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La voce del mare

Non appena varcarono la soglia della locanda, la signora Hudson corse subito incontro ad entrambi, in volto un sorriso sollevato.
-Grazie al cielo, Sherlock, caro, l'ha trovata!-esclamò, infatti, rivolta al corvino.-Iniziavo a stare in pena!
Rosie lanciò allo zio un'occhiata di sbieco, soffocando un sorrisetto.
-Allora te l'ha detto lei che ero venuta qui! "Dimentichi che sono Sherlock Holmes", eh?!?-lo motteggiò, divertita.

Sherlock assunse uno sguardo di finta indifferenza, alla suo esser stato colto in fallo; chiese invece alla signora Hudson di preparare un tè per entrambi, e la guidò verso uno dei tavoli.
-Allora, si può sapere cosa c'era di così urgente da farti venire qui da sola?-la interrogò all'istante, stavolta profondamente serio, mentre si accomodavano.-Perchè sono certo che tua madre non lo sappia.
Rosie frugò nella sua sacca, approfittandone per tenere lo sguardo basso.
-Avevo scoperto una cosa importantissima, zio, e non potevo aspettare che tu tornassi a trovarci per mostrartela! Anche perché, correggimi se sbaglio, sono almeno due anni che non ti fai più vedere...-aggiunse, con una punta di tristezza nella voce.
Questa volta toccò al pirata abbassare lo sguardo. Ma Rosie insistette.
-... È per via della lite, non è vero?
Il capitano si costrinse a rialzare lo sguardo verso la ragazza, riscontrando per l'ennesima volta quanto assomigliasse al suo migliore amico. Quegli occhi. Quel piglio deciso.
Sospirò.
-Non è per quello, Rosie. Ma sai anche tu quello che sto cercando. Sebbene...-aggiunse, e dal suo tono trasparì chiaramente la delusione e la tristezza. -Non l'abbia ancora trovato, purtroppo...
-Mai dire mai, zio!-sussurrò lei, sorridendo stavolta apertamente, e posando il libro sul tavolo, in mezzo a loro.

Capitan Holmes lo guardò, inarcando scettico un sopracciglio.
-... Un libro?
Rosie, subito, assunse la sua stessa espressione.
-La tua analisi è esatta, zio. Ma speravo in qualcosa di più approfondito... Magari dovresti sfogliarlo e vedere cosa c'è scritto...
Il modo in cui la ragazza lo prendeva in giro lo portò a sorridere nuovamente: tirò a sè il volume e lo aprì. Proprio come era successo a Rosie, bastarono le prime poche righe a suscitare una reazione: gli occhi del pirata si spalancarono, mentre le sue dita sfogliavano febbrilmente le pagine.
-Dove lo hai trovato??-mormorò, alla fine, la voce roca.
-Nella bottega di un rigattiere-rispose lei, orgogliosa, mentre una delle cameriere depositava le due tazze di tè sul tavolo, lanciando allo zio un chiaro sguardo d'apprezzamento. Che  lui, però, non notò neppure: i suoi occhi erano ancorati sul volume.-Ecco come libereremo mio padre dalla maledizione! È tutto scritto lì. Be'... non proprio tutto...-aggiunse, timidamente.-Alcune cose non sono riuscita a capirle... Ma sono certa che tu puoi!
Sherlock non smise di sfogliare le pagine, ma i suoi occhi cristallini si fecero lucidi per la commozione.
Quella ragazzina era incredibile: aveva sempre avuto in lui una fiducia incondizionata, fin da quando era bambina e lo seguiva ovunque andasse. Senza volere, un ricordo affiorò all'improvviso...

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- ... Zio! Guarda questa! È grandissima!
Sherlock, seduto sulla sabbia, volse lo sguardo verso la piccola Watson, sei anni: i suoi capelli biondi erano legati in due trecce, il vestitino rosso spiegazzato e i piedi nudi sporchi di sabbia al pari delle manine; tra queste ultime aveva una conchiglia bianca e rosa. E, dal modo in cui la teneva e la guardava, pareva aver appena trovato un tesoro inestimabile.
-Complimenti, Rosie, è davvero bellissima-si complimentò dunque con lei, sorridendo, e facendole poi un  cenno con la mano.-Siediti qui, vicino a me, e dammela un secondo. Ti faccio vedere una cosa.
Lei, curiosa, gliela porse, con delicatezza, ma senza indugio.
Il pirata, dunque, sempre tenendola in mano, gliela premette piano, dalla parte cava, all'orecchio.
-Ora ascolta- le disse ancora il corvino.
Lei ubbidì e, dopo poco, i suoi occhi azzurri si sgranarono, la bocca semiaperta per lo stupore.
-... Ma... Zio... La conchiglia... fa rumore?? Come fa?? È una magia??
Sherlock trattenne un sorriso per la sua ingenuità, ma senza voler del tutto spegnerla. Rosie Watson era uno dei pochi esseri umani per cui aveva un debole. Cercò dunque una spiegazione che lei potesse comprendere.
-Non proprio, Rosie. Quello che senti è il rumore del mare, la sua... voce. La conchiglia, con la sua forma, è riuscita a... intrappolarla, in un certo senso.
Quasi si morse la lingua, dopo quella frase, e sperò che la bambina non si soffermasse troppo su di essa. Purtroppo, però, Rosie era sì piccola, ma molto attenta alle parole, e intelligente.
-Intrappolarla?-ripetè, infatti, corrucciata.- Come il mio papà?

Il pirata trattenne un doloroso sospiro.
- Sì e no-ammise, infine, seppur riluttante.-Vedi, Rosie, le conchiglie sono nate con questa forma e con questo scopo. Plasmate dalle correnti per portare la voce del mare ovunque. Sono nate per questo. E sarà sempre così. Tuo padre no. Lui è vittima di una maledizione. E sarà libero, un giorno.
"È una promessa". Quest'ultima frase non uscì dalle sue labbra, gli occhi color acquamarina, fissi sull'orizzonte, appannati.
Li chiuse per qualche istante, reprimendo quelle lacrime inopportune, a cui non cedeva mai tanto facilmente. Ma il dolore per la lontananza del suo migliore amico lo metteva spesso a dura prova, soprattutto in momenti come quello.

Dopo averli riaperti, si voltò, e trasalì: Rosie non era più seduta vicino a lui. Non l'aveva nemmeno sentita alzarsi, immerso com'era nei suoi pensieri. La cercò subito con lo sguardo, e si tranquillizzò: era comunque poco distante da lui, l'acqua però fino alle ginocchia- era alta, per la sua età- la conchiglia stretta tra le mani. La vide avvicinarsela alla bocca e dopo un po', con sua sorpresa, riappoggiarla in acqua, lasciando che che la corrente la trascinasse via.
Aggrottò la fronte, e la raggiunse.
-Rosie, perché l'hai fatto? Credevo volessi tenerla.
Lei si voltò a guardarlo, il volto ancora  corrucciato, ma stavolta anche stupito, come se le avesse posto una domanda priva di senso.
-Perchè se me la tengo non potrà più fare quello che deve. Portare la voce del mare dappertutto. L'hai detto tu, no?-rispose infatti.- E poi, non voglio che sia intrappolata anche lei, come papà...-aggiunse, con voce triste.
Sherlock non riuscì a replicare subito, il cuore, per un momento, stretto in una morsa dolorosa.
-... Sì, Rosie. Hai ragione-le mormorò però infine, soffocando, nonostante tutto, un moto di commozione e orgoglio, e sfiorandole il capo con una leggera carezza.
-Però le ho chiesto di portare un messaggio!-aggiunse la piccola, con voce più allegra, stupendo il pirata per l'ennesima volta.-Ho pensato che poteva intrappolare anche la mia voce, e portarla molto molto lontano, anche negli abissi più profondi del mare! Vuoi sapere che messaggio?

Tutte le logiche obiezioni che il pirata avrebbe voluto farle - "Non è così che funziona, le conchiglie non portano i messaggi delle persone"- passarono per la sua mente ma, anche stavolta, non superarono le labbra.
-Qual era, Rosie? -le domandò, infatti.
Anche se non era difficile, per lui, immaginarlo.
-Diceva: "Non aver paura, papà. Un giorno tornerai da noi. Ti vogliamo bene. Anche io te ne voglio, anche se ancora non ti ho visto. Ma lo zio Sherlock e la mamma mi parlano sempre di te! Anche loro ti salutano. A presto!! Rosie." -rispose infatti lei, con un sorriso.-Lo so, lo so, è un po' lungo, ma la conchiglia era grande. Credi che arriverà a papà?-gli domandò poi, preoccupata.
Sherlock, senza dir nulla, le strinse la mano, lo sguardo di nuovo fisso all'orizzonte ma, negli occhi, l'immagine di un veliero che si inabissava, seguito da un bagliore verde nel cielo prossimo al tramonto.
-Ne sono sicuro, Rosie-le mormorò, ma senza distogliere lo sguardo, gli occhi di nuovo leggermente offuscati da una cortina di lacrime non versate.- Ne sono sicuro.

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Sherlock si riscosse a fatica da quel ricordo, ma con rinnovata determinazione. Rosie deponeva totale fiducia, in lui. Il minimo che poteva fare era lottare fino all'ultimo respiro per mantenere la sua promessa: riportare John Watson alla sua famiglia. E quel volume pareva proprio la risposta che aveva tanto a lungo cercato. Riprese dunque a sfogliarlo meticolosamente e con rinnovata energia. Alcune parole erano scritte in strane lingue ancora da tradurre, e vi erano anche bizzarri simboli da decifrare. Ma, arrivato a metà, si fermò.
-Questa è una mappa...-mormorò, passando delicatamente il dito su quello che sembrava essere un dipinto rappresentante il cielo stellato. Non sapeva perché, ma qualcosa gli diceva che quello era ben più che un semplice dipinto. Un'intuizione. E non andavano mai ignorate, lo sapeva bene.-Rosie, non so ancora dove conduca. Ma è chiaro che devo andare da solo. Lo sai, vero?
Lei, però, protestò immediatamente, scuotendo la testa con veemenza.
-No, zio! Non pensarci neanche! Io verrò con te. E questo è fuori discussione. Puoi anche tentare di riportarmi a casa...-aggiunse, con un piccolo ghigno furbo sulle labbra. -Ma sappi che non ci resterò. Quindi, per te, sarebbe solo una perdita di tempo...
Capitan Holmes si ritrovò a lanciarle uno sguardo esasperato.
-Degna figlia di tuo padre, proprio... testarda come pochi...-borbottò, accigliato, scuotendo la testa, ma nascondendo, ancora una volta, l'orgoglio.
Rosie sollevò le labbra di nuovo in un sorrisetto, stavolta fiero, conscia di averla spuntata, prendendo poi un sorso della bevanda calda.

Sherlock scrutò le pagine per l'ennesima volta.
-Strano che Molly non ne abbia mai sentito parlare...-mormorò, assorto.
All'improvviso, lesse una parola, e la sua espressione mutò: Rosie lo vide prima impallidire visibilmente, poi muovere le labbra senza emettere alcun suono, l'espressione sconcertata e distante.
-Questo non è possibile... allora... lui l'ha sempre conosciuta... Perché non me l'ha mai detto???-ringhiò alla fine, gli occhi ridotti a due fessure, la mano stretta a pugno sul tavolo.
Rosie sgranò gli occhi, preoccupata da quella reazione.
-Zio... che ti prende?-gli chiese,  posandogli una mano sul braccio.
Lui sollevò lo sguardo, in volto un'espressione cupa, le labbra strette.
-Seguimi. Dobbiamo parlare con qualcuno, prima di partire-le rispose, alzandosi dalla sedia, la voce ridotta a un ringhio sommesso, e lasciando la tazza di tè, ancora piena, sul tavolo, mentre Rosie lo seguiva, interdetta.- Qualcuno che mi dovrà dare parecchie spiegazioni...

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Molto lontano, in un luogo sconosciuto, la figura incappucciata osservava la scena attraverso una nuvola di fumo. E sorrise nuovamente.
Un sorriso fatto di perfidia pura.

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