8
I primi raggi del mattino che penetravano attraverso i vetri della finestra rifletterono sul mio volto una lieve e tiepida luce. Erano più o meno le undici, la sveglia non era ancora suonata, o forse non l'avevo semplicemente sentita. Malvolentieri mi alzai dal letto e aprii ritmicamente gli occhi per abituarmi all'eccessivo bagliore che aveva illuminato l'intera stanza, ma li richiusi immediatamente massaggiandomi le tempie.
Svegliarsi con un forte mal di testa, dopo aver trascorso l'intera notte sotto la pioggia, era proprio ciò che mi aspettavo avrei trovato al mio risveglio. Sfogarmi a cuore aperto, per la prima volta, era stato terapeutico oltreché liberatorio. Eppure, con mia grande sorpresa, di fronte a Gabriel non mi sentivo giudicata, né tantomeno sbagliata come in molti mi avevano spinta a credere. Le sue parole erano state come una tenera carezza sul viso e alla fine mi avevano aiutata a giungere ad una conclusione che parevo finalmente iniziare ad accettare.
Ero stata il frutto di un gioco malato a cui inconsciamente avevo preso parte, la pedina debole nelle mani di uomini contorti, squilibrati e senza pietà. Parlare dei miei problemi non era mai stato facile, parlare e confidarmi con le persone neppure. Per quanto dolorosi quei ricordi potessero essere, mi sollevava il fatto che fossi finalmente riuscita a parlarne con qualcuno.
Quando accesi il telefono, trovai cinque chiamate perse da parte di Karen e un lunghissimo messaggio di scuse da parte di Tyson. Ignorai quest'ultimo, e quando mi alzai dal letto per raggiungere il bagno, sentii la serratura della porta principale e subito dopo Karen fece il suo ingresso in camera.
«Eccoti, finalmente! Non dirmi che hai dormito per tutta la mattinata.» chiese portandosi una mano sulla fronte. «Com'è andata ieri sera? Non ti ho sentita rientrare.» aggiunse in seguito.
Mi sforzai di sorridere e guardandola dritta negli occhi dissi: «Avevi ragione tu.»
Lei sgranò gli occhi e, dopo aver sbattuto la porta alle sue spalle, si precipitò verso di me. «Cosa intendi? Ci ha per caso provato?» chiese guardandomi di sottecchi.
Spostai il peso da una gamba all'altra, il ricordo di quel bacio rubato mi aveva indubbiamente inquietata. «Ho subito messo in chiaro la situazione, mi ha baciata ed io l'ho respinto. Va tutto bene.»
Karen si portò una mano alla bocca, evidentemente sorpresa di quella confessione. «Ed io che l'ho anche invitato a passare il fine settimana con noi!» esclamò infastidita.
Si allontanò sbuffando in direzione del suo armadio e in pochi secondi riempì di vestiti la sua borsa da viaggio, poi passò rapidamente al mio e fece lo stesso.
«Stai andando da qualche parte con Henry?» chiesi incuriosita.
Mi guardò e scosse la testa. «No, tutti noi stiamo andando da qualche parte.» ripeté allargando con enfasi le braccia. Notando la mia espressione confusa, aggiunse: «Tu verrai con me, e non voglio sentire un no come risposta.»
La guardai torva e mi accasciai sul letto. «Mi è almeno concesso sapere dove mi porterai?» chiesi facendo la finta offesa.
Lei finse di pensarci su, e poi sfoderò quello che credevo fosse uno dei suoi sorrisi più fieri. «Mentre tu eri intenta a dormire, io pensavo a come organizzare il nostro fine settimana!» esclamò orgogliosa.
Alzai la mano destra e la roteai in aria per farle capire che non solo poteva continuare il discorso, ma soprattutto che stessi prestando attenzione a ciò che diceva.
«I miei genitori hanno una tenuta estiva a Reading che utilizzano per le vacanze e che attualmente è vuota. Poco fa ne ho parlato con i ragazzi e tutti hanno accolto con molto piacere l'idea di dormire lì per i prossimi tre giorni.» disse togliendomi le coperte di dosso.
«Mhmm» mugolai infastidita. «Poco fa hai detto che ci sarà anche Tyson, forse sarebbe meglio se rimanessi qui, non penso di essere pronta a parlare con lui.»
Karen strinse gli occhi a fessura, poggiando le mani sui fianchi. «Eh, no mia cara, non ti lascerò di certo da sola a crogiolarti nel tuo dolore. So già che sprecherai il tuo preziosissimo tempo a guardare una di quelle tue stupide serie tv degli anni 90'.» disse portando le borse verso la porta. «E poi, lo hai detto pure tu, va tutto bene! Quindi adesso alzati o faremo tardi, i ragazzi sono già qui sotto.»
«Ehi, cosa c'è che non va con i film degli anni 90'?» domandai risentita.
Karen mi rivolse uno sguardo disgustato, facendomi segno con la mano di sparire. Non ci giurerei, però mi parve di sentire un lieve risolino non appena mi fui allontanata.
Alzai gli occhi al cielo rassegnata e mi precipitai rapidamente in bagno. Seppur fossi titubante, tuttavia, l'idea di visitare il sud dell'Inghilterra non mi dispiaceva per niente. Uscii dalla stanza pochi minuti dopo, vestita in modo comodo e con addosso gli occhiali da vista, sperando che riuscissero in qualche modo ad alleviare il fitto dolore alla testa che provavo.
Non appena uscimmo dal campus, trovammo la macchina di Tyson ferma proprio davanti al parcheggio principale. Il fastidio che sentivo al pensiero di quello che era successo la sera prima, aumentò non appena lo vidi avvicinarsi verso di me. Ignara di come mi sentivo realmente, Karen si allontanò da me lasciandomi da sola a discutere con lui. «Beth, ti serve una mano?» chiese provando a prendere la mia borsa.
Scossi la testa e la strinsi di più a me. «Ce la faccio, grazie.»
«Ti ho mandato un messaggio», capendo che l'avessi volutamente ignorato, aggiunse: «Speravo che potessimo quantomeno parlarne, non mi piace vederti in questo modo.» continuò imperterrito.
Beh, potevi pensarci prima di poggiare le tue labbra sulle mie, pensai alzando gli occhi al cielo.
In quel preciso momento l'auto di Gabriel fece capolino dalla strada, sfrecciandomi davanti ad una velocità esageratamente lenta. Non rimasi sorpresa nel constatare che Logan fosse seduto accanto a lui, ma ciò che mi stupì maggiormente fu vederli discutere animatamente. Non appena entrambi mi rivolsero un'espressione accigliata, mi sentii mancare e il pensiero che Logan avesse scoperto tutto quello che mi era successo mi rattristò.
Il potente rumore della portiera, chiusa quasi con violenza, mi fece sobbalzare. Alzai gli occhi in direzione dell'auto che era da poco stata spenta, e quando incrociai lo sguardo preoccupato di Logan, mi resi conto che anche lui sapeva. La domanda era, di cosa fosse realmente a conoscenza?
Forzai un sorriso, notando come tutti gli altri ci stessero osservando curiosi. «Magari non davanti a loro.»
Tyson annuì facendo ricadere le braccia lungo i fianchi, poi si allontanò lasciandomi da sola a rimuginare su tutto quello che era successo nell'arco degli ultimi trenta secondi.
Come se nulla fosse, mi avviai in direzione delle due macchine, salutando il resto dei ragazzi che erano occupati a sistemare le valigie nel portabagagli, ed in quell'istante mi domandai in quale delle due macchine avrei dovuto mettere le mie. Un attimo prima che potessi formulare la mia domanda, sentii Gabriel precedermi risoluto. «Elizabeth e Karen verranno con noi.» sentenziò all'improvviso. «Henry, vieni anche tu?» chiese poi rivolgendogli uno sguardo indifferente.
Al suono di quelle parole tirai un sospiro di sollievo. Non sapevo ancora cosa fosse successo pochi minuti fa, ma l'idea di stare in macchina con loro tre era più confortevole della seconda opzione.
«Mi piacerebbe, ma preferisco andare con Tyson, lasciarlo da solo con le ragazze sarebbe come mandarlo al patibolo.» esordì scoppiando a ridere. «Chiaramente se per te non è un problema, hon.» aggiunse poi rivolgendosi a Karen.
Lei si limitò ad annuire, dopodiché prese posto nel lato del passeggero, permettendo così a Logan di sedersi nei sedili posteriori insieme a me.
«Sono ancora in tempo per scappare?» gli chiesi sbuffando sonoramente.
«Troppo tardi!» esclamò lui, subito dopo essersi rilassato. Il suo sguardo era molto cambiato rispetto a prima, e seppur volessi tanto placare la mia curiosità, scelsi di non sollevare nessun argomento che avesse potuto mettermi in imbarazzo.
Alzai frustrata gli occhi al cielo e sospirai. «Che l'incubo abbia inizio!» esclamai esasperata.
«Non essere così negativa, per favore!» disse Karen, rivolgendosi verso di me con un tono di supplica.
Le rivolsi un sorriso tirato e mi infilai le cuffie cliccando sullo schermo del mio telefono e azionando la riproduzione casuale della mia playlist preferita. Non appena mi fui sistemata, appoggiai la mano destra sulla fronte e il gomito sul finestrino lasciando ricadere alcune ciocche ribelli davanti al viso in modo da coprirlo quasi completamente. I viaggi in macchina mi rendevano estremamente serena, e il più delle volte capitava che tra una canzone e l'altra mi appisolassi, per poi riaprire gli occhi ogniqualvolta mi capitava di sbattere la testa sullo sportello metallico.
Di tanto in tanto le voci allegre e gli schiamazzi di Karen e Gabriel, superavano il suono che le mie cuffie emanavano, ma neanche in quell'occasione mi decisi ad aprire gli occhi. Mi estraniavo dal frastuono esteriore, per approdare serenamente in uno interiore, fatto di urla, e risate miste ad un pianto amaro.
Un'ora e una decina di minuti dopo sentii l'auto fermarsi e il rumore degli sportelli che venivano meccanicamente aperti e poi richiusi.
«Siamo appena arrivati dormigliona.» mormorò Logan dandomi un lieve colpetto con l'indice sulla spalla.
Sgranai gli occhi per la sorpresa, e non appena misi piede sul terreno mi stiracchiai allungando gli arti verso l'alto. «Non ti sei ancora stancata di dormire?» domandò Karen venendomi in contro.
Scrollai le spalle, dopodiché feci per recuperare la mia borsa, ma Logan mi anticipò portandosela sulle spalle per poi allontanarsi in direzione dell'entrata. «Questa sarebbe la tua casa per le vacanze?» chiesi a Karen estasiata.
Considerando quanto fosse grande, mi sentivo anche in imbarazza a definirla in quel modo, una reggia era niente in confronto a quella possente struttura.
Lei annuì e con un sorriso cordiale mi invitò a seguirla. «Abbiamo cinque camere libere, di cui una sola singola.» iniziò a dire Karen. «Tyson, preferisci dormire con Gabriel?» domandò, ma venne subito interrotta, ricevendo un segno di dissenso da parte di lui.
Lei lo guardò con aria interrogativa ma alla fine annuì. Da brava padrona di casa ci mostrò le camere, e non appena arrivò il mio turno, mi fece posare le valigie nella stessa stanza di Gabriel.
Qualche minuto dopo fummo raggiunti dal resto delle ragazze, che a differenza mia e di Karen parevano essersi portate dietro una seconda casa.
«Queste dove le mettiamo?» domandò in modo civettuolo Margot trascinando con sé due trolley.
«Presumo che tu e Logan vogliate stare insieme. Porta tutto nella stanza in fondo al corridoio a destra.» disse senza guardarla.
Le rivolsi una rapida occhiata, che lei ovviamente non mancò di notare, ma che anzi ricambiò rivolgendomi un sorriso compiaciuto, il ché confermò sempre di più la mia tesi sulle sue manie di protagonismo.
«Tamara e Lillian saranno nella camera a sinistra. Tyson tu invece sarai in quella a destra, accanto a Logan.»
«Risparmiate le urla mi raccomando.» gridò lui, rivolgendosi a Margot.
Lei lo ignorò e poi si allontanò trionfante. Immaginare ciò che quei due avrebbero fatto era scontato, e benché ne fossi a conoscenza da un po', per qualche ragione non riuscii a controllare il senso di fastidio che mi trasmetteva.
Non appena tutti si dileguarono, entrai nella mia camera, dove trovai Logan disteso su quello che per i prossimi tre giorni avrebbe dovuto essere il mio letto. In assoluto silenzio gli passai accanto e quando vidi che aveva gli occhi chiusi, presi immediatamente posto in una delle due poltrone libere. Il suo viso rilassato, privo di qualsiasi ruga e preoccupazione mi fece sorridere, non capitava tutti i giorni di vederlo così sereno ed in quel momento mi domandai se anche da bambino avesse avuto la stessa espressione.
Pochi istanti dopo mi tolsi gli occhiali ed iniziai a massaggiarmi la fronte nella speranza che quel dolore che sentivo potesse scomparire al più presto. Il silenzio che regnava nell'intera stanza mi cullò con delicatezza, fino quando non venne drasticamente interrotto da un'inconfondibile e profonda voce.
«Perché li hai tolti? Ti stanno benissimo» asserì scrutandomi da capo a piedi. «Non sapevo che indossassi gli occhiali.» aggiunse infine Logan, squadrandomi con quegli occhi famelici e irrequieti.
Un sorriso spontaneo si fece immediatamente largo sul mio viso. «Li indosso da quando avevo dieci anni.» ammisi, ignorando volutamente i complimenti inaspettati che mi aveva rivolto. «Hai idea di dove sia andato Gab..» provai a dire, ma venni subito interrotta dal rumore della porta che sbatte' sul muro.
«Gabriel, eccoti!» esclamai contenta.
Lui posò gli occhi ora su Logan, ora su di me. «Cosa fate?» chiese con un sorriso stanco.
«Stavo giusto per andarmene.» rispose Logan, alzandosi in piedi. «Ci vediamo dopo.»
Annuii, dopodiché lo vidi sparire tra la fioca luce del lungo corridoio.
«Ehi, come stai?» domandò premuroso.
«Molto meglio, va tutto bene.» sorrisi.
Lui mi rivolse uno sguardo dubbioso, poi appoggiò la schiena sulla testiera del letto. «Ti conosco abbastanza da poter dire che non va tutto bene.» Lasciò la frase in sospeso e sembrò pensarsi su. «Ti comporti così per ciò che è successo con Logan? Ti ha per caso detto qualcosa?» chiese allarmato.
Corrucciai la fronte confusa, chiedendomi a cosa si riferisse. Notando il mio silenzio, si affrettò ad aggiungere: «Non penserai mica che gli abbia rivelato il tuo segreto, vero?» domandò abbassando di molto il tono della sua voce.
Divenni paonazza, e mi sentii in colpa per il solo fatto che mi fosse sfiorata quell'idea. Gabriel si era sempre dimostrato un buon amico, nonché un eccellente consigliere, tuttavia, le mie esperienze passate mi spingevano a dubitare su di tutti, anche su di lui. «Io non... è solo che... il modo in cui mi guardavate entrambi, mi ha portata a pensare se fossi stato tu.» ammisi piena di vergogna.
Gabriel si mi rivolse un sorriso comprensivo, ma potei leggere la delusione sul suo volto. «Logan è mio amico, ma lo sei anche tu, non potrei mai tradirti in questo modo.» disse serio.
Annuii preoccupata contorcendomi le mani, e lui parve notarlo. «Logan lo ha saputo da Henry, e poi è venuto da me per chiedere conferma. Conferma che ovviamente gli ho negato.»
Rimasi sbigottita nel constatare che avessero ingigantito una cosa piccola ed insignificante, a tal punto da farla divenire quasi un pettegolezzo. Ciò che però mi fece più male fu sapere che mi trovavo nel mirino per l'ennesima volta.
«Ti ringrazio per la tua lealtà e scusami se ho dubitato di te, sai che non mi è per niente facile fidarmi delle persone.» ammisi.
«Se posso permettermi di darti un consiglio», disse fissandomi con quegli occhi color nocciola. «Fai chiarezza con te stessa, ma soprattutto perdonati.»
Gli occhi mi si velarono di lacrime e arricciai con il naso. «Ci sto provando.»
Gabriel mi osservò con tenerezza, poi dopo lunghi minuti di silenzio, sospirò. «Sai... lo scorso anno, ho perso la testa per una ragazza che non ha mai dimostrato alcun interesse per me. Da quel giorno non faccio altro che domandarmi se ci fosse o no qualcosa di sbagliato in me, qualcosa che magari a me mancava e che in compenso il suo ragazzo aveva.»
Quella dichiarazione mi stupì, ed in quel preciso istante capii che Gabriel non lasciava mai nulla al caso. Aveva scelto di parlarmi della sua via in un momento in cui non riuscivo ad accettare la mia. «Sei riuscito a capire di cosa si trattasse?» domandai, spaventata della risposta.
Sorrise. «Si. Mi sono reso conto che non c'è assolutamente nulla di sbagliato in me, né tantomeno in te.» asserì con dolcezza. «La diversità non è mai sbagliata.»
Annuii. «Penso sia meglio che vada a farmi un bel bagno caldo.» asserii infine prendendo i vestiti dalla borsa. Mentre con passo lento mi avviavo verso la porta del bagno sentii Gabriel alzarsi dal letto e avvicinarsi verso di me.
«Beth!»
«Si?» chiesi interrogativa.
«Stai attenta, non mi fido di lui. Il ragazzo che è con te non è il Tyson che conosco io. Sei molto intelligente e sono sicuro che riuscirai a trarre da sola le tue conclusioni.» disse in modo serio.
Quelle parole mi stordirono, e l'unica cosa in grado di fare fu quella di annuire. Mi precipitai in bagno con più dubbi nella testa, e sempre meno certezze riguardo il genero umano. L'idea di tenermi lontana dai problemi non sembrava funzionare, e la cosa mi infastidiva molto.
Poggiai le spalle sulla porta e mi accasciai per terra, alzandomi solamente quando mi accorsi di una meravigliosa vasca idromassaggio, posta dietro ad un muro di mattoni. Impaziente di provarla mi spogliai e aprii il rubinetto dell'acqua calda, lasciando che scorresse velocemente creando nuvole di vapore per tutta la stanza. Con il piede a penzoloni, testai la temperatura dell'acqua e quando fui soddisfatta mi immersi all'interno di quella meravigliosa invenzione.
«Beth io scendo di sotto a dare una mano per la cena.» disse Gabriel all'improvviso.
«Va bene, vi raggiungo tra poco.» urlai a mia volta.
Subito dopo sentii il rumore della porta chiudersi e poco dopo riaprirsi, per poi richiudersi di nuovo. Con assoluta lentezza iniziai a spargere il bagnoschiuma alla lavanda sulle braccia, ma venni immediatamente distratta dai rumori acuti provenienti da dietro la porta. Senza neanche pensarci due volte, presi l'asciugamano e lo avvolsi goffamente attorno al corpo.
«Gabriel, prestami il tuo deodorante.» disse Logan avvicinandosi sempre di più.
Sgranai gli occhi sconvolta. «Non azzardarti a fare un altro passo», lo avvertii.
«Elizabeth?» chiese facendo capolino con la testa. «Che cosa ci fai qui?»
«Dovrei essere io a farti questa domanda.» strillai lanciandogli addosso tutto quello che avevo a portata di mano, compreso ciò di cui aveva bisogno. La velocità con cui schivò anche l'ultimo oggetto che cadde miseramente per terra, mi impressionò.
«Vedi? Non era poi così difficile.» esclamò con un risolino.
Strinsi gli occhi fessura, infastidita dalla sua assurda insolenza, dopodiché mi sedetti per terra, avvolgendo le braccia attorno alle mie infreddolite ginocchia. A quella sfuriata seguì un lungo ed imbarazzante silenzio in cui nessuno dei due provò a parlare. E quando mi lasciai andare ad un insolito sospiro angosciato, mi domandai se fosse ancora lì o se fosse andato via. «Logan?» chiesi con un filo di voce.
«Si?» lo sentii dire dall'altro capo della stanza.
Sorrisi. «Sparisci!» esclamai, rivolta più a me stessa che a lui.
Mentre il rumore dei suoi passi pareva andare di pari passo con i battiti incontrollati del mio cuore, mi sembrò di sentirlo sogghignare. «In asciugamano sei decisamente più sexy.» gridò subito dopo essersi lasciato la porta alle spalle.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro