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Pugnala il cuore!

La battaglia tra i due equipaggi era ormai nel suo pieno svolgimento, e su entrambi i ponti delle due navi: non c'era voluto molto, infatti, perché i due vascelli si affiancassero abbastanza, praticamente al centro del vortice d'acqua, da permettere ai due equipaggi di lanciarsi con le cime e di arrembarsi a vicenda.
Ogni singolo pirata della Perla Nera lottava con ferocia, lanciandosi in affondi e parate, vendendo cara la pelle. Ma la ciurma di Moriarty non era da meno, e il suo aspetto mostruoso metteva gli uomini a dura prova. In più, la tempesta seguitava a imperversare, parendo sempre più violenta ad ogni secondo.
Mary e Molly, però, non si persero d'animo, facendosi largo a forza di colpi precisi con le loro lame, ignorando le vesti già zuppe, e sforzandosi di scorgere, attraverso la cortina di pioggia battente, le due figure per loro più importanti, ma senza vederle.
-Non riesco a vedere John... Secondo te Sherlock è già sulla nave di Moriarty?-urlò Mary a Molly, sovrastando le grida e il rumore del vento.
-Ne sono assolutamente certa!-replicò lei, mentre il suo volto si incupiva.

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Intanto, nella cabina del capitano della Appledore, Magnussen sorseggiava una tazza di tè, del tutto incurante della tempesta che si stava scatenando all'esterno. Uno degli ufficiali entrò all'improvviso, con foga, facendolo leggermente trasalire.
-Non si usa più bussare?-sibilò il capo della Compagnia, fulminandolo con lo sguardo.
-M-mi scusi signore-balbettò questi, ansante, levandosi il cappello, da cui subito scese un rivolo d'acqua. -Ma... mi è stato detto di avvertirla che... La Perla pare in vantaggio... almeno per ora.
Le labbra di Magnussen si curvarono in un leggerissimo sorriso soddisfatto, mentre sorseggiava nuovamente la bevanda.
-Molto bene...

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La dea del mare non è solo a tuo favore, James...

Capitan Holmes si trovava finalmente sulla nave nemica: era riuscito a farsi largo con facilità, togliendo di mezzo chiunque tentasse di sbarrargli la strada.
Non stava andando alla cieca.
Sapeva perfettamente dove Moriarty teneva il forziere: la sua cabina.
Perché nasconderlo, dopotutto, quando il nascondiglio della chiave era ignoto a tutti?
Si ritrovò a produrre un leggero ghigno.

Stavolta la tua arroganza sarà la tua rovina...

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Eccolo, finalmente...

Sherlock lo vide non appena ebbe varcato la porta della cabina: su di un tavolo, in bella mostra-come se lo stesse aspettando-di un metallo scuro, quasi nero. Avvicinandosi, udì chiaramente il battito di un cuore al suo interno, e prese un respiro profondo: ora arrivava la parte difficile.
Lo sfiorò appena con le dita, e si scoprì a esitare, al cospetto del forziere che avrebbe segnato per sempre la sua vita, non appena avesse pugnalato il cuore. Si sarebbe maledetto per l'ennesima volta. Ma, in questo caso, non avrebbe potuto più tornare indietro. Secondo la traduzione di Molly, infatti, chiunque avesse pugnalato il cuore del capitano avrebbe preso il suo posto.
Capitano per sempre. Scendere a terra solo una volta ogni dieci anni.
Sottostare agli incarichi della dea, traghettando dall'altra parte coloro che muoiono in mare. Sebbene quest'ultimo impegno non era certo che Moriarty l'avesse mantenuto...

Avrebbe dovuto abbandonare tutti: la signora Hudson, Molly, la sua nave... la sua ciurma...
John...
Prese l'ennesimo respiro profondo, la chiave stretta nella mano appena tremante, avvicinandola alla toppa.
Per la prima volta nella sua vita, il coraggio stava per venirgli meno.
-Capitano...
Sherlock sobbalzò, e si voltò di scatto.
Il primo ufficiale era proprio dietro di lui.
-John!! Che accidenti...?? Chi sta governando la nave???
-Ho affidato ad Angelo il timone-rispose il biondo tranquillamente.-E poi ti ho seguito.
-Non avresti dovuto! -lo rimproverò lui, con forzata durezza nel tono e nello sguardo. - So esattamente cosa devo...!
-Sherlock, smettila di fingere, ok??? So tutto!- sbottò John, irato.-So che succederà se pugnalerai quella cosa infernale!!- Indicò con un gesto il forziere, e il capitano sgranò gli occhi, attonito.
-Tu... sai??-mormorò.
-Sì, Sherlock. Lo so...

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Mancava poco all'arrivo della nave di Moriarty e dunque all'inizio dello scontro.
John entrò nella cabina del suo capitano e si sedette un momento sulla sua poltrona, lo sguardo perso nel vuoto. Inutile negarlo, cominciava ad avvertire una certa tensione farsi strada nel suo animo. Quella non sarebbe stata affatto una battaglia come le tante altre che lui e Sherlock avevano affrontato in passato. Non che ormai avessero altra scelta...
Prese un respiro profondo e si alzò di scatto, risoluto, facendo appello a tutto il suo coraggio.
Era comunque inutile stare a rimuginarci troppo sopra, arrivati a quel punto. Alea iacta est.
Restava solo da augurarsi che ne uscissero vivi.
Stava per fare ritorno sul ponte, quando gli cadde lo sguardo sulla scrivania del capitano, dove vide un foglio di pergamena accartocciato che  catturò la sua attenzione: di solito, infatti, la scrivania dell'amico era sempre tenuta in perfetto ordine, senza oggetti sparsi o cartacce, per l'appunto.
Colto da un'impulso improvviso, lo prese e lo appiattì per leggerlo. Generalmente non si sarebbe mai permesso di frugare tra le cose del suo capitano-tranne quando cercava le sue riserve di oppio e gliele sequestrava una volta trovate-ma avvertiva una strana sensazione... come un presentimento. In quegli ultimi giorni, infatti, Sherlock sembrava aver evitato più volte il suo sguardo, addirittura aveva preso scuse per trascorrere con lui meno tempo possibile: come se gli stesse nascondendo qualcosa.
Il testo sulla pergamena era vergato in spagnolo, ma qualcuno l'aveva tradotto.
Lo lesse... e i suoi occhi si colmarono di terrore.

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- Perché non me l'hai detto? No aspetta, lo so. Non volevi coinvolgermi eccetera eccetera...-lo motteggiò John, ma in tono tutt'altro che divertito.
Seguì un silenzio carico di tensione, disturbato appena dalla battaglia che ancora si stava svolgendo a poca distanza da loro, sul ponte.
-Sherlock... non puoi farlo.
-John... Sai anche tu che non c'è altra via d'uscita-mormorò il capitano, stringendo la chiave tra le dita con maggiore forza.-È l'unico modo per liberarsi di James definitivamente.
-E alla tua vita non pensi?? A tutti quelli che lasci indietro?? A Molly, alla tua ciurma, a...??
Non aggiunse "a me", ma non ce ne era bisogno, mentre fissava il suo capitano, che per qualche istante abbassò lo sguardo.
Il biondo serrò la mascella.
-Lo farò io-decise, nonostante gli piangesse il cuore all'idea di ciò che quell'atto avrebbe significato. Ma per il suo migliore amico era più che disposto a farlo.
Si avvicinò dunque al forziere, risoluto; ma il corvino si pose subito davanti, sbarrandogli la strada.
-Assolutamente no, John. Non provarci nemmeno. Hai una moglie e un figlio, a cui pensare.
Il primo ufficiale spalancò la bocca, attonito.
-Stai forse dicendo che Mary è...???
Le labbra del capitano si curvarono, per la prima volta, in un leggero sorriso.
-Sì, John. Non preoccuparti, credo che nemmeno lei se ne sia ancora accorta. Ma c'erano dei chiari segni. Se avessi tempo, te li elencherei, ma non ne abbiamo...
La sua voce pian piano si spense, su quel commento forzatamente ironico.
Il biondo si passò le mani nei capelli, sconvolto, e per un istante esitò; i suoi occhi guizzarono di nuovo su quel forziere maledetto. E non solo letteralmente...
-Sherlock, questo non cambia le cose!-disse però, stringendo i pugni.-Non permetterò che tu ti sacrifichi per la nostra felicità. Non lo accetto!
Una profonda commozione travolse il capitano, mentre il suo primo ufficiale caparbiamente lo fronteggiava, determinato, nonostante tutto, a impedirgli di compiere quel gesto.

-Tutto ciò è così commovente... Presto, qualcuno mi porti un fazzoletto per asciugarmi gli occhi!
Sherlock e John si voltarono di scatto, all'udire quella voce malevola e colma di sarcasmo.
James Moriarty era entrato nella cabina, seguito da due suoi uomini, e puntava una pistola contro di loro.

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-Ragazzi, siate così gentili da requisire a Sherlock la chiave-ordinò James ai suoi, che si affrettarono a ubbidire. Uno di loro strappò la chiave di mano a Sherlock, consegnandola poi a Moriarty, che la ripose subito nella tasca della giacca. Il capitano non osò opporre resistenza: l'altro, infatti, stringeva John in una morsa ferrea, premendogli un coltello alla gola.
Si limitò dunque a fissare con odio il suo ex primo ufficiale.
-A quanto pare, Sherly, la fortuna sta girando a mio favore! -Lo derise James, indicando con un gesto fuori, dove la tempesta continuava a imperversare, e sempre con più violenza.-Come vedi, la dea del mare ha scelto me, stavolta.
-... Sì, l'ho notato. Ma dimmi, James: com'è essere una seconda scelta, e soprattutto esserne consapevoli?-ribatté però il capitano, un ghigno evidente sulla labbra.
Gli occhi scuri di Moriarty sembrarono fiammeggiare dalla rabbia, e John si ritrovò, malgrado tutto, a ridacchiare intimamente: si accorse poi che il capitano lanciava svariate occhiate al grosso oblò alla sua destra, il cui vetro era andato quasi del tutto in frantumi. Notò, inoltre, che la tempesta si faceva sempre più violenta. Le onde erano alte, fin troppo...
-Molto bravo, Sherly... Ma farmi innervosire non cambierà le cose... Stavolta, io...
Prima che potesse completare la frase, la gigantesca e improvvisa onda anomala che il biondo aveva visto arrivare si abbattè sulla Bloody King, facendola quasi capovolgere: una gran quantità d'acqua si abbatté su tutti loro.
Sherlock, che se l'aspettava ancora prima del biondo, non perse tempo, e approfittò della confusione.
-Cammei Vaticani! - gridò, liberandosi dall'uomo che lo stava trattenendo e lanciandosi addosso a James, facendogli cadere la pistola; anche l'amico, al consueto segnale, si liberò, rifilando all'altro scagnozzo una violenta testata all'indietro. Mentre questi lasciava la presa con un urlo di dolore, afferrò il forziere e corse fuori.
-A quanto pare, James...-disse il capitano, sarcastico, rivolto a James, a terra e fradicio.-Irene Adler non è del tutto dalla tua parte!
Senza aggiungere altro, si lanciò fuori ma, a differenza di John, dall'oblò della cabina.

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Una volta tiratosi in piedi, ferendosi sul volto a causa dei vetri rotti, seppur non gravemente, Sherlock scrutò la nave in cerca dell'amico. Ma la visibilità era pessima. In più, la battaglia era ancora in corso, e ovunque volgesse lo sguardo vedeva alcuni dei suoi uomini intenti a combattere con ferocia. Anche loro, però, erano esausti, e allo stremo delle forze.
Dovevano concludere quella battaglia al più presto.
E c'era un solo modo, per farlo.
Ma prima che potesse decidere in che direzione lanciarsi, un dolore improvviso e lancinante alla spalla destra lo percorse, strappandogli un grido. Gemendo, strinse i denti, e si portò la mano a quest'ultima; sulle sue dita, c'era del sangue: qualcuno gli aveva sparato.
-Ci si rivede, Sherlock Holmes...-ghignò, alle sue spalle, la malevola voce di Culverton Smith.

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John corse a rotta di collo sul ponte della nave, facendosi largo a forza di spallate, e stringendo il forziere con entrambe le mani.
Sherlock, dove sei finito??
Volse lo sguardo indietro per un istante, cercando di scorgere il suo capitano nonostante la pioggia sempre più fitta.
Ma, quando si voltò nuovamente, un pugno improvviso in pieno volto lo buttò a terra.
Il forziere gli scivolò dalle mani e cadde anch'esso, mentre James Moriarty gli puntava una spada alla gola.

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Il capitano si voltò ed estrasse la sua spada con la mano destra, stringendo la spalla ferita con l'altra, e fissando attonito Culverton.
-Come diavolo fa lei ad essere qui??
-Magnussen mi ha fatto evadere-replicò lui beffardo, estraendo una sciabola.-Ha pensato che avrei potuto essere utile qui, a quanto pare...
E così si libera pure di una possibile spia di James...
Prima che Sherlock potesse finire quel pensiero, Culverton si lanciò contro di lui, impegnandolo subito in duello; lui, complice la ferita, seppur non eccessivamente profonda, faticava a parare i suoi colpi.
Improvvisamente, la nave venne scossa da una violenta bordata, facendogli perdere l'equilibrio.
Il capitano si ritrovò a penzolare fuori dalla ringhiera, tenendosi precariamente con una mano ad un frammento della stessa, ormai distrutta.
Sotto di lui, il Maelstrom.

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-Bene bene, Johnny... a quanto pare, non è morto. Eppure avevo chiesto a quell'idiota un piccolissimo favore... Non è irritante quando le persone non fanno ciò che gli si chiede? Volevo solo che lei soffrisse. Che capisse cos'è il dolore... Quello vero-fece Moriarty in tono lagnoso poi mortifero, la spada sempre puntata alla gola di John, che digrignò i denti, cercando invano di alzarsi.
-Be', poco male... Le insegnerò io, cos'è il vero dolore...
Sollevò la lama: ma, all'improvviso, con grande sorpresa del biondo, roteò gli occhi e si accasciò ai suoi piedi, gemendo: come se qualcuno l'avesse colpito alla nuca...

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Culverton si sporse appena oltre il bordo, osservando Sherlock sospeso nel vuoto, in volto un'espressione sadica.
-Uuhh, guarda un po'... sembra che il suo destino sia proprio quello di morire annegato, signor Holmes... Ma, se vuole, le do una mano a fare più in fretta...
Estrasse nuovamente la pistola e la caricò: Sherlock sentiva la sua mano perdere sempre più la presa da quel fragile appiglio, il legno reso scivoloso dalla pioggia battente; si aggrappò dunque anche con l'altra mano, ma le dolorose fitte alla spalla che lo trafiggevano resero quella presa ancora più precaria. Le forze stavano per abbandonarlo definitivamente.
Il criminale gli puntò contro l'arma, e Sherlock emise a fatica un ringhio fatto di odio puro, i denti digrignati.
-Lo sa? Era carina, la sua ragazza-fece poi ancora Culverton, maligno, sempre con quel sorrisino odioso sulle labbra.- Quando sarà diventato un cadavere, potrei addirittura farci un pensier... AHHHHHH!!!!

Sotto lo sguardo stupefatto di Sherlock, Culverton Smith precipitò oltre la ringhiera della nave, finendo dritto nel vortice, il suo urlo che ancora echeggiava.

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-... Ti piace il dolore? Allora prova a indossare un corsetto!-ringhiò Mary Morstan, spuntando dietro Moriarty, la spada sguainata, gli occhi sfavillanti d'ira.

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-Mi dispiace, io sono già impegnata!-urlò dall'alto una voce femminile carica di ironia e disgusto.
Una voce che Sherlock ben conosceva.
No. Non è possibile!
Una piccola mano strinse all'improvviso la sua, e lo tirò nuovamente a bordo, seppure con fatica. Il capitano, di nuovo al sicuro sul ponte, rimase per un momento piegato a terra, cercando di riprendersi: una volta alzato lo sguardo, si trovò davanti Molly Hooper, che gli sorrideva, sollevata.
-Molly... che diavolo ci fai, qui?!!?Dovresti essere alla Baker!!!-bofonchiò, non appena ne ebbe la forza.
-Te l'ho già detto una volta, Sherlock Holmes-replicò lei, lo sguardo risoluto, aiutandolo ad alzarsi.-Non prendo ordini da te! Prego, comunque...
Il corvino si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca una o due volte-come se non sapesse in che modo replicare-continuando però a fissarla, incapace di distogliere lo sguardo.
... Oh, al diavolo!

Con un gesto impulsivo e impetuoso-che, se sorprese lui, figuriamoci Molly-capitan Holmes afferrò la ragazza per le spalle, attirandola a sé, proprio come aveva fatto sull'isola di Norbury: ma, questa volta, le posò le labbra sulle sue, baciandola con incredibile dolcezza.
Molly, dopo il primo attimo di sconcerto, si trovò a ricambiare, gli occhi chiusi, il cuore in tumulto; intorno a loro, la pioggia batteva incessante, i due equipaggi duellavano con ferocia, e le onde scuotevano la nave sempre più violentemente.
Ma, in quel momento, non importava.

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