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4 ~ tipiskiskam

- Sai, è davvero strano il fatto che fino a ieri non sapevamo neanche l'uno dell'esistenza dell'altro, mentre ora non facciamo che incrociarci per caso. -

- Già. -

Concordò semplicemente il ragazzo, pensando che se avesse provato a negare o minimizzare la faccenda, non avrebbe fatto altro che sembrare sospetto.

Erano le sette di sera e il sole era ormai in procinto di tramontare.
Il sedicenne era rimasto nascosto nel bosco circa fino alle sei e mezza, poi, non appena aveva notato che stava iniziando a farsi buio, era andato via senza farsi notare, consapevole del fatto che presto Cîpay avrebbe detto al bambino di tornare a casa. Non permetteva mai che restasse nel bosco fino al tramonto.

- Vivi qui vicino? -

Chiese d'un tratto il bambino, prendendo a guardarsi intorno.

- Più o meno... - Rispose il sedicenne, per poi voltarsi in una direzione a caso e dire: - In fondo a quella strada. Nel piccolo condominio sulla destra. -

- Non è molto distante da casa mia. -

Commentò l'altro, cercando invano di sporgersi sulla strada in questione quel tanto che bastasse a fargli scorgere la suddetta abitazione.

- Vivi da solo? -

- Eh? - Replicò il maggiore strabuzzando gli occhi. - Ma quanti anni credi che abbia? -

In tutta risposta, l'altro gli fece spallucce.

- Ne ho sedici. - Si rispose da solo con un sospiro. - E no, non vivo da solo, ma con... Con mio zio. -

- Che fine hanno fatto i tuoi genitori? -

- Mia madre è morta di leucemia, mio padre si è suicidato poco dopo. - Rispose di getto, secco, senza neanche pensarci. - Ma avevo solo due anni quando è successo, quindi non posso neanche dire che mi manchino. Non ricorderei neppure che facce avevano se non fosse per alcune foto sparse per casa. -

Solo dopo aver parlato si rese conto di cosa avesse appena fatto e così, sgranando lentamente gli occhi, chinò lo sguardo sul minore.
Se solo non fosse stato così agitato, gli sarebbe venuto da ridere nel trovare il piccolo Dominik intento a fissarlo con lo stesso identico sguardo stralunato.

- Anche i miei sono morti nello stesso modo. E sempre quando io avevo due anni. - Disse il minore quasi in un bisbiglio, per poi farsi sfuggire un piccolo risolino soffocato. - La cosa inizia a diventare inquietante, sai? - Aggiunse poco dopo, in un tono che diceva "sto scherzando, ovviamente" e uno sguardo che precisava "ma neanche più di tanto".

A quel punto tra i due scese il silenzio. Ormai erano sul punto di salutarsi e proseguire ognuno per la sua strada, se non fosse stato per l'improvviso intervento di un ben noto sacco di pulci ambulante, dal pelo crespo, le lunghe orecchie pendenti e la lingua ruvida come carta vetrata.

Fu proprio quest'ultima la prima cosa con la quale il bambino si ritrovò a fare i conti quando il cane, nel pieno dell'eccitazione per essere riuscito a trovare il suo padroncino, gli saltò addosso.

- Jowi! -

Chiamarono nel medesimo istante i due.
Il minore in un gridolino divertito, che ben presto si trasformò in una vera e propria risata; mentre il maggiore in poco più di un sussurro.

- Non ci posso credere, sei scappato di nuovo? - Chiese il bambino mentre afferrava l'animale per le zampe anteriori, togliendoselo così di dosso. - Mi chiedo che ce l'abbiamo a fare la recinzione... -

E mentre lui continuava ad accarezzarlo e Jowi a fargli le feste, il maggiore osservava la scena senza dire una parola con un leggero sorriso sulle labbra, malinconico e intenerito al tempo stesso.

Poi, d'un tratto il cane si ritrasse dal bambino e drizzò le orecchie.
Si voltò con uno scatto in direzione del sedicenne e in quel momento il ragazzo quasi perse un battito.

"Ma certo!" Pensò mentre rapidamente in lui cresceva una certa euforia. "Funziona sempre così nei film e nei libri, no?" Si disse mentre sorridendo iniziava ad abbassarsi. "In qualche modo gli animali vedono oltre, riescono sempre a percepire la presenza di..."

Jowi gli corse incontro e lo attraversò senza fare una piega, proseguendo poi all'inseguimento di qualche volatile.

In quel momento sì che il ragazzo perse davvero un battito.

Lentamente si rimise in piedi e, cercando di far sparire il fastidioso groppo alla gola che gli si era appena formato, volse lo sguardo in direzione del bambino, ritrovandosi ancora una volta di fronte a quell'espressione stupefatta.

- Che hai? -

Gli chiese, provando a fare finta di nulla.

- S... Sbaglio o... Joseph Wilkinson ti ha appena...? -

Mormorò, volgendo ripetutamente lo sguardo dal ragazzo al cane, il quale ora, persa di vista la sua preda, si stava riavvicinando a loro.

- Eh? -

Replicò il maggiore.

- No, niente. -

Borbottò alla fine il bambino, assottigliando lievemente lo sguardo nel momento in cui vide il sedicenne farsi da parte con uno scatto nel momento in cui il cane gli passò accanto.

- Allora io vado, a presto! -

Lo salutò sbrigativamente il maggiore, per poi imboccare la strada sulla destra, diretto verso la sua presunta abitazione.

Solo quando fu giunto in fondo alla strada si arrischiò a voltarsi alle proprie spalle.
Il bambino ovviamente era andato via.

Sospirando leggermente, non potè fare a meno di chiedersi quanto sarebbe durata ancora quella storia.
Per quanto tempo sarebbe rimasto incastrato nel passato?
Certo, non che nel presente avesse chissà quali faccende urgenti da sbrigare...

E proprio a questo stava pensando, quando d'un tratto sentì una risata, proveniente da una delle stradine laterali.
Per quanto quella risata in sè non fosse un suono a lui particolarmente familiare, lo stesso non potè dire del tono di quella voce.
La riconobbe all'istante.
E ancora prima di realizzare a chi appartenesse, già si era voltato in quella direzione e aveva leggermente sollevato il piede, pronto a incamminarsi.

- Ma sì, infatti! - Disse poi la stessa voce, sempre più forte e chiara alle orecchie del ragazzo. - Che sciocchezza... Perchè dovrei sprecare tempo e materiali per costruire bambolotti che li rappresentano, solo per poi distruggerli? Non ha assolutamente alcun senso. Non è molto più utile il modo in cui li utilizzo io? -

Gli occhi iniziarono a pizzicargli all'udire quelle parole.
Ormai non c'erano più dubbi riguardo chi fosse il proprietario della voce.
Però... Con chi stava parlando?

- Sicuramente. -

Affermò tutto d'un tratto la voce di un ragazzo, per rispondere alla domanda della bambina.

Fu in quel momento che i due sbucarono dalla via laterale per immettersi in quella dove si trovava Dominik. Comparendo a neanche cinque passi di distanza da lui.

La bambina aveva i capelli corti e nero pece, la carnagione scura e piccoli occhi azzurri.
Le sue labbra erano stirate in un sorriso ampio e appagato che il ragazzo non le aveva mai visto prima di allora.

- Ora però basta parlare di quelli. Alla fine, chi se ne frega? - Sbuffò Njemile, alzando per un istante gli occhi al cielo e scrollando le spalle con apparente noncuranza, per poi voltarsi nuovamente in direzione del ragazzo. - Noi due ci bastiamo e avanziamo più che a sufficienza, vero Fynn? -

Il fratello le sorrise, accarezzandole affettuosamente il capo.
Come lei, aveva i capelli color nero pece, ma se quelli della sorella erano perfettamente lisci, i suoi al contrario erano ricci e crespi, come un intrico di rovi.

Furono proprio quei capelli a confondere inizialmente Dominik.
I capelli e il fatto che fosse improvvisamente cinque anni più grande di come era sempre stato abituato a vederlo.
Fu solo quando Fynn ruotò il capo, dando così modo al sedicenne di scorgerne il volto, che finalmente lo riconobbe.

Che senso aveva ciò che stava vedendo? Non ne aveva la più pallida idea. Tutto ciò che sapeva era che la persona davanti a lui fosse senza alcuna ombra di dubbio...

- Cîpay! -

Lo esclamò senza neanche pensarci, portandosi subito dopo le mani al volto, a coprirsi le labbra.
Un gesto che a prima vista sarebbe potuto sembrare perfettamente inutile, considerando che nessuno oltre il sè stesso di dieci anni poteva vederlo o udire la sua voce, ma che al contrario non fu poi così inopportuno, considerando il fatto che, neanche un istante dopo, si ritrovò gli occhi di quel ragazzo, Cîpay o Fynn che fosse, puntati contro.

Sì, stavano guardando proprio lui, non qualcosa che aveva alle spalle. In qualche modo Dominik ne aveva la certezza.
E fu in quel momento che lo capì, nell'istante in cui si ritrovò osservato, o meglio, intrappolato in quegli occhi spalancati, vacui e terrificanti, e un brivido lo percorse rapidamente da capo a piedi.

Per quanto la somiglianza fosse innegabile, quelli non erano sicuramente gli occhi di Cîpay.

Ma il ragazzo non fece in tempo a fare questa osservazione, che improvvisamente tutto intorno a lui si oscurò.
Tutto, meno che quei vacui e terrificanti occhi verdi.

- ~ -

tipiskiskam = venire sopraffatti dall'oscurità prima di riuscire a raggiungere la propria destinazione

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