Un patto col diavolo
Sherlock si appoggiò alla balaustra, le braccia conserte, lo sguardo fisso all'orizzonte, mentre la nave si dirigeva, a vele spiegate, verso
Port Royal, con Angelo al timone.
Mille pensieri si agitavano nella sua testa: le porte del suo palazzo mentale si aprivano e si chiudevano una dopo l'altra, senza nessuna logica apparente, sommergendolo di ricordi, ragionamenti, sensazioni... Era la prima volta che non riusciva a controllarle. Le emozioni stavano prendendo il sopravvento.
E non se lo poteva permettere.
Si portò le mani alle tempie, e chiuse gli occhi, sospirando: la pergamena mostratagli da Molly aveva decretato il suo destino.
Sapeva, cosa avrebbe dovuto fare, e una cosa era certa: non poteva dirlo a John. In nessun caso. Avrebbe di certo cercato di fermarlo. Ma quella era una sua, decisione. E sua soltanto.
Era l'unico modo per salvare il suo equipaggio e tutti coloro che amava.
E se per farlo avrebbe dovuto rinunciare alla sua vita... Così sia!
Le labbra del riccio si strinsero. Nonostante la determinazione, sentiva un dolore sordo nel petto, al pensiero di tutto ciò che avrebbe perso. Forse anche per questo le porte del suo palazzo ancora si rifiutavano di chiudersi del tutto, nonostante i suoi sforzi. Il suo cuore, a dispetto della fermezza del suo cervello, si ribellava a quella decisione.
-... Tutto bene, capitano?
La preoccupata voce del suo primo ufficiale si insinuó nei suoi pensieri, facendogli aprire gli occhi di scatto.
Si girò verso di lui, in volto l'espressione più calma e indecifrabile possibile, ponendo un freno a quel guazzabuglio di emozioni e pensieri. Era riuscito infine a chiudere, seppur a forza, le porte del suo Palazzo. Almeno per quel momento.
-Sì, John. Tutto bene. Come sta Mary?-chiese poi, aggrottando la fronte, preoccupato: dopo il combattimento, infatti, anche lei, come Molly, aveva riportato delle ferite considerevoli.
-Sta bene, grazie al cielo. Solo qualche contusione. Le serve solo un po' di riposo. Ma la fame di certo non le manca. Ha addirittura chiesto un secondo piatto della zuppa di Angelo!
-Allora doveva essere proprio affamata...-commentò lui, ironico, portando anche John a ridacchiare; ma la sua espressione rimase cupa.
-Ce la siamo vista brutta, stavolta-osservò infatti, con un sospiro.- Anche se temo che il peggio debba ancora arrivare...
-Non ti sbagli...-ammise il capitano, lo sguardo di nuovo fisso sull'orizzonte, le mani strette l'una nell'altra.
-Posso chiederti qual è la prossima mossa? O aspetterai l'ultimo minuto per mettermi al corrente, come al solito?-chiese il biondo, un filo di ironia nella voce.
Sherlock fece un piccolo sorriso.
-No, John. Stavolta te lo dirò subito. Anche perché tu verrai con me.
L'altro lo guardò confuso.
-... E dove?
Il corvino fece una breve pausa, stringendo di nuovo le labbra.
-È arrivato il momento di patteggiare con il nemico.
John sbiancò: letteralmente.
-Sherlock, dimmi che stai scherzando.
-Non sono mai stato così serio.
-Cioè, fammi capire: hai davvero intenzione di venire a patti con Moriarty?? Sei impazzito?? Quello ti vuole morto!! Non puoi...!!
Lui, però, sollevò un angolo della bocca, un'espressione furba in volto.
-... E chi l'ha detto che voglio accordarmi con James?
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Era scesa la sera, ormai, e le banchine del porto erano deserte: ad eccezione di due figure che stazionavano presso uno dei pontili, in attesa.
John percorreva avanti e indietro la passerella di legno con passi rapidi e nervosi; il suo capitano, invece, stava appoggiato ad un barile, le mani a piramide sotto al mento, gli occhi chiusi. Ma quando sentì il suo primo ufficiale passargli nuovamente davanti, li aprì di scatto, con una smorfia.
-John, potresti smetterla di andare avanti e indietro? Di questo passo, le tavole si consumeranno...
Lui si fermò, lanciandogli però un'occhiataccia.
-L'ho già detto che è una follia?
Sherlock alzò gli occhi al cielo.
-Sì, John. Due volte. Credo di aver assimilato il concetto. Ma rilassati. Ho tutto sotto controllo.
Il primo ufficiale sbuffò.
-Non mi è ancora chiaro perché dobbiamo proprio venire a patti con... lui...
Il riccio emise un sospiro insofferente.
-Perchè...-si accinse a rispiegargli, esasperato, come se dovesse spiegare a un bambino che due più due fa quattro.-Sconfiggere Moriarty significherebbero ritorsioni certe da parte della Compagnia delle Indie. E noi non possiamo affrontarli entrambi. Non contemporaneamente. Perciò, dobbiamo trovare un accordo che tolga James di mezzo ma che non ci faccia entrare in conflitto con loro.
-E chi ti assicura che lui accetterà?-ribattè John, scettico.
L'altro accennò un ghigno compiaciuto.
-Perchè non ha altra scelta...
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Un improvviso rumore di passi sul pontile li interruppe, mentre il capo della Compagnia delle Indie Orientali, Charles Augustus Magnussen, si avvicinava a loro con passo lento e cadenzato.
John si ritrovò, suo malgrado, a rabbrividire, non appena scorse quell'espressione vuota, quegli occhi grigi del tutto privi di calore, il ghigno malevolo appena accennato. Ma quel timore improvviso sparì alla stessa velocità con cui era arrivato. Perché stavolta non era lì a fronteggiarlo da solo: c'era il capitano, al suo fianco.
E, con lui, non avrebbe temuto nemmeno l'intero esercito della Compagnia.
Finalmente, furono faccia a faccia. Magnussen puntò i suoi occhi color piombo fuso in quelli acquamarina del suo capitano, ignorando completamente la sua presenza. Dopo almeno un minuto di silenzio, dove parve però esserci in corso un vero e proprio duello a colpi solo ed esclusivamente di occhiate gelide e inquisitorie, Magnussen rivolse a Sherlock un sorriso sarcastico, ignorando, di nuovo, la presenza di John.
-Il famoso Sherlock Holmes...-esordì, sprezzante.
-Capitan. Capitan Sherlock Holmes, se permette-lo corresse subito lui, anche se pacatamente, e l'amico si ritrovò a dover trattenere una risatina.
Magnussen scoccò a Sherlock uno sguardo torvo, sollevando appena un sopracciglio.
-La trovo molto bene, considerato che dovrebbe essere un cadavere...- osservò, malevolo.
-... Sa, ognuno ha i suoi passatempi-ribattè Holmes, sarcastico.-C'è chi colleziona chincaglierie, chi va a donne ogni sera... Io ho l'hobby della resurrezione.
John, stavolta, non si trattenne più, ed esplose in un colpo di tosse, atto a mascherare una fragorosa risata.
Magnussen parve accorgersi, solo in quel momento, della sua presenza.
-Buonasera, signor Watson. Anche lei qui, vedo-lo apostrofò.-Vorrei proprio sapere come ha fatto a sfuggirmi.
-Già-replicò lui, in tono derisorio.-Ma, sa, ci sono domande che non avranno mai una risposta. Questa è una di quelle.
Il capitano sollevò un angolo della bocca, compiaciuto. Ma Magnussen sembrava ormai stufo di quella schermaglia verbale.
-Non ho tempo da perdere-disse infatti in tono piatto, rivolgendosi direttamente a Sherlock.-Nel suo messaggio diceva che aveva un offerta da propormi. Parli, dunque.
Il capitano si avvicinò di un passo, parlando in tono tranquillo e compassato.
-So come liberarla del suo problema.
Magnussen aggrottò la fronte.
-... Problema? Quale problema?
-L'unico suo problema. James Moriarty.
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Magnussen si irrigidì. Senza, tuttavia, che la sua espressione mutasse di un millimetro.
-Non credo di capire cosa intenda.
Le labbra di Sherlock si stirarono in un sorrisetto carico di scherno.
-Magnussen... non faccia giochetti con me. Sa chi sono, e non funziona. Come sa perfettamente che James per lei è diventato un problema. Certo, le è stato indubbiamente utile fino ad ora, come alleato. Ma da qualche tempo non è più così sicuro che la sua alleanza con lui possa durare. Sapeva, per esempio, che Moriarty aveva assoldato Culverton Smith per un incarico? E non era forse uno dei suoi uomini?
John notò che le mani di Magnussen si stringevano impercettibilmente a pugno per un rapido istante. Fu l'unico segno visibile che le parole del capitano stavano facendo breccia: anche Sherlock se ne avvide subito, e annuì compiaciuto.
-Proprio come sospettavo. Non ne aveva idea. Ciò prova la mia teoria. James si sta infiltrando all'interno della Compagnia. Culverton non sarà nè il primo nè l'ultimo che James farà passare dalla sua parte. Tra non molto, lei non sarà più necessario. E se conosco James... e mi creda, lo conosco fin troppo bene... non esiterà a toglierla di mezzo.
Fece una piccola pausa, gli occhi cerulei fissi in quelli grigi dell'uomo.
-James Moriarty è per lei, ora, come una bomba che sta tenendo tra le mani. Non sa quando, ma esploderà. Ma mi creda, lo farà. E io sono l'unico che può togliergliela.
Magnussen lo scrutó per un lungo momento negli occhi, in silenzio, come se stesse mentalmente ripercorrendo tutto il ragionamento di Sherlock, alla ricerca di una falla.
Che evidentemente non trovò perchè, quando gli si rivolse, il suo tono era molto meno freddo.
- E come pensa di fare, signor Holmes? Ha fatto un patto con una dea. È invulnerabile.
Ma, mentre lo diceva, si interruppe bruscamente, mentre un ricordo riaffiorava: le parole di James, nel suo ufficio... "Essere quasi invulnerabili aiuta..."
"Quasi".
- Allora... ha un punto debole... E lei lo conosce!
-Questo non la riguarda-replicò Sherlock, con durezza.-L'unica cosa che le serve sapere è che solo io posso toglierlo di mezzo. Ma ad alcune condizioni.
- E sarebbero?-chiese Magnussen di nuovo, lo sguardo ridiventato glaciale.
-Totale immunità-rispose il capitano, tranquillamente.-Se la "missione" avrà successo, la mia nave e il mio equipaggio verranno lasciati in pace. Ivi compreso mio fratello. Non creda che non mi sia accorto dei suoi puerili tentativi di sbarazzarsi di lui. La Compagnia delle Indie Orientali, nella fattispecie lei, non dovrà mai più averci nulla a che fare. Per sempre. Questa offerta, beninteso, non è negoziabile.
L'espressione di Magnussen a quel discorso parlava da sola. Avrebbe accettato l'offerta, anche se emanava una palese aura di disprezzo e repulsione, per dover sottostare a quel patto.
-Presumo che lei voglia anche qualcos'altro, da me.
-Non si sbaglia. Lei ha il compito di riferire a James che desidero uno scontro con lui. La sua ciurma contro la mia. E di condurlo dove io le indicherò, fra tre giorni.
-Chi le dice che accetterà?
-Gliel'ho detto. Conosco James Moriarty. Il suo più grande desiderio è quello di porre fine alla mia vita. Non gli interessa come. Allora, abbiamo un accordo?
Magnussen non tese la mano, ma si limitò a un brusco cenno di assenso col capo. Senza dire un'altra parola, nè rivolgere un solo sguardo a lui o a John, voltò poi a entrambi la schiena, allontanandosi nella notte.
Nessuno vide il sorriso freddo e soddisfatto che gli solcò il volto.
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John, rimasto in silenzio durante tutta la conversazione, alla fine, parlò, dopo aver preso un bel respiro, il tono cupo.
-Quindi, fa tre giorni...
-Sì-replicò Sherlock, voltandosi verso di lui.-John, se vorrai starne fuori, io...
Ma lui lo fulminò all'istante con un'occhiataccia.
-Non azzardarti a concludere la frase, capitano. Affronteremo la cosa insieme.
Un microscopico sorriso solcò il volto del corvino, anche se inquinato da un dolore di cui solo lui era a conoscenza.
-Devo solo chiederti un favore-aggiunse l'altro, quasi titubante.
Sherlock lo guardò con un'espressione interrogativa.
-Dato che da questa... missione... potremmo non uscirne vivi...-proseguì il biondo, con una strana emozione nella voce.- Devo chiederti di fare una cosa per me.
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