Luce.
Riusciva a vedere solo quella.
L'unica cosa nel suo campo visivo era la luce.
Ma non era luce chiara, abbagliante, no. Era luce scura, come quella di una lampada parziaente coperta.
Come il riverbero delle emozioni che ribollivano nell'animo del ragazzo.
Odio, frustrazione, rabbia, tristezza, delusione, dolore sia arrecato che ricevuto, terrore, sensi di colpa.
Tutto aveva il colore dell'oscurità.
Starete pensando: "l'oscurità non  colore."
Benissimo, avete centrato il punto.
L'oscurità non ha colore.
L'oscurità è oblio, e l'oblio è abbandono, morte, è la tavolozza di un artista deceduto, dove so possono notare ancora i segni dei bei tempi passato, della gioia e dell'allegria, dell'amore e della felicità.
Sentimenti ora spazzati via da un vento arido di rimorso e peccato.
Peccato che spinse il giovane, poco più di un ragazzino, a farlo.
Chiuse gli occhi.
Ora vedeva solo oscurità, oblio.
Ora sarebbe stato prima abbandonato, e poi dimenticato da tutti.
Anzi, no, lui avrebbe abbandonato tutti, come tutti hanno fatto con lui.
Prese un grande respiro, allargò le braccia accanto a sè e sorrise lievemente.
Finalmente sarebbe tornato indietro, nell'oscurità sia genitrice che assassina di vite.
Si lanciò.