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L - Blood play

Pubblicazione 12/09/2022

XX

Un materasso, uno di quelli morbidi con l'imbottitura in lana e cotone e una fodera in lino. Un letto a baldacchino, uno di quelli alti e spessi. Ah, la Chambre de Louis XIV!

E invece, sfortunato com'ero, avevo rimediato una pennichella su un letto di terriccio e fertilizzante.

Ma c'era un'ultima cosa da fare prima di porre fine a quella notte: leggere gli scarabocchi in cirillico di mio padre - Arthur ci vedeva qualcosa di strano, io un nuovo hobby - e spiegare a Sebastian di Mei e Renesmee.

Come se non bastasse, al sonno arretrato e alla sete repressa, il cielo volle che nello studio di Sebastian, io e Arthur ci trovammo difronte a quello da cui eravamo fuggiti: Nahuel seduto sulla poltrona a ronfare sonoramente con la bava che gli colava dalla bocca; e alle sue spalle, la lunga treccia di Renesmee oscillava coprendole la schiena. Era appesa sulla scaletta della libreria occupata ad agguantare un libro su una mensola troppo alta per la sua statura.

Dove si staccava la spina? C'era per caso un interruttore sul suo fondoschiena per spegnere la sua curiosità? Oppure era uno di quei giocattoli con la carica a molla inceppata?

« Nahuel doveva avvisarmi se fossero arrivati degli intrusi. » borbottò.

« Hai detto bene, doveva. » puntualizzai cercando gli occhi di Arthur per capire se a lui Renesmee mettesse sete.

Mi diede un colpo sulla spalla per rassicurarmi. Ero sicuro che, anche in corso di frenesia, sarebbe stato in grado di arrestarsi; la sua sete era molto più impellente della mia ma il suo autocontrollo era disciplina pura. La sua volontà era sempre stata ferma e decisa come il suo spirito. Il mio invece era labile, così mi concentrai sul profumo di terra che avevo ancora addosso.

Arthur prese posto alla scrivania e si mise a giocare con il suo barometro aneroide, fingendo una qualche valutazione meteorologica. Sul tavolo aveva disposto con solerzia delle mappe topografiche: una in successione all'altra con annotate coordinate e altitudini.

« Ci sarà una tormenta. » calibrò il suo giocattolo e, approfittando di un momento di disattenzione degli altri due, mi indicò la mappa più inusuale fra tutte: una mappa che mappa non era.

Quella carta ottenne la mia completa attenzione: il titolo era "Galere del sangue, San Pietroburgo 1919". A prima vista pensai a una comune mappa urbana, ma di geografia non c'era granché. I nomi dei vicoli, delle vie, dei passaggi e dei viali alberati non avevano alcuna corrispondenza con gli omonimi reali.

Di tutta fretta, la misi in tasca, tolsi il cappotto e scivolai sul divano a tre posti sdraiandomi per tutta la sua lunghezza. Arthur adagiò i riccioli sulla cartografia, coprendosi dietro a un mappamondo per poter studiare i lineamenti di Nahuel. Era come se ne stesse disegnando i contorni: dagli occhi socchiusi alle palpebre leggere, dal naso dritto alle morbide labbra fino ad arrivare alla zip della felpa verde. Concessi un po' di privacy a mio fratello dal momento che potevo fare lo stesso con Renesmee - avrei potuto disegnarla anch'io.

« I bimbi vanno a letto a quest'ora. » rimbeccai la dodicenne portando a me il suo manoscritto con l'uso della telecinesi.

« Maggie si è addormentata. Questo posto è fantastico! Avete così tante informazioni, così tanti libri che ci passerei delle giornate intere qui. »

Sfruttai il libro trafugato per leggere meglio quella mappa. A cosa poteva servire una mappa che mappa non era? Una cartina senza confini, senza rapporto in scala, senza linee di latitudine e di longitudine, senza nomi delle località, solo croci rosse. Poi un dettaglio insolito: tante linee e curve, anche sovrapposte fra loro, collegavano francobolli provenienti da paesi diversi.

Era un tentativo creativo di filatelia? Mi ricredetti quando vidi il retro. Sebastian, con la sua garbata calligrafia britannica, aveva buttato giù quelli che a prima vista erano banali appunti sul luogo, scritti rigorosamente in russo. Tuttavia, un inglese che scrive in cirillico era uno spettacolo osceno: le rotondità del corsivo russo erano sostituite da sgorbi stilizzati e appuntiti.

Eppure, più leggevo, più le prime lettere di ogni riga si ingigantivano, facendosi più gonfie e panciute.

"Stanchezza", dissi a me stesso.

"La dottoressa e il suo paziente ti hanno sfiancato così tanto che vedi cose inesistenti, Leonard."

Rigirai la pergamena tra le dita e le iniziali si ostinavano ad aumentare di dimensione, crescere e ingrandirsi.

Era un puzzle, il più antico puzzle della letteratura greca, il più usato nella cultura medievale: un acrostico.

Figlio di buttana, i miei complimenti. Geniale per un vecchio vampiro.

Le iniziali di ogni parola, sebbene scritte in un'altra lingua, mostravano delle frasi di senso compiuto in inglese che rivelavano un testamento olografo. Unendo uno a uno i caratteri, rilessi più di una volta la frase "Nel pieno possesso delle mie facoltà mentali dispongo che alla mia morte..."

« Ti interessi anche tu di "Bambini immortali"? » chiese Renesmee sbucando dalla copertina del libro che avevo tra le mani. Non mi ero neanche interessato al suo contenuto, era più che altro uno scudo per ripararmi dalla sua insolenza.

Arthur rise sotto i baffi, mentre gongolava allegro per quella brusca interruzione.

Chiusi di scatto il libro facendo un tonfo tale che Nahuel sobbalzò svegliandosi con il piede sbagliato. Rigirandosi intuì di non essere più solo con Renesmee e stropicciandosi gli occhi le propose: « Siamo stati beccati con le mani nel sacco. Non è l'ora di andare? »

Lei, risoluta, fece cenno di no e continuò a starmi incollata.

« Anche Arthur ha sonno. » sottolineai per allontanare quella faccia lentigginosa dalla mia. Mi appoggiai sulla poltrona su cui sedeva Arthur, posando il libro al suo fianco. Lui mi fissò silenzioso con i suoi occhi dorati incerti se accogliere il guanto di sfida o lasciar perdere.

Più rigido del solito, si alzò e tese la mano a Nahuel per accompagnarlo nella sua stanza; replicò lo stesso gesto con la rossa e pregai che li seguisse, ma estinguere la sua curiosità era come placare un incendio senz'acqua, disponendo soltanto di sostanze liquide infiammabili: impossibile.

Rifiutò allegramente chiarendomi che aveva preso nota della mia confessione e che ne avrebbe approfittato facendone buon uso: « Resto con il mio ammiratore. »

« Khvatit! Now, go to sleep, lassie. » sbottai innervosito.

« Agli over 65, raccomando sempre un periodo di riposo di 7-8 ore. » mi bistrattò con aria di sufficienza, mentre lisciava le copertine di manuali di storia immortale ordinati in successione: Dei veleni invisibili, Genesi di Lilith e Ars bibendi.

Gli altri due si guardarono con un'occhiata interrogativa e risero della sua audacia e del mio fastidio chiudendo la porta. Serrai la mascella e sentii una scintilla, come se l'aria nei polmoni si fosse incendiata e volesse uscire fuori per carbonizzare tutto quanto.

« Hai detto che mi avresti dedicato tutto il tuo tempo. Hai detto che dovevo fidarmi. È ancora così? » e le sue dita acciuffarono la copertina marroncina, quella che avevo utilizzato per camuffare il testamento di Sebastian.

Se avessi potuto guadagnare un rublo per ogni sua domanda, avrei avuto denaro sufficiente per costruire lo sfarzoso Teatro Bolshoi.

« Sono ore che mi stai addosso. Non hai di meglio da fare? » le dissi tirando il libro verso di me.

« Non ho avuto il tempo di dirti perché ti stavo cercando. »

« Un motivo vale l'altro. »

« Ti sto cercando da settimane e questo ti rende indifferente? »

« Si chiama discrezione, quella che per natura non ti appartiene. »

Non c'era verso: lei non mollava la stretta e non aveva intenzione di battere in ritirata, io non volevo tirare troppo la corda ma dovevo avere quel libro, costi quel che costi. Diciamo che scaraventarla sul pavimento era un piano poco percorribile. Aveva stretto quel fottuto libro sotto il seno e aveva incrociato le braccia attorno alla copertina. C'era un solo modo per rivolgere la sua attenzione altrove: terrorizzarla.

« Dammelo. » ordinai prendendole i polsi.

« Ti interessa? Okay, ecco un buon motivo per ascoltarmi. »

Decisa, mantenne la presa sulle cuciture della pelle e sfregò la garza insanguinata sui bordi. Lo sfrigolio rese l'aria pesante, quel movimento mi obbligò a soffocare nel suo odore.

Premetti i suoi polsi, obbligandola a indietreggiare finché la parete non arrestò il suo cammino.

« Leonard, che stai...? »

« Mi hai costretto. » grugnii piegandomi per annusarle il dolce collo.

Inclinò la testa di lato per distogliere lo sguardo. Le mie dita percorsero la cuffia, la cerniera, il dorso e gli angoli del libro prima della parte anteriore, poi di quella posteriore. Tastai la lana del suo maglione sulle dita e pensai alla pelle nuda sotto, a quanto fosse tenera e levigata. Le afferrai la mano ferita e la premetti sulla mia bocca, poi inspirai.

Le sfilai la benda e affidai a me stesso un compito: giurai che se avessi compiuto quel gesto, lo avrei fatto solo per spaventarla, farle accapponare la pelle e scappare via: « La tua ragione è lussuria. »

« Non riesco a seguirti. »

"Divertiti, assaggiala lentamente. Gustala. Non dirà niente." e in me belzebù combatteva con una canaglia più santa: "Se lo devi fare, fallo per una giusta causa: il terrore. Rapido e indolore, non indugiare."

Una delle due voci vinse, forse la prima, forse la seconda.

« Seduzione e sangue sono la stessa cosa. È sempre sete. » dissi.

Posai la bocca sul palmo vellutato e leccai i bordi del piccolo taglio. Il cuore le esplose nel petto, ed era calda, tremante e saporita. Era irresistibile, ero irrefrenabile. Per questo, ritardai la fine di quel gioco a mio piacimento.

« Togliti. Non è divertente. »

« L'ho provato anch'io quando ti ho assaggiato. Hai sognato il mio profumo, ti è entrato nelle narici. Hai rivissuto la scena in loop. Il desiderio, la bramosia e il sangue... lo hai sentito riempirti, rinvigorirti e appagarti. Adesso non possiamo farne a meno. » le bisbigliai impudentemente nel suo orecchio sfiorandole il lobo.

Avrei potuto baciarla nel modo più cafone che ci fosse, un bacio rosso con il suo sangue ancora sulla punta della lingua...

Un rumore sordo frenò il mio desiderio, il libro cadde per terra e lei mi strangolò.

« Levati! Non farmelo ripetere. » riuscì a gridare anche con voce bassa. Aveva l'affanno, era agitata e avevo le sue unghia conficcate sul collo.

« Tu non puoi farmi questo. » ed esercitò così tanta forza che dovetti inginocchiarmi al suo cospetto. Pensai che avesse il voltastomaco e che nei suoi occhi lucidi ci fosse ripugnanza, ma quell'attimo durò poco. Qualche istante dopo, le sue unghie si bagnarono del mio sangue e allentò la presa, incantata da quel macabro spettacolo.

Mi svincolai, agguantai il motivo della nostra lite ed ero quasi vicino alla porta, due secondi e ne sarei uscito, finché non me la ritrovai alle spalle: « Sì, l'ho desiderato. Ma questo non c'entra con quello che voglio dirti! »

« Adesso ho altro a cui pensare. » e la interruppi bruscamente.

« Sei un pessimo ammiratore. Un ammiratore dovrebbe essere gentile, prestare ascolto e non saltare addosso alla prima occasione. » e lei strattonò il libro verso di sè, tutta rossa in viso.

« Non ti do il permesso di parlarmi in questo modo, ragazzina. »

« Hai iniziato tu chiamandomi con quel soprannome russo. Non sono una ragazzina. »

« Finché non compi cinquant'anni, lo sei. »

« È la maggiore età dei mezzosangue? » scherzò spingendo il manuale verso di sè.

In quella conversazione mise il becco mio padre con un italiano fluente: « Galeotto fu il libro e chi lo scrisse. » e accogliendo la richiesta di Renesmee mi strappò di mano il libro per porgerglielo.

« Non credevo d'averti insegnato modi così rozzi e volgari. » disapprovando la mia ostilità, rispose accigliato e infastidito, dandomi uno scappellotto sulla nuca.

Lei frenò l'istinto del padre padrone di darmi una lezione su come comportarmi: « È un piacere rivederti, Sebastian. » si avvicinò e lo abbracciò.

« Il piacere è sempre mio. » le rispose con il baciamano di cortesia e sfuggii al suo sguardo perché ero sicuro che Renesmee aveva appena imparato la differenza tra cortesia e devozione.

« Spero che tutti i miei figli abbiano dato prova della loro ospitalità. » e mi fulminò con lo sguardo ma lei annuì brevemente.

« Non me ne vogliate Renesmee, ma ho urgenza di parlare con mio figlio. »

Lei accorciò la distanza tra di noi, adagiò le sue labbra sulla mia guancia regalandomi il bacio della buonanotte e con il libro sotto braccio volò via.

Note:

Chambre de Louis XIV: è la camera da letto del re presente a Versailles.

Ars bibendi: titolo inventato ispirato ai testi cristiani medievali Ars moriendi nei quali l'argomento centrale è la morte e i suoi protocolli durante la peste nere.

La Genesi di Lilith: Lilith è un demone di origine Mesopotamica entrato poi nella religione ebraica, nel cristianesimo e nella tradizione popolare. Cititata da tantissimi autori, da Primo Levi in Lilit e altri racconti a Cassandra Claire in Shadowhunters la sua figura è controversa: è considerata la dea della tempesta, una diavoletta e la madre di tutti i vampiri.

Lassie: sostantivo d'uso comune, tipico dello slang per riferirsi a una donna non sposata.è stato introdotto dallo scritto Eric Knight come nome di un cane nel suo romanzo Lassie Come-Home pubblicato nel 1940.

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