Un nuovo giocatore
Quando capitan Holmes si risvegliò, la prima cosa che sentì fu un doloroso pulsare della tempia destra. Avvertì, inoltre, un rivolo di sangue, ormai secco, che partiva proprio da lì, arrivato fin sulla guancia. Il suo misterioso assalitore ci era andato giù pesante...
D'istinto, fece per portarsi una mano sul volto, ma realizzò di non poterlo fare: aveva infatti le braccia legate dietro la schiena. Sentiva chiaramente una corda ruvida stretta intorno ai suoi polsi, e anche alle caviglie.
Sbatté ripetutamente le palpebre, riprendendo pian piano coscienza di sé, e cercando di mettere a fuoco il luogo dove si trovava. Il dolore alla tempia, certo, non aiutava la concentrazione, ma per fortuna la sua vista non era annebbiata.
Era legato ad una sedia, in quello che sembrava essere una sorta di magazzino, seppur non molto grande: scorse infatti casse di spezie e di altre mercanzie, ma in quella poca luce- la stanza, infatti, priva di finestre, era rischiarata unicamente, e a malapena, da una lampada ad olio appesa al soffitto-non riusciva bene a distinguere che cosa fossero. Riuscì a scorgere, però, qualcosa che lo portò prima a sobbalzare, poi a fare una smorfia.
A quanto pare, Moriarty non é l'unico a partecipare al gioco...
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In quello stesso momento, John e Henry si stavano dirigendo alla Perla Nera con passo spedito: il ragazzo non aveva smesso un momento di parlare, ponendo a John innumerevoli domande, emozionatissimo all'idea di diventare un pirata.
Ma quest'ultimo si limitava a rispondergli a monosillabi, immerso nei suoi pensieri. Era stato tutto fin troppo facile: scoprire subito dove si trovava il medaglione, la villa proprio a Tortuga, dove guarda caso si trovavano in quel preciso momento...
É stato troppo facile...
Il suo istinto gli suggeriva che c'era qualcosa di più grande, dietro, di cui probabilmente il suo capitano ancora non si era avveduto. O di cui, probabilmente, conoscendolo, non aveva voluto curarsi: non era la prima volta che si lanciava da solo nelle imprese, sprezzante del pericolo o delle conseguenze.
Venne distolto dai suoi pensieri quando Henry interruppe di colpo la sua fino a quel momento incessante parlantina e si paralizzò in mezzo alla strada, pallido come un morto.
John, sorpreso, lo scosse piano per un braccio, preoccupato.
-... Hey! Che ti prende??
Il ragazzo si limitò a indicare un vicolo con mano tremante, dove una figura stava appoggiata a un muro.
-É lui...-mormorò a fatica, tremando come una foglia. -Quello che vive in quella villa... Se mi riconoscesse i-io...
Il biondo non attese neppure che Henry finisse la frase: lo agguantó per il braccio e lo trascinò praticamente di peso dietro al muro di una casa vicina, nascondendosi poi insieme a lui alla vista.
L'uomo in questione era piuttosto basso, capelli biondicci e, per quel poco che riusciva a vedere nell'oscurità, il volto butterato. Questi aveva incominciato a compiere vari nervosi passi avanti e indietro nel vicolo, come se aspettasse qualcuno che tardava ad arrivare. Era certo di non averlo mai visto, prima d'allora.
-É un sadico, quello...-mormorò Henry di nuovo, la voce colma di paura.-Tutti gli altri miei amici sono riusciti a fuggire, quando ci siamo introdotti in casa sua, ma io no.. Una delle guardie è riuscita a prendermi. Quell'uomo allora mi ha fatto chiudere in una stanza, e fatto frustare... per ore... e... lui stava lí... a guardare... e rideva. Più io urlavo, più lui rideva.-Deglutí.-Ha detto che mi avrebbe ucciso... Ma solo alla fine. Che prima voleva divertirsi. Voleva vedermi soffrire. Se durante la notte non fossi riuscito a scappare...
Deglutí di nuovo, lasciando la frase in sospeso e tremando.
Anche il primo ufficiale non riuscì a reprimere un brivido. Ma, d'altro canto, se quell'uomo si trovava lí, Sherlock non avrebbe potuto imbattersi in lui. Certo, ci sarebbero stati uomini di guardia, molto probabilmente, ma il suo capitano gli aveva assicurato che avrebbe fatto solo un giro di perlustrazione.
Di certo non era entrato proprio nella...
I suoi pensieri vennero interrotti dall'arrivo improvviso di un altro individuo nel vicolo.
Il biondo si nascose ancora di più, sporgendo appena la testa, e cercando di scorgere il nuovo arrivato; ma l'oscurità era davvero troppa.
L'unica cosa che gli parve di scorgere fu un lieve scintillio alla luce della lanterna appesa su un muro: il misterioso individuo forse portava un monocolo?
-Il pesciolino é nella rete?-chiese la voce di quest'uomo. Era profonda e untuosa. Al sentirla, il biondo provó un'immediata repulsione.
-Sì. Proprio come aveva detto-replicò quello butterato.
-Ha messo qualcuno di guardia?
-No. Ma é legato, e chiuso a chiave in una stanza senza finestre. Non può andare da nessuna parte.
La voce di quello che John aveva ormai soprannominato "butterato" era, a differenza di quella del "monocolo", stridula e irritante.
-Molto bene. Ora far collaborare Mycroft Holmes sarà un giochetto.-Il tono dell'uomo col monocolo traboccava di soddisfazione. -Ha finito di ostacolarmi.
Seguì un breve silenzio.
-Posso chiederle...-interloquì l'altro, infine. -Come faceva a sapere che sarebbe stato interessato al mio medaglione? E che sarebbe venuto proprio questa sera?
-No. Non può. - La voce dell'altro uomo si fece paurosamente gelida.-Non si impicci in cose che non la riguardano. O potrei renderle la vita difficile... Crede che non sappia dei suoi traffici illeciti? Se é ancora vivo, é perché io voglio che sia così. Se lo ricordi, Culverton.
John vide il tipo butterato indietreggiare di qualche passo, alzando le mani in segno di resa.
-Ehm... d'accordo, d'accordo... Non c'è bisogno delle minacce... ma... si ricorda? La sua promessa...-protestò, seppur con voce piagnucolosa.
Si sentí uno sbuffo seccato.
-Va bene- concesse l'altro, chiaramente infastidito.-Faccia di lui quello che vuole. Ma non lo uccida. Mi serve vivo. É il mio mezzo di pressione. Da morto non vale nulla.
-Oooh... di questo non dubiti.- Culverton sghignazzò.-Non c'è gusto se sono morti... non é divertente...
Seguì il silenzio per qualche istante, seguito da un rumore di passi: entrambi gli uomini si stavano allontanando dal vicolo insieme ma, fortunatamente, non verso dove John ed Henry erano nascosti.
- Credo che se siano andati-sospirò quest'ultimo.-Però se Sherlock é andato davvero lì, magari... John?? John?? Ti senti bene?? -mormorò al biondo, preoccupato, toccandolo piano sulla spalla.
Ma lui non gli rispose neppure, non emise un solo fiato, come fosse pietrificato, la schiena premuta contro il muro, gli occhi sbarrati.
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Sherlock si dimenò, e mosse più e più volte le dita, nel vano tentativo di sciogliere i nodi che gli legavano i polsi: ma chiunque li avesse stretti aveva fatto proprio un buon lavoro.
Gli sfuggì un ringhio di pura frustrazione e, suo malgrado, avvertì un vago fremito di timore, forse addirittura di paura, attraversargli il cuore: non aveva idea di come diavolo uscire da quella situazione apparentemente senza via d'uscita.
E non era solo un modo di dire, in quel caso.
La stanza in cui era stato rinchiuso, infatti, non aveva finestre, e c'era un'unica porta; in più, non aveva portato con sé i suoi attrezzi da scasso. Comunque, con le mani legate a quel modo, non gli sarebbero serviti un granché...
In quella, sentí un rumore improvviso, come di un chiavistello o di qualcosa che veniva girato in una serratura, e si irrigidì: qualcuno stava per entrare da quella porta, e molto probabilmente era il suo aggressore.
Il timore che l'aveva sfiorato lasciò il posto alla rabbia, insieme alla determinazione: forse aveva una possibilità di scampo, seppur minima.
I piedi, infatti, non erano legati stretti quanto le sue mani: se fosse riuscito a liberarne almeno uno, forse avrebbe potuto rifilare al suo misterioso ospite un calcio ben piazzato.
Sentí finalmente la porta aprirsi: chiuse dunque subito gli occhi e abbandonò il mento sul petto, imponendo ai suoi muscoli tesi di rilassarsi, fingendo così di essere ancora privo di sensi.
In quel silenzio, sentì chiaramente un respiro e il rumore dei passi di quel qualcuno prima avvicinarsi, e poi girargli intorno, fino ad andare alle sue spalle.
A quel punto, sempre con gli occhi chiusi, e con estrema lentezza e cura, sperando di non farsi scorgere, ruotò piano il piede destro e la caviglia più volte, cercando di liberarlo dalla corda.
Ancora un po'...
Forse stava per farcela...
-Solo un giro di perlustrazione, John... Non farò mosse avventate, John... Sei un dannato incosciente, Sherlock Holmes!!-borbottò una voce rabbiosa, ma allo stesso tempo sollevata.
Sherlock smise di cercare di liberarsi e spalancò gli occhi, dapprima incredulo. Poi, però, la sua bocca si curvò in un sorriso.
-Finalmente, John. Sei stato molto lento...
-Taci, Sherlock. O giuro che ti prendo a calci!-replicò l'altro, sempre in tono rabbioso, ma intimamente sollevato di aver trovato il suo capitano sì ferito, ma illeso, soprattutto dopo quello che aveva udito nel vicolo; non era riuscito, infatti, a trattenere un sospiro di sollievo, quando aveva aperto la porta.-Non potevi aspettarmi?? No, certo che no! Tu sei Capitan Sherlock Holmes e lavori sempre da solo!!-si rispose, con amarezza, mentre continuava a tagliare le corde.
Sherlock abbassò lo sguardo, leggermente contrito.
-Forse... ho peccato di... impazienza...
-FORSE??
-Va bene va bene, hai ragione tu!-ammise il corvino suo malgrado, con una smorfia.-Sono stato troppo avventato.
-Eh, alla buon'ora...
Dopo aver finalmente tagliato anche le corde che gli cingevano le caviglie, John aiutò il suo capitano ad alzarsi, scrutando poi la sua ferita.
-Ci vorranno dei punti-sentenziò, ammorbidendo però il tono, che si fece preoccupato.- Stai bene? Riesci a camminare?
Lui azzardò qualche passo, ondeggiando appena, mentre il suo primo ufficiale lo sorreggeva sollecito per un braccio.
-Tranquillo, John. Sto bene-lo rassicurò il corvino, con un lieve sorriso: non l'avrebbe mai ammesso, ma era commosso dalla evidente preoccupazione per lui che traspariva dal volto e dal tono dell'amico.
Quest'ultimo, però, era ancora visibilmente nervoso.
-Sherlock, dobbiamo andarcene!L'uomo che ti ha imprigionato... non so chi sia. Credo si chiami Culverton... Comunque l'ho sentito parlare con un altro. Aveva intenzione di...-Si interruppe bruscamente, senza fornire ulteriori dettagli, stringendo i pugni, la mascella contratta: poi sospirò.-Be'... diciamo solo che sono lieto di essere arrivato qui prima di lui... Henry era terrorizzato, e a ragion veduta. Ho preferito mandarlo alla Perla, e venire da solo a tirarti fuori da guai-aggiunse, solo in parte ironico, strappando al capitano l'ennesima smorfia.
-Ma come hai fatto a entrare? E a trovarmi?-gli domandò lui, un po' sorpreso.
-Credo nello stesso modo in cui ci sei riuscito tu. La finestra.
-Giusto.
-E questa porta era l'unica chiusa. Non è stato difficile. Per fortuna non c'erano guardie. Probabilmente hanno pensato che non saresti comunque riuscito a uscire, legato e chiuso a chiave in quel modo. - Si concesse un sorriso.-A quanto pare, però, non avevano preso in considerazione me.
Anche Sherlock sorrise appena, per poi però aggrottare la fronte, sorpreso.
-... Da quando sai scassinare le serrature?
John, per tutta risposta, inarcò un sopracciglio.
-Pensi forse che in due anni passati con te non abbia imparato qualche tuo trucco?
Holmes scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
-Andiamo!-lo esortò di nuovo il primo ufficiale.-Non so quanto tempo ci metterà a tornare, quell'individuo.
-Non possiamo andarcene!-protestó però il capitano. -Non prima di...!
Ma prima che potesse finire la frase, l'altro estrasse qualcosa dalla tasca, e glielo mostrò, tenendolo tra le dita: un quanto mai familiare medaglione dorato luccicò appena nell'oscurità.
-... Dicevi?-sogghignò, compiaciuto.
Sherlock fissò stupefatto l'oggetto, poi il primo ufficiale; infine, sorrise.
-John Watson, non smetti mai di sorprendermi!
Il biondo emise una risatina, ma tornò subito serio.
-Sherlock... credo che ci sia un piano più grande, dietro la storia della maledizione-disse infatti, cupo.-L'uomo che non sono riuscito a indentificare voleva ricattare tuo fratello, tenendo prigioniero te.
Il capitano annuí cupamente.
-Credo già di sapere chi sia.
Raccolse una piccola scatola da terra, indicandogli poi il simbolo inciso sopra.
-Lo riconosci?
Anche il biondo, proprio come lui poco prima, lo riconobbe subito, e spalancò gli occhi, incredulo.
-Oddio... Ma allora...!
-Già. A quanto pare, non siamo gli unici a partecipare al gioco...
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