9
La mattina seguente Karen si presentò in corridoio sbattendo senza sosta e con estrema veemenza una campana, avendo come unica intenzione lo scopo trascinarci giù dal letto.
Cosa c'era di peggio di un risveglio traumatico? Un risveglio traumatico, ovviamente, pensai appoggiata allo stipite della porta.
Ancora assonnata e con poco entusiasmo, mi ritrovai in sala da pranzo insieme agli altri in attesa che ci raggiungesse anche lei. Nel trambusto generale di chi non aveva voglia di cucinare, trascinai Karen con me obbligandola ad aiutarmi. Tra pancake bruciacchiati e uova strapazzate eravamo riuscite a mettere da parte poco più di tre piatti.
«Abbassa la fiamma, altrimenti finirai per far incendiare l'intera casa.» ammiccò Logan, spegnendo direttamente l'interruttore del gas.
Sbuffai non appena si avvicinò per togliermi dalle mani la scodella bollente, poi la depositò nel lavabo. «Sei sicuro di riuscire a fare di meglio?» domandai confusa.
Sentii Karen sghignazzare, si sedette su uno sgabello e si preparo' ad assistere a quel battibecco appena nato.
Logan mi lanciò un'occhiata furtiva e scoppiò a ridere. «Mi stai per caso sfidando?» chiese sicuro di sé.
Alzai gli occhi al cielo. «Pensala come vuoi, ma non sembra che tu stia facendo un ottimo lavoro.» enunciai decisa, allontanandomi dall'enorme fiammata che si era venuta a creare.
Il modo in cui si muoveva e la prontezza nel gestire più di una postazione, pareva però rivelare il contrario. Sembrava essere nato per stare in cucina e il fatto che si divertisse in quello che faceva diceva tutto su di lui e tanto su di me: a cucinare ero proprio una frana. «Sei sempre così esibizionista?» lo punzecchiai, appoggiando i gomiti sul bancone dell'isola.
Mi rivolse uno sguardo che mi fece rabbrividire, ma che al tempo stesso non fui in grado di decifrare. Il modo in cui puntava le sue meravigliose iridi su di me, mi fece dimenticare per un attimo il motivo per il quale non mi rapportavo più con gli uomini. La sua compagnia era diventata per me lenitiva, Logan riusciva a farmi sentire libera e leggera, priva di qualsiasi macchia o vergogna.
«Hai fatto centro», aggiunse Karen di rimando.
«Sono tante cose, man non un esibizionista.» intervenne lui.
«Oh, davvero?» chiesi, rincarando la dose di stronzaggine.
Non ebbi neanche il tempo di godermi la sua espressione, che, il sorriso che avevo stampato in volto si trasformò in una smorfia di disgusto. La sottile fetta di pancake che mi aveva lanciato, mi passò dal viso alle gambe, per poi cadere rovinosamente per terra. Le risate incontrollate e, per nulla soffocate, di Logan e Karen dichiararono l'inizio di una guerra aperta dalla quale non mi sarei ritirata facilmente.
«Posso mostrarti molto di più», aggiunse infine facendomi l'occhiolino.
I forti schiamazzi fecero sopraggiungere il resto dei ragazzi e mi costrinsero ad un misero e momentaneo dietrofront.
Finimmo la colazione nel giro di una decina di minuti, arco di tempo durante il quale nessuno osò dire una parola, impegnati come eravamo ad abbuffarci. Prima che il resto del gruppo si dileguasse, Karen si alzò dalla sedia facendo un gran casino. «Ehi folks, se non vi dispiace ho già organizzato la giornata di oggi. Andremo al Delta Force Paintball Reading.» disse con un luccichio negli occhi.
Contrariamente alle mie aspettative, i ragazzi scoppiarono in un boato incontrollato che mi ricordava molto quello a cui ero abituata ad unirmi quando andavo nello stadio di Durham. Eravamo tutti su di giri, perfettamente consapevoli che quella gara avrebbe dato vita ad una pura rivalità che in quel gruppo covava già da un bel po'.
Tra battibecchi e sfuriate, alla fine decidemmo di affidarci al destino per la formulazione delle due squadre: quella blu formata da Logan, Tyson, Margot e Tamara, e quella rossa composta da me, Gabriel, Karen, ed Henry. Con l'assenza di Lilian, che aveva preferito rimanere a casa, ci eravamo ritrovati ad essere in parità numerica, per cui sarebbe stata una sfida degna dell'ultima palla di vernice.
Dopo esserci accordati sullo scenario da scegliere, optando alla fine per il Woodsball, e aver indossato il jersey e il casco, impugnammo ognuno il proprio marker ed iniziammo a setacciare la zona alla ricerca dei componenti della squadra avversaria.
Mentre Henry e Gabriel erano occupati a coprirci le spalle, io e Karen ci avvicinammo cautamente nel territorio nemico e non appena avvistammo le due ragazze ci accasciammo per terra in modo da tenerle sott'occhio.
«Aspettavo questo giorno da tantissimo tempo.» sussurrò Karen divertita.
«Ammetto che l'idea di spegnere quel sorriso saccente sul viso di Margot non mi dispiace affatto.» aggiunsi entusiasta.
Dal rumore che creavano e dai chiacchierii che si disperdevano col vento, le nostre avversarie non si erano mostrate per nulla furbe. Nascondersi dietro un albero che le lasciava completamente scoperte, si era rivelato essere il più stupido errore che potessero commettere.
«Laggiù.» sussurrai facendole segno di avvicinarsi.
In tutta risposta lei sfoderò un sorriso malefico che mi fece quasi paura. «Togliamole di mezzo!» esclamò decisa.
Mentre Karen si era recata dal lato opposto per poter bloccare le vie d'uscita a Margot e Tamara, io mi avvicinai in punta di piedi, cercando nel modo più silenzioso possibile di non farmi notare. Non appena si accorsero di me lanciarono un grido e provarono a scappare, correndo verso la direzione opposto dove ad aspettarle trovarono Karen. Solamente quando si resero conto di essere cadute in un tranello decisero di arrendersi. Guardare la faccia inorridita di Margot mentre le lanciavo le palline di vernice mi diede una sensazione di gioia e rivincita che non riuscii a controllare.
«Vai al diavolo.» gridò istericamente, coprendosi con le mani.
Ignorai il suo brutto carattere, dopodiché seguita da Karen, mi allontanai rapidamente dal territorio dei miei avversari. La foresta in cui ci eravamo addentrate sembrava non avere alcuna via d'uscita, era come camminare all'interno di un labirinto in cui le strade apparivano tutte uguali. Proprio quando stavamo per arrenderci, vidi Tyson colpire Henry e subito imbrattare anche la schiena di Karen.
Messa alle strette incominciai a correre senza sosta, fin quando non trovai un vecchio barile arrugginito e mi nascosi al suo interno. Con il cuore che batteva ancora all'impazzata e il respiro affannoso, scorsi la testa per capire se Tyson si fosse accorto della mia presenza. Non appena incrociai il suo sguardo, uscii dalla tana per affrontarlo a viso aperto, ma quando i miei piedi toccarono terra, notai Gabriel colpirlo senza sosta, per poi raggiungermi trionfante.
«Siamo rimasti i migliori.» disse facendomi l'occhiolino.
Sorrisi soddisfatta di aver dato il mio contributo. «Manca solamente Logan.» aggiunsi facendo una smorfia.
«Corri verso la loro base e cerca di premere il bottone, io ti coprirò le spalle.» disse spingendomi in avanti.
Annuii decisa, correndo il più velocemente possibile, ma prima che potessi raggiungere la vetta, inciampai su un tronco mozzato e caddi a terra facendo un gran fracasso. Alla vista di un paio di scarponi neri rabbrividii e quando alzai lo sguardo verso l'alto vidi Logan con aria di sfida puntarmi il maker contro riempiendomi i vestiti di vernice gialla.
La sua risata mi fece automaticamente innervosire, ma quando con la coda dell'occhio notai Gabriel immobile, dietro le spalle di Logan, sogghignai, lieta di essere stata il diversivo che avrebbe decantato la sua sconfitta.
«Mi dispiace per questo colpo basso amico.» annunciò Gabriel un attimo prima di colpirlo.
«Sai che non è corretto colpire alle spalle il nemico?» chiese Logan in modo scherzoso.
Gabriel alzò gli occhi al cielo e fece spallucce.
«Ringraziate il generale Gabriel.» disse vittorioso mostrando a tutti la bandana rossa.
In tutto ciò, ero ancora stesa per terra, incapace di muovermi a furia delle troppe risate. Pochi istanti dopo, entrambi si avvicinarono verso di me porgendomi le mani in segno di aiuto, ma mi alzai e poggiai il piede destro sul suolo cacciai un urlo di dolore e mi accasciai per terra.
«Maledizione.» digrignai a denti stretti.
Chiusi gli occhi sentendomi immediatamente sopraffare dal dolore e mi massaggiai la caviglia. Nel momento in cui li riaprii vidi Logan inginocchiarsi di fronte a me, chiedendomi, quasi con timore, il permesso di potermi sfilare la scarpa. Annuii, incapace di oppormi al suo tocco, che stranamente non mi impauriva, né tantomeno infastidiva.
«Ti fa male se tocco qui?» chiese fissandomi negli occhi.
«Si.» riuscii a dire.
«Pensi possa essere rotto?» chiese Gabriel osservandolo di sottecchi.
Logan ispezionò la zona interessata, toccando diversi punti della caviglia. «No, sono convinto che si tratti solamente di una brutta slogatura che deve essere immediatamente bendata.» asserì convinto.
«Come fai ad esserne così sicuro?» chiesi confusa.
Lui aprì la bocca per rispondere, ma Gabriel lo anticipò. «Logan ha fatto volontariato per molti anni.»
Logan gli rivolse un'occhiata che non riuscii a decifrare, sembrava come se fosse infastidito da quella rivelazione che invece a me lasciò senza parole. Non avevo dubbi sul fatto che fosse un bravo ragazzo, anche se spesso i suoi modi arroganti mi portavano all'esasperazione. Immaginarlo in prima fila, a soccorrere la gente, era un'immagine che difficilmente sarei riuscita ad eliminare dalla mia mente.
«Ah» fu tutto quello che riuscii a dire.
Prima che potessi realizzare ciò che stava per succedere, mi sentii sollevare da due possenti braccia, che oltre a farmi strillare, mi fecero anche rabbrividire. Mi irrigidii per un istante prima di appoggiare la testa sul suo petto.
Il modo in cui mi teneva a sé mi ricordava molto le volte in cui mi nascondevo tra le braccia di mio padre, l'unico posto in grado di farmi sentire al sicuro.
Logan mi rispose con il volto a pochi centimetri dal mio. «Elizabeth, devi solo chiedere.»
L'orologio sul muro segnò le otto di sera e mi rifiutai di sprecare un minuto in più stesa su quel dannato letto. Subito dopo essere tornati a casa, Karen mi aveva costretta a rimanere a riposo per non sforzare la caviglia, permettendomi di alzarmi dal letto solamente in casi di estrema necessità.
Avevo trascorso l'intero pomeriggio a maledirmi per aver rovinato ai miei compagni il programma della serata e alla fine mi ero anche rassegnata all'idea di continuare a martoriarmi. Mentre aspettavo con ansia che Gabriel finisse di prepararsi, in modo da poter scendere di sotto insieme, scostai con un calcio la coperta e mi alzai. Nella confusione, i pantaloni di Gabriel e tutto quello vi era al suo interno, caddero sul pavimento. Recuperai velocemente le chiavi per rimetterle nella tasca posteriore, poi passai alla ricerca disperata della sua patente di guida.
Nel momento in cui la presi da terra e la avvicinai a me per osservarla meglio, rimasi delusa nel constatare che l'unica sfigata ad avere una foto orribile sui documenti ero io, poi lessi il resto delle informazioni:
Gabriel Wayne, nato il 23 marzo e residente a Kensington Palace Gardens, Londra, W8.
Sistemai il resto dei documenti all'interno del suo portafoglio e, quando la porta si spalancò, sorrisi. ll mio tentativo di prenderlo in giro si era rivelato pressoché inutile, Gabriel poteva essere un modello di fama mondiale, acclamato dalle migliori case di moda.
«Possiamo andare!» esclamò porgendomi la mano.
L'afferrai con decisione, ancora incapace di muovermi liberamente. Alcuni secondi dopo, il corridoio fu pervaso da mormorii e lamentele di sottofondo che ero sicura, non appartenessero a nessuno di noi due. Notando la porta della camera di Karen socchiusa, lasciai la mano di Gabriel e mi avvicinai per capire cosa stesse succedendo, ma quando sentii la voce implorante di Henry sgranai gli occhi spaventata.
«Tamara, per favore, ti chiedo di pazientare ancora un po', sai quanto mi servono quei soldi.»
Alzai la mano per far capire a Gabriel di avvicinarsi, poi mi portai l'indice sul naso per invitarlo a non fare rumore. Un attimo dopo, lui era al mio fianco. Aprì la porta quel tanto da permettere ad entrambi di vedere chi altro fosse con loro, ed ebbi l'impulso di buttarla giù non appena notai Tyson seduto sul letto con il telefono tra le mani.
«Io amo solo te, devi credermi!» diceva Henry, tenendole le mani.
«Non può essere. Non riesco a credere alle mie orecchie. Dimmi che non èvero. Dimmi che questo non sta succedendo a Karen.» sussurrai aggrappandomi con forza alla maglia di Gabriel.
«Ti avevo detto di lasciarla.» urlò Tamara furiosa.
«Lo so, lo so, ma la situazione con Douglas è degenerata. Mi ha dato altre due settimane. Sai meglio di me che sto con questa troietta solamente per spillarle i soldi, ho bisogno dei suoi contatti.» aggiunse Henry accarezzandole il viso.
Mi portai una mano sulla bocca disgustata da quelle parole e poi mi girai verso Gabriel. Il suo sguardo impenetrabile e furioso mi fece rabbrividire. Vederlo in quello stato, mi spaventava e agitava al tempo stesso. Il modo in cui serrava la mascella e il colore bianco delle sue nocche, causato dalla forza con cui stringeva i pugni, mi portarono a pensare che da lì a poco sarebbe successo qualcosa di molto, molto spiacevole.
«Cazzo ho dovuto anche scoparmela. Per un anno ho immaginato che al posto suo ci fos...»
Henry non ebbe il tempo di completare la frase che successe tutto in una frazione di secondi. La furia che tanto temevo era riuscita a prevalere sul buon senso, Gabriel aveva spalancato la porta scaraventandosi con impeto addosso ad Henry. Quest'ultimo colto alla sprovvista non riuscì a reagire, ma quando si riprese assestò con violenza diversi pugni sul volto di Gabriel.
Iniziai ad urlare per lo spavento e non appena vidi il sangue sgorgare dal suo volto, chiesi invano che qualcuno li fermasse, ma né Tyson, né tantomeno Tamara si mossero.
Passarono veramente pochi secondi quando Gabriel riuscì a riprendere il controllo della situazione, mettendosi a cavalcioni su di Henry e facendogli sbattere violentemente la testa sul pavimento. Per la seconda volta in quel giorno, lo sguardo di Gabriel mi fece paura, il fatto che non l'avessi mai visto così mi stupì. Nei suoi occhi non leggevo pentimento, ma adrenalina, eccitazione e desiderio di vendetta. Si alzò da terra emettendo un grugnito e trascinò con sé Henry, poi aspettò impaziente che si alzasse e una volta rimessosi in piedi continuò a tempestarlo di pugni.
Era agile e veloce nei movimenti, sapeva perfettamente come muoversi e come schivare i pugni di Henry che si perdevano nel vuoto.
«Gabriel basta!» urlammo io e Tamara all'unisono quando vedemmo Henry sputare sangue.
Ma non si fermò, lo spinse Henry verso il muro, poi lo afferrò per il collo per dargli una ginocchiata in pieno volto. Pensai che potesse ammazzarlo e mi avvicinai titubante nella speranza di riuscire a fermalo, ma venni interrotta da Logan che irruppe nella stanza seguito da Karen e da Lillian.
«Henry.» urlò Karen piangendo. «Gabriel così lo ucciderai.» esclamò subito dopo spaventata.
Nota autrice:
Buonasera carissim* lettor*, finalmente sono riuscita ad aggiornare. Quanti di voi si aspettavano di conoscere la vera identita di Henry? Che cosa pensate succederà? Fatemi sapere nei commenti quali sono i vostri pensieri e le vostre sensazione, e se vi va lasciate pure una stellina. ❤️
Vi abbraccio fortemente.🥰
J_Oduan
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro