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R - Il gioco dell'oca

Pubblicazione 21/07/2022

« Vi propongo un gioco. Assomiglia al gioco dell'oca, ma non lo è. Consideratelo un mezzo attraverso il quale poterci e potervi conoscere meglio. Il tabellone contiene 10 caselle bianche anziché 63, comprese una di partenza e una di arrivo. Non ci sono dadi. Selezionerete insieme gli avvenimenti più significativi della vostra storia familiare. Li annoterò, sotto dettatura su ciascun cartoncino. In seguito, rivedremo i cartellini uno ad uno per precisare le date e qualificare ciascun avvenimento selezionato con una delle seguenti rappresentazioni: l'oca, il pozzo, l'hotel, la prigione, il ponte, il labirinto e la morte. Ordineremo poi le carte in ordine cronologico sulle caselle bianche, correggendo eventuali errori. Potrete intervenire ogni volta che vorrete, l'importante è essere d'accordo sulla ricostruzione dei fatti. »

Oca.

Leonard mi lanciò un'occhiataccia come per dire: "te la sei cercata, inizia tu". Decisi di prendermi del tempo per rispondere a quella provocazione. Presi fiato e rammentai al mio eccentrico partner il nostro incontro.

« Il nostro primo incontro per me fu fortuito, per lui tutto calcolato. Mio nonno gli chiese di prendermi come allieva... lui era il mio istruttore di... ehm... autodifesa. Sono una persona molto solitaria, attraverso strade poco sicure. » riprese Leonard in fretta: « 3 marzo 2021. »

Faticai a tradurre la "nostra" storia in una versione più edulcorata, più umana.

« Quali emozioni vi ha suscitato quell'evento? » chiese Candy, così intenta a scrivere da non notare il fastidio palesatosi nel mio finto marito: tamburellava con le dita di una mano il bracciolo della poltrona, mentre con l'altra si scrocchiava le dita, producendo dei rumori secchi.

« Mi ha incuriosito tutto di lui: dal suo aspetto fisico al suo modo di parlare. In particolare, la sua passione per gli orologi. Ho associato il ticchettio del suo orologio da tasca alle sue extrasistoli... »

Avevo straparlato e me ne imbarazzai in un batter d'occhio, passai il testimone a Leonard.

« Noia. Ogni sua domanda era irriverente e ogni suo sguardo attento e meticoloso, pronto a sottolineare le mie imperfezioni. »

« Andrew era ammalato in quel periodo. » anzi era avvelenato.

« Cancro. » rispose con una smorfia. Leonard non poteva scegliere patologia più mortale, umana e al tempo stesso letale.

Feci un paragone, il veleno era stato il suo cancro e il mio sangue la sua chemio.

« Oca. » concluse.

Le nostre bugie erano mangime per un'oca starnazzante, Candy: « Dovremmo associare solo successivamente l'evento a una figura. », ma lui la zittì in fretta, « Ho detto oca. »

Prigione.

Cos'è una prigione? Due sbarre e una cella? Tutto poteva essere prigione. Come avevano scritto i genitori di Leonard, anche il tempo poteva esserlo.

Da mesi, quell'orrendo studio di periferia era il mio carcere. Tutto di quel posto mi faceva sentire rinchiusa. Il divano consunto in alcantara, sul cui bracciolo avevo strappato un piccolo lembo di stoffa al mio arrivo, le pareti grafite, l'orologio analogico e quella squallida vista sul selciato, mi avevano della privato della mia libertà.

O forse, ero stata detenuta a Forks molto tempo prima... forse la mia detenzione aveva una storia più antica... forse era il mio amore.

Jacob Black. Una prigionia subdola, una dipendenza affettiva aggravata da anni di desideri e di aspettative.

« In quel periodo, Renesmee aveva occhi solo per il suo fidanzato. » continuò Leonard, rivolgendosi direttamente a Candy, ignorandomi. Non cercò i miei occhi per ottenere il mio assenso, sapeva di aver ragione.

L'abitudine di tornare con la mente a Jacob non mi aveva mai abbandonata. Anche in quel momento, mi tornava alla mente la sua pelle color miele e i suoi occhi profondi, il suo corpo e quel pomeriggio... deglutii, facendomi forza. Guardando l'uomo russo che mi stava accanto, i tratti di Jake svanirono.

« In quel periodo, Andrew era concentrato sulla sua malattia. »

Noi due, avevamo affrontato due forme di prigionia differenti. Io, imprigionata dall'amore di un licantropo e lui dalla discrasia.

Nessuno dei due era stato in grado di evadere.

« Come ti faceva sentire il tuo ex fidanzato? »

« Era molto protettivo, ma aveva la testa calda quasi quanto la mia. Jacob credeva di sapere tutto di me, anche ciò che desideravo... per qualche tempo ha avuto anche ragione, ha espresso tutti i miei desideri... »

Jacob aveva un'arroganza gentile, pensava di essere al corrente di qualsiasi cosa mi riguardasse. La sua presunzione era priva di cattiveria, giustificata dall'avermi vista crescere, sorridere, vivere. Come dargli torto?

Giorno dopo giorno, aveva imparato tutto su di me: il mio colore preferito, il mio fiore preferito e il mio dolce preferito. Ma non aveva compreso che conoscere le abitudini, la storia, i pregi e i difetti di una persona non significasse amarla. Era un po' come studiare; puoi studiare pagina per pagina, dettaglio per dettaglio, postille comprese ma non essere appassionato della materia. Lo stesso valeva per me, non provavo passione per lui, ma riconoscenza per aver prestato attenzione a tutto quel contorno che stava attorno alla mia persona e per non avermi mai lasciato sola. Chissà cosa avrei combinato se fossi rimasta da sola.

« Cosa desideravi? »

« Quello che desiderano tutti: essere felice. »

Eppure caddi nel tranello in cui precipitavano umani, vampiri e mezzosangue: credere di saper distinguere l'amore dall'affetto, credere di sapere cosa sia l'amore. Mi paralizzai difronte a quella mia riflessione a voce troppo alta. Stavo dando spazio a Candy per impicciarsi negli affari miei e stavo includendo Leonard in quel gioco pericoloso.

Mi tremavano le mani, erano sudaticce. La debolezza del mio corpo, spinse Leonard a dire a gran voce cosa pensasse di me.

Per lui ero manipolabile.

« Più di una volta mi ritrovai faccia a faccia con quell'uomo. Renesmee pendeva dalle sue labbra. »

« Non sai di cosa stai parlando! » gli urlai contro in uno scatto d'ira. Poi mi ricomposi e lui insistette insolentemente: « Scommetto, che qualsiasi cosa ti chiedesse, tu la facevi senza fiatare perché era lui a chiedertelo... » e lo interruppi nuovamente: « Hai assistito soltanto a un litigio e credi di poterti fare un'idea su Jacob? »

« Credo di aver visto fin troppo. » bisbigliò a denti stretti, stringendo anche i pugni. Candy frenò la nostra irritazione con una domanda che mi lasciò di sasso: « Com'erano i vostri litigi? »

Ci riflettei a lungo, non sapevo cosa rispondere, ma volevo che terminassimo. Ci stavamo addentrando in questioni troppo delicate per la mia labile psiche, quindi optai per la sincerità: « Di solito, tendevo a evitare il conflitto. Mentre lui tendeva a fare confronti e a etichettarmi... in senso buono, certo... discutevamo per cose banali e ci rinfacciavamo questioni vecchie, anche familiari. »

La mie etichette erano: imprinting, mezzaumana, mezzavampira.

« Era aggressivo? » chiese aggrottando le sopracciglia.

« Non lo era... » risposi rapidamente arrossendo, poi ripresi senza guardare i miei due interlocutori « ...era solo impaziente... »

A quel punto Leonard diede un pugno al bracciolo della poltrona e sembrava stesse sgretolando la sua stessa mano. Lui replicò: « Prigione. » e io mi strinsi a me, proteggendomi da quei due.

« Le ho già spiegato come funziona. »

« Non mi importa. »

« Lei come stava durante la sua malattia? »

infastidita e stizzita dal suo atteggiamento si concentrò su di lui.

« Come vuole che si stia quando si soffre? Male. Malgrado ciò, presumo che il male fisico sia mille volte meglio rispetto al male psicologico. »

Avevo i loro occhi puntati addosso, si aspettavano che dicessi qualcosa... che rispondessi... ero pronta ad essere giudicata da un momento all'altro. Il trillo del timer di Candy ci interruppe, ma lei si premurò a riportare il tempo indietro.

Mi rannicchiai in un angolo del divano, confidando nel karma, sperando che la prossima domanda fosse per Leonard.

« Ti chiedo di fare un confronto tra Andrew e Jacob. »

« ...non credo di poterlo fare. »

« Non credo le sarà utile. » sottolineò lui.

« Andrew, questo è il mio lavoro. So cosa è meglio per la mia paziente. » strillò Candy in un attimo in cui credette veramente di poter avere una qualche forma di rivalsa su di lui.

Come potevo paragonare Jacob a qualcuno che non conoscevo affatto? Strinsi le ginocchia al petto, mi nascosi per un po' dentro l'incavo che si era creato e trovai qualcosa da dire.

« Hanno entrambi pregi e difetti. Jacob è stato così fedele da mettere in disparte se stesso pur di soddisfare il nostro legame. Lui sapeva cosa era più giusto per me: mi aveva imposto una dieta da seguire... non una dieta cattiva, era per il mio bene... voleva che restassi con lui e con la sua "famiglia" in una piccola cittadina nello stato di Washington. Andrew è un viaggiatore, un po' arrogante, un bugiardo patologico... ha un ritegno che avrei voluto avesse Jake. »

« Credi che la sua descrizione ti rispecchi? » e lui annuì: « Aggiungerei che sono un amante della libertà personale e che non le avrei mai imposto nulla contro la sua volontà. » e quella frase mi freddò. A cosa stava alludendo?

« Come descriveresti Renesmee? »

« È l'esemplare femminile più astuto e coraggioso che io abbia mai ammirato. Ne ammiro la curiosità e l'arguzia, ne disprezzo la mancanza di autostima e l'ingenuità. Troppo dolce e compassionevole, ma questo è un vizio di famiglia. »

Stritolai le mie gambe, portandole ancora più vicina al petto. Non stavo controllando la mia forza ed ero più che sicura di essermi appena fatta dei lividi.

« Senti, sei pregato di non prendermi in giro. » borbottai.

Mi afferrò il polso, guardandomi negli occhi e rispose a tono: « E tu di rispettare quello che penso. »

Pozzo.

« Perché la relazione tra te e Jacob è finita? »

Perché era iniziata?

Quella sarebbe stata la domanda giusta. Trovare la risposta era come cercare l'acqua in un pozzo senza fondo, impossibile. Avrei detto per l'imprinting, per le visioni, per un malsano senso di dovere e responsabilità. Per amore... avrebbe detto la vecchia me, quella morta a Volterra.

« Perché... credevo di volere quello che voleva lui. Ne ero convinta, ma mi sbagliavo. Quando ho detto basta era troppo tardi... non era cattivo, era solo impaziente... è colpa mia, non sono stata in grado di capire che... »

Il viso di Leonard si tinse di rosso, le sopracciglia si abbassarono, i muscoli del collo si irrigidirono e istintivamente sbottò: « Santo cielo! Non giustificarlo! »

« Non riesco a seguirvi. Affinché questa terapia funzioni, vi chiedo di essere più chiari nell'esposizione. »

« Non voglio parlarne davanti a lui! »

« Perché? Essendo il tuo partner, sicuramente non ti giudicherà. » Candy spezzò la caramella dura che aveva tra i denti per rimpiazzarla con un'altra, e lanciò uno sguardo di sfida a Leonard.

« Perché lui è qui solo per sè stesso, per ripagare il suo debito! Non può capirmi, non può sapere cosa si prova a essere me. Sei un approfittatore senza scrupoli. Questo sei... »

Distolsi lo sguardo coprendomi il viso con qualche ciocca pur di scoraggiarlo a guardarmi negli occhi.

Con quelle parole, anzi con quell'azione scelsi di farmi odiare, perché Leonard odiava non essere visto. Scegliere di non mantenere il contatto visivo, per lui, significava privarlo dell'unica forma di comunicazione che riteneva importante; per me, escluderlo dalla mia vita privata.

Inaspettatamente, mi afferrò entrambe le braccia, togliendole dalle ginocchia e parlò con occhi blu di biasimo: « Cristo! Renesmee so che cosa è successo nella grotta, nel vostro stupido posto felice. »

Tic toc.

Mi era crollato il mondo addosso.

« Come fai a sapere che lo chiamavo così?...io non te l'ho detto... io-io... mi hai spiato?! Come ti sei permesso?!... mi fai... a tutto c'è un limite... »

Di me restarono mezze parole e uno sguardo vuoto.

« Eri ubriaca marcia, dopo esserti buttata giù... mi hai raccontato tutto. Sono andato via il giorno dopo per evitare che i tuoi genitori lo scoprissero. Non riuscivo a togliermelo dalla testa. »

Click. Stupida penna.

Mollò la presa e si portò le mani tra i capelli, quasi a volerseli strappare uno ad uno.

Fissai qualcosa alla parete - non ricordo cosa, forse la muffa in cima a destra o la crepa su a sinistra - restai lì a pensare a quella notte in cui avevo fatto quel tuffo. Il post-it che avevo appeso alla finestra di Jake, Leonard che mi aveva riportato a casa... Margaret che mi aveva fatto smaltire la sbornia...

Leonard si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e indietro, girando come una trottola attorno al divano. Parlava piano e teneva gli occhi bassi: « Ho ricollegato tutto. Quando ti ho riaccompagnato a casa, quel pomeriggio in cui stavi male... non me ne sono interessato, non era affar mio. Mi sembrava un litigio come un altro... ma i tuoi occhi erano spenti e balbettavi. Tu che parli sempre, non riuscivi a dire una parola, a contraddirmi o a domandarmi alcunché. Sei rimasta lì a fissare il tramonto e a cercarci Dio sa cosa... »

Vagabondo, sospirava tra una frase e l'altra, stirando uno o più riccioli tra le dita.

« Non riuscivi neppure a camminare... non sono stato in grado di attirare la tua attenzione, nemmeno parlandoti della mia malattia. Mi sono proposto come tuo accompagnatore, credendo ingenuamente che fosse quello di cui avevi bisogno. »

C'era un alone opaco e una macchia gialla dietro la libreria di Candy. Lui era una sagoma, un fantasma trasparente che mangiucchiava il pollice, ritto davanti alla finestra.

« Non avrei mai voluto vederti in quello stato. Giuro, non avrei mai voluto... ma ero lì...chert... ero lì. Mio padre non ci avrebbe scommesso un penny. »

Tra una boccata e l'altra - come se fumasse - portò avanti il suo sfogo, con frasi che sarebbero state spezzate dal fumo grigio: « Qualche settimana dopo Maggie mi chiama per chiedermi un favore, dovevo tenerti d'occhio per lei. Se non fosse stata a Seattle a divertirsi con quell'orso di Arthur, lei sarebbe stata lì con te. Quella fottutissima sera, barcollavi nella foresta, piangendo e canticchiando note stonate. Ti sei arrampicata su un albero, hai spiato quel lupo e dopo esser saltata giù, inciampando su tutto ciò che hai incontrato, hai deciso di buttarti dalla scogliera. »

Riprese il suo pellegrinaggio attorno a me, come la Terra attorno al Sole.

« Cristo Renesmee se ridevi. Credevo fosse una comunissima sbronza, ma sono stato un durak a pensarlo. Ti ho accompagnato a casa, ti ho svegliato ma tu... hai iniziato a dire frasi senza senso... a dire che i miei occhi erano come il mare e non capivo cosa volessi dire... ma poi hai deciso di saltarmi addosso, di sfiorarmi e di raccontarmi tutto... chert... chert! Tu mi sei entrata in testa! Tu e il tuo stupido lupo, l'odore di salsedine e la puzza di cane bagnato... tu e quel vestito rosso... dannazione quella è stata la mia rovina! Sei stata la mia rovina. »

Rimase in silenzio con la schiena appoggiata alla finestra. Si pizzicò le guance, provando a riacquistare un minimo di lucidità.

Lo disprezzai per quante bugie mi aveva detto, per come aveva nascosto quel segreto.

« E tu hai preferito non dirmelo? Te lo sei tenuto per te... hai preferito scappare via... »

« Sì, ho preferito andarmene. Ma sta certa che non lo rifarei. »

Dal mio stesso nascondiglio farfugliai tra le lacrime, spiegando a Candy di cosa Leonard stesse parlando: « Ho avuto un... ripensamento durante un... rapporto sessuale. »

« Ha subìto violenza. » corresse lui ancora più in collera.

« No, no... non sono riuscita ad esprimermi in modo chiaro con lui... all'inizio ero d'accordo ma poi... il mio corpo mi ha tradito... c'è qualcosa in me che non funziona... » poi ripresi, conficcandomi le unghia nei palmi delle mani: « Non riuscivo a parlare. La mia voce era strozzata... e il mio corpo era bloccato... era come se-se-se... » balbettai qualcosa ma lei mi frenò, fortunatamente.

« Renesmee, questo è un luogo sicuro. Possiamo parlarne qui, ma ci sono anche tanti altri centri antiviolenza. »

Candy replicò il gesto fatto precedentemente: far ripartire il timer per procedere con la seduta e questo diede modo a Leonard di incazzarsi sempre di più.

« L'ha appena interrotta. Non credo sia un atteggiamento opportuno, dato che questa è la prima volta che ne parla con qualcuno. »

« Ma ne ha parlato con lei. » bofonchiò.

« Se avesse prestato attenzione, in quel frangente non era nel pieno delle sue facoltà mentali. Pozzo. »

Si spostò dalla finestra e, di nuovo al mio fianco, si scusò: « Mi pento, ogni giorno, per non aver indagato, per non averti chiesto di quei graffi, di quelle macchie rosse. »

« Non ti pregherò in ginocchio per avere il tuo perdono, so di non meritarlo. Ma tu meritavi di sapere la verità. »

Ero certa delle sue parole, non mi avrebbe pregata. Ma i suoi occhi lo stavano, implicitamente, facendo. Era afflitto ed era come se non ci fosse più accanto a me... c'era il soffitto bianco e le pareti grigie... Candy era sbiadita, aveva perso il raso verde...

« Non potevi saperlo. » bisbigliai e pensai che non c'era pozzo più profondo delle bugie.

« Vuoi descriverlo? » chiese Candy placidamente.

« Vuoi che lui resti? » chiese indicandolo e strinsi la mano a quello spregevole bugiardo, con così tanta forza che contraccambiò dandomene un po' della sua.

« Stare con Jacob era semplice, perché decideva lui per me. Anche quel giorno... lui ha deciso come iniziare... prima mi ha spogliato, poi si è spogliato ed è stato facile baciarci. Credevo fosse normale sentirmi scottare la pelle, bruciacchiare le labbra... »

« Cosa intendi? » rivelarle che Jacob era un ferro rovente non le sarebbe stato comprensibile, così mi corressi, velando il suo fuoco in passione: « Jake era così tanto passionale, che mi sembrò di bruciarmi. »

Hotel.

« Il rapporto è iniziato in modo consenziente, concludendosi in modo non consenziente? » annuii. Grazie per avermi tolta dall'impiccio Candy.

« Doveva piacermi stare con Jake, lui sarebbe stato mio marito... ma quando ci siamo uniti, il mio corpo ha iniziato a ribellarsi e sono... diventata di pietra. »

« Adesso si spiega il perché il vostro è un matrimonio bianco. Ci vorrebbe un sessuologo in questo caso, questo va oltre le mie competenze... » e Leonard, accigliato, la freddò incitandola a fare il suo lavoro:« Quell'evento ti... anzi...vi ha aiutato a crescere? »

« Non credo, guardi come si è ridotta. Dopo "quell'evento", per meglio dire "quell'abominio" Renesmee si è scolata un intero bar, gettandosi giù da un dirupo. »

« Ah... » Candy iniziò a scrivere in tutta fretta, interessata più al mio tentato suicidio e alla dipendenza alcolica che al mio stato d'animo.

Dolore, incomprensione, vergogna. Tanta vergogna per ciò che si diceva di me in quella stanza. Per ciò che ne sarebbe derivato da quel colloquio, per tutte le conseguenze. Per quel maledetto giorno in cui Carlisle chiese aiuto al clan Winslear.

Avevo già perso il mio lavoro, ne ero più che convinta. E avevo anche perso quel misero residuo di autostima rimastomi.

« Per un attimo sì, ma solo un piccolo attimo. Credevo di poter fare la differenza come medico. » bisbigliai a me stessa, per ricordare alla piccola Renesmee, a quella bambina dalle guance paffute e dagli occhi curiosi che in fondo ci avevo provato. Ci avevo provato a essere normale, a essere come tutti gli altri: a essere immortale, mortale o una via di mezzo.

Senza nessun risultato.

Perdonami piccola Renesmee. Nel mio futuro non c'era più nulla, né la medicina né la mia vita.

« Descrivi quell'attimo. »

Ponte.

« La curiosità per il suo caso clinico. »

Quando la vita di Leonard era appesa sul filo di un rasoio, la mia passione per la vita e per la medicina era alle stelle. Ero carica di aspettative, sebbene avessi pochissime certezze sulla sua condizione clinica.

« Se dovessi scegliere un momento quale sarebbe? »

Leonard era in silenzio, immerso nelle rughe di Candy, pronto a contarle gli anni che le restavano da vivere.

« Il Valse Sentimentale di Pyotr Tchaikovsky. »

Il suo cuore fece un balzo in avanti. Impercettibile per un umano, altisonante per un mezzosangue.

« Spiegati meglio. »

« Durante quel ballo, ho avuto modo di avvicinarmi di più al mio partner. Prendendo nota dei suoi... difetti fisici. La bradicardia, la dispnea, l'incarnato pallido e in alcun punti quasi cianotico. Insomma, fui attratta dalla semeiotica del suo corpo. »

Per la prima volta, da quando partecipavo alle sedute di Candy ero tranquilla. Elencavo segni e sintomi con calma, lentamente, respirando, senza lacrime.

Lasciando le emozioni da parte.

« Ponte. » dissi guardandolo in religiosa preghiera: le mani giunte sotto il mento e lo sguardo proteso verso il collo di Candy. Lei aggrottò le sopracciglia, spazientita dalla mia risposta.

Labirinto.

« Perché la sua malattia? »

« Era una cosa tutta mia, una cosa che stavo affrontando da sola, senza l'aiuto di nessuno. Era un mistero da risolvere. Ho passato giornate intere e notti insonni a scervellarmi sulla possibile terapia da somministrargli, su quali medicazioni poter adoperare in un campo a me totalmente sconosciuto... non riuscivo a trovare una soluzione, più il tempo passava, più lui peggiorava... » spiegai a Candy, la quale, intenta ad ignorarmi, continuò ad armeggiare con il timer.

« C'è dell'altro? »

« Lui è come me. »

« Ti piacerebbe, kozà. Apparteniamo entrambi alla stessa razza, niente di più. »

« Siamo più simili di quanto tu possa credere. Quella notte, entrambi abbiamo deciso di morire. » la mia risposta lo fece ridere fragorosamente.

« In tempi diversi, Renesmee. »

« Che differenza fa? »

« Che differenza fa. » fece eco lui. « Proprio non ci arrivi... erano anni che stavo in quel modo. Anni! Ed ero stanco di vivere divorato dalla sete e dal veleno. Io avevo programmato tutto da mesi. Avevo pianificato tutto nel minimo dettaglio, avevo un copione da seguire. Volevo andarmene da martire in quella radura. Ne avevo motivo. Io avevo il veleno e un clan da proteggere. Avevo più di una ragione per farlo. Tu non ne avevi nemmeno una. »

Driin.

Morte.

« Tu hai deciso per me. Hai stretto un patto con Aro, ti sei fatta proclamare Guaritore...in modo ancora più sconsiderato, hai sfruttato la mia malattia per il tuo suicidio, diventando il mio pasto. Ti sei approfittata di me per fare ciò che volevi. »

« Come ci si sente a essere usati, Winslear? Stai male adesso? Potevi pensarci prima di fare quello che hai fatto! » e lo acciuffai solo per spintonarlo. Ed eravamo arrabbiati l'uno con l'altro, così tanto che la sua pazienza svanì in fretta: « Stupida opportunista capricciosa e viziata. »

« Io? Io ne avrei ricavato profitto?! Tu lo hai fatto, stipulando quel protettorato con Carlisle. Tu hai deciso che io dovevo sopravvivere, pena la morte di tua sorella. Ma non ti sei fermato lì, hai deciso deliberatamente che io avrei dovuto vivere con un mezzosangue morto sulla coscienza! Sbaglio?! »

L'oca, il pozzo, l'hotel, la prigione, il ponte, il labirinto e la morte volteggiarono per aria, sulle note squillanti del timer di Candy. Il cartoncino dell'oca cadde delicatamente sul becco della sua omonima riproduzione reale.

« Non cambiare discorso. Sono stanco di te e te lo ripeterò un'ultima volta: perché lo hai fatto? » scandì le parole e rimasi in silenzio, a cercare un motivo valido, a convincerlo che la mia vita valeva meno della sua, ma lui la scambiò per ignoranza.

« Visto? Nessun motivo valido. Il tuo era un capriccio. Piuttosto che lanciarti nel vuoto o diventare il pasto di un tuo simile, avresti potuto dimostrare a quel tipo che valevi più della considerazione che lui aveva per te... che potevi stare benissimo da sola. Invece, cocciuta come una capra, ti sei messa in testa di non valere abbastanza... »

« Smettila! Cosa ne sai tu di me? Non ne sai niente. » poi continuai: « Solo perché ti ho rivelato qualcosa grazie all'alcol, credi sul serio di potermi capire? No! Tu non ci hai capito proprio niente. Tu non sai niente! »

« Avanti! Cosa dovrei sapere? Cos'altro c'è da sapere sul tuo capriccio? » lo schiaffeggiai, lasciandogli l'impronta delle mie dita sulla guancia e ci guardammo in cagnesco, con odio e disgusto.

« Non chiamarlo in quel modo! Avevo paura di essere incinta di Jake e non potevo sopportarlo! In quel modo avrei dimenticato tutto. Avrei smesso di sentirmi perennemente inadeguata. Avrei smesso di... sentirmi. » e lui rimase sbigottito dalla fretta con cui misi in fila, una per una, tutta quelle parole.

« Avresti smesso di sentirti viva. » si mise le mani tra i capelli e nascondendosi riprese: « Io non riesco a credere ai miei occhi. Hai dimostrato di avere un potenziale incredibile nel fare quello che fai. Sei un medico eccezionale, fuori dal comune e vuoi gettare al vento il tuo talento, per cosa? Ti facevo più intelligente di così... una donna di scienza che si toglie la vita per... una cellula? »

« Ma io non la volevo quella cellula! Non in quel modo, non senza di lui. Senza l'imprinting non ho più niente per cui vivere! Non valgo niente. » e strinse la mano con cui lo avevo schiaffeggiato, se la strinse al petto perseverando nella sua opera di bene: « Sai quando non hai niente per cui vivere? Quando non provi più niente, quando non riesci né a soffrire né a gioire, quando sei così cinico da restare impassibile davanti alla ragazza con gli occhi più tristi del mondo! »

« Non ho più Jacob! Non troverò mai qualcuno come lui, qualcuno che mi ami allo stesso modo... »

« Maledizione! Renesmee, svegliati. Non c'è un modo giusto per amare, ma c'è un modo giusto per fare l'amore. »

« Che importa! Che importanza ha? Che cosa ci sarà nel mio futuro adesso? Te lo dico io, niente. Ho distrutto tutto quello che le visioni di Alice avevano costruito. Sono io il problema... la mia testa lo vuole ma il mio corpo lo rifiuta... »

« Per una scopata andata male con un lupo butti via la tua vita? Ma sei scema? » ed era freddo e schifato, e il suo comportamento era rivoltante. Feci per dargli un altro schiaffo ma non arrivò a destinazione e trattenendomi, continuò a inveirmi contro: « Non so in quale lingua dirtelo... devi essere tu a voler scopare con qualcuno, non tu a lasciarti scopare! Per cosa poi? Una visione? Sei una donna, il piacere di un uomo è nelle tue mani. È già ridicolo che te lo faccia spiegare da un uomo, figuriamoci poi da uno più vecchio di te. »

Credevo di arrabbiarmi ancora di più, di ucciderlo per davvero, ma mi spinse a singhiozzare e dire cose che non avevo mai detto a me stessa: « Perché io non sono riuscita ad averlo e Leah sì? Sono sbagliata... non sono riuscita a dargli ciò che voleva... l'imprinting non funziona su di me! E se avessi avuto un figlio da lui, cosa avrei dovuto fare? Sarei dovuta tornare da lui per crescerlo, riprovando ancora e ancora quella sensazione, quel fuoco dentro... quel male... »

A quel punto, Leonard impazzì, non ci vide più dalla rabbia e ruggì: « Sei così stupida da costringerti ad amare qualcuno che non ami; così pazza da obbligarti ad essere qualcuno che non sei mai stata, a vivere in un modo che non è il tuo, a fingerti umana o vampira in base alle circostanze, a fingerti moglie o madre sacrificando te stessa... una stupida ragazzina viziata che passa la sua eternità ad accontentarsi, a farsi scegliere! » sbraitò allontanando la mano e io lo aggredii in modo peggiore, con una voce che si fece sempre più acuta: « E tu? Tu mi fai schifo. Tu sei uno stronzo bugiardo manipolatore. Tu sapevi cosa mi era successo e non hai avuto il coraggio di dirmelo, hai preferito mentirmi su tutto. Mi hai mentito sulla tua malattia, sul protettorato e su quello che sapevi di me e Jake... sai perché menti? Perché hai paura, sei un codardo. Le persone ti spaventano, ti terrorizzano. Soltanto un maniaco del controllo può credere di avere tutto sotto controllo, può credere di sapere cosa sia meglio per gli altri... »

« Sta zitta! »

« Perché sei qui? Ti faccio pena? Credi che possa diventare come te? Oppure vuoi cancellare il tuo passato da truffatore incallito? »

« Zitta! »

« Lo fai per Margaret? Per mio nonno? Per chi? Per i Volturi? Perché mi hai cercato?! »

« Perché?! Perché l'ultima cosa che ho visto prima di morire e la prima a cui ho pensato quando mi sono svegliato sono state le tue fottutissime lentiggini. Ci stavo morendo dentro... e tu... è tutta colpa tua! Tutta colpa tua e del tuo dolore, tutta colpa tua e del tuo tramonto e di quello che mi hai fatto... rivivere... » lanciò un pugno al muro, lasciando l'impronta delle sue nocche e proseguì ancora più incazzato: « Mi sembra assurdo dovertelo spiegare. Non si vede? Sul serio? Sono qui per te! Perché mi faccio schifo per quello che ti ho fatto! Perché su quella scogliera avrei potuto chiederti "come stai?"... sarei potuto arrivare prima, sarei potuto intervenire! Qualsiasi cosa sarebbe stato meglio di quello che non ho fatto! »

« Cosa ne sai? Sei così arrogante da credere che te ne avrei parlato?! Per me tu non sei importante! Non ruota tutto attorno a te, non vali niente! Sei solo un caso clinico, un banale caso clinico! » mi avvicinai in collera, ormai la mia voce e la sua erano così alte che tutto l'ospedale ci aveva sentito.

« Allora dimmi che in quel momento non avresti voluto sfogarti, non avresti voluto un abbraccio o qualcuno che fosse meno menefreghista di me! Su, dillo! »

Mi fermai e provai a immaginare - come lo aveva chiamato lui - un tramonto diverso. A ipotizzare un finale alternativo, ma non mi venne in mente niente. Non ce lo vedevo, né lui né Margaret, a consolarmi o a fronteggiare Jake.

« Poteva andare in modo diverso. Questo lo sai anche tu. »

« Non ne avrei parlato con nessuno. Sarebbe andata allo stesso modo con chiunque altro. »

« Renesmee, non potevo ripetere di nuovo lo stesso errore... non ce la facevo a vederti in quel modo. » poi riprese: « Ti ho spiato a Victoria. Sì l'ho fatto, non ne vado fiero. Non vado fiero di niente di quello che ho fatto per te. Ma vederti in quello stato e per causa mia... non potevo farti soffrire più di quanto lui ti avesse già fatto soffrire! Sarei stato una bestia, un animale se ti avessi spezzato un'altra volta! » gridò a voce alta e quella parola... spezzata risuonò nella mia testa.

Era quello che avevo pensato tra le braccia di Jake e lì compresi che forse lui sapeva più di me, che gli avevo mostrato tutto, che gli avevo fatto provare tutto... che lo avevo bruciato con i suoi baci...

« Tu mi hai dato una ragione per non morire e io voglio dartene una per cui vivere. » replicò stringendomi le spalle.

« Ma io non la voglio! Io non te l'ho chiesta... mi manca Jake! Mi manca da morire. » e piansi tanto, troppo.

« Io volevo stare con lui! Io volevo che le visioni di Alice si realizzassero, volevo essere felice come i miei genitori, i miei nonni, i miei zii. Ma non è facile... niente è facile! Senza di lui, fa tutto schifo. Senza di lui, devo fare tutto da sola e io non sono in grado. »

« E qual è il problema se per una volta basti a te stessa? »

Note:

*dispnea: fame d'aria, affanno.

Ispirazione:

Il gioco dell'oca è un gioco da tavolo inventato nel XVI secolo.

Gli oggetti fluttuanti, Metodi di interviste sistemiche - Philippe Caillè

Autarkeia: concetto di autosufficienza, concetto ripreso dalle riflessioni di Orazio

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