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Norbury Island

Sherlock spostò l'ultima frasca, mostrando a John e Mary cosa si celava presso una pozza d'acqua: un piccolo cumulo di terra, alla cui sommità era conficcata una rudimentale croce, fatta di due rami uniti al centro con un pezzo di corda.
Una tomba.
Rimasero per un lungo momento in silenzio, finché il corvino si inginocchiò di fronte ad essa, posando il palmo della mano in corrispondenza del cumulo.
-Avrei voluto seppellirlo da solo-mormorò in un tono sommesso, ma spezzato, lo sguardo fisso sulla piccola croce.-Ma James mi seguì. E non fece che deridermi per tutto il tempo. "Le persone muoiono, Sherlock. È questo che fanno." Fosse stato per lui, avrebbe buttato il suo corpo in mare.
La sua voce addolorata pian piano si spense, il capo chino, gli occhi bassi.
John scambiò uno sguardo d'intesa con Mary, ed entrambi gli posarono una mano sulla spalla, stringendogliela appena.
Sherlock, inizialmente, sussultò, ma non respinse quel contatto. Avvertì infatti la vicinanza- non solo fisica -di entrambi, e si sentì in qualche modo confortato.
D'improvviso, però, tornò al suo solito atteggiamento: si alzò di scatto, gli occhi stretti, come sempre quando un ragionamento iniziava a prendere forma nella sua mente.
-... Perchè James l'ha lasciata qui? Avrebbe potuto distruggerla. Non ha senso...-mormorò; la sua espressione, poi, si incupì ancor più di prima.
-C'è una sola spiegazione.-Si voltò di nuovo verso i suoi compagni.-Sapeva che sarei arrivato sin qui. Dobbiamo essere pronti. Di sicuro ci aspetta qualcosa. E non certo una festa di benvenuto...-aggiunse, con un pizzico del suo solito sarcasmo e un mezzo sorriso tirato.
Anche il suo primo ufficiale non riuscì a non sorridere, rincuorato: il capitano restava quello di sempre, nonostante tutto...

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L'isola di Norbury, da quel che Sherlock ricordava, era disabitata: ma questo era cinque anni prima.
Procedettero dunque con cautela nell'intricata giungla per almeno mezz'ora, guidati dalla bussola, che però funzionava solo a tratti: vi era, intorno a loro, un silenzio innaturale; nemmeno il canto di un uccello o il passaggio di qualche animale tra i cespugli.
L'ago della bussola, poi, puntò solo verso il centro dell'isola.
-Dobbiamo dividerci-sentenziò il capitano. -Se è una trappola, come sospetto, almeno non potrà catturarci tutti insieme.
-Ehm... Sherlock, dividersi generalmente non è mai una buona idea...-obiettò John, dubbioso.
-Io credo di sì, invece-si intromise Mary. -Se non altro, non sapranno esattamente in quanti siamo.
Il biondo alzò le mani in segno di comica resa.
-Va bene, va bene, due contro uno, come non detto...
Il corvino, soffocando un sorrisetto, annuì, e si guardò intorno.
-Ci rivedremo qui fra due ore. Se ancora non avremo trovato la chiave, consulteremo di nuovo la bussola. State attenti-li ammoní, con severità.
Dopo quell'ultima raccomandazione, i tre si separarono. Il corvino decise di dirigersi verso l'ultima direzione indicata dall'ago.
Dopo venti minuti di cammino, però, un profumo solleticò le sue narici: un profumo che conosceva bene... e che ancora ricordava.
Si fermò.
-Molly... Credevo di averti chiesto di restare sulla nave... -disse, ironico, senza voltarsi.
La ragazza, pochi passi dietro di lui, si bloccò, incredula.
-Come hai fatto?? Sono stata molto attenta a...!
-Usi ancora quell'essenza di sandalo. Strano, considerato che fu un mio regalo...-ribattè lui, con un leggero sorriso.

Molly sbuffó.
-... Non ci avrò fatto caso-borbottò, evitando però il suo sguardo, le guance tinte di rosso per l'imbarazzo.- Comunque... dovevo parlarti di qualcosa di molto importante, e non potevo aspettare che tornaste. Riguarda Moriarty.
Sherlock si voltò subito, lo sguardo stavolta intento.
-Ho trovato, tra i miei libri, una pergamena nascosta-continuò la ragazza.-Scritta in spagnolo. Talmente antica che è un miracolo sia ancora integra. Diceva che, pugnalando il cuore di chi è stato maledetto dalla dea del mare, la maledizione verrà spezzata, ma...
Si interruppe, innervosita, notando che il corvino aveva iniziato a guardarsi intorno senza più prestarle la benché minima attenzione.
-Sherlock, mi stai ascoltando?!? Guarda che é...!!
Non poté dire altro, perché lui, senza dire una parola, la afferrò di scatto per le braccia, portandola ad appoggiarsi al suo petto, il volto a pochi centimetri dal suo, per poi trascinarla dietro un albero.

Molly, già rimasta allibita dal gesto del pirata, si ritrovò ad arrossire, trovandoglisi così vicino, al punto che i loro nasi quasi si sfioravano.
-Sherlock!! Ti pare questo il momento di...!!
Lui, per tutta risposta, avvicinò il volto ancor di più: per un folle istante, Molly pensò che volesse davvero baciarla.
-Quando te lo dirò io, nasconditi in quei cespugli-le bisbiglió lui invece, a fior di labbra.-Con un po' di fortuna, non ti avranno ancora vista.
Lei sgranó gli occhi, confusa.
-Che cosa stai...??
Lui la fece tacere posandole piano un dito sulle labbra. Poi, senza dire una parola, le indicò un bizzarro oggetto appeso al ramo di un albero alla loro destra: sembravano rametti legati fra di loro con dello spago, e da cui pendevano piume e conchiglie.
-Solo una particolare tribù lascia quegli amuleti, perché credono li protegga dagli spiriti maligni. Sono i Pelagostos. A quanto pare, quest'isola non é più deserta...-osservò, sarcastico, stringendo la ragazza più vicina a sé.
-Devi tornare alla nave. So per certo che questa tribù non è pacifica o minimamente incline al dialogo... Credo mi stiano seguendo da un po', ma a distanza. Quindi non ti hanno ancora vista-proseguì sottovoce, lo sguardo  che saettava però da una parte all'altra della giungla.- Avremo bisogno di rinforzi... Cercherò di trattenerli. Non appena mi avranno catturato, vai immediatamente.

Molly, seppur spaventa, scosse subito la testa.
-Assolutamente no! Li affronteremo insieme!-bisbigliò, risoluta.-E poi, come farò a sapere dove portare i...??
Prima che potesse finire di parlare, Sherlock gli passò la bussola, chiudendogliela tra le mani.
-Ora hai quello che ti serve per trovarmi.
La fissò nei suoi occhi nocciola, mentre lei seguitava a scuotere la testa, protestando veemente.
-Ma... Sherlock, non sai cosa ti faranno! Non puoi farti catturare!
-Non ho altra scelta... si aspettano tre prede, non quattro. Non sanno della tua presenza, quindi questo gioca a nostro vantaggio... Non hanno previsto che mi avresti seguito. Per fortuna non abbiamo ormeggiato la Perla abbastanza vicina alla costa, altrimenti ci avrebbero già abbordato. Dipende tutto da te, ora.
Si udì improvvisamente, non molto distante da dove erano nascosti, lo schiocco di un ramo.
Gli occhi del capitano si strinsero.
-Al mio tre, nasconditi in mezzo a quel cespuglio. Appena mi porteranno via, corri. Chiaro?

Molly avrebbe voluto opporsi a quel piano con tutte le sue forze, ma la determinazione che lesse nel suo sguardo la dissuase: con poté però fare a meno di notare che, per tutto il tempo, le mani Sherlock erano rimaste strette sulle sue.
-Ah... Molly...-disse lui a quel punto, quasi esitante.
-... Sì??
-Mi dispiace per quello che... Be', lo sai...
La ragazza lo fissò allibita, non potendo credere a ciò che aveva appena sentito.
-Sherlock Holmes, ti stai per caso scusando con me?? ADESSO??Complimenti per il tempismo, eh!
Il pirata sollevò un angolo della bocca, sorridendo appena.
-Avrei dovuto farlo molto prima... Ma, sai, nel caso che non ci rivedes... VAI!
Con un brusco e improvviso movimento, Sherlock la prese nuovamente per le spalle, e la spinse in una macchia di vegetazione sulla sua destra; poi estrasse la spada.
La ragazza si tirò su con una smorfia, rimanendo però acquattata.
Cinque uomini, vestiti con bizzarri indumenti coperti di foglie e truccati sul volto avevano subito circondato il capitano, minacciosi, imbracciando strani pugnali ricurvi. Portavano anche delle cinte, con appese quelle che sembravano rozze asce.

Gli si lanciarono contro, urlando qualcosa in una lingua che Molly non comprese. Si morse le labbra, reprimendo l'impulso di correre ad aiutarlo. Ma lui, a onor del vero, non pareva in grosse difficoltà: mulinò infatti la spada con perizia-come solo lui sapeva fare- e mandò subito al tappeto almeno due assalitori.
Nonostante la paura per la sua sorte, non riuscì a reprimere un brivido d'ammirazione: la lama pareva un prolungamento del suo braccio, e la sua velocità nel brandirla era parimenti impressionante.
Ma altri due uomini subito sopraggiunsero, prendendo il posto di quelli caduti, senza che lei nemmeno li avesse visti o sentiti arrivare; come se fossero usciti dagli alberi stessi. Non una volta lo vide usare la pistola: probabilmente non voleva attirare a sé più aggressori, e sperava di sopraffarli solo con la spada.
Dopo qualche minuto di combattimento ancor più furioso, uno degli indigeni sembrò però averne abbastanza di quella resistenza: fulmineo, estrasse una cerbottana dalla rudimentale cintura che aveva in vita, e vi soffiò dentro, sparandogli contro uno strano dardo piumato, che si conficcò nella spalla sinistra di Sherlock.
Con grande orrore di Molly, dopo pochi secondi, il capitano ondeggiò e si accasciò a terra con un lamento soffocato, finendo proprio a poca distanza dal punto in cui si era nascosta. Doveva essere avvelenato. La ragazza si tappò la bocca con la mano per reprimere un grido, e incrociò il suo sguardo: i suoi occhi cerulei erano annebbiati.
-Vai!-riuscì però a mormorarle, pochi istanti prima di svenire del tutto.
Consapevole di non avere scelta, lei non poté fare altro che ubbidire, e stare nascosta a guardare, la mano ancora premuta sulla bocca, soffocando il rumore del suo respiro.
Gli indigeni, di fronte alla loro preda finalmente sconfitta, emisero altre grida in quella lingua sconosciuta- che, dall'intonazione, sembravano vittoriose- poi si scambiarono alcune parole, come per mettersi d'accordo. Uno di essi, in particolare, pareva il capo di quel gruppo, a giudicare dal tono imperioso della sua voce. Alle sue parole, infatti, uno di loro tagliò rozzamente, ma rapido, usando l'ascia rudimentale che aveva alla cintola, uno dei tronchi, che tenne poi sorretto sulla spalla, in orizzontale, aiutato da un compagno. Gli altri due uomini, invece, dopo aver bruscamente sollevato Sherlock da terra, lo legarono a quest'ultimo attraverso i polsi e le caviglie con delle corde, tenendolo così ancora appena sollevato dal terreno: era di certo il loro modo per trasportarlo attraverso la giungla dovunque ne avessero l'intenzione.
Il pirata, nonostante tutti quei movimenti bruschi e le corde legate strettamente, non emise neppure un lamento: era esanime, il capo reclinato all'indietro. Qualsiasi cosa gli avessero sparato nella spalla lo aveva reso del tutto inerme. Probabilmente un sonnifero di qualche tipo. Ma perlomeno respirava. Era ancora vivo.
Dopo averlo legato in quel modo brutale lo portarono via, dirigendosi spediti verso il punto più fitto della giungla.
Quando i loro passi, finalmente, si furono allontanati, Molly fece comunque forza su sé stessa per restare nascosta altri due minuti, per sicurezza, anche se ogni secondo pesò su di lei come fosse eterno: nella sua mente e nei suoi occhi solo Sherlock che veniva portato via chissà dove, completamente inerte.
Incapace di resistere oltre si tirò in piedi di scatto e corse verso la spiaggia più veloce che poteva, il cuore che le batteva nel petto come un tamburo impazzito.

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