Arruolamenti e intrusioni
Nonostante John glielo domandasse più volte durante tutto il tragitto, Sherlock si ostinó a non rivelargli chi fosse la persona che dovevano incontrare. "É un mio vecchio amico. E mi deve un favore.", fu tutto quello che riuscì a cavargli di bocca .
Percorsero con passo rapido le strade di Tortuga, fino a giungere al porto, dove si sarebbe fatto trovare il misterioso "amico". Una volta arrivati, John si guardò intorno, ma non c'era nessuno; il porto era deserto, fatta eccezione per un mucchio di stracci abbandonato in un angolo, nei pressi di una cassa.
Sherlock, però, si avvicinò proprio a quest'ultimo, dandogli un colpetto col piede non proprio delicato.
Con grande stupore di John, il mucchio diede improvvisamente segni di vita, mugolando.
-... Hey, Shezza... un po' di educazione magari, eh??
Il biondo aggrottò la fronte, sempre più confuso: chi diavolo era Shezza??
-Capitan Sherlock Holmes per te, Henry!-lo redarguí Sherlock, mentre il misterioso individuo finalmente si palesava, emergendo da sotto il mucchio. Era un ragazzo all'incirca sui vent'anni: ma ne dimostrava di più, con i suoi occhi castani spiritati, i capelli neri aggrovigliati e la barbetta ispida e poco curata che gli copriva il mento. Aveva già visto quell'espressione... quello sguardo vacuo...
Fumatore d'oppio...
Trattenne un sospiro: ecco spiegato il motivo per cui Sherlock non aveva voluto parlarne prima che lo incontrassero.
-Shezza??-si voltò però verso il capitano, sconcertato da quel nome.
-É stato tanto tempo fa...-replicò lui, facendo un vago gesto con la mano, mentre Henry si alzava a fatica da terra, e strizzava gli occhi, come se fosse stordito e cercasse di metterli a fuoco.
-Ancora con quella roba, eh, Henry?-lo rimproverò Sherlock, stringendo le labbra con disapprovazione.- Tuo padre lo sa?
-Già... No, non lo sa... e non fare tanto il santarellino, Shezza. -Il ragazzo ripeté volutamente il nome con aria di sfida, guardandolo dritto in faccia, e con una familiarità che denotava una conoscenza di lunga data.-Scommetto che ti manca... Quando provi una volta, non puoi più smettere...
John cominciò a innervosirsi: ci mancava solo che quel ragazzetto riconducesse il suo capitano in quell'inferno, dopo tutta la fatica che aveva fatto per tirarlo fuori...
-Ti sbagli-sentí invece Sherlock replicare senza alcuna esitazione, con sua grande sopresa.-Io ho smesso.
-Davvero??-replicò l'altro, chiaramente incredulo e quasi sarcastico.-E come? Ti hanno per caso chiuso in una cella? O legato da qualche parte? Altrimenti non ce l'avresti mai fatta...
-Sbagli di nuovo. Ho semplicemente trovato qualcosa per cui valga la pena di vivere. Uno scopo. Ho chiuso con quella schifezza. Dovresti trovare anche tu, qualcosa di diverso.
John non riuscì a trattenere un sorriso orgoglioso, mentre Henry sembrò sorpreso sulla sua sicurezza, tanto che non replicò subito.
-In effetti avevo sentito che avevi una tua nave... e una tua ciurma. Ma non ero certo che fosse vero.-Si grattò la testa, pensieroso, per qualche istante, per poi cambiare apparentemente discorso.-Ho l'informazione che cerchi. Ma non la darò via gratis.
-Devo forse ricordati che mi devi un favore?-Il tono di Holmes si indurí.- Ti ho tirato fuori di galera, l'hai dimenticato? E senza informare tuo padre, aggiungerei.
-No no, certo che no! E te ne sono grato, davvero! Ma, ecco... In realtà io...
Holmes sbuffò e si arrese, preparandosi ad una elevata richiesta monetaria.
-Va bene, taglia corto. Quanto vuoi, in cambio?
-Non quanto. Cosa- lo corresse però lui, cogliendolo di sorpresa.- Voglio far parte della tua ciurma.
Seguí un momento di attonito silenzio da parte del corvino e del suo primo ufficiale, entrambi spiazzati dalla richiesta.
-Non credo che tuo padre sarebbe d'accordo-gli fece infatti notare Holmes, ma senza troppa severità.
-Di certo sarebbe più felice di sapermi per mare, anche se come pirata, che non in una fumeria!-replicò il ragazzo, e stavolta il suo tono non era più arrogante: la sua pareva quasi una supplica, lo sguardo fisso su di lui, in attesa della sua risposta.
Sherlock sembrò rimuginarci sopra per parecchi istanti, anche lui con gli occhi fissi sul ragazzo, come per valutarlo. John aveva sperimentato sulla sua stessa pelle, quello sguardo.
-Va bene-concesse infine, annuendo, mentre il volto di Henry si apriva in un incredulo sorriso.-Puoi già unirti a noi. Ma devi giurarmi che non toccherai mai più quella roba. E se mai ti scoprissi a smerciarla sulla mia nave...- I suoi occhi, stavolta, si assottigliarono, minacciosi.
-Hai la mia parola!-Il ragazzo si portò una mano sul cuore, annuendo con veemenza: John vide i suoi occhi brillare, e stavolta era certo che non fosse dovuto all'oppio.
Mentre Henry pescava dal mucchio di stracci i suoi pochi averi, il capitano si accostò a John, bisbigliandogli qualcosa all'orecchio.
-Gli avrei offerto comunque un posto sulla mia nave, anche se non me l'avesse chiesto. Mi ha risparmiato la fatica. Almeno la smetterà di fumare quella roba...
Per l'ennesima volta, dopo l'iniziale stupore, il primo ufficiale si ritrovò a sorridere.
-Ora parla.-Sherlock si rivolse nuovamente al ragazzo.-Cosa hai scoperto?
Henry si avvicinò ai due, sussurrando in tono cospiratorio, sebbene non ci fosse nessuno nelle vicinanze.
-Il medaglione che cercate si trova in una villa. Proprio qui, a Tortuga.
-Che coincidenza...-commentò il primo ufficiale, sorpreso e allo stesso tempo dubbioso.
-Non esistono le coincidenze, John. Dovresti saperlo-lo corresse Sherlock, lanciandogli un'occhiata.-Sei sicuro che sia proprio quello?
-Sicurissimo. L'ho veduto coi miei stessi occhi, più o meno un mese fa. Io e un gruppo di amici ci eravamo introdotti per...-Abbassò lo sguardo, vergognoso.
-... Ho capito. Va' avanti-lo esortò Holmes, con sorprendente gentilezza.
-Era in una teca-continuò Henry, grato che non lo avesse costretto ad approfondire il discorso.-Ma era troppo riconoscibile. Piazzarlo al mercato nero sarebbe stato difficile... quindi l'abbiamo lasciato lí. Questo é l'indirizzo della villa.
Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un logoro pezzo di pergamena.
-Se posso darvi un piccolo consiglio... siate prudenti-avvertí entrambi, mentre glielo porgeva.-L'uomo che vive lí... fa paura...
Il biondo vide il suo capitano leggerlo e poi stringere le labbra, pensieroso.
-John... tu ora accompagnerai il ragazzo alla Perla. Io andrò a dare un'occhiata a questa villa-sentenziò il corvino, infine, stupendo l'amico.
-Ma... Sherlock! Non hai sentito quello che ha detto?? L'uomo che vive lì è pericoloso-gli fece infatti subito notare.-Non puoi andare da solo!
-Non farò mosse avventate-lo rassicurò il corvino con un sorriso appena accennato.-Solo un giro di perlustrazione.
-Ma...!
-John! Il mio è un ordine.-Il tono di Sherlock era diventato d'improvviso freddo e duro, così come la sua espressione, facendo quasi trasalire il biondo: che però, nondimeno, non aveva alcuna intenzione di cedere: gli restituì infatti lo sguardo. Ma dal suo traspariva soprattutto rabbia ed esasperazione: il suo capitano, a volte, riusciva a essere così dannatamente testardo, anche a costo di infilarsi in situazioni potenzialmente molto pericolose.
-Non ti permetterò di andare a ficcarti da solo in...!
-... John. Sono io il capitano. E questo è un ordine-ribadì però con forza e ancor più severità l'altro, richiamandolo di nuovo all'ordine.
I due si fronteggiarono ancora per alcuni lunghi istanti, guardandosi dritto negli occhi, mentre Henry spostava, attonito, lo sguardo dall'uno all'altro, in un silenzio carico di tensione. Finché, seppur a malincuore, il primo ufficiale dovette piegarsi; Sherlock era pur sempre il suo capitano, e a volte ciò aveva la meglio sulla loro amicizia.
-... Molto bene. Ha altri ordini per me, capitano?- sottolineò però con amaro sarcasmo il titolo.
-No, nessuno-replicò lui, pur cogliendo il suo tono.
Detto questo si voltò e, tenendo stretto in pugno il pezzo di pergamena, si diresse verso il centro della città, mentre John lo fissava con un pizzico di rabbia, ma anche una certa apprensione che non riusciva in alcun modo a scacciare.
---
Sherlock rimase sorpreso, di fronte alla palese opulenza e imponenza della villa indicatagli da Henry. Era di almeno due piani, di marmo grigio e circondata da un ampio giardino.
Non si sarebbe aspettato di vedere una sì ricca magione proprio a Tortuga: doveva essere uno dei bersagli favoriti dai pirati per la rapina e il saccheggio, nonostante l'alta e spessa siepe che girava intorno ad essa. Però non scorse neppure guardie, neppure di fronte al cancello di ferro nero. A meno che non vi fossero altri sistemi di difesa di cui ancora non si era accorto... Anche se non scorse guardie di alcuna sorta. Oppure, la nomea del suo proprietario era tale da tenere alla larga i potenziali intrusi: la paura di Henry nei suoi confronti, seppur solo accennata, era trasparita forte e chiara dalle sue parole e dal suo sguardo.
Era ormai notte inoltrata, e la magione era buia, e immersa nel silenzio. Capitan Holmes la costeggiò tutta, circospetto, alla ricerca di un possibile punto di accesso che, però, non riuscì a trovare: la siepe che la circondava era, come già aveva avuto modo di notare, particolarmente alta e fitta, impossibile da varcare senza metterci troppo e attirare così l'attenzione. Stessa cosa scalarla.
Gli sfuggì una smorfia di disappunto.
A prima vista, sembra impenetrabile...
Ma, proprio in quel momento, giunse fino a un gigantesco albero dal tronco spesso e nodoso che, con le sue fronde, dava proprio su una delle finestre della tenuta.
Sorrise trionfante.
O forse no...
Dimentico di quello che aveva detto a John sul non fare mosse avventate, e con un'abilità che avrebbe fatto invidia ad un qualsiasi acrobata professionista, si arrampicò sul tronco con agilità felina, per poi calarsi silenzioso nella stanza, attraverso la finestra che, con suo grande stupore, era aperta: si era aspettato quantomeno di dover rompere il vetro...
Col passo più leggero possibile, iniziò a girare per le stanze: la dimora sembrava essere addirittura disabitata, non c'era neppure la servitù. Qualcosa non gli tornava.
Non capisco... È stato troppo facile...
Entrò in una stanza riccamente arredata, dove erano esposti, su vari scaffali e teche, diversi gioielli e ceramiche di notevole valore.
Una collezione privata.
E proprio lí, in bella vista-in una delle teche, proprio come aveva detto Henry- il medaglione, posato su un cuscino di velluto blu. Di oro puro, con inciso un teschio contornato da strani simboli... Aztechi, forse. Non doveva far altro che rompere il vetro e prenderlo; ma un piccolo tarlo si agitava ancora nella sua mente: stava andando tutto troppo liscio, senza alcun intoppo.
É stato troppo facile... davvero troppo. Qualcosa non quadra...
Era come se qualcuno avesse voluto farlo arrivare sino a lì.
Non aveva ancora smesso di pensarlo, che intravvide, con la coda dell'occhio, un'ombra. Ma, disgraziatamente, era troppo tardi.
Prima che potesse anche solo voltarsi, infatti, gli arrivò un forte colpo sulla tempia.
Poi, il buio.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro