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5 🔥

Stavo perdendo la testa. I suoi baci sembravano interminabili e per quanto avesse usato parole volgari, il suo tocco era dolce, come se temesse di farmi del male. Le mie mani erano salite viso al suo viso per poi scendere al suo petto, dove il cuore gli batteva tremendamente forte. Per fortuna non ero l'unica ad avere la quadriglia in marcia, ma la mia mente iniziava ad essere meno lucida.
Aveva lasciato la mia bocca e i suoi baci continuavano a scendere fino al seni.
Lo guardo mentre prende un capezzolo tra i denti e istintivamente inarco la schiena scontrandomi con la sua erezione, chiusa ancora nei pantaloni.
"Malik..."
Continua e succhiare il mio seno mentre l'altra mano continua a scendere, afferrando la stoffa del mio intimo.
"Si, di ancora il mio nome canarino."
"N-non chiamarmi così."
"Va bene" morde la pelle intorno al capezzolo facendomi gemere. "Canarino"

Prova di ogni indumento di solleva con il busto, fissandomi dall'alto, percorrendo ogni centimetro del mio corpo con uno sguardo simile a quello di un predatore.
"Sei bellissima"
"Non del tutto" tocca la cicatrice ora più severo.
"Ho detto che sei bellissima, e questa adorna solo di più un quadro perfetto."
Scende dal letto e ora percepisco un lieve imbarazzo spingere contro la mia avventatezza e aumenta solo, quando la sua erezione viene liberata.
Non avere esperienza era un conto, ma come prima volta... penso che alle mie emozioni si stava aggiungendo anche la paura.
Torna su di me e penso che intuisca qualcosa.
"Megan, tutto bene ?"
No, non voglio esitare, non ora.
Mi spongo per baciarlo e accarezzo i suoi capelli, trovandoli morbidi.
Riprende famelico a divorarmi e le sue dita tornano ad accarezzarmi, spostando la leggera peluria e trovando la pelle umida.
Entra con un dito e stringo le lenzuola sotto di me.
"Ti sei bagnata così tanto per me..."
"Devi per forza farmi sentire in imbarazzo?"
"Trovo eccitante il modo in cui reagisci quando ti dico cose volgari, ti ecciti ancora di più lo sento per come stringi le tue gambe, e non vedo l'ora di sentire la stessa stretta intorno al mio cazzo."
Reagisco come lui ha appena detto e trattiene il fiato, prima di riprendere a pompare dentro e fuori portandomi di nuovo fuori controllo.
Aggiunge un altro dito e penso di urlare,ma lo soffoca con la sua bocca fino a che chiudo gli occhi e dietro le palpebre vedo tanti puntini colorati, come se fossero esplosi dei fuochi d'artificio.
Ho il fiatone e la testa più leggera, sensazione che dura poco dato che sento la punta del suo pene spingere contro la mia vagina.
Ha messo il preservativo talmente veloce che non ho avvertito il cambio del peso sul materasso.
Ci guardiamo un attimo, senza rompere il contatto visivo, fino a quando entra e urlo in silenzio vero il soffitto. Giro la testa di lato e stringo le lenzuola, ma fa male, e mi serve un attimo.
"Tu...sei vergine."
"Non ti fermare."
"Perché, perché io?"
Ho le lacrime che premono per uscire, ma ho promesso a me stessa che non avrei più pianto.
Torno guardarlo e tocco ancora la sua cicatrice.
"Perché mi hai fatto desiderare di più. Per una notte non volevo pensare a sopravvivere per domani, ma di vivere il presente, quindi ti prego, fammi vivere."
Affonda dentro di me e una lacrima traditrice sfugge al controllo, ma la raccoglie con un bacio e continua, restando fermo per diversi minuti.
Una volta abituata alla sua presenza, muovo il bacino in cerca di qualcosa di più. Fa un verso strozzato, ma inizia a muoversi lentamente mandandomi in tilt.
Gemo e gli vado incontro nei movimenti fino a quando va più veloce e sento qualcosa di forte crescere in me.
Partire dalla punta dei capelli e scendere fino ai piedi.
Gli graffio la schiena e mordo nell'incavo del suo collo. Tremo e stringo le gambe percorsa da forti spasmi.
"Meg..ah" mi abbraccia talmente forte da togliermi il respiro mentre sento il suo pene vibrare in me.
Trattieni il fiato e continua a spingere decise stoccate fin quando torna a respirare lentamente.
Resta dentro di me e continua a baciarmi ad accarezzarmi e a guardarmi negli occhi.
"Perché hai quello sguardo?"
Non mi risponde. Resta lì a fissarmi e neanche minimamente riesco ad immaginare i suoi pensieri.
"Ricorda solo questa notte, Megan, ricordati come ti sei sentita tra le mie braccia e con il mio cazzo dentro di te. Ricorda a chi ti sei concessa, non dimenticare la mia voce, i miei occhi, il mio corpo, il mio nome."
Sembrava quasi una lettera scritta da un soldato alla sua ragazza prima di andare in guerra.
"I-io..." mordo il mio labbro indecisa su come rispondergli. Sento ancora il cuore nelle orecchie e credo che per quanto ne fossi imposta, mi sarebbe impossibile dimenticarlo.

Continua ad accarezzarmi la schiena e tra le sue braccia le palpebre diventano più pesanti fino a cedere, ma nel dormi veglia mi sembra di sentirlo ancora parlare.
"Non sai quanto ti ho aspettato, Megan."

Il mattino arriva troppo velocemente. Vengo svegliata dalla vibrazione della sveglia del mio telefono. Scosto il braccio di Malik e lo guardo dormire profondamente.
Sembra quasi che non dorma da mesi.
Scosto una ciocca dei suoi capelli e sfioro i contorni del suo viso.
La favola di Cenerentola era giunta al termine, e ora bisognava tornare ad affrontare la dura realtà.
Nessun principe, per quanto tatuato, sarebbe venuto a salvarmi dalla matrigna cattiva il giorno dopo.
È stata una notte, unica.

Mi rivesto cercando di non fare rumore e anche se non dovrei, gli scatto una foto e lascio un biglietto con semplicemente scritto : "Grazie"
E poi lascio la stanza con un viaggio di sola andata per la realtà, quella dura e crudele quotidiana dei miei giorni.

Un mese dopo...
"Dopo scuola possiamo andare a prendere dei pancake?" La mia peste è una drogata di pancake, potrebbe decidere anche di scambiarmi per poterli mangiare sempre.
"Dipende, se farai la brava allora potrai averne due."
"Davvero?" Quasi mi sembra il gatto con gli stivali.
"Lo prometto, dammi il mignolo."
Lo stringe con il suo e chiudiamo il patto con il pollice.
Mi abbraccia e corre verso i suoi compagni, mentre sento lo sguardo degli altri genitori su di me.
Pensavo che ormai avrebbero smesso di giudicarmi, ma la loro cattiveria era senza pozzo.
"Così giovane..."
"Dove è il padre?"
Sempre le stesse domande a cui ero stanca di rispondere. Lasciavo che pensassero ciò che volevamo, mi risparmiavo diverse arrabbiature.

Bene, era il momento di tornare nella gabbia dei leoni, perché per quanto eccellevo negli studi, per molti la mia presenza ad Harvard era un affronto. A cosa ancora non lo sapevo, ma se non mi potevano abbattere i debiti, la nostra condizione, la salute di mia nonna... tre figli di papà con i soldi persino nelle mutande non mi avrebbero piegata.

Malik

"Signore, se posso, chi stiamo seguendo?"
La donna del tormento che mi portavo dietro da otto anni circa, lei e quel dannato profumo di gelsomino e frutti rossi.
Quel sorriso, quasi immaginavo di sentire la sua risata, ma spesso veniva sostituita con i suoi gemiti.
Pensieri pericolosi che mi stavano procurando non pochi problemi.
Abbraccia una bambina, sua sorella. Sapevo tutto di lei, potevo scoprire anche l'intimo che avrebbe indossato l'indomani.
"Un canarino, andiamo, c'è del lavoro da fare."
Alzo il finestrino della Mercedes e ci allontaniamo passandole accanto.
Povero canarino, ancora non sa che sta per finire in gabbia.

Mettiamo un po' di mistero 😏❤️
Grazie mille il sostegno che mi state dando.
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Baci baci
Manu

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