La Punta del Diavolo
Qualche ora prima
-... John... devo parlarti. In privato. Adesso.
Il biondo, ancora appoggiato alla ringhiera della Perla, restituì al suo capitano uno sguardo interrogativo e in parte preoccupato, ma non esitó a seguirlo nella sua cabina, accomodandosi poi sulla sua poltrona preferita. Sherlock si sedette in quella di fronte e, dopo un respiro profondo, cominciò.
-Grazie a mio fratello ho scoperto qualcosa di fondamentale sulla maledizione di Moriarty. In particolare sul sacrificio di sangue.-Unì la punta delle dita a formare una piramide che gli sfiorava appena il mento. La sua tipica posa da riflessione, come la definiva John stesso.-Credevo colpisse solo chi sottraesse materialmente uno dei pezzi Aztechi dal forziere e che il sacrificio di sangue per liberarsi da essa dovesse essere compiuto solo sacrificando una vittima innocente. Ma non è così. C'è un altro modo per liberarsene. Il sacrificio volontario di chi lo sottrae. E ne bastano poche gocce, non occorre che chi lo compia o lo subisca muoia.
Il biondo aggrottò la fronte, perplesso, poi incredulo.
-... Quindi mi stai dicendo che Moriarty e i suoi potrebbero tranquillamente liberarsi della Maledizione usando il proprio sangue invece che quello altrui, ma che hanno ucciso volontariamente chissà quanti innocenti per nulla?? Solo per il gusto di farlo??
Sherlock annuì, cupo ma anche compiaciuto che il suo primo ufficiale avesse già inteso, mentre quest'ultimo digrignava i denti.
-Credo di odiare quell'uomo, se possibile, ancor più di prima.
Il corvino sorrise appena.
-Ovviamente gli manca sempre un medaglione per annullarla del tutto. Anche se credo che il medaglione stesso sia sempre stata una trappola, in qualche modo. Comunque, ripeto, basterebbe anche solo una goccia del sangue di chiunque. Basterebbe che questa volesse sacrificarsi o che venga sacrificata.
Seguì un lungo momento di silenzio.
-Credo di aver capito cos'hai in mente...-borbottò John, la voce tinta di dubbio e preoccupazione.-Ma James è di certo a conoscenza di questo dettaglio e non permetterà che arrivi tanto vicino al forziere da tentare di farlo.
Sherlock sorrise.
-Hai colto nel segno caro Watson. È per questo che dovremo tendergli una trappola. Giocare d'astuzia. E, se conosco bene James come credo, abboccherá. Ma per farlo ho bisogno del tuo aiuto...
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- Devo complimentarmi con te, John. Ottima recitazione-disse Sherlock con un mezzo sorriso, ma continuando a tenere lo sguardo fisso su Moriarty, la punta della sua spada a sfiorargli la gola.
-Mai quanto la tua capitano. Se non avessi già saputo tutto ci sarei cascato in pieno!- replicò John, con una leggera risata.
James si rialzò con fatica, rivolgendo a Sherlock uno sguardo colmo d'odio e di disprezzo.
-Avrei dovuto capirlo che stavi bluffando... sei sempre stato così... sentimentale...-sibilò tra i denti.-D'altronde cos'altro potevo aspettarmi da uno come te? Basta guardare l'uomo che hai scelto per rimpiazzarmi per capire che hai perso completamente il senno!
John strinse i pugni e fece per avvicinarsi, furioso: ma Sherlock lo fermò, mettendogli davanti un braccio; si avvicinò poi lui stesso a James, premendogli la punta della spada sulla pelle con più veemenza.
-Non. Osare. Insultarlo!-ringhiò, gli occhi colmi di ira.-John Watson é un uomo migliore di quanto tu non lo sia mai stato. E come non sarai mai!
John rimase incredulo di fronte a quelle parole, che gli fecero salire un nodo alla gola.
Moriarty invece sogghignò maligno.
-Visto che tieni tanto a lui non ti farà piacere vederlo morire...
Rapido come un serpente, estrasse un pugnale dalla tasca della giacca, lanciandoglielo contro: questo si conficcò nella spalla destra di John, che si accasciò, urlando per il dolore.
Sherlock a quella vista cacciò un grido di pura rabbia e, completamente dimentico della sua spada, si gettò addosso a Moriarty, ingaggiando con lui un violento corpo a corpo a mani nude.
I due uomini presero a lottare furiosamente: pugni e calci si susseguivano con violenza e rapidità da ambo le parti. Ma erano entrambi abili lottatori e nessuno dei due sembrava riuscire a prevalere sull'altro.
Ma, all'improvviso, James colpì Sherlock con un violento calcio sulla gamba, cogliendolo di sorpresa: il pirata cadde a terra ansimando.
-Non lo capisci, Sherl?? Tu. Non. Puoi. Vincere!
James ruggì ogni singola parola, assestandogli ogni volta un forte calcio nello stomaco.
Sherlock gemette sotto i suoi colpi, incapace di alzarsi, mentre Moriarty raccoglieva la sua lama.
-É sempre così, alla fine. O tu o io. Sempre!
James alzò la spada, pronto a trafiggerlo: Sherlock, senza fiato e privo di arma con cui difendersi, distolse lo sguardo, gli occhi chiusi, il capo chino.
... Ma un improvviso clangore metallico risuonò tra le pareti della caverna, facendogli spalancare gli occhi.
Rialzò lo sguardo e rimase incredulo: John nonostante il pugnale ancora conficcato nella sua spalla si era parato di fronte a lui, facendogli da scudo, la spada ancora che bloccava quella di Moriarty.
-Ti sbagli!-ringhió il suo primo ufficiale fronteggiando James, gli occhi luccicanti per il dolore ma fieri.-Non si tratta di "o te o lui". Si tratta di o te... o "noi". Perché noi siamo sempre in due!
Con una mossa da maestro disarmò il pirata, che si vide letteralmente volare via la spada dalla mano.
Il capitano si rialzò a fatica ma sorridente, gli occhi colmi di gratitudine e di orgoglio per il suo primo ufficiale.
Watson puntò la lama contro il criminale disarmato.
-Arrenditi, James. É finita!-gli intimò.
Ma quest'ultimo sollevò le labbra in un ennesimo ghigno carico di perfidia.
-Non credo proprio...-disse. Rapidissimo, lo colpì con lo stesso violento calcio inferto a Sherlock poco prima. Questo, unito al dolore causato dal pugnale, fu troppo da sopportare per il biondo, che crollò sulle ginocchia urlando.
-JOHN!!
Il capitano corse subito al suo fianco, mentre James, approfittando della loro momentanea distrazione, recuperava di nuovo la sua spada: ma stranamente non li attaccò.
-Mi avete annoiato-li apostrofò infatti, sprezzante.-A mai più rivederci. E ringraziate che io vi lasci vivere! La prossima volta non riceverete altrettanta clemenza!
Detto ciò corse rapido nella buia galleria da cui era arrivato, sparendo pressoché all'istante, quasi come se l'oscurità stessa l'avesse inghiottito.
Watson gemette, colto da un capogiro: sarebbe certamente caduto del tutto a terra se il suo capitano non si fosse affrettato a passargli un braccio intorno alla vita, reggendolo.
-John! John, stai bene??-gli domandò subito, preoccupato, facendogli passare un braccio intorno al collo, aiutandolo così ad alzarsi.
-Una meraviglia...-replicò lui, ironico nonostante tutto, stringendo i denti. -Se non consideriamo il pugnale che mi sta trapassando la spalla, si intende...
Sherlock ridacchiò piano, inarcando un sopracciglio.
-... Da quando sei così sarcastico?
-Sai... Chi va con lo zoppo...
Era normale che entrambi ridacchiassero, mentre John si appoggiava alla spalla del suo capitano, con una profonda ferita che sanguinava copiosamente?
Forse no. Forse erano due folli.
Ma era proprio per questo che la loro amicizia era così unica.
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Avevano fatto pochi passi verso l'uscita quando Mary arrivò correndo verso di loro, uscendo da una delle gallerie in cui aveva atteso sino a quel momento. Al vedere John ridotto a quel modo, impallidì: ma si ricompose subito e si precipitò a sorreggerlo insieme a Sherlock, fino ad uscire dalla grotta.
-Capitano... Moriarty... sta...-mormorò John, sofferente.
-Lo so-annuì lui con aria grave.-Lo fermerò.
-No!! Vengo con te!!
-Non pensarci neanche. Stai a malapena in piedi. E poi... so dove sta andando. E conosco una scorciatoia. Mi rallenteresti.
-Ma io pos...!
La sua protesta fu inghiottita dall'ennesimo gemito che gli sfuggì dalle labbra, mentre Sherlock e Mary lo adagiavano insieme sull'erba, con delicatezza, appoggiandolo poi di schiena ad un albero.
-Occupati di lui- raccomandò il capitano alla ragazza.-Trova un modo per...
-... Frenare l'emorragia, lo so-lo anticipò lei.
Sherlock ammutolì, sorpreso suo malgrado.
-Mia madre era infermiera in un convento-spiegò Mary sorridendo.
Il corvino, dopo l'iniziale stupore, ricambiò quel sorriso.
Sembra intelligente.
Mi piace.
-Devo andare-fece poi però, tornando serio e risoluto, rivolto sempre a Mary e gettando poi un'occhiata preoccupata all'amico: questi, infatti, aveva chiuso gli occhi. Non pareva aver perso i sensi; anche se, di tanto in tanto, emetteva ancora dei leggeri gemiti.-Non aspettatemi. Appena John sarà in grado di camminare tornate subito alla Perla. Vi raggiungerò.
Lei annuì, sedendosi poi al fianco del biondo, stringendogli appena la mano. I suoi occhi erano ancora chiusi.
Sherlock dopo un'ultima occhiata a entrambi girò la schiena, dirigendosi nuovamente verso la grotta, la giacca che si gonfiava dietro di lui come fosse una sorta di mantello: ma la voce improvvisa del suo primo ufficiale lo trattenne.
-Sherlock!
Si voltò: l'amico aveva appena sollevato la testa e lo guardava con preoccupazione.
-Sta' attento. Per favore-lo pregò: anche la sua voce esprimeva quel medesimo sentimento.
Il suo capitano però gli sorrise rassicurante.
-Contaci-gli promise, sempre con un lieve sorriso a increspargli le labbra. John finalmente parve rincuorato e gli sorrise a sua volta.
Ma quando gli dette nuovamente la schiena e riprese a correre l'espressione di Sherlock ritornò cupa.
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-Non ti facevo così prevedibile, James...
Moriarty, in procinto di salire su una scialuppa, si voltò di scatto: Sherlock Holmes avanzava verso di lui, un'espressione sardonica in volto.
-Come hai...??... Ma certo... La scorciatoia... la grotta a est...-realizzò quasi subito il pirata, irritato.
-Che ne dici di arrenderti, così non sarò costretto ad ucciderti? E lo sai che lo farò-continuò il capitano, serafico, come se lui e James stessero tranquillamente sorseggiando il tè in un salotto.
Moriarty gli rivolse un sorriso carico di disprezzo.
-Non ci contare, Sherl. Gelerà l'inferno prima che io mi arrenda. O che tu mi sconfigga.
-Sarà meglio che ti porti una coperta allora, perché é proprio lí che sto per spedirti- ribattè Sherlock con durezza: ed estrasse la spada, pronto allo scontro.
-Prima devi prendermi, mio caro. Accetterai la sfida, stavolta? O non avrai abbastanza fegato, come allora?-replicò però James, sprezzante.
Prima che Holmes potesse ribattere James si era già lanciato in una corsa forsennata verso un punto specifico dell'isola.
Sherlock, dopo il primo istante di sconcerto, capì dove si era diretto.
La Punta del Diavolo.
Ma certo...
Molti anni prima, Moriarty l'aveva sfidato ad arrampicarsi su quelle ripide rocce: Sherlock si era rifiutato.
L'aveva trovava una sfida ridicola e priva di un senso logico.
Per James all'epoca era stata solo una sorta di bravata, ma anche un modo per dimostrare il proprio coraggio e superiorità.
Ora la posta in gioco era molto più alta.
Sherlock rinfoderò la spada e si lanciò dietro di lui, in volto un'espressione ancor più determinata.
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Mary si strappò un lembo della gonna del suo lungo abito celeste, chinandosi poi con cautela verso il ferito.
-Ehm... John... potrebbe farti male...-lo avvertì timidamente, dispiaciuta, stringendo l'impugnatura del pugnale ancora conficcato nella sua spalla.-Conto fino a tre, va bene?
Lui prese un respiro profondo, poi strinse le labbra, e annuí.
-Uno...
Mary estrasse il pugnale dalla sua spalla con un solo e repentino colpo secco, portando il biondo a lanciare un grido di dolore misto a rabbia.
-... Avrei dovuto saperlo-borbottò tra i denti, mentre lei appoggiava l'arma sull'erba.-Proprio come quando mi hai tolto quella scheggia di vetro dal piede quando avevamo otto anni...
Mary si ritrovò a sorridere mentre gli annodava il pezzo di stoffa di fortuna intorno alla spalla, per poi premerla con forza.
-... Te lo ricordi ancora?
-Se mi ricordo??-replicò John, incredulo.-Tutto il porto avrà sentito le mie urla!
Risero entrambi, mentre lei seguitava a premere sulle ferita. Il biondo respirò affannosamente, mentre una fitta lo attraversava.
-Hai decifrato il mio codice... quando ho sbattuto le palpebre...-aggiunse, stringendo ancor più le labbra, gli occhi chiusi.-È stato un azzardo. Non ero sicuro che te lo ricordassi.
-Ma certo che lo ricordavo!-esclamò la ragazza sorridendo.-Quante volte l'abbiamo usato durante quelle noiose cene?
Risero nuovamente, preda dei ricordi, mentre lei strappava un altro pezzo di stoffa e glielo legava strettamente ma non troppo, creando una sorta di fasciatura improvvisata. John tirò un lento respiro, mentre sentiva il dolore attenuarsi, anche se a malapena: almeno non sarebbe morto dissanguato finché non fossero tornati sulla Perla.
Mentre Mary legava la stoffa in un nodo, si sporse maggiormente su di lui. Fu allora che il biondo vide qualcosa che gli fece battere il cuore all'impazzata.
-Ce l'hai ancora...-sussurrò incredulo: dal collo della donna infatti, fino a poco prima celato dal colletto del vestito, pendeva un consumato cuoricino di corteccia intagliata.
La catenina che lo legava era d'oro, ma il ciondolo era esattamente quello da lui intagliato tanto tempo prima.
Mary arrossí e istintivamente lo nascose di nuovo nella scollatura dell'abito.
-Già... sciocco, vero?-rispose, con una leggera risata imbarazzata.-Come se quella promessa fosse mai stata...
Ma si interruppe, perché John aveva aperto il colletto della sua camicia, mostrandole la medaglietta col suo nome, con un leggero sorriso timido.
La donna si portò una mano alla bocca, trattenendo a stento l'emozione.
-Per me é ancora valida-mormorò lui, con voce dolce e roca, ma anche incerta.- ... E per te?
Mary per tutta risposta sorrise e si chinò, posandogli un dolce e delicato bacio sulle labbra: gli occhi sul suo viso splendevano come stelle. Aveva lo stesso sguardo di quando era una ragazzina: lo stesso che lui aveva imparato ad amare.
-Lo prendo come un sì...-mormorò nuovamente, sorridendole e ricambiando con passione, dimentico, per qualche istante, di qualsiasi cosa che non fossero loro due.
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-Mary... devo andare.
John si appoggiò al braccio della donna e si alzò, emettendo un gemito.
-Sei sicuro di farcela? E la tua ferita??-chiese lei, guardandolo preoccupata.-Sherlock ci aveva chiesto di...!
-Ce la farò. Devo farcela-replicò però lui, determinato.-Il mio capitano ha bisogno di me. Non che lo ammetterà mai certo...-aggiunse, con un piccolo sorriso divertito.
Mary seppur preoccupata annuí: ma lo trattenne ancora un momento, sfiorandogli il braccio.
-Sii prudente-gli raccomandò.-Ti aspetterò qui.
John, dopo averla rapidamente baciata un'ultima volta, si girò e iniziò a correre nella direzione presa dal Sherlock, nonostante la spalla pulsasse dolorosamente.
Arrivato a un certo punto però si fermò guardandosi intorno, incerto sulla direzione da prendere.
Dove saranno andati??
Ma poi lo sguardo gli cadde sulla scogliera e comprese.
Ma certo...
La Punta...
Persino lui aveva sentito parlare delle numerose leggende che giravano intorno a quel luogo.
Cominciò a inerpicarsi per il sentiero, che diventava sempre più impervio e pericoloso man mano che ci si avvicinava allo strapiombo; una goccia di sudore freddo scivolò lungo la sua tempia mentre gettava un'occhiata sotto di sé, dove acque turbinose si infrangevano contro gli scogli: mettere solamente un piede in fallo avrebbe significato cadere verso morte certa.
In quella, cominciò a piovere, e pesanti gocce di pioggia presero a colpirgli il volto: ora procedere sarebbe stato ancora più difficile.
Gli sfuggì uno sbuffo carico di insofferenza.
Perfetto. Davvero perfetto.
Strinse i denti e continuò comunque ad avanzare, a tratti arrancando ma imperterrito, senza fermarsi, un passo dopo l'altro.
Un passo dopo l'altro.
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-... Allora stavolta hai tirato fuori un po' di fegato, eh?
Sherlock aveva appena faticosamente raggiunto la sommità della scogliera e venne accolto dalle sprezzanti parole del suo ex primo ufficiale, appoggiato ad una roccia, le braccia incrociate sul petto in una posa quasi beffarda.
La tempesta era infine giunta e la pioggia e il vento avevano cominciato ad abbattersi con violenza su entrambi: ma la furia degli elementi era un nulla, paragonata al loro reciproco odio.
-Solo uno di noi scenderà vivo da questa rupe!-affermò Sherlock con voce gelida.
Un ghigno si dipinse sulle labbra di Moriarty.
-Non chiedo di meglio.
Estrasse la sua lama.
L'altro fece lo stesso.
Iniziarono a studiarsi reciprocamente, girandosi intorno a pochi passi di distanza, creando cosí un cerchio immaginario su quella piccola porzione di scogliera: come due leoni che aspettano solo il momento giusto per partire all'attacco e saltare alla gola dell'avversario.
D'improvviso Moriarty tentò un violento fendente verso destra, che venne però subito intercettato dalla spada di Sherlock.
E fu così che il duello cominciò, mentre la pioggia batteva sui loro volti e l'oscurità li avvolgeva.
Solo le loro spade brillavano appena sotto quel cielo piovoso senza luna nè stelle.
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John sentiva sempre più vicino il clangore delle spade.
Avanzò ancora.
Ci sono quasi...
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Lama contro lama.
Acciaio contro acciaio.
Fendente contro fendente.
Il loro duello sembrava non avere mai fine, scandito solo dal battere continuo della pioggia.
L'abilità di Moriarty pareva essersi perfezionata, nel corso di quegli ultimi anni. Sherlock non era da meno ma iniziava a dare segni di sfinimento, dovuto anche al combattimento di poco prima.
Senza avvedersene entrambi erano arrivati a duellare proprio al margine dello strapiombo. Sherlock con una mossa disperata -volta soprattutto ad allontanarsi il più possibile dal ciglio del burrone-tentó un affondo allo stomaco.
Miracolosamente il colpo non venne parato in tempo da James.
Un colpo mortale.
Moriarty boccheggiò incredulo e fece cadere la spada, mentre il sangue si allargava, scuro sulla sua veste scura: Sherlock fece un cauto passo avanti, e lui gli si accasciò tra le braccia.
Per qualche strano e inspiegabile motivo il corvino provò un vago senso di tristezza mentre lo sorreggeva, ricordando ciò che una volta James era stato per lui. Per quanto lo odiasse, una piccola parte di lui non avrebbe voluto arrivare ad ucciderlo.
-Non ci posso credere... l'hai fatto...-mormorò Moriarty d'improvviso con voce flebile, così diversa da quella dura e sprezzante che conosceva.-Ma non ti servirà a niente...
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John arrivò proprio in quel momento a pochi passi dalla sommità e i suoi occhi si spalancarono per il terrore alla vista dei due impegnati in quel duello all'ultimo sangue proprio a pochi passi dal precipizio.
Corse all'impazzata, stringendo i denti per il dolore alla spalla e percorrendo il tragitto in salita che ancora gli restava, la spada già sguainata.
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-... Perché tu verrai con me!
Con le sue ultime forze, Moriarty estrasse dalla giacca un pugnale, conficcandolo nel cuore di Sherlock Holmes, che sgranò gli occhi.
-Dimmi, Sherl... tu ce l'hai un cuore?-ghignò James, affondando il pugnale sempre più in profondità, i suoi occhi neri fissi in quelli cerulei di Sherlock: il ghiaccio incontrava l'oscurità.-Avanti... finiamola come abbiamo cominciato... insieme!
Si diede poi una spinta con tutte le sue residue forze, stringendo Sherlock per la vita e trascinandolo giù dalla rupe insieme a lui.
I due uomini caddero così dalla Punta del Diavolo, dritti in acqua, stretti in un abbraccio mortale.
Sotto gli occhi di John Watson.
-NOOOOO!!! SHERLOOOOCK!!!!
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Si dice che alle tante leggende sulla Punta del Diavolo se ne sia aggiunta un'altra. È molto breve in verità. E narra di una sola cosa.
Di un urlo.
Un urlo così colmo di angoscia, dolore e disperazione, che mai nessuno ne abbia sentito di eguale. Basta solo udirlo perché le lacrime comincino a scendere finanche sul volto dei più insensibili.
Nessuno sa chi, o cosa, o il motivo per cui lo produsse. Almeno, non precisamente.
Dicono però che sia ancora possibile udirlo nelle notti di pioggia e senza luna, come se fosse stato intrappolato nell'aria stessa intorno a quello strapiombo e destinato a ripetersi solo in quelle occasioni per l'eternità.
Ebbene, per altri è una leggenda. Per noi no.
Perché noi sappiamo.
Noi sappiamo che fu un pirata di nome John Watson a emetterlo, per poi cadere a terra, singhiozzando, gli occhi colmi di lacrime che si confondevano con la pioggia.
Perché aveva visto cadere e morire il suo capitano.
No.
Perché aveva visto cadere e morire il suo migliore amico.
Sherlock Holmes.
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