Chapter 13
James' POV
8 ottobre, domenica: giorno della perquisizione dell'Università, il che vuol dire dare una lezione ai cagnolini del Signor Trinket.
Quanto vorrei che un nemico si potesse eliminare in una manciata di secondi.
Peccato che siano furbi e hanno le loro armi e quindi richiede molto più tempo per annientarli.
A questo povero disgraziato, Trinket, gli stiamo dando la caccia da più o meno sette anni, ma noto che non si fa prendere facilmente.
Ed io mi chiedo: come ci riesce?
Insomma, come fa ad essere così ingegnoso e furbo da non farsi catturare?
Trinket è come un topolino, è veloce e ha sempre qualche posto in cui rifugiarsi.
Come tutte le spie, le povere teste di rapa come lui hanno una torre di controllo per appunto controllare tutte le strade della città ed intervenire in caso di emergenza.
Vi starete sicuramente chiedendo: James, ma anche tu hai una torre di controllo, come puoi non sapere dov'è la sua?
Semplice, non si da dov'è.
Noi spie o gente furba come quell'essere non lo gridiamo a tutto il mondo dov'è posizionato, non siamo mica stupidi.
E poi è una faccenda tra agenti segreti, quindi nessuno lo sa, nemmeno l'ufficio postale della città.
Infatti ci facciamo mandare i pacchi o gli articoli in generale nelle nostre case.
Pensandoci su, potrei chiedere alla polizia la localizzazione della sua torre, basta solo riferire il nome.
Potrei anche cercare queste informazioni dal computer, ma è più vecchio della prima scoperta del fuoco.
Io che sono una spia, dovrei avere oggetti ad alta tecnologia, ma sono una di quelle persone che non butta via mai niente.
Però pensando ai tapis roulant ed il computer, sto avendo qualche ripensamento.
Faccio scivolare la tazza del caffè nel lavandino e decido di entrare nella camera di Sophia per svegliarla.
Sono le 6:30 e dorme sul mio letto, russando peggio di un motorino che non parte più.
Cos'avrà fatto di così stancante durante la notte?
Sono indeciso se svegliarla o farle uno scherzo, ma preferisco la prima opzione; non vorrei sentire le sue urla strazianti peggio di una ragazza posseduta dal demonio alle 6.30 del mattino.
"Sophia, alzati." dico mentre la scrollo.
Non risponde.
Riprovo, ma stavolta alzo di più il tono della voce.
"Sophia, alzati."
Niente, sembra morta sul letto, facendo caso alla bocca semi aperta e russa ancora più forte di prima.
Ma è un essere umano o un animale?
Ho la brillante idea di prendere il cuscino accanto a lei e colpirla sul viso, nella speranza che si svegli sul serio.
Afferro il cuscino e glielo sbatto in faccia una, due, tre volte.
Alla quarta, ricevo uno schiaffo sulla guancia sinistra facendo ruotare la mia testa di novanta gradi a est.
Mi lamento del dolore e finalmente Sophia apre gli occhi.
Oh bene, io cerco di svegliarla e questo è il mio ringraziamento.
"Cosa è successo?" dice Sophia mentre è in uno stato di dormiveglia.
"Mi hai appena tirato uno schiaffo." dico toccandomi la guancia ormai diventata rossa e gonfia.
"Oh davvero?" dice mentre si alza con il busto, ancora intontita. "Scusa, è stato involontario. Stavo sognando."
"Bene, allora smetti di sognare e vai a cambiarti, dobbiamo essere veloci oggi."
Di scatto, si alza dal letto e mi trascina fuori dalla mia camera.
Giusto, lei è una ragazza e deve avere la sua privacy.
Non posso vederla con l'intimo addosso.
Oltretutto nella mia camera.
Intanto vado nella camera degli ospiti e indosso una camicia bianca, pantaloni neri attillati e avvolgo le mie braccia nella giacca nera anch'esso un po' attillata.
Aspetto che Sophia esca viva dalla mia camera, visto che si sta preparando più o meno da venti minuti.
Finalmente esce e ci dirigiamo subito nella mia macchina.
"Perché voi donne ci mettete così tanto a vestirvi?"
"Perché dobbiamo essere belle in qualsiasi momento." dice mentre indossa gli occhiali dalle lenti scure. Servono in un certo senso per non farci riconoscere, ma alla fine non serve a nulla.
"Beh, noi uomini siamo meravigliosi appena ci alziamo dal letto." dico ironicamente accennando anche un sorriso.
"Disse il ragazzo dai capelli spettinati."
Per un momento fisso lo specchietto retrovisore e cerco di sistemarmi i capelli.
Accendo il motore della macchina e poi mi volto verso Sophia.
"Tu mi fai perdere solo tempo."
Stiamo andando più velocemente di quanto non dovremmo in autostrada, ma quando c'è in gioco la vita degli studenti e dei professori, vorresti anche volare su nel cielo per essere sempre più veloce.
Io e Sophia come al solito non parliamo e questo mi mette, non sapendo nemmeno il motivo, in imbarazzo.
Arriviamo nel giro di venti minuti davanti all'edificio.
Scendiamo subito dalla macchina e ci dirigiamo verso l'entrata.
Camminiamo lentamente e senza far rumore lungo il corridoio che porta alla prima aula ed osservo che le luci sono accese.
Strano, è domenica e non c'è nessuno. Un momento, vuol dire che sono già arrivati.
Ad un tratto sento dei passi che avanzano, ma non riesco a riconoscere la figura.
Preso dal panico, mi giro verso Sophia e la prendo dalle spalle.
"Nasconditi lì, stanno arrivando." dico bisbigliando.
"Ma io.."
"Niente ma. Ti ho detto che è pericoloso. Lo faccio per te." dico alternandomi.
Non risponde.
Corre veloce dietro l'angolo di un muro che porta ad un altro corridoio.
La figura che prima non ho riconosciuto, ora lo vedo: è Tom.
E non è solo, è con i suoi amichetti di gioco.
Ogni volta che vedo quell'essere spregievole, mi viene solo il disgusto.
Come può essere stato il ragazzo di Sophia, quando è solo una persona crudele ed ingrata?
Più ripenso a quella scena in cui Sophia si è messa in ridicolo facendo quasi saltare la copertura, più mi viene la voglia di rinfacciarle di quanto è stupida.
Ma ora non voglio pensarlo, voglio solo conciarlo per bene.
Non so nemmeno se lo sto facendo per me, per la S.S.C. o per lei.
"Bene, bene, bene. Guarda un pò chi si rivede." dice Tom con aria maliziosa.
"Tom, che sorpresa. Credevo venisse tuo padre."
"Impegnato."
"A farsela sotto?" dico ironicamente.
"Di certo non da un bambino come te." dice controbattendo.
"Oh ma falla finita. Ed ora pensiamo a noi."
Ad un tratto avanza il passo verso di me cercando di scagliarmi un pugno, ma fortunatamente ho i riflessi pronti e quindi gli cingo il polso.
Grugnisce dal dolore per qualche secondo quando poi lo gli giro completamente il braccio, facendo ruotare anche il suo corpo e cade per terra.
Tom non molla, si alza da terra e sferra pugni a destra e a manca evitando sempre il mio viso.
Stanco dei suoi attacchi da bambino di dieci anni, lo prendo dal busto e ripeto la stessa azione di prima.
Caduto a terra, si tira indietro poi si alza.
Da delle pacche alla sua camicia per togliere la polvere e poi inizia a dare un ordine.
"Pensateci voi."
Mi ritrovo in un cerchio di dieci persone intorno a me.
Non so per quale motivo, ma mi sento un pò a disagio.
Sarà perché siamo dieci contro uno e non so davvero come liberarmi di loro, ma so per certo che non devo mollare.
Tre di loro avanzano con dei bastoni di metallo in mano e l'unica cosa che posso fare e proteggermi il viso.
Fa davvero male la botta che ricevo, ma poi riesco a fermare solo i bastoni laterali.
L'uomo che si trova al centro sta per colpirmi, ma prima che possa farlo, gli do un calcio negli stinchi ed una volta piegato, gli do una ginocchiata dritto sull'addome facendolo poi accovacciare per terra.
Riesco poi ad afferrare i due bastoni laterali e colpirli anche loro sull'addome.
I due eseguono dei piccoli passi all'indietro sbattendo poi sugli armadietti.
Da dietro sento dei passi che avanzano verso di me e quando mi giro di scatto, noto che l'uomo aveva un coltellino.
Fortunatamente riesco a respingere la sua mano, ma cadiamo entrambi per terra.
Punta il coltello sulla mia gola, ma io cedendo poi le forze sulle mani, do un calcio con entrambi i piedi sul suo petto, facendolo balzare in alto e facendolo anche rotolare per terra.
Me ne rimangono sei, ma i primi quattro se ne vanno a gambe levate, cosa molto strana, e gli altri due tengono in mano un boomerang robotico che se ti sfiora soltanto, rischi di esplodere insieme all'oggetto. Non ho vie di scampo: dietro ho l'armadietto e ai miei lati ho questi due che sono pronti ad attaccare.
Mentre lanciano il boomerang, ho trovato il modo per sfuggire all'attacco.
Eseguo un salto mortale all'indietro e i boomerang vanno contro gli armadietti, espodendo insieme agli uomini.
Torno in superficie e mi guardo intorno.
Sophia dovrebbe aver spiato ogni singolo minuto, soprattutto perché ha sentito la voce del suo ex.
D'un tratto mi trovo davanti Tom con una pistola in mano puntata sul mio addome.
"Hai finito, James."
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