Un nuovo tipo di fame
Si era preparata a un attacco violento, a essere sospinta come un fantoccio verso il muro, il letto o qualsiasi altra superficie su cui quell'uomo l'avrebbe posseduta senza riserbo. Invece, Stelios si limitò osservarla in silenzio dal suo giaciglio, scrutandola con una serietà che le seccò la bocca. Il chitone che aveva indossato durante la cena gli pendeva ormai floscio sul corpo, mettendo in mostra una così ampia porzione di pelle che Hesper non sdegnò, né provò a nascondere il suo apprezzamento.
Notando che Larissa non era nelle vicinanze, Hesper si apprestò a ultimare da sé i preparativi per la notte, incominciando a togliersi a uno a uno i gioielli con la quale la serva l'aveva ornata.
«Posso chiedere il motivo di questa visita?» gli domandò, mentre riponeva le sue gioie in una scatola di rame dalle rifiniture d'oro.
«Immagino che tu lo sappia, dato che non sembri sorpresa della mia presenza. Hai avuto molti amanti?» Non c'era alcuna accusa in quella domanda, né giudizio.
Hesper si tolse gli orecchini. «Non tanti quanto quelli del mio caro marito e nemmeno quelli che avrei desiderato in realtà. Ma ognuno ha i mezzi che gli dei gli hanno dato.» Si risparmiò di raccontargli come il suo corpo era diventato un valido strumento per il raggiungimento del suo scopo. Non ricercava piacere o passione, ma qualcosa di un valore ben maggiore.
All'inizio non era stato semplice. Durante i primi tempi del loro matrimonio, Karpos l'aveva usata senza alcun riserbo, considerandola alla stregua degli artefatti che collezionava. A niente erano servite le sue suppliche; alla fine di ogni rapporto, l'uomo non perdeva occasione di lamentarsi e di strepitare di aver sposato una donna indegna, incapace di provvedere ai bisogni di suo marito. Tali offese l'avevano profondamente colpita e distrutta nell'animo. Ancora ricordava con amarezza tutte le notti che aveva trascorso a piangere con Larissa china su di lei, pronta ad asciugarle le lacrime e il sangue che le scorreva tra le cosce mentre le mormorava parole di conforto. Ma ciò non aveva impietosito l'uomo. Capendo di non poterla strigliare a dovere correndo così il rischio di rovinarla, l'aveva costretta a giacere con le donne prelevate dalle case di piacere, in modo che potessero insegnarle a soddisfarlo. Non aveva calcolato però che, dopo i primi atteggiamenti ritrosi, Hesper aveva capito come porre questa drammatica situazione a suo favore. Fu così che incominciò a cambiare, a non essere più una semplice vittima, ma una seduttrice. Ormai, l'idea di utilizzare il proprio corpo per atti osceni e deleteri agli occhi degli dei non le incuteva più alcun disturbo, né preoccupazione. L'avevano già punita abbastanza.
Non si scompose quando avvertì l'uomo alzarsi seguito da un fruscio di stoffa. Le grandi mani di Stelios l'afferrarono da dietro, scivolando languide lungo il suo corpo. Con sua grande sorpresa non furono rudi e affamate come aveva immaginato, ma si limitarono ad accarezzarla, a stuzzicare la pelle delicata del suo corpo. S'insinuarono sotto la stoffa del peplo, sfiorandole le cosce e il seno senza mai veramente raggiungere i punti che desiderava.
Senza accorgersene, Hesper emise un grugnito di sconforto.
«Ho già visto il tuo sguardo» le mormorò all'orecchio l'uomo, per poi morderle il lobo. Le sue mani risalirono ancora di più. «Lo stesso sguardo con cui mio fratello mal cela la sua fame insaziabile. Eppure, non ho potuto fare a meno di notare come la tua sia così differente.»
«Cosa intendi?» sussurrò. Inclinò il collo, in modo che Stelios potesse baciare a proprio piacimento la sua pelle sensibile. Le sue dita raggiunsero il suo sesso, ormai umido di umori.
«Tu sei affamata di vita, Hesper. Sei imprigionata in questa gabbia dorata dove sei la regina, ma sai di possedere ben poco. E ti capisco. Nessuna donna in possesso delle sue facoltà si sarebbe data liberamente a mio fratello, non senza il proprio tornaconto.»
«E immagino che tu voglia aiutare questa povera fanciulla carpita dalle fauci del mostro.»
«No, voglio solo farle vedere un nuovo modo di appagare la propria fame. O, almeno, come trasformarla in una più piacevole.»
Hesper sussultò quando le dita di Stelios entrarono dentro di lei. Istintivamente provò a divincolarsi, ma lui la tenne stretta a sé contro il suo petto nudo. «Tranquilla... Lasciati andare...»
E lei lo fece.
Non era abituata a ricevere piacere, per cui le nuove sensazioni che le trapassavano le membra come saette le risultarono sconosciute e incomprensibili. Invitanti. Si appoggiò a lui, sentendo la sua erezione premerle contro il fondoschiena. Non si ritrasse quando Stelios le strappò la stoffa pregiata che ancora l'avvolgeva, scoprendo le sue forme femminili, né quando le privò il fiato con un bacio che bruciava più dell'Ade.
Ormai senza alcuna lucidità, Hesper lo assaltò. Colto alla sprovvista, Stelios barcollò all'indietro, cadendo di schiena in mezzo alle coltri del suo letto. Non gli lasciò il tempo di reagire che lo accolse dentro di sé in tutta la sua lunghezza, facendo scappare a entrambi un ruggito. Mentre si muoveva sopra di lui con furia crescente, Hesper gli strinse le mani attorno al collo taurino, aggrappandosi a lui. Lo sguardo dell'uomo era illuminato dal fuoco che li consumava, colmo di perverso piacere. Sì, aveva visto giusto. Per lui il vile vezzo del sesso non era altro che l'ennesima battaglia. Una battaglia che la ragazzina al quale era promesso non poteva assecondare. E lui ne era consapevole.
Stelios l'afferrò per la vita e ribaltò le loro posizioni, lacerando quel poco che le rimaneva del peplo ormai irrecuperabile. Le sue mani si bloccarono sui suoi fianchi, girandola in modo che potesse possederla da dietro. Hesper soffocò le sue urla sempre più crescenti mordendo i cuscini, il corpo che si muoveva in preda a una irrefrenabile passione.
Si sentiva sul punto di rompersi, incapace di controllare i propri impulsi. Eppure, non voleva che finisse così presto. Ritornò all'attacco, rivoltandosi contro di lui, ma questa volta Stelios era preparato. La bloccò di peso sul letto, aumentando il ritmo dei propri affondi dentro di lei finché entrambi non vennero con un urlo. Hesper cavalcò le onde calde del piacere del soldato finché di lei non rimase altro che un guscio vuoto. Sudata, ansante, priva di energia; per un istante si sentì appagata, libera dalla maledizione che la soggiogava. Ma fu un momento troppo breve.
Si voltò a osservare Stelios, crollato di fianco a lei e altrettanto provato, e si concesse il lusso di un sorriso. Poi si trascinò verso di lui, le mani che scivolarono delicatamente sulle sue cosce muscolose fino a raggiungere la sua virilità ancora umida dei suoi stessi umori.
Da quel giorno, i loro incontri si fecero sempre più frequenti.
Stelios avrebbe soggiornato a casa del fratello ancora per qualche mese, tempo in cui si sarebbe dedicato alla ricerca di una piccola proprietà da acquistare in vista del matrimonio. Per Hesper tale intermezzo non risultò affatto un dilemma. Continuava ad amministrare il palazzo e a controllare ciò che avveniva all'interno delle sue mura, e nel frattempo soddisfaceva sia i suoi bisogni, sia quelli del soldato. Stelios si era dimostrato un amante generoso e non sembrava minimamente preoccupato delle implicazioni delle loro azioni.
Dal canto suo, Hesper non era così sciocca.
Sapeva come allontanare la servitù all'occorrenza, quali fossero gli angoli e le stanze più sicure e facili da controllare. Persino quando si appartarono nelle stalle, cercandosi e prendendosi come due animali, aveva avuto sotto controllo la situazione. Non era semplice paranoia, ma la consapevolezza che occhi ostili erano puntati su di lei, pronti a carpire qualsiasi peccato per punirla.
Nikolaos era stato l'unico della servitù a non apprezzare il ritorno del figliol prodigo.
Hesper l'aveva notato dal suo sguardo, dal modo in cui irrigidiva le spalle se contemplato e dal fatto che non apprezzasse i brevi archi di tempo che l'uomo trascorreva in compagnia di suo nipote. Ma, soprattutto, era contrariato da come Stelios la guardava. L'idea che un filosofo come Nikolaos potesse peccare di gelosia l'aveva fatta ridere all'inizio ma, man mano che il tempo passava, le era sempre più chiaro che quelle che aveva scambiato come futili supposizioni erano in realtà corrette. E ciò avrebbe potuto rovinarla.
Fu durante un ozioso pomeriggio di inizio estate, a più di un mese dall'arrivo di Stelios, che Hesper ebbe la conferma delle sue paure.
Stava ritornando nei suoi alloggi quando Nikolaos comparve nel corridoio, mettendosi sulla sua strada. Le rivolse un inchino rispettoso, ma non si spostò; il suo sguardo celava il bisogno di un confronto diretto.
«Vieni con me. Non è un luogo adatto dove discutere» gli disse con semplicità.
Il giovane annuì e la seguì nelle sue stanze. Larissa si congedò rispettosa non appena li vide oltrepassare la soglia, ritornando poco più tardi con un'anfora colma d'acqua fresca.
«Avevi bisogno di qualcosa?»
«Volevo solo far presente a vostra signoria le mie preoccupazioni. Ho come l'impressione che la presenza del fratello del signore abbia spezzato la pace che regnava in questa dimora, disseminando cupidigia e violenza. Più volte l'ho sentito narrare atrocità con un sorriso, più volte il suo sguardo si è posato sulle serve e su di voi con mal celata lussuria. Voi mi avete affidato il compito di istruire il giovane Makari e temo che l'influenza di suo zio possa in qualche modo turbare il suo equilibrio interiore. E poi... Sono preoccupato per voi. Forse non vi siete ancora accorta di ciò che quel soldato prova nei vostri confronti, ma è pericoloso, vorace. Se gli istinti primordiali prendessero il sopravvento non so cosa...»
Senza volerlo, Hesper si ritrovò a sbuffare. Nikolai terminò il suo sproloquio, sbalordito dalla reazione della donna. Si limitò a scuotere il capo.
«Voi filosofi... Non comprendo i vostri pensieri, né le vostre parole colte. Sentenziate verità comuni a tutti gli uomini, vi credete forse superiori solo perché parlate la lingua della filosofia? Sono a conoscenza dei desideri di Stelios, per cui non devi avere alcun timore per me. Tuttavia, sono io ad avere dei dubbi sulle tue buone intenzioni. Sei venuto da me con lo scopo di avvertirmi, ma qual è il vero motivo che si cela dietro le tue preoccupazioni? Non posso allontanare Stelios e nemmeno mio marito lo permetterebbe. Dunque, devo dedurre che sia il tuo spirito a essere turbato dalla sua presenza, perché in tutto questo tempo nessun'altro è venuto a sporgere le sue lamentele su quell'uomo.»
Nikolaos indietreggiò, preso alla sprovvista. «Mia signora, vi giuro che ogni parola uscita dalle mie labbra era sincera. Io... Io temo per il vostro buon nome.»
«Il mio buon nome?» Hesper sorrise, quasi divertita nell'udire quell'ammissione. Si avvicinò di un passo al giovane e Nikolaos di riflesso indietreggiò, finché non si ritrovò con le spalle al muro.
«Sei certo che non ci sia un altro motivo, Nikolaos?» mormorò di proposito il suo nome. Come previsto, il filosofo arrossì, distogliendo lo sguardo dal suo. Quasi le fece pietà, ma ormai non poteva più tornare indietro. Non ora che poteva rimediare a tutto ciò.
Prima ancora che il giovane potesse allontanarsi da lei, Hesper gli infilò le mani tra i capelli e posò le sue labbra sulle sue. Paralizzato, sconvolto da ciò che stava accadendo, Nikolaos non riuscì a respingerla. Non ci provò nemmeno quando Hesper gli fece socchiudere la bocca e incominciò ad accarezzarlo con la sua lingua, dentro e fuori, con mosse oziose e fugaci degne di un danzatore. Non si oppose nemmeno quando le sue mani gli vezzeggiarono il corpo slanciato e magro sopra la tunica, per poi soffermarsi sulla sua erezione. Hesper la strinse tra le sue dita, provocandogli un gemito strozzato.
«O forse... Il desiderio che hai contenuto così goffamente per tutto questo tempo in realtà non era per me. Forse desideri proprio lui...»
Non la lasciò terminare la frase. Seppur ricco di sapienza, seppur vivendo in nome della morale, Nikolaos rimaneva pur sempre un uomo e come tale aveva dei limiti, degli istinti, dei desideri così oscuri che per combatterli si era ritrovato a dover chinare il capo sui suoi amati testi. E ora che aveva spezzato il suo essere, l'avrebbe aiutato a soddisfarlo con ciò che odiava di più al mondo.
Ah, se solo avesse saputo quanto fosse marcia la sua anima.
Nikolaos incominciò a toccarla con mosse esitanti e inesperte; persino i suoi baci non erano piacevoli quanto quelli di Stelios, ma ormai non poteva certo tirarsi indietro.
Riprendendo il controllo, lo liberò velocemente dalla barriera di stoffa grezza che indossava e s'inginocchiò davanti alla sua virilità quasi del tutto eretta. Prima che potesse rendersi conto di ciò che stava per accadere, Hesper l'accolse nella sua bocca, incatenandolo con il suo sguardo, distruggendo la sua volontà. Ormai del filosofo che aveva conosciuto non era rimasto altro che un burattino pronto a essere plasmato dalle sue stesse mani.
«Sorella mia, se avevi bisogno di un passatempo avresti potuto mandarmi a chiamare.»
Lasciando andare l'erezione di Nikolaos dalle sue labbra, Hesper si voltò, osservando Stelios appoggiato contro l'uscio delle sue stanze. Un sorriso voluttuoso gli illuminava il viso, i suoi occhi erano due stelle gemelle cariche di malizia.
«E così... Anche il caro filosofo ha scoperto i piaceri della carne.»
Nikolaos provò a ricomporsi, ignorando il fatto che ormai fosse troppo tardi. Bofonchiò parole di scuse, di congedo, balbettando frasi spezzate in preda alla confusione. Ma si fermò, quando vide Stelios scivolare fuori dalle sue vesti in tutta la sua spettacolare virilità.
«Non temere» gli disse, avvicinandosi a Hesper per darle un bacio profondo, al quale lei rispose affamata. «Ci prenderemo cura di te.»
Glossario:
-Chitone: Abito impiegato comunemente nella Grecia antica, formato da una tunica di stoffa leggera chiusa da una cucitura. Si differenziava dal peplo che era invece chiuso sulle spalle da una fibbia.
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