno di anticipo, che i bulli si fossero fatti scappare ben due occasioni per prendersela con lui.

Però, forse...

"Forse ho capito cosa bisogna fare per evitare la tragedia di cui mi parlava Cîpay".

Pensò, osservando con un leggero sorriso sulle labbra i tre bambini, ancora nel pieno del loro scoppio di risa.

- ~ -

miskowin = l'atto di trovare il modo di risolvere un problema in maniera assolutamente inaspettata e imprevista

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