È tutto reale
Intorno a me c'è solo silenzio, mi rivesto in fretta adesso per paura che qualcuno possa vedermi nuda. Sono scombussolata e confusa. In poco tempo la mia mente si riempie di domande, domande a cui non so dare una risposta.
Il mio corpo è ancora scosso dal piacere, quel piacere che non ho mai provato prima d'ora, così intenso da far quasi paura.
Stento ancora a crederci, cosa mi è appena successo?
Continuo a chiedermelo e continuo a non sapere cosa mi abbia portato al limite, quel limite invalicabile e disorientante.
Scendo dall'auto con un salto e quasi cado perché le mie gambe sono come gelatina.
Salgo in macchina e accendo il motore. Il mio cervello continua a non connettersi con la realtà, troppo scosso dall'affascinante ragazza dagli occhi scuri e dal sesso più travolgente che abbia mai fatto.
Faccio un respiro profondo e cerco di mettere ordine nella mia testa. È mezzanotte, è tardissimo, l'unica cosa importante da fare in questo momento è tornare a casa, i miei saranno furiosi.
Inserisco la marcia e lentamente percorro la strada che porta al mio incubo personale.
Parcheggio l'auto davanti al vialetto e rimango ferma, incapace di muovermi appena vedo la luce accesa in cucina. Questo significa che papà mi sta aspettando.
Quando entro in casa, lo trovo seduto lì con una tazza di caffè fumante. Ora capisco il perché è sempre così irascibile, se assume caffeina anche durante la notte.
Non mi dà il tempo di appoggiare a terra la sacca per gli allenamenti, che inizia ad urlarmi contro.
<Ed eccola qui la perdente della famiglia; sei un vero fallimento; invece di perdere tempo in giro a fare chissà cosa, perché non provi a vincere una gara, o vuoi essere una nullità per sempre?>
Chino il capo, colpevole di non essere la figlia perfetta che lui vuole.
Sbraita parole odiose, parole che ho sentito centinaia di volte. Ho capito che in fondo non si è mai interessato a me come figlia, sono stata solo un'ossessione sportiva per lui, non si preoccupa nemmeno se la caviglia mi faccia male o no dopo la caduta.
Non riesco più a sopportarlo, non posso più farlo. Sollevo il capo e lo guardo dritta negli occhi, lo sfido quasi.
Si blocca per un momento, i suoi lampeggiano di rabbia e le labbra sono strette in una linea sottile. Questo basta a farlo diventare più collerico del solito. Con un gesto veloce della mano, scaraventa la tazza a terra e il liquido nero si propaga per tutto il pavimento.
Sussulto e sento le lacrime addensarsi, ma non piangerò questa volta, non voglio dargli questa soddisfazione.
Mia madre appere in corridoio, silenziosa e spaventata. Ci guardiamo a vicenda senza che nessuna delle due faccia qualcosa.
Vorrei dire tante, troppe cose, ma non è ho il coraggio, non l'ho mai avuto. Sono così arrabbiata, così infelice e non posso fare niente per evitarlo maledizione!!!
Le lacrime che ho cercato di non fare uscire, adesso mi rigano le guance. Mia madre è ancora li ferma come una statua, non ha mai cercato di aiutarmi, non si è mai messa contro di lui, forse non si è mai comportata da vera madre in realtà, ma non la biasimo per questo, lei è stata la prima vittima silenziosa di un uomo violento e autoritario.
Quando mio padre sembra essersi calmato, do un ultimo sguardo a mia madre, gli volto le spalle e corro in camera mia.
Non posso più rimanere in questa casa, non voglio più restare qui, rinchiusa in queste quattro mura ed essere trattata male da colui che mi ha messa al mondo. Dovrebbe solo volermi bene, è questo che fanno i genitori, amano i propri figli, sempre.
Lui non può amare nessuno, non ne è in grado.
Mi siedo sul letto spingendo le mani contro le orecchie aspettando che la tempesta passi. Ha continuato a urlare ancora per diversi minuti fino a quando non ho sentito la porta della loro camera da letto sbattere con violenza.
Appoggio la testa sul cuscino e chiudo gli occhi, con la speranza di riuscire a dimenticare la sua voce.
Le luci dell'alba che si infrangono sul vetro della finestra mi svegliano. Scossa e assonnata, sfrego le mani sul viso cercando di svegliarmi completamente. Mi alzo dal letto e sgranchisco gambe e braccia intorpidite per la notte di merda che ho appena passato.
Ho bisogno di fare una corsa, niente mi rimette in sesto meglio di una corsa.
Metto la tutta da ginnastica, ed esco di casa. Aumento il passo e alzo il volume delle cuffie. Ad ogni respiro controllato, la mia mente torna alla gara di ieri. Ho dato il massimo, ho fatto tutto nel modo corretto, non potevo prevedere quello che è successo dopo, e poi cazzo, sono caduta e sono comunque arrivata sul podio, come può non bastargli?
Scuoto la testa e continuo a correre, ricordo tutte le volte in cui sono arrivata seconda classificata e ricordo perfettamente le conseguenze che ne sono scaturite, le serate passate a digiuno o il ritorno a casa a piedi per più di 10 km.
Corro ancora più veloce fino a ritrovarmi davanti casa di Andy. Mi incammino senza fiato verso il garage che è diventato il suo appartamento privato.
Mi blocco quando vedo un ragazzo mezzo nudo uscire dalla porta visibilmente scoraggiato. Sbatte contro la mia spalla e senza chiedere nemmeno un semplice scusa, si allontana in fretta.
Ma che modi sono??? Mi dico infastidita e perplessa prima di entrare.
<Cosa vuoi ancora? Ti ho detto di andartene hai capito o no?> Domanda scocciata la mia amica, sdraiata a pancia in giù sul suo letto.
Mi guardo intorno per non fissare lei e noto che questo posto ha visto tempi migliori, sembra un campo di battaglia con vestiti e libri sparsi ovunque.
<Ehi> la saluto chiudendomi la porta alle spalle.
<Maya, che ci fa qui a quest'ora?> Si gira di scatto agitata <Scusami, credevo fosse quel coglione>
<Non preoccuparti, per tua fortuna sono io> sorrido divertita.
<È un sollievo, ho faticato per farlo andare via> si sposta per farmi spazio nel suo letto.
<Quindi, vuoi dirmi cos'è successo?>
<Niente, avevo voglia di vedere la mia amica cupa e incasinata come me> le rispondo sedendomi.
<Cosa ha fatto questa volta?> domanda nuovamente mentre infila una maglietta oversize per coprirsi.
<Chi?> le chiedo come se non sapessi a chi si stia riferendo.
<Tuo padre Maya, sappiamo entrambe che l'unico motivo per farti venire da me alle prime luci del mattino può essere solo lui> dice lanciandomi uno sguardo serio.
Ha ragione mi conosce fin troppo bene e sa quanto mi devasti ogni litigata con papà.
Andy è la mia migliore amica da quando ne ho memoria. È sempre stata lì ad aiutarmi, a sostenermi, a farmi capire che il vero problema non sono io, ma mio padre, è lui il vero problema. Sono sempre fuggita da lei quando le cose a casa diventavano troppo pesanti e fottutamente problematiche.
<Non posso farcela Andy, ieri è stato... è stato... Non ci riesco, non posso, io...> Le lacrime affluiscono pronte ad uscire ancora una volta.
<Ok ok, sei nel pallone e noi non andiamo nel pallone, siamo troppo fantastiche per farlo> si acciglia.
<Sono un fallimento> grido scossa.
<No, ti senti un fallimento è diverso>
Mi trema il labbro <Tu non capisci, io devo...>
<No Maya, io capisco per questo so che tu non sei un fallimento. Abbraccia il dolore come fai sempre, puoi sentirti un fallimento ma poi usalo perché tu sei più di questo devi soltanto rendertene conto> dice accarezzandomi il braccio per confortarmi.
Sollevo il viso verso di lei felice di averla nella mia vita e la abbraccio.
<Sei molto sudata e bagnata> sospira abbracciandomi più forte.
<È vero> confermo e puzzo anche un po'.
<Che schifo> sbuffa lei disgustata.
Rimango da Andy fino a quando non mi sento pronta per tornare a casa. La saluto e imbocco la strada del ritorno correndo più forte che posso mentre le parole di Andy mi supportano facendomi sentire fiera di me.
Quando arrivo la macchina di papà non c'è, meglio così almeno eviterà di rovinare il resto della mia giornata. Rimango sotto la doccia a lungo, risanando i muscoli doloranti che gridano pietà e rilassando la mente gettando via per il tubo di scarico, il resto dei miei problemi.
Avvolgo un asciugamani intorno ai capelli e indosso le prime cose che trovo prima di mettermi con il naso sui libri e aspettare che sia pomeriggio per incontrare Andy al nostro bar.
Perdo la cognizione del tempo cercando di memorizzare l'inutilità delle guerre nel mondo e la stupidità degli esseri umani e cerco di prepararmi in fretta.
Arrivo con qualche minuto di ritardo trovandola già seduta ad un tavolo mentre digita qualcosa sul suo cellulare.
<Eccomi> le dico sedendomi di fianco a lei.
<Era ora Maya, pensavo non arrivassi più> risponde rimettendosi il cellulare in tasca.
<Ehi, sono sempre puntuale agli appuntamenti, di solito sei tu la ritardataria e lo sai> sbuffo.
Andy alza gli occhi al cielo <questo non è del tutto falso> ride.
<Rivedrai il ragazzo che sgattaiolava fuori dalla tua stanza o era solo di passaggio?> le chiedo prima di ordinare qualcosa da bere.
<Assolutamente no, non ho nessuna intenzione di rivederlo per il resto della mia vita>
<Non è stato all'altezza della Herrera quindi> la prendo in giro.
<Per niente> mi risponde prima di scendere nei particolari non proprio piccanti della sua pessima esperienza sessuale facendomi ridere a crepapelle.
<Cosa mi dici invece della tua vita sessuale? Qualche scopata all'orizzonte?>
Ripenso subito alla notte precedente, alla miriade di emozioni che ho provato, alle sue mani che scorrevano sul mio corpo accendendomi come un albero di Natale. Avverto le guance arrossire e il calore propagarsi arrivando in mezzo alle cosce.
Sto per dirle della ragazza sexy che mi ha portato all'estasi, ma veniamo interrotte dall'arrivo di jack, il ragazzo più popolare della scuola, che saluta Andy con trasporto.
Li guardo un po' stranita e cerco di cambiare espressione in fretta. Chiederò più tardi delucidazioni a tal proposito.
<Maya, ricordi Jack?> si gira verso di me con un sorriso enorme stampato sul viso.
Lui mi porge la mano e si presenta con fare educato. In realtà mi ricordo benissimo di Jack, ma lui a quanto pare non si ricorda affatto di me.
Mi metto comoda e ascolto la loro conversazione su come vadano le cose e sui progressi per la scelta del collage.
In lontananza noto una ragazza venire verso di noi, una strana sensazione si fa strada alla bocca dello stomaco. La guardo meglio mettendola a fuoco e mi congelo all'istante.
Scivola leggiadra tra un tavolo e l'altro prima di arrivare al nostro. Il suo viso si illumina e mi sorride appena il suo sguardo incontra il mio.
<Oh, eccola. lei è Carina la mia ragazza> sottolinea Jack felice di presentarla a noi.
<È un piacere conoscervi> si morde un labbro in modo del tutto naturale.
Il mio respiro si blocca, non riesco a dire una parola figuriamoci a farle un gesto di saluto, per non sembrare una vera cafona.
Vado in tilt mentre immagini di noi due sopra la mia macchina mi riempiono il cervello. Devo allontanarmi, ho bisogno di riprendere fiato.
<Scusate> dico alzandomi e andando dritta verso il bagno del locale.
Con mia sorpresa è tutto libero, mi chiudo la porta alle spalle e inizio a camminare avanti e indietro per la stanza agitata.
Ho caldo, troppo caldo.
Tolgo la giacca che indosso e rimango con il top che ho messo poco fa.
Non posso credere che sia davvero lei, pensavo che ieri sera fosse stato solo frutto della mia immaginazione e invece lei esiste, Carina esiste e...
Sta con Jack e ha fatto sesso con me!
Oh mio Dio, che casino!!!
È ancora più bella alla luce del sole, penso chiudendo gli occhi e appoggiandomi alla parete fredda.
Li apro di scatto quando sento la porta aprirsi.
<Maya> sussurra Carina avvicinandosi.
<Cosa... Cosa fai qui?> squittisco nel panico.
<Sembravi arrabbiata e volevo accertarmi che stessi bene> sorride sincera.
<Io, sto bene. Va tutto bene> mento.
<Ne sei sicura?> domanda fermandosi a pochi centimetri da me.
Non posso fare a meno di guardarle le labbra con desiderio. Le ricordo perfettamente, calde e soffici. Lei fa lo stesso, prima che i suoi occhi tornino a fissare i miei.
Mi afferra per il polso e mi tira verso di sé. Sbatto contro il suo seno mentre con l'altra mano sul mio collo mi avvicina al suo viso fino a quando le nostre labbra si uniscono.
Un fremito mi attraversa, la sua bocca è calda proprio come la ricordavo. Piacevoli brividi mi attraversano da capo a piedi.
La sua lingua spinge per entrare, dischiudo le labbra e la accolgo, accarezzandola con la mia. Il mio ventre si contrae e non riesco più a rispondere delle mie azioni.
Immergo le dita in mezzo ai suoi lunghi capelli e le mordo un labbro facendola gemere. La lascio andare e la sua bocca si sposta sul mio collo, fa scorrere la lingua fino ad arrivare al mio petto. Infila la mano sotto il top e con avidità mi accarezza il seno.
Il mio respiro accellera quando la sua mano scende verso il bottone dei jeans.
Prima che possa riuscire ad abbassare la zip, ci allontaniamo di scatto quando un gruppetto di ragazze entra in bagno cogliendoci di sorpresa.
Torno al presente ricordando a me stessa che quello che abbiamo fatto e quello che stava per succedere qui dentro è maledettamente sbagliato.
Mi do una sistemata e ci guardiamo ancora un'ultima volta.
<Mi dispiace Carina , ma non posso> e senza dire niente vado via lasciandola li.
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