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Lights Of Dawn: Episodio 3 | Atto 3

"Alla diga avete per caso un capo? O una specie di leader che tutti più o meno seguono?" chiese Ryan, facendo sussultare Candace, totalmente immersa nei suoi taciturni pensieri.
"Jordan è il nostro leader. È lui che coordina tutto. È una brava persona, non temere." rispose dopo un attimo di esitazione. Erano in viaggio da cinque minuti, e Candace aveva sì e no risposto con brevi monosillabi a tutte le sue domande.
"Perché dovrei temere?" domandò il poeta, rendendosi conto subito dopo di sembrare un giornalista da quante domande poneva. Candace era troppo silenziosa e brusca per una ragazza della sua età. Per lui poteva avere ventitré, forse venticinque anni, ma non di più. Non aveva lo sguardo di una depressa o di una psicopatica, ma di una donna assorta e circospetta, con sguardi veloci e sfuggenti da rettile, ed una timidezza che il poeta non riusciva a contestualizzare.
"Che razza di domanda è?" rispose bruscamente. Ryan notò però un certo rimorso celato nei suoi occhi. Candace probabilmente rimase confusa della reazione piatta dell'uomo, e distolse goffamente lo sguardo.
"Perché fai così? Hai qualche problema con me?" insistette a domandare, per vedere la risposta della ragazza.
"Così come?" disse lei, accortasi della tattica, e probabilmente spaventata dalla calma e dall'incombenza di Ryan. Quel giorno non si sarebbe fatto gli affari suoi. Voleva sapere bene chi erano le persone del gruppo di cui avrebbe presto fatto parte.
"Sembra sempre che tu nasconda qualcosa... Sei molto insicura..." continuò lui, martellando la donna con uno sguardo penetrante. Larry sterzò bruscamente per evitare la carcassa squartata di un cervo accasciata sulla strada, poi rimise in asse il veicolo e continuò.
"Lasciami in pace, ti prego." rispose Candace, voltandosi a fissare il paesaggio, ma con l'attenzione ancora rivolta completamente al poeta. Ryan sbuffò dentro di sé per la sconfitta. Sembrava non voler cedere ad ogni costo. Forse avrebbe dovuto lasciarla stare, come voleva lei. O magari poteva cambiare argomento.
"Cambiamo argomento, dai. Non voglio rimanere in silenzio per tutto il viaggio..." disse Ryan, stavolta con tono più pacato "Ti piace la poesia?".
Candace continuò a guardare il paesaggio che scorreva rapido, con le orecchie tese per ascoltare. Stette a pensare per un po', poi finalmente parlò.
"Sì. Mi piace. Ma non voglio leggere le tue poesie adesso.".
"Non devi leggere le mie poesie. Voglio solo parlare. Chi sono i tuoi poeti preferiti?".
Con titubanza, la ragazza finalmente si girò a fissare Ryan. Lo scrutò per bene da cima a fondo, analizzandone l'espressione con celata curiosità mista ad indecisione e rimorso.
"Perché ci tieni tanto a parlare con me?" sbottò infine.
"Perché altrimenti mi annoio. Voglio conoscere un po' le nuove persone con cui forse vivrò..." rispose il poeta, senza mollare.
Candace inspirò ed espirò in maniera simile ad uno sbuffo "Coleridge è il mio preferito. E Baudelaire anche." rispose infine. Il tono era ancora incrinato, ma Ryan percepì più decisione nella sua voce.
"Anch'io amo Coleridge." disse, sollevando il sopracciglio per l'aspettata sorpresa "È solo che è un po' troppo oscuro. Io cerco poesie più leggere, che trasmettano immagini vivide di natura e umanità, che ti facciano soggetto del quadro degli occhi del poeta...".
Candace annuì con meno timore di prima. Stava finalmente cominciando a sbloccarla.
"Anche Coleridge parla di natura e umanità. Solo che ne parla in un modo diverso. In modo più cupo..." rispose, mentre la sua pupilla tremolava, cercando di farle spostare lo sguardo altrove. A quanto pare, però, per la prima volta stava soffocando piano lo stimolo di timidezza che la bloccava, un passo alla volta.
"Io preferisco i poeti italiani. L'italiano è una lingua formidabile, meglio ancora del francese, e contiene vere e proprie perle. Conosci qualche poeta italiano?" continuò Ryan. Ora doveva solo mantenere fluido il discorso, e conquistarsi la fiducia della ancor titubante ragazza.
"Beh... Non molti... Ricordo Dante... Poi un altro dal nome strano... Ungheretti?" disse lei. La sua voce si scioglieva pian piano, diventando più naturale e scorrevole. Tuttavia la ragazza aveva ancora sguardi e gesture timide, e una specie di timore profondo le affogava i sorrisi in gola.
"Ungaretti. Il poeta della guerra. M'illumino d'immenso. Uno dei miei preferiti." disse Ryan, sorridendo per la conoscenza da parte della ragazza di un poeta poco considerato "Lui soppesava ogni parola, e scriveva poesie brevissime, ma densissime. Ho sempre pensato che fosse una specie di poeta fotografo, che assiste alla scena e la immortala per sempre con le sue doti incredibili.".
"Sì, ce lo avevano fatto studiare a scuola, mi sembra..." aggiunse lei "Anche se di solito non si fa...".
La conversazione perdurò per tutta la durata del viaggio, navigando tra la poesia inglese e tedesca, in particolare romantica o novecentesca, e non si arrestò fin quando il casello dell'autostrada apparve davanti a loro. Ryan era ormai sicuro di essere riuscito a far gettare la maschera a Candace. Sotto la brusca svogliatezza che aveva dimostrato tutto quel tempo si stava profilando un carattere deciso, sveglio, consapevole delle proprie capacità e dei propri limiti. Era una ragazza decisa, seria, non brusca come sembrava, e sempre ogni sua frase era accompagnata da un soppeso delle parole timido ed arguto. Non parlava ancora con scioltezza completa, ma le sue risposte erano sempre intelligenti e sintomo di una spiccata personalità, nonostante incrinate da un inconcepibile senso di rimorso che Ryan non riusciva ancora a comprendere. Perché una ragazza così genuina e decisa parlava come se nascondesse ancora qualcosa al mondo? Perché il suo tono era naturale fino ad un certo punto, con sbavature insicurezza, ma saturo di attenzione e sospetto? Una ragazza così bella e intelligente che inspiegabilmente si dimostrava brusca e svogliata con gli estranei, e con i conoscenti insicura e timida... Ma intanto era già troppo piacevole parlare con lei di poesia, sulla quale era informata, per pensare a indagare a fondo sul suo carattere e sul suo vero essere.
Quando il pick-up si fermò davanti al casello autostradale, a Ryan quasi dispiacque che il viaggio, e così la conversazione fosse finita.
Larry scese sbattendo la portiera e si stiracchiò le vertebre, facendo scricchiolare e crepitare la schiena.
"Guardate che spettacolo. Ecco cosa succede ad avere una pessima organizzazione ed un egoismo spropositato." esclamò, chiudendo a chiave il veicolo, non appena Drake smontò. Scendendo dal cassone e guardandosi intorno, Ryan capì a cosa si riferisse l'uomo. L'autostrada era intasata di auto, camion e altri veicoli. Mai aveva visto tante macchine ammassate così strettamente in una coda. Probabilmente durante una normale coda autostradale la gente non avrebbe cercato di infilare il muso della propria auto in stretti passaggi, o di tamponare altre auto pur di mandare avanti il blocco e fuggire dalla città, ma l'apocalisse aveva spinto la gente a fare cose che non avrebbe mai pensato di fare. Per questo le auto erano disposte disordinatamente, in densità smisurata, con vetri rotti, macchie di sangue nero e secco, veicoli accartocciati o addirittura accatastati sopra altri, quasi volessero passarvi sopra.
"Non potevamo passare per la corsia opposta?" chiese Drake, mentre osservava la scena col sopracciglio alzato in segno di sorpresa.
"L'autostrada è tutta bloccata, anche la corsia di ritorno." rispose Larry, cominciando a muovere dei passi verso il casello, rovente sotto il sole di montagna "Pensa ai poveretti che sono rimasti bloccati in galleria...".
"E quanto è distante la diga?" domandò Ryan, notando con la coda dell'occhio che Candace si era messa a camminare al suo fianco, qualche decina di centimetri indietro.
"Ah, non lo so... Un chilometro? Un chilometro e mezzo? A piedi ci si mettono venti minuti, è proprio lì dietro. Bella nascosta. Ho sempre trovato che chi ha costruito questi caselli li ha costruiti in un posto orribile. Se fossi stato io li avrei messi prima dei tornanti, invece li hanno messi in questi cento metri di passo. È anche per questo che è successo questo casino, non si riesce a stare in coda in salita e in curva. Così la gente è tornata indietro, a intasare le strade regionali e l'uscita est di Norville." rispose Larry. I quattro superarono il casello, infilandosi tra le auto abbandonate e la gabbia di metallo dove lavoravano gli addetti dell'autostrada. Scavalcarono la barra di sicurezza e proseguirono, cercando con gli occhi la via più veloce in quello sconfinato oceano di automobili.
"Sai, se qualcuno si mettesse con pazienza un giorno a controllare dentro i bagagliai di ogni auto" continuò a blaterare Larry, "ci faremmo un bel gruzzoletto. Sai quante cose interessanti potremmo trovare in queste auto? Sono una miniera di tesori.". Drake si staccò dall'uomo, lasciandolo guidare il passo da solo, ed andò ad accostarsi a Ryan.
"Tu che dici? Potremmo stabilirci definitivamente? Per te è un bel posto?" chiese a bassa voce, fissando Candace con la coda dell'occhio affinché non origliasse.
"Io mi fido abbastanza, perché? Dopotutto le cose sono cambiate. Non volevi aiutarmi a formare quel grande gruppo di cui ti parlavo?" sussurrò il poeta, voltandosi a fissare il ragazzo negli occhi. Era al tempo stesso lievemente agitato ed entusiasta di vedere la diga, ma i suoi occhi esprimevano un che di incertezza.
"Te lo chiedo perché sacrificherei i miei genitori se decidessi di restare, in caso la diga sia il posto giusto per noi." continuò Drake "Non so se sono disposto a fare così tanto.".
"Ci penseremo, Drake, ci penseremo..." rispose Ryan. Nonostante continuasse a rimandare la decisione dello stabilirsi o no alla diga, era ormai pressante il pensiero della scelta. D'altronde era da un paio di settimane che aiutava Drake nella sua ricerca, nella speranza che i suoi vecchi potessero essere ancora vivi, ed aveva stretto un legame speciale con quel ragazzo. Un legame affettivo quasi paterno, che prima aveva sempre cercato di evitare. Ma il mondo era cambiato. Doveva prendere una decisione importante, se seguire Drake nella sua ricerca o stabilirsi definitivamente e cominciare una nuova era di sopravvivenza. Perché il mondo non era solo cambiato, ma stava ancora cambiando, e di giorno in giorno diventava più ostile e assassino verso tutti i poveracci che ancora erano in vita. Ora però voleva ricacciare indietro quel pensiero, e sperare che Drake fosse abbastanza maturo da prendere la decisione giusta.
Percorsero in un quarto d'ora il monotono tratto di autostrada, sotto il caldo sole che, riflettendosi sulle lucide auto come specchi, le arroventava ancora di più, rendendo dura la scarpinata. Almeno la strada era in salita, e, nonostante fosse lunga, le automobili avevano colori meno sbiaditi dei veicoli parcheggiati nella città, ed il districarsi a zig-zag tra le fessure dell'inferno di macchine rendeva il percorso meno noioso. Seppero con dieci minuti di anticipo quando sarebbero arrivati, poiché la destinazione s'intravedeva bene anche da quella distanza, visto il pianeggiare costante di quel tratto di autostrada. La diga era curva e imponente, e si poteva scorgere dal ciglio dell'autostrada tutto l'angolo che occupava con la sua convessità, che portava infine la strada ad addentrarsi dentro una galleria. Anche da quella distanza si vedeva chiaramente la maestosa barricata che era stata predisposta, composta da un TIR di enormi dimensioni con sopra un alto muro di pneumatici, prelevati dalle auto più vicine alla diga. Davanti al TIR v'erano anche alcuni gomitoli di barre di legno e metallo acuminate, che lasciarono Ryan sorpreso, ma mai quanto il filo spinato preso chissà dove che avvolgeva il TIR e i gomitoli in un grosso telaio affilato. Man mano che proseguivano, gli occhi bassi a verificare di non incastrare il piede in qualche fessura tra le automobili, la barricata si faceva sempre più vicina e dettagliata, e Ryan si sentiva sempre più a disagio per la sua dozzinalità nel giudicare sicuro un rifugio con quattro mobili di legno spinti davanti alle porte. Quello era un rifugio sicuro, con quel troneggiante TIR che diventava sempre più grande, ed i covoni di enormi chiodi affogati nel filo spinato. Si scorgevano anche dei riflettori dietro al muro di pneumatici, forse per illuminare la diga anche di notte.
"Lo avete costruito tutto voi? Dove avete preso il filo spinato?" domandò Ryan, cercando di non contrarre il viso in un'espressione troppo esterrefatta. Anche il suo compagno era parecchio sorpreso dalla bravura manuale di quel gruppo.
"Certo che lo abbiamo costruito noi. Ma ti spiegherà tutto Jordan. O Dave. Dipende chi troviamo per primo." rispose Larry, lasciando delusa la sete d'informazioni del poeta, che fu spinto ad accelerare il passo per la famelica curiosità. Candace si schiarì la voce, ma rimase zitta. Era tornata silenziosa da quando erano scesi dal pick-up, forse perché Drake si era baldanzosamente messo a camminare accanto a lui, ed aveva fatto risorgere in lei l'insicurezza e la timidezza. Intanto, però, la stava imparando a conoscere pian piano.
Il momento nel quale i quattro arrivarono davanti al TIR, dopo aver superato labirinto di filo spinato a forza di ampie falcate, fu quasi sacro. Ryan udiva ovattato da lì il cicaleccio delle persone che parlavano all'interno del rifugio, e questo dimenticato suono alimentò la sua curiosità ed eccitazione di una buona percentuale. Larry salì il gradino di metallo del TIR con disinvoltura, poi allungò il braccio dentro il finestrino rotto e suonò il clacson. Il rumore era greve e tonante, ed interruppe il ciarlare della gente all'interno della diga. Larry fissò Ryan e sorrise, tamburellando con le dita sulla portiera del camion, finché un rumore di passi corsi a perdifiato non si presentò alle loro orecchie.
"Larry! Era ora!" esclamò una voce al di là del camion. L'uomo si voltò per sorridere a chi lo aveva chiamato.
"Ciao, Dean! La funivia è più ferma di un cadavere tre metri sottoterra adesso, non temere." rispose l'altro, con tono fastidiosamente ruffiano.
"Non che in questi tempi i cadaveri siano così immobili, neh?" si udì il tentennare di un mazzo di chiavi.
Larry ridacchiò sporgendo il capo all'indietro "Ho portato degli ospiti stavolta." disse infine, tirando su velocemente col naso.
La portiera del TIR si aprì, e la voce si fece più chiara "Scherzi?" disse questa con tono sorpreso "Perché non ci hai avvertiti via Walkie-Talkie?".
"Si è rotto. Non so che gli sia successo... Fino a ieri funzionava." rispose Larry, poi il figuro si affacciò al finestrino rotto per aprire anche l'altra portiera. Era un uomo sulla fine della ventina, con barba lunga e incolta, lievemente sovrappeso ed i capelli laccati in un alto ciuffo. La sua espressione era cordiale, nonostante le palpebre fossero abbastanza flosce a coprire gli occhi e dare un'impressione di sonnolenza.
"Benvenuti!" esclamò Dean, sorridendo ai due compagni. Larry entrò, districandosi nell'abitacolo del TIR, e subito dopo scese dall'altra parte, aiutato dalla sentinella.
"Io sono Ryan Montale e lui è Drake Ross." disse il poeta, seguendo con gli occhi l'uomo mentre oltrepassava la barricata "Larry e il suo gruppo ci hanno salvato la vita alla stazione.".
"Benvenuti due volte allora! Forza, venite dentro. Vado a chiamare Jordan. Lui vi darà la giusta accoglienza." rispose Dean, accennando un sorriso e tendendo la mano per farli salire sul camion.
Drake entrò per primo nell'abitacolo, seguito dal poeta e da Candace, e quando scesero dall'altro lato del TIR restarono sorpresi della scena. La diga era ampia, ed era costellata di camion o rimorchi di questi, tutti modificati in modo da sembrare abitazioni accettabili, con tende, tappeti e stendipanni fuori da essi. C'erano in più parecchie tende, professionali e non, montate sull'asfalto con l'aiuto di mattoni o blocchi di cemento per bloccare le corde e i picchetti. L'altra parte della diga era piuttosto lontana, si poteva dire che distasse dai trecento ai quattrocento metri dall'inizio, e quindi lo spazio a disposizione era parecchio. Vicino alle tende ed ai rimorchi delle persone stavano lavorando. Alcuni intagliavano il legno, altri issavano pezzi di lamiera intorno alle abitazioni. Addirittura v'erano due bambini che giocavano, correndo tutt'intorno, e tutti si voltarono a fissare i nuovi arrivati. Larry era lì, in piedi e sorridente come una guida turistica pronta ad illustrare le meraviglie del luogo ai clienti sbalorditi.
"Intrattienili qui, io vado a chiamare Jordan." gli disse Dean, quindi iniziò a correre verso il camion che pareva il più grande, accerchiato di tende e teloni, ma anche ampie lamiere fissate con corde di metallo.
"Questo posto è incredibile." mormorò Drake, squadrando il rifugio con il sopracciglio e l'angolo della bocca alzati a comporre un'espressione di soddisfazione.
"È una baracca sicura, non c'è dubbio... Ce n'è voluto per costruirla! E non è ancora del tutto incompleta, in realtà. Ma ho sempre detto che questo è il posto più cazzuto che tu possa trovare in tutto il Nord America." rispose Larry, annuendo con un ghigno stampato sulla faccia. Dean in lontananza uscì dal grande rimorchio sul quale era salito, accompagnato da altri due personaggi. Ryan non riusciva a distinguere bene le due figure da lontano, ma non appena si avvicinarono la visuale si fece più chiara. Uno di loro era vestito in modo abbastanza elegante, con una camicia bianca e pantaloni rigidi, sulla cinquantina. Aveva i capelli pettinati ordinatamente, e dei baffi ben curati sopra una rada barba. L'altro era anch'egli vecchio, ma portava piuttosto male gli anni, dato che aveva i capelli grigi e spazzolati in modo da coprire la visibile pelata. Inoltre portava gli occhiali ed aveva un viso scavato con tanto di naso aquilino.
"E così questi sono i nuovi arrivati..." disse l'uomo con la camicia, non appena i tre ebbero raggiunto Ryan e Drake "Io sono Jordan Landen, capo della comunità della diga di Erakor. E voi siete?".
"Io sono Ryan Montale, e lui è Drake Ross. Larry ci ha salvato la vita alla stazione, e si è offerto di portarci qui." rispose Ryan, scrutando i due nuovi figuri. Il primo emanava un'aria di serietà e concentrazione, mentre l'altro era più accigliato e sospettoso. Da come guardava i due, però, sembrava avere la stoffa del leader.
"Benvenuti alla diga di Erakor, allora..." disse Jordan, sorridendo soddisfatto "Ora vi spiegherò con calma alcune cose, e poi ci riuniremo per presentarvi agli altri...".

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