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Capitolo settimo


Quando Adrien scese dall'automobile che lo aveva accompagnato fin davanti all'istituto Françoise Dupont, gettò automaticamente lo sguardo verso il negozio dei Dupain-Cheng giusto un attimo prima che ne venisse fuori un'esagitata Marinette che, zaino in spalla, si dirigeva a rotta di collo verso la scuola. Il giovane fissò la scena quasi incredulo, domandandosi come potesse, quella ragazza, riuscire ad arrivare persino dopo di lui, che nel frattempo era tornato a casa propria, aveva dato il buongiorno a tutti fingendo di essersi appena svegliato nel proprio letto, fatto colazione con calma e fornito finanche un servizio taxi per i loro amici, per via dello stato di allerta della città. Sospirò rassegnato e divertito a un tempo, mentre Alya andava incontro alla sua compagna di banco e, infine, le gettava le braccia al collo come capitava spesso quando passavano un paio di giorni l'una lontana dall'altra.

   «Vi ha accompagnati Adrien?» domandò Marinette quando si accorse dell'auto, che stava ripartendo in quel momento, e degli altri due ragazzi intenti a raggiungerle.

   «Gentile da parte sua, vero?» affermò Alya, prima di sussurrarle all'orecchio: «Guai a te se te lo fai sfuggire.»

   L'altra inalberò un'espressione compiaciuta. «Tranquilla, ormai l'ho fatto mio», scherzò platealmente a voce alta, facendo ridere Adrien e lasciando di stucco gli altri due.

   «Oh, grazie al cielo!» esclamò subito dopo Nino, che poteva infine tornare a sentirsi libero dai sensi di colpa per tutti i sotterfugi della propria innamorata ai danni del suo povero migliore amico.

   «Perché non ce lo hai detto?!» pretese di sapere Alya, dando un buffetto sul braccio del diretto interessato, che avrebbe benissimo potuto metterli al corrente della cosa durante il tragitto fino a scuola.

   «Non me l'avete chiesto», rispose semplicemente lui, stringendosi nelle spalle.

   «Dovete raccontarmi tutto!»

   «Neanche per sogno», puntualizzò Marinette, incrociando le braccia al petto.

   «Ci sono troppi dettagli scabrosi», concordò Adrien, beccandosi un'occhiataccia dalla ragazza.

   «Piantala. Semmai dovesse crederci, sarei finita.»

   «Nessuno ci cascherebbe, sapendo quanto siete bacchettoni», chiarì Alya, giusto per la cronaca – e per semplice ripicca – e lasciandoli senza parole, perché consci che avesse perfettamente ragione.

   «Ora possiamo lasciarli in pace, sì?» la pregò Nino, implorandola con lo sguardo. «Come vedi sanno sbrigarsela da soli, perciò...»

   «Ma sì, ma sì, prometto che non ti coinvolgerò più nei miei malefici piani.»

   «E cerca di non coinvolgere più neanche noi, per favore», si intromise Marinette, provando empatia per il povero Nino.

   Alya quasi la prese sul personale. «Guarda che è merito mio, se le cose fra voi sono arrivate fino a questo punto.»

   «Uhm... no, non direi», le assicurò Adrien, alzando gli occhi al cielo e facendo una smorfia pensosa. «Anzi, va avanti da molto prima che tu potessi metterci il becco.»

   «Cosa?!» esclamò l'altra, sgranando gli occhi e sentendosi tradita dai suoi migliori amici. «Perché non me lo avete detto?!» tornò a chiedere, sempre più interdetta.

   «Proprio per questa ragione», le fece notare Marinette, decisa a chiudere lì la conversazione. «E ora andiamo in classe: non ho rischiato di farmi investire, poco fa, per arrivare di nuovo in ritardo.»

   «A tal proposito», cominciò Adrien, affiancandosi a lei sulla scalinata d'ingresso, «potresti farmi il favore di non morire così giovane? Avrei pianificato il nostro futuro per almeno altri ottanta, novant'anni. Insieme, possibilmente.»

   La ragazza arrossì e si imbronciò al tempo stesso. «Pensi davvero che camperemo così a lungo?»

   «Anche di più, stando al nostro comune amico dagli occhi a mandorla», le ricordò l'altro sottovoce, poiché durante la loro visita al maestro Fu era venuto fuori che quest'ultimo aveva sulle spalle ben più di centottanta primavere.

   Marinette fu turbata da quella prospettiva. «Non so se riuscirei a sopportare le tue battute così a lungo.»

   «Questo è tutto quello che hai da dire al riguardo?» si ritenne offeso Adrien, che invece sperava in una reazione più romantica da parte sua. Il suono della sua risata e lo sguardo affettuoso che lei gli riservò, tuttavia, lo ripagarono di ogni cosa, dandogli la certezza che Marinette condivideva le sue stesse speranze per il futuro.

   Quando entrarono in aula, entrambi cercarono subito il posto di Chloé, trovandolo vuoto, così come quello di Sabrina, uniche assenti in tutta la classe. I due ragazzi si scambiarono un'occhiata e Marinette sorrise indulgente. «Manterrò la mia promessa, non preoccuparti.» Vide Adrien illuminarsi e ciò le diede la conferma di aver preso la decisione giusta.


Attraverso il display del bastone di Chat Noir, poterono vedere Chloé che se ne stava seduta scompostamente sul divano della propria camera a sfogliare con fare annoiato una rivista di moda, mentre Sabrina, più in là, era alla scrivania intenta a fare i compiti per entrambe con aria tutt'altro che allegra. La tensione era palpabile anche attraverso tutta quella distanza, tanto più che davanti a Le Grand Paris continuava ad esserci un instancabile nugolo di giornalisti, che logorava i loro nervi ed impediva alle due ragazze di rifiatare dalle preoccupazioni non soltanto per l'intera Parigi, ma anche e soprattutto per i propri genitori.

   «Non mi sembra si stiano godendo la vacanza forzata», commentò Ladybug, provando pena per le due compagne di classe.

   «Te l'avevo detto...» borbottò Chat Noir, a cui stringeva il cuore vedere Chloé così giù di morale.

   Marinette lo fissò in tralice, intuendo solo in parte quale potesse essere il suo stato d'animo: pur essendo spesso e volentieri in contrasto con i comportamenti della figlia del sindaco, Adrien non mancava mai di sottolineare che si trattava della sua prima amica e che perciò il loro legame aveva alle spalle parecchi anni, durante i quali Chloé gli aveva mostrato anche i lati più gentili e sensibili della propria personalità. Marinette non aveva alcun motivo per non credergli, poiché era fermamente convinta che uno come lui non potesse sopportare di avere a che fare con una persona del tutto negativa per così tanto tempo; eppure faticava ad immaginare una Chloé diversa da quella che lei conosceva, e cioè una ragazza viziata, testarda, orgogliosa e, soprattutto, egoista. Si chiese se Adrien fosse conscio anche di un'altra cosa e, per scrupolo, volle sincerarsene. «Cosa provi per lei?»

   Preso in contropiede da quella domanda, Chat Noir si volse a fissarla con espressione stupita. «In che senso?» Era forse gelosa di Chloé? Eppure gli pareva di averle dato ben più di una ragione per non esserlo.

   Ladybug gli sedette accanto, lasciando penzolare le gambe affusolate oltre il bordo del tetto sul quale si trovavano già da alcuni minuti. «So che le sei molto affezionato e che siete buoni amici», spiegò per tranquillizzarlo al riguardo: si fidava di lui.

   «Per me è come una sorella», ci tenne a precisare il giovane, nonostante tutto.

   Lei gli sorrise comprensiva, carezzandogli il viso con tenerezza. «E hai mai pensato che lei potrebbe vederla in modo differente?» Vide una certa confusione nel suo sguardo e, sospirando, si trovò costretta a fargli presente un aspetto che, a quanto pareva, Adrien ignorava o faceva finta di farlo. «Se avessi un fratello, non mi verrebbe mai in testa di saltargli addosso ogni volta che ne ho l'occasione. Né proverei a baciarlo.»

   Quelle parole parvero andare a segno, perché il giovane abbassò lo sguardo, turbato da ciò che lei gli aveva appena detto. Non che non ci avesse davvero mai pensato, però... «Credi che dovrei essere più chiaro, con lei?»

   Marinette strinse le spalle. «È una decisione che spetta a te, ma... se fossi al suo posto, vorrei evitare di farmi inutili illusioni e preferirei mettermi subito il cuore in pace», rispose. «È anche vero che io e Chloé siamo diverse come il giorno e la notte, e che quindi quello che potrebbe essere giusto per me potrebbe non esserlo per lei...» aggiunse poi, per amor di sincerità.

   «In ogni caso, non me la sentirei di dirglielo ora», confessò poco dopo Adrien, gli occhi di nuovo fissi sul display, dove la scena nella stanza dell'hotel non era cambiata neanche di una virgola.

   «No, non è il caso», convenne con lui Ladybug, facendo scivolare la mano attorno al suo braccio e poggiando il mento sulla sua spalla. «Ora siamo qui per risollevarle il morale, no?» Le iridi verdi di lui cercarono timidamente quelle azzurre di lei, e Marinette sorrise di nuovo. «Qualunque cosa tu decida di fare, mi troverai sempre al tuo fianco, perciò... andiamo?»


Benché fosse concentrata sui compiti, Sabrina scorse un'ombra con la coda dell'occhio e subito si voltò verso il balcone della camera, dove catturò la figura di uno dei due eroi parigini. «Chloé!» chiamò d'istinto, balzando in piedi con un enorme sorriso sul volto. «Guarda!»

   L'altra si volse a fissarla con fare seccato, domandandosi cosa diamine avesse, quella sciocca, da entusiasmarsi tanto per quelli che molto probabilmente non erano altro che stupidi piccioni; quando però il suo sguardo si posò su Chat Noir, spalancò le orbite e saltò giù dal divano, raggiungendo la portafinestra a grandi falcate e spalancandola con vigore. «Alla buon'ora!» Il giovane inarcò le sopracciglia bionde, fortemente interdetto da quell'esclamazione. «Cosa deve fare, una fanciulla in pericolo, per avere un po' della vostra attenzione?!»

   «Non so... essere davvero in pericolo?» azzardò quando lei insistette con la sua sceneggiata.

   «Poche ciance, gatto», ribatté Chloé, intrecciando le braccia sotto ai seni e fissandolo con aria di sufficienza. «Dov'è la vera eroina?» Adrien cominciò a pentirsi di essersi precipitato lì per lei, ma ingoiò la propria delusione e fece cenno in direzione della collega che, più in là, se ne stava ancora appollaiata sul parapetto del balcone. Quando Chloé la vide si illuminò tutta e le corse persino incontro. «Ladybug!»

   Questa schivò appena in tempo il suo abbraccio, saltando giù dalla ringhiera e affiancandosi immediatamente al proprio partner. «Ciao, Chloé...» salutò con un sorriso forzato sulle labbra.

   «Sei venuta per me?» si interessò di sapere l'altra, intrecciando le dita delle mani davanti al petto, quasi fosse in preghiera.

   «Sì, beh, sai... sapevamo che eri in difficoltà, e così...» iniziò Marinette, cercando di apparire gentile, sebbene le avesse dato non poca noia il modo in cui quell'esagitata aveva trattato il povero Adrien. «Chat Noir ha insistito per venire a vedere come stavi.» Si ricordò di Sabrina, rimasta all'interno della camera, sia pure sull'uscio del balcone. «Come stavate», si corresse allora.

   Chloé ruotò gli occhi azzurri in direzione dell'eroe, la linea della bocca stretta in una mezza smorfia. «So che col mio fascino conquisto tutti, ma temo che dovrò spezzarti il cuore: non sono alla tua portata», ebbe la faccia tosta di dirgli.

   Lui non seppe se ridere o meno; nel dubbio, abbozzò un sorriso divertito. «Sì, decisamente mi stai spezzando il cuore», rispose in tono scherzosamente affranto. «Fortuna che qui ho la mia bella buginette a consolarmi», aggiunse poi, passando un braccio attorno alla vita di Ladybug, che subito lo rimise al suo posto con una lieve gomitata al fianco.

   «Piuttosto, Chloé», riprese poi, decisa comunque ad aiutare Adrien, «non ti ho vista spesso in giro, ultimamente... Capisco che il periodo sia difficile per tutti, ma potresti almeno fare lo sforzo di andare a scuola.»

   L'altra ragazza rimase spiazzata. «Come fai a sapere che non sono andata a scuola?»

   «Stai parlando con Ladybug», le rammentò Chat Noir, fan numero uno dell'eroina – checché ne dicessero Alya e la stessa Chloé. «Lei sa sempre tutto.»

   «Non serve più fare il ruffiano per avere le mie attenzioni», gli sussurrò Marinette, quasi seccata per quell'adulazione gratuita.

   «Non lo faccio per avere i tuoi favori», puntualizzò Adrien, risentito per quella mancanza di fiducia e di riconoscenza.

   Resasi conto di essere stata poco carina nei suoi confronti anche per via del nervosismo dovuto a quell'ingrato compito, la ragazza gli rivolse un sorriso di scuse e gli fece tintinnare la campanella che aveva al collo con la punta di un dito. «Al di là di tutto...» ricominciò dopo un attimo, tornando a rivolgersi a Chloé, «penso davvero che dovresti farti forza e tornare almeno a scuola. Non serve a nulla rimanere chiusa in casa a piangersi addosso.»

   «Lo so bene, cosa credi?» replicò l'altra, immusonita. Persino Ladybug la faceva così deboluccia? Il suo orgoglio ruggì per lo sdegno e lei faticò a trattenersi dal dire cose di cui si sarebbe sicuramente pentita a mente più lucida. Prese fiato e spiegò: «Non è solo per colpa di quegli stupidi giornalisti qui sotto, se sono rimasta a casa.»

   «E che altro c'è, allora?»

   Scoccò un'occhiata poco gentile in direzione di Chat Noir, reo di averle rivolto quella domanda innocente. «Roba da donne.»

   «Cioè... hai le tue cose?»

   Marinette lo afferrò per la campanella e lo strattonò con forza verso di sé. «Dove diavolo è finita la delicatezza che ti contraddistingue senza quella dannata maschera?!» volle sapere, inferocita per quell'atteggiamento strafottente.

   «Ho fatto solo una domanda», si difese lui, sudando freddo per il modo in cui lei lo stava divorando con gli occhi. E no, non con affetto o fare appassionato. Possibile che non sapessero distinguere uno scherzo?

   «Con te non ci parlo, stupido felino!» strepitava frattanto la povera Chloé, offesa nel profondo per quell'assoluta mancanza di rispetto.

   «Puoi parlare con Ladybug, allora», concluse Adrien, tutto contento nonostante avesse appena rischiato di aver fatta la festa dalle due.

   «Cosa?!» stentò a crederci Marinette, tentata di strattonarlo ancora per il collo.

   «Fra donne sicuramente riuscirete ad intendervi, no?» provò a farla ragionare lui, giocandosi, già che c'era, anche la carta degli occhi da gattino. «Per favore...» sussurrò in tono supplice.

   La ragazza incassò il colpo, ma imprecò fra sé per la propria debolezza: scoperto il trucco, ora quel disgraziato aveva il potere di rigirarsela come gli pareva e piaceva. Sbuffò sonoramente e lo lasciò andare. «Mi devi un favore», ci tenne però a puntualizzare. «Bello sostanzioso.»

   «Tutto ciò che la mia lady desidera», annuì Chat Noir, con voce impostata ed inchino lezioso.

   Ladybug ruotò le pupille verso l'alto. «Chloé, ti va di fare quattro chiacchiere a tu per tu?» recitò poi, quasi con la stessa cantilena di un bimbo dell'asilo alla recita di Natale.

   Quella tornò ad illuminarsi di gioia. «Oh, Ladybug! Con te farei qualunque cosa!» A Marinette vennero i brividi, ma si sforzò di sorridere e di non opporre troppa resistenza quando quell'esagitata dai capelli biondi l'afferrò per un polso e la trascinò dentro la stanza, facendola accomodare sul divano e ordinando il servizio in camera per del tè e dei biscotti.

   Rimasto educatamente sull'uscio esterno del balcone, poiché non era stato invitato ad entrare, Chat Noir appoggiò l'avambraccio sinistro sul telaio della portafinestra, il pugno destro sull'anca. «Allooora...» cominciò, occhieggiando verso Sabrina, che si volse a fissarlo stupita. «Un uccellino mi ha detto che, quando assecondi Chloé nei suoi giochi, ti travesti da Chat Noir, eh? Ottima scelta», ammiccò il giovane, facendola sorridere felice: finalmente qualcuno che si accorgeva di lei e la trattava come un essere umano!

   «Potresti mettere via quell'affare?» stava chiedendo intanto Marinette alla sua ospite, che la teneva saldamente per le spalle con un braccio e con l'altro cercava di scattare il maggior numero di foto in sua compagnia.

   «Ancora una, per favore», rispose l'altra, sporgendo le labbra in fuori come nella miglior tradizione dei selfie. «Non potresti sorridere un po'?» domandò poi, notando con disappunto che il suo idolo non si sforzava neanche un po' di mostrare un briciolo di allegria per quell'evento.

   «Sono qui per sentire quello che hai da dire, non per delle stupide foto.» Subito dopo averlo detto, Marinette quasi si morse la lingua: aveva promesso ad Adrien che si sarebbe comportata in modo gentile con la sua amica, e invece stava già cominciando a farsi prendere dai pregiudizi dovuti a quella rivalità che le metteva in contrasto da ben quattro anni.

   Chloé finalmente la lasciò andare e fece scorrere la galleria di immagini del cellulare fino a che sul display non comparve una foto di Adrien. «Lo vedi questo ragazzo qui?» chiese allora, mostrandoglielo.

   «Non è Adrien Agreste?» recitò ancora una volta l'eroina, fingendosi sorpresa. «Il suo volto è su molte riviste e anche su diversi cartelloni pubblicitari.»

   «Dovrebbe avere ancora più spazio, secondo me», ragionò l'altra, tornando a contemplare la foto fra sé e sé. «È il ragazzo migliore del mondo ed è mio amico da una vita, praticamente», le raccontò con la solita boria che la contraddistingueva. «Adrien è perfetto: è bello, intelligente, ricco, alla moda... davvero, sarebbe impossibile trovargli un difetto.»

   «Posso fartene un elenco, se vuoi...» borbottò Marinette, lanciando un'occhiata rassegnata alle proprie spalle, dove Chat Noir stava mostrando a Sabrina come eseguire un carpiato all'indietro pur di guadagnarsi l'ammirazione e gli applausi della compagna di classe.

   «Come?»

   La voce di Chloé la riportò con i piedi per terra e Ladybug si lasciò andare ad una risatina nervosa. «No, niente, niente, scusa...» Si schiarì la gola, cercando di recuperare un'aria seria e composta. «Dicevi?»

   «Che sarebbe impossibile trovare un difetto in questa meraviglia», ribadì Chloé, tornando a mostrarle la foto di Adrien. «Se non fosse che, da quando ha iniziato a frequentare la scuola, si è circondato di persone negative, che lo stanno manipolando e lo stanno plagiando fino a fargli perdere del tutto la testa!»

   Marinette serrò le mascelle e restrinse le palpebre in un'espressione indispettita. «Ma davvero?»

   L'altra annuì. «E sai chi è la principale responsabile di tutto questo?» Ovviamente lei lo sapeva, ma si costrinse a tacere, aspettando con encomiabile pazienza che Chloé continuasse nel proprio ingiurioso sproloquio. «Marinette Dupain-Cheng», sentenziò infine quella, incrociando le braccia al petto con fare oltraggiato. «Quella vipera mezza cinese che si crede la reginetta della classe!» Ladybug inspirò a fondo e le sue narici si allargarono così tanto che avrebbe fatto impensierire un qualsiasi altro interlocutore, facendogli intuire che stava parlando troppo. «Deve aver nasato che fra me e Adrien c'è del tenero, ecco perché si sta intromettendo, per accaparrarselo lei. C'è da capirla, dopotutto, è una plebea che non ha alcuna speranza di far colpo su uno splendore come questo», e nel dirlo, Chloé mise per la terza volta a foto di Adrien sotto al naso di Ladybug. «Non so quali sporchi mezzi stia usando, ma il suo malvagio piano sta funzionando», grugnì poi, iniziando a rosicchiarsi la punta dell'unghia del pollice fra gli incisivi, a testimonianza di come lei per prima credesse a quell'enorme bugia che si era costruita. «Un ragazzo d'oro come questo nelle grinfie di quella mocciosa senza buon gusto, te ne rendi conto?! Guarda!» ripeté ancora, mostrando nuovamente il cellulare all'eroina.

   Non potendone più, lei glielo scippò di mano e lo gettò dall'altro lato della stanza, facendola urlare per la sorpresa. «Di' un po'», la zittì subito in tono autoritario e sguardo severo. «Non ti è mai saltato in testa che magari, e sottolineo magari, quella ragazza non sta usando nessun trucco e che potrebbe davvero piacere alla meraviglia di cui parli?» pretese di sapere a quel punto. Non che Marinette fosse tipo da incensarsi da sola, non troppo per lo meno; però doveva essere obiettiva almeno su questo e sul fatto che Adrien le volesse bene per davvero: non le aveva forse detto chiaro e tondo che si era innamorato di lei per ben due volte, sia come Ladybug che come Marinette?

   «Impossibile! Nessuno degnerebbe di uno sguardo quella ragazzina!» protestò Chloé, stentando a credere che il suo idolo potesse parlarle il quel modo.

   «Beh, stando a quel che mi hai appena raccontato, lui lo fa», rincarò la dose l'altra, ormai partita in quarta nella sua predica. D'accordo l'aver promesso di essere gentile con lei, ma non le avrebbe mai permesso di insultarla né di mancare di rispetto allo stesso Adrien. «Se davvero pensi che questa Marinette stia giocando sporco, allora perché non affronti Adrien e non glielo dici in faccia, anziché scappare dai problemi e accusare gli altri di... di...» La voce le venne meno quando si accorse che gli occhi di Chloé si erano fatti lucidi e che lei stava tremando. Aveva esagerato, dicendole tutte quelle cose? Marinette non ne era del tutto convinta, anzi, si era persino trattenuta dal ricambiare ogni singola offesa.

   «Vattene», sibilò Chloé a labbra strette, il viso arrossato dall'ira.

   «Chloé...» mormorò l'altra, sentendosi stringere il cuore, nonostante non provasse davvero rimorso per ciò che aveva detto.

   «Non ho bisogno di te.»

   «Ascolta, forse c'è un altro modo per...»

   Il suo tono turbato fece infuriare ancora di più Chloé, che balzò in piedi e la fronteggiò con occhi carichi di orgoglio. «Non ho bisogno neanche della tua pietà», chiarì a scanso di equivoci. «Ora prendi quel dannato randagio che ti porti appresso e andatevene subito da qui o giuro che chiamerò la sicurezza.»

   «Ehi... che succede?» si intromise Adrien, notando solo allora che c'era qualcosa che non andava e che la tensione fra le due era salita alle stelle. Davvero era impossibile che andassero d'accordo persino in quelle condizioni?

   «Vi voglio fuori di qui, subito», ribadì ancora Chloé a voce alta, pestando in piede a terra e tendendo di scatto un braccio verso il balcone, in un chiaro invito ad uscire dalla stanza.

   A quel punto, Marinette non si lasciò pregare oltre. Scattò in piedi e marciò lontano da lei, in direzione della portafinestra. «Ladybug...» La voce malferma di Adrien le ferì le orecchie, ma non abbastanza da farla desistere dalla decisione appena presa. Afferrò il giovane per un braccio e lo portò verso il parapetto. «Ci ho provato. Davvero. Ma non ce la faccio.» Non disse altro, né lo guardò in volto. Si limitò soltanto a far roteare il proprio yo-yo a mezz'aria e a prendere lo slancio per lasciare definitivamente l'albergo.

   «Ladybug!» chiamò Chat Noir a gran voce, facendosela scivolare via da sotto al naso. Strinse i denti e si voltò verso Chloé, che sembrava ferita nel profondo; cosa diamine era successo?! Marinette non era tipo da offendere gratuitamente qualcuno, anche se si trattava della sua antica rivale. Pur col cuore colmo di inquietudine, Adrien si arrese a seguire la compagna, lasciando solo un breve cenno di saluto alla povera Sabrina, l'unica a non avere la minima consapevolezza di trovarsi alla ribalta di quel fragile palcoscenico.




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Far fare pace a Chloé e Marinette è un'impresa: hanno lo stesso temperamento e sono entrambe testarde da far schifo. Le adoro tutte e due, per un verso o per l'altro, ma ancora devo capire come e perché Chloé riceverà il suo miraculous. In tutto questo, mi dispiace per Adrien, che è molto più paziente, e per nulla insofferente come loro, e che vorrebbe soltanto che le sue migliori amiche (perché alla fine Marinette è anche la sua migliore amica) andassero d'accordo. Nel prossimo capitolo, comunque, la questione sarà ulteriormente approfondita (soprattutto dal punto di vista di Chloé) e voi mi direte se l'intero discorso fila o meno.
Nel frattempo vorrei chiedervi scusa se sono piuttosto assente nel fandom, ma tra il lavoro e altri impegni non mi riesce di star dietro a tutto. Al momento posso dedicarmi soltanto a rispondere alle vostre recensioni (quasi sempre in ritardo, perdonatemi!) e alla lettura delle vostre shot o di quelle long con le quali sono più o meno in pari (e anche qui ci metto comunque qualche giorno dai vostri aggiornamenti per recuperarle). Prometto che, non appena avrò concluso questa mia long, mi dedicherò alla lettura delle vostre. Mi farebbe molto piacere, sia perché questo mi darà la possibilità di ricambiare la gentilezza che avete sempre per me, sia perché potrò conoscere il vostro mondo, il vostro punto di vista sulla serie e sui personaggi. Per ora, però, sto cercando di concentrarmi il più possibile sulla stesura di Limiti (salvo distrazioni dovute ad un'ispirazione improvvisa per qualche shot istantanea) perché voglio assolutamente portarla a termine anziché lasciarla in sospeso come mi capita troppo spesso quando mi cimento in una storia a capitoli. Tanto più che ormai sono davvero agli sgoccioli, ho quasi chiuso tutto ciò che era in sospeso (manca davvero poco) e quindi dovrei cavarmela con un paio di altri capitoli (proprio ieri ho finito di scrivere il tredicesimo).
Detto questo, torno a ringraziarvi come sempre per il vostro sostegno e le vostre parole: mi date la carica necessaria per portare a termine questo progetto.
Buona domenica a tutti!
Shainareth



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