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Ricordi riscritti

-Capitano! Le acque stanno diventando molto agitate! Suggerisco di tornare al porto!
Sherlock si volta verso Victor, seduto a prua, aggiustandosi il cappello nero sulla testa. Gli sta un po' grande, e a volte gli copre gli occhi, ma non intende rinunciarci. Che pirata sarebbe, (anzi, che capitano sarebbe) senza il cappello??
-Ricevuto! Dopotutto, sei il primo ufficiale. Devo darti ascolto...
I due si sorridono e, insieme, cominciano a remare verso la riva.
-Quanta fretta...- echeggia, d'improvviso, una strana voce.-Che ne dite di divertirci un po', prima?
Sherlock e Victor si guardano, dubbiosi: voltano lo sguardo a destra e a sinistra, ma non vedono nessuno.
All'improvviso, dall'acqua emerge qualcosa di spaventoso. Sembra essere una figura umana, ma costituita di sola acqua.
Nello stesso momento, onde enormi cominciano ad abbattersi con violenza sulla piccola scialuppa.
Prima che i due possano tentare di fare qualsiasi cosa, questa si capovolge, scaraventandoli in mare.

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-... Victor!! Victor!! Dove sei??-urla Sherlock, disperato, agitando le braccia e le gambe, e restando a fatica a galla, mentre le onde si abbattono su di lui, sommergendolo a tratti e soffocando la sua voce.
Finalmente, lo vede, svenuto, senza più la bandana rossa sul capo, ma vivo, aggrappato ad uno scoglio, e tira un sospiro di sollievo.
Ma ecco che quella terribile entità ricompare di nuovo, e afferra il suo amico privo di sensi, sollevandolo in alto.
Non capisce come sia possibile, ma non appena lo stringe in una delle sue mani mostruose, Victor semplicemente sparisce sotto i suoi occhi, come se quel mostro l'avesse inghiottito.
-VICTOR!!-urla Sherlock di nuovo, disperato, gli occhi pieni di lacrime.
L'orribile creatura si volta verso di lui, un ghigno sul volto. Tra le onde che lo compongono gli sembra quasi di scorgere un volto femminile...
-Ora tocca a te...-gli sussurra questa, maligna.
Prima che possa fare qualsiasi cosa, un'onda gigantesca si abbatte su di lui, trascinandolo sott'acqua.
Sherlock nuota disperatamente, e riesce a riemergere per un attimo in superficie; ma subito, un'altra onda ancora più violenta si abbatte su di lui. D'istinto, emette un urlo, ingoiando così una gran quantità d'acqua salata e amara, che lo soffoca.
Tenta ancora una volta di risalire in superficie, ma non ci riesce. La corrente è troppo forte, e qualcosa lo trascina verso il fondo. Non riesce a respirare.
Gli occhi gli si chiudono...

Improvvisamente, gli sembra di percepire una mano che gli afferra il polso, e che lo trascina. Non verso il fondo buio, però, ma verso l'alto. Verso la luce. O almeno gli pare.
Ormai privo di sensi, infatti, sente solo una voce rabbiosa che lo minaccia, da lontano. Una voce di donna, gelida e amara.
-Oggi l'hai scampata, Sherlock Holmes. Ma, prima o poi, il Vento dell'Est ti ritroverà...

~~~

-... ock!! Sherlock!! Svegliati!!
Sherlock rinviene lentamente, tossendo con violenza, la vista ancora appannata. È sdraiato sulla spiaggia del porto, e qualcuno lo tiene tra le braccia.
Alza lo sguardo: con sua grande sorpresa, è suo fratello Mycroft, fradicio dalla testa ai piedi, sul volto un'espressione chiaramente sollevata.
Il corvino sbatte più volte le palpebre, confuso: non ricorda niente, di quegli ultimi momenti prima che sentisse quella mano-ora sa che era quella di Mycroft- trarlo in salvo dalla corrente. Ricorda solo una enorme massa d'acqua trascinare via entrambi.
Entrambi...
Victor!
Victor, il suo migliore amico... è... morto.
Di fronte a quella improvvisa consapevolezza, i suoi occhi si colmano di lacrime, mentre sente il cuore riempirsi invece di un dolore mai provato sino ad allora.
Butta le braccia al collo del fratello, singhiozzando.
Lui lo stringe a , accarezzandogli piano la schiena.
-Victor... lui... è...-singhiozza Sherlock sulla sua spalla, tremando, il volto premuto sulla sua spalla, stupito però da come il fratello lo tenga stretto, incurante degli abiti fradici di entrambi, e con un'insolita veemenza, non tipica di lui; come se avesse paura di vederlo sparire da un momento all'altro.
-Lo so fratellino, lo so...-gli sussurra lui, stringendolo ancor più forte a .-Mi dispiace tanto...
I due fratelli rimangono così per lungo tempo, su quella spiaggia, stretti l'uno all'altro, senza parlare, mentre innumerevoli lacrime scorrono sul volto del riccio, il cappello da pirata zuppo d'acqua abbandonato sulla sabbia della riva.

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-... Rimanesti talmente sconvolto da quel demone che, pian piano, ti convincesti che Victor fosse semplicemente annegato.
Sherlock, durante tutto il racconto del fratello, era rimasto seduto in poltrona, lo sguardo fisso sulla scrivania senza realmente vederla.
-... Quindi... quando mi raccontavi del Vento dell'Est per spaventarmi, da piccolo...-mormorò, la voce atona.
-Sì. Chiamando il demone in quel modo, anziché Eurus, cercavo di capire se ti ricordavi cosa fosse realmente successo quel giorno. Temevo che quel terribile ricordo sarebbe riaffiorato-concluse per lui il maggiore.-Hai sofferto di incubi molto a lungo, certo, ma per fortuna senza mai ricordare la verità. Ad un certo punto hai scordato del tutto l'accaduto, persino che fossi stato io a salvarti. Ma non mi importava.
Fece poi un piccolo sospiro.
-Capisci, ora, perchè non ti ho mai detto del Tridente di Poseidone?? Quel demone ha giurato che un giorno ti avrebbe avuto. E io non potevo permetterlo!!-Mycroft battè un pugno sulla scrivania, rabbioso.-L'ho fatto per proteggerti...-aggiunse, voltandosi di nuovo verso la finestra, in modo che Sherlock non potesse vedere che una lacrima, la prima della sua vita, gli rigava il volto.
Seguì un lungo silenzio, talmente profondo da far sembrare assordante il ticchettio dell'orologio appeso alla parete.

Rosie avvertì, dentro di sé, una profonda tristezza: lo zio aveva visto morire il suo migliore amico d'infanzia; poi aveva perso suo padre per colpa di Moriarty. Non riusciva nemmeno a immaginarsi il suo dolore. E finalmente poteva capire perché suo zio era sempre stato descritto-anche da coloro che gli erano più vicini nella ciurma-come un uomo che difficilmente si legava a qualcuno. Il suo migliore amico gli era stato portato via. E non una, ma due volte.
Sapeva che quel pirata di suo zio amava atteggiarsi a duro; era famoso soprattutto per le sue frecciatine ironiche e taglienti che non risparmiavano nessuno. Ma lei aveva imparato a conoscerlo molto più a fondo, andando oltre quella gelida apparenza, e sapeva che aveva un grande cuore, oltre che una grande intelligenza.
Quella nuova verità appena scoperta l'aveva scosso nel profondo, seppur cercasse di non darlo a vedere: ma Rosie notò fin troppo bene come i suoi occhi azzurro ghiaccio fossero in quel momento persi nel vuoto, colmi di un dolore sincero e profondo, impossibile da celare del tutto.
Istintivamente, si alzò piano dalla poltrona, posando poi la sua mano su quella dello zio, che parve riscuotersi: le rivolse infatti un lieve sorriso, come se fosse grato della sua presenza: si alzò poi anche lui dalla poltrona, rivolgendosi al fratello.
-Quindi... tu mi hai salvato la vita-mormorò, incredulo.-Quel demone mi avrebbe ucciso, se tu non ti fossi tuffato.
-... Sì- replicò lui, senza enfasi.
-Hai sempre detto che non sapevi nuotare, quando eravamo bambini.
-Ho mentito-ribattè Mycroft di nuovo, a voce bassa.-E ogni volta che salpavi per qualche mio incarico, temevo che...
Deglutì, e tacque.
-Per questo non facevi mai viaggi lunghi in mare!-comprese Sherlock all'improvviso.-Temevi di incontrarlo di nuovo tu stesso. Ed ecco perché hai sempre cercato di dissuadermi dal diventare un pirata. Ma anche quando lo sono diventato, hai comunque cercato di proteggermi ancora, scegliendo determinate rotte, evitando Mari poco conosciuti... E quando per due anni ho dovuto farlo per... Non mi hai mai perso di vista, per quanto possibile. Perché comunque sapevi di non potermi impedire di andare per mare. Ma non hai smesso di cercare di proteggermi...
-Complimenti per le deduzioni, fratellino...
L'ironia nella voce di Mycroft era palesemente forzata, la voce rotta. Aveva ancora lo sguardo rivolto fuori dalla finestra, e gli dava la schiena.

Sherlock non era mai stato bravo a esprimere le proprie emozioni, lo sapevano tutti. Era sempre stato così. Almeno, così aveva sempre mostrato a  chiunque. Ma quella consapevolezza si stava incrinando, sotto il peso di quelle terribili rivelazioni.
E anche vedere il fratello celare a fatica le sue, di emozioni, lo colpì.
In ogni caso, si stupì non poco di quello che si sentì spinto a fare.
Forse, come gli aveva detto Mycroft una volta, anche il passare degli anni cambia le persone: le rende più emotive, forse...
Si avvicinò infatti al fratello, posandogli poi, dopo una breve esitazione, una mano sulla spalla.
Mycroft non diede segno evidente di essersene accorto, ma Sherlock lo sentì sospirare piano, e la sua postura rigida rilassarsi appena, a quel tocco.
Seguì un altro lungo silenzio.
-... Tu sai che io ci andrò comunque, vero?
Il tono di Sherlock, stavolta, non era arrogante o presuntuoso, come quando decideva di fare qualcosa a dispetto del fratello maggiore: era un semplice dato di fatto. Quello era l'unico modo per salvare John Watson, il suo migliore amico, dalla maledizione. Perciò, lui ci sarebbe andato. Poco importava che ci fosse un demone pronto a ucciderlo: era irrilevante, per lui.
-Sì, lo so...-borbottò Mycroft.-Del resto, quando mai mi hai dato retta?
Con grande sollievo di Sherlock, il fratello sembrava aver ripreso i suoi soliti modi irritanti.
Si voltò infatti verso di lui, con la sua classica espressione snob sul volto.
-Posso chiederti, fratellino, come pensi di trovarlo? Nessuno ci è mai riuscito. Nessuno sa dove si trovi il suo nascondiglio.
-Ma io ora posso scoprirlo, grazie a questo.-Il pirata riprese il libro, sventolandolo sotto il suo naso, in un gesto quasi canzonatorio, tornando anche lui ai suoi soliti modi.

Mycroft glielo prese dalle mani, guardandolo stavolta con maggiore attenzione.
-Non credo di averlo mai visto, prima d'ora...-mormorò, sfiorandone le pagine con delicatezza.-Dove l'hai trovato?
Sherlock sollevò un angolo della bocca.
-Non sono stato io.
Mycroft alzò finalmente lo sguardo verso la ragazzina che era entrata con lui. Non si era mai trovato a suo agio, coi bambini: ma doveva ammettere che, per tutto il tempo della loro discussione, non aveva emesso un solo fiato.
E questo, certamente, era un punto a suo favore...
Dopo averla scrutata per qualche secondo, capì subito con chi aveva a che fare.
-Piacere di conoscerla, signorina Watson-le disse, con un piccolo cenno del capo.
Rosie rimase sorpresa dal fatto che lui la stesse trattando come un'adulta: perciò gli sorrise con una certa timidezza e accennò una piccolissima riverenza, come le aveva insegnato sua madre; anche se, avendo indosso un abito di foggia maschile, non fu proprio come quella.
Mycroft, tuttavia, sembrò piacevolmente colpito dalla sua educazione: le fece addirittura un sorriso.
-Credo ci sia bisogno di un tè, ora-fece, rivolto a nessuno in particolare; prese un piccolo campanello d'argento dalla scrivania, agitandolo appena, facendo diffondere nella stanza un piacevole tintinnio, e richiamando così uno dei suoi segretari.

A Rosie sembrò che fossero passati pochi secondi, quando l'uomo- che era decisamente anziano- tornò nell'ufficio, portando un vassoio con tre tazze di tè e alcuni biscotti.
Sherlock si era nuovamente accomodato in poltrona, le mani a piramide sotto il mento, gli occhi socchiusi.
Non era la prima volta che Rosie lo vedeva nella sua "posa riflessiva" -così amava definirla-e aveva sempre ammirato il modo in cui lo zio riusciva a immergersi nei suoi pensieri.
-C'è qualcosa che non mi torna...-riflettè il pirata a voce alta.-Se questo demone aveva giurato di uccidermi, perchè non ha più tentato? In fondo, è da anni che solco i mari in lungo e in largo: le occasioni non sono certo mancate, nonostante tutto, e nonostante i tuoi... tentativi di proteggermi.
Mycroft sorseggiò piano il tè, la fronte corrugata.
-Credo che voglia di più che ucciderti, a questo punto. Gli sei sfuggito, la prima volta. Si tratta di una vendetta personale. Non gli basta farti annegare in mare. Qualsiasi cosa stia progettando per te, non sarà né semplice né piacevole...
-Ma davvero? Non ci sarei mai arrivato...-replicò Sherlock, sarcastico.
Mycroft fece finta di non averlo nemmeno udito.
-D'altronde, non ne ha più bisogno. In fondo, stai per andarlo a trovare direttamente a casa sua...
Stavolta toccò al fratello, fingere di non averlo sentito.
Finì di bere il suo tè, poi si alzò dalla poltrona, gli occhi ora brillanti.
-Credo non ci sia altro da aggiungere. Vieni, Rosie.-La richiamò con un cenno della mano.-Abbiamo del lavoro da fare.
Lei si alzò immediatamente, rivolgendo a Mycroft un cenno di saluto: che però richiamò Sherlock un'ultima volta.
-Devo dirti di essere prudente?
Lui gli restituì uno sguardo indignato.
- E quando mai non lo sono?
Mycroft inarcò un sopracciglio.
-... Ti rispondo in ordine cronologico, o alfabetico?
Sherlock si ritrovò a sogghignare leggermente. Aprì la porta, e stava per uscire dall'ufficio, quando sembrò ripensarci.
-A proposito... quasi dimenticavo. Come va la dieta, fratello?
Neanche a farlo apposta, Mycroft aveva appena preso in mano un biscotto. Rosie si coprì la bocca con la mano, soffocando una risata, mentre l'uomo della Corona scoccava un'occhiataccia al fratello minore.
-Non vedevi l'ora di dirlo, vero?
Il corvino, stavolta, sogghignò apertamente.
-... Già.
Mentre uscivano, Rosie scosse la testa, divertita.

Quei due fratelli si volevano sicuramente un bene dell'anima.
Sotto sotto, certo...

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