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Il fine settimana arrivò prima del previsto. Avevo trascorso l'intero venerdì pomeriggio a chiacchierare con Karen, spostandomi solo quando Jesse, la portinaia, mi aveva avvisata dell'arrivo di un pacco da parte dei miei genitori.
«Pensavamo che potesse farti piacere riavere tra le mani la copia del tuo libro preferito.» disse mia madre dall'altro capo del telefono.
In preda ad un attacco di smisurata felicità, aprii la scatola che conteneva il libro di Khaled Hosseini, Mille Splendidi Soli. «Per fortuna che ci siete voi con me!» asserii sghignazzando. «Non capisco come abbia fatto a dimenticarlo lì», aggiunsi stringendomelo al petto.
Essendo figlia di due professori universitari, avevo sempre avuto un rapporto molto stretto con i libri in generale, ma con uno di essi in particolare. Avevo letto per la prima volta quel libro all'età di otto anni, la storia di Mariam e Laila mi aveva colpita profondamente, tanto che la consideravo essere parte della mia vita. Da bambina mi rifugiavo spesso nel mio piccolo angolo di paradiso, accompagnata da Bear e da un buon libro.
Ero sempre stata una folle ed insolita abitudinaria che detestava le sorprese, che guardava film visti e rivisti almeno decine di volte e che stranamente preferiva leggere l'ultima pagina di un libro ancor prima di iniziarlo. In quel modo non solo evitavo colpi di scena improvvisi, ma mi preparavo anche ad un eventuale delusione, conscia comunque del fatto che le mie azioni non avrebbero cambiato nessun finale. Amavo fantasticare e completare tutto quello che iniziavo, senza mai lasciare nulla a metà, anche se non sempre il risultato era all'altezza delle mie aspettative. La mia migliore amica mi definiva spesso monotona e noiosa, ma la verità era che a me tutto ciò divertiva, ma cosa ancora più importante mi faceva stare bene.
«Prima o poi ti abituerai a questi cambi di temperatura.» disse forzando un sorriso.
Annuii silenziosa e la seguii verso l'entrata della metropolitana. «Hai per caso litigato con Henry?» chiesi, subito dopo. Capire i suoi stati d'animo era semplice, anche perché non capitava spesso di vederla giù di morale.
«Non che sia una novità.» rispose facendo spallucce. «Non capisco quale sia il suo problema, non penso di essermi mai comportata in modo irrispettoso, né tantomeno di avergli fatto intendere che io non ci sia per lui. Questo suo sparire nel pieno della notte o per giorni interi, e poi ritornare come se nulla fosse successo, consapevole di trovarmi sempre ad aspettarlo mi fa sentire stupida.»
Mi massaggiai le tempie, preparandomi a quello che stavo per dirle. Non avrei mai voluto ferirla, ma sapevo bene che in quella storia ci sarebbe stato un solo ed unico finale, che inevitabilmente l'avrebbe distrutta. «Karen, te ne avevo già parlato in passato e ti prego di tenerlo sempre a mente: non passare per carnefice quando sai perfettamente di non esserlo. Noi ragazze siamo brave ad assumerci continuamente le colpe per tutto ciò che non va in una relazione, soprattutto quando esse finisce.» ammisi sospirando. «Pensi che abbia un'altra?» aggiunsi mordendomi il labbro inferiore.
I suoi occhi velati dalle lacrime mi fecero stringere il cuore, e senza quasi accorgermene l'abbracciai lasciando che si sfogasse, ma soprattutto che capisse che io per lei ci sarei stata.
Mi guardò sbigottita, forse sorpresa di quel mio gesto, poi scrollò meccanicamente le spalle. «Non so cosa pensare.»
«Il più delle volte le persone spariscono quando hanno qualcosa da nascondere e non trovano il coraggio di confessare la verità. Ascolta i consigli altrui, ma sii sempre fedele al tuo sesto senso, quello difficilmente sbaglia.»
Lei arricciò su con il naso. «Ne parli come se ci fossi già passata.» Si portò immediatamente una mano sulla bocca, realizzando troppo tardi di aver parlato ad alta voce.
Annuii con un sorriso malinconico. «Con l'unica differenza che non mi ero mai accorta di nulla.» asserii trattenendo il fiato. «Voglio però credere che le persone non siano tutte uguali, per cui è inutile fare questo tipo di discorsi.» mentii, sperando in qualche modo di risollevarla.
Karen si limitò ad annuire cambiando immediatamente discorso. «Non sono sicura che verranno, ma ho chiesto ai ragazzi se avessero voglia di unirsi a noi, spero non ti dispiaccia.» disse una volta dopo aver varcato l'ampia vetrata del centro commerciale.
Il Westfield di White City di era uno dei più grandi centri commerciali che avessi mai visto in vita mia. Colmo di ristoranti, negozi lussuosi, ed altri del tutto economici. Tra una chiacchierata ed un'altra, Karen mi aveva confessato che il Westfield situato a Stratford era il più grande d'Europa, il che mi stupì, considerando quanto fosse enorme quello in cui mi trovavo.
Mentre Karen passava continuamente da un negozio all'altro, occupata a provare la miriade di vestiti che si era portata nei camerini, presi il cellulare e provai a chiamare casa, ma la sfortuna volle che non ci fosse nessuno a rispondermi.
Alzai riluttante gli occhi al cielo e malvolentieri la raggiunsi.
«Beth, pensavo che fossi andata via!» esclamò scoppiando a ridere. «Cosa te ne pare?» chiese entusiasta, mostrandomi lo spacco vertiginoso del meraviglioso abito rosso in raso che aveva provato.
«È incantevole!» esclamai sbalordita. «Sai a quante persone faresti girare la testa vestita così?» le chiesi facendole la linguaccia.
In tutta risposta batte' le mani divertita, dopodiché chiuse la tenda del camerino promettendomi che quello sarebbe stato l'ultimo negozio che avremmo vistato. Non avevo mai creduto al fatto che per alcune persone lo shopping potesse essere terapeutico, anche perché con me non aveva mai funzionato, tuttavia, il sorriso sul volto di Karen mi fece ricredere dimostrandomi il contrario.
Meno di cinque minuti dopo, lo schermo del mio telefono si illuminò rivelando l'arrivo di un messaggio da parte di un numero che non avevo salvato nella mia rubrica.
Ne avete ancora per molto?
Inarcai le sopracciglia, preparandomi a digitare una sfilza di messaggi. Chi sei?
Chi ti ha dato il mio numero? Inviai subito dopo
Vedo che sei diffidente come sempre, ma poco perspicace, NISM xXXX
Riflettei per un momento, poi scossi la testa divertita capendo immediatamente di chi si trattasse.
Digitai rapidamente il mio ultimo messaggio, accompagnato da una emoji confusa.
Logan!!! Come fai ad avere il mio numero?
Siamo al Kaffeine, JSYK.
Sbuffai sonoramente quando mi resi conto che non aveva intenzione di rispondere alla mia domanda, e sorrisi sapendo bene che non sarei mai riuscita a scoprirlo.
«Con chi stai sorridendo?» chiese improvvisamente Karen guardandomi di sottecchi.
Sobbalzai dallo spavento portandomi una mano sul petto. «I ragazzi mi hanno appena avvisata, sono nella caffetteria qui di fronte.»
Lei annuì poco convinta, e dopo aver pagato mi prese per un braccio trascinandomi fuori dal negozio.
Qualche minuto dopo, grazie all'inconfondibile ciuffo biondo di Gabriel, potei individuare il tavolo in cui vi era anche Logan. L'entusiasmo che avevo avuto durante quel breve tragitto, scomparve alla vista dei loro volti sorridenti e tumefatti.
«Oddio!» strillai precipitandomi su di loro. «Che cosa vi è successo? Hai tutto l'occhio nero e il labbro spaccato.» dissi rivolgendomi a Gabriel.
Nel giro di pochi secondi raggiunsi l'altra parte del tavolo e terrorizzata mi avvicinai verso di Logan, con i battiti del mio cuore che scalpitavano fuori dalla cassa toracica. «E tu hai lividi e tagli su tutto il viso.» dissi accarezzandogli delicatamente il viso.
Dal modo in cui mi guardava capii che quel breve contatto per quanto inaspettato e sincero potesse apparire, lo sorprese, tanto quanto sorprese me. «Oh, cielo! Vi siete per caso picchiati?» domandai portandomi una mano sulla bocca per nascondere l'orrore che provavo. Entrambi si guardarono corrucciando la fronte, poi guardarono me e scoppiarono a ridere, il che mi fece innervosire ancora di più.
«Hai mai sentito parlare di boxe?» domandò Logan beffardo.
Gli rivolsi quello che speravo fosse uno dei miei sguardi più diabolici e tirai un sospiro di sollievo accasciandomi alla sedia più vicina.
«Io e Logan facciamo boxe da quasi quattro anni ormai, e col tempo siamo diventati acerrimi nemici», mi spiegò dolcemente Gabriel sferrando un pugno scherzoso all'amico.
Entrambi misero in atto un breve e divertente siparietto, mimando le mosse più veloci ed efficaci che conoscevano. Facevo ancora fatica a credere che fossero migliori amici, tuttavia, pur essendo completamente diversi, non potevo negare che quel duo era più che formidabile. L'amicizia e l'amore che li legava l'uno per l'altro era qualcosa che andava oltre ad ogni possibile legame di sangue. Non ebbi neanche il tempo necessario di sedermi per godere di quell'improvvisato spettacolo, che era già terminato. Loro due rappresentavano tutto quello che avevo sempre desiderato, ma allo stesso tempo anche tutto quello che avevo perso. La fiducia che nutrivo per le uniche due persone che avevo imparato ad amare, mi aveva consumata, distrutta... Faticavo a credere nell'amore allo stesso modo in cui faticavo a credere nell'amicizia, ed era proprio di quello che mi incolpavo. La solitudine che sentivo dentro di me mi aveva condannata e spinta a ripudiare ogni tipo di rapporto che non fosse quello con la mia famiglia.
I miei pensieri vennero ben presto interrotti dal cameriere che continuava a chiedermi cosa volessi ordinare e che mi guardava come se fossi fuori di testa. Sentii la voce di Logan dietro di me borbottare qualcosa di poco garbato, e quando appoggiò le sue mani sulle mie spalle per qualche strana ragione mi rilassai all'istante. Il cameriere sparì rapidamente qualche secondo dopo e quando mi voltai verso di Logan per ringraziarlo lui mi arruffò maldestramente i capelli facendomi l'occhiolino. «Ciao amica.» mi sussurrò prima di prendere posto in fondo al tavolo.
Gli puntai un dito contro, mimandogli che prima o poi me l'avrebbe pagata, ma come di consueto lui fece finta di niente.
Mentre ero intenta a parlare con Karen e Gabriel, notai che Logan aveva concentrato tutta la sua attenzione sul telefono che teneva in mano, estraniandosi completamente dalla conversazione che stavamo intrattenendo.
«Mi dispiace dirtelo, ma non puoi definirlo un bel film.» disse Gabriel rivolgendosi a Karen.
«Concordo pienamente con lui, la trama è disconnessa e poco chiara.» ammisi unendomi a lui.
Karen mosse l'indice da me a lui con un'espressione sconcertata. «Parlate proprio voi due?» chiese visibilmente sconvolta. «Vi ricordo che il vostro film preferito si svolge interamente dalla finestra di un curioso e antipatico fotografo che spia i vicini di casa, ed inoltre è un film del 1954. 1954!!!» ripeté ad alta voce. «Nessuno guarda più quei film.»
«Non criticare il genio di Alfred Hitchcock!» esclamammo in coro io e Gabriel.
Scoppiammo a ridere e lui alzò la mano verso la mia direzione in modo che potessi battere il cinque, mentre Karen scuoteva la testa esasperata. I nostri battibecchi riguardo i film terminarono in quel momento con l'arrivo di Tyson.
«Sempre alla buon'ora!» osservò lei. «Henry non è con te?» aggiunse subito dopo.
Lui scosse la testa e dopo aver salutato brevemente il resto dei ragazzi, si sedette accanto a me. «Beth, è sempre un piacere rivederti, pensavo che fossi sparita.» disse guardandomi dal basso verso l'alto.
Scoppiai a ridere. «Ci siamo visti solamente un paio di giorni fa.» ammisi prendendo dal piatto una patatina fritta.
Tyson spalancò la bocca. «Ed io che pensavo fossero passati secoli.» ammise sogghignando. «Hai visitato qualcosa di bello in questi ultimi giorni?» mi chiese sorridendomi teneramente.
Con un gesto della mano indicai il posto in cui eravamo seduti, dopodiché scoppiammo a ridere.
Feci fatica a sentire quello che disse dopo, i quanto le sue parole vennero sovrastate dai chiacchierii di Karen e Gabriel che erano occupati a discutere su alcuni argomenti riguardanti le diverse pubblicità adottate dalle migliori aziende inglesi.
«Un sandwich ed una camminata al London Bridge, domani sera alle 20:00. Che ne pensi?» chiese aumentando il tono della voce.
Provai a parlare, ma venni immediatamente interrotta dalla voce profonda di Logan che sembrò essersi risvegliato dal suo stato di trance. «Ti accompagneranno anche tutte le altre ragazze a cui hai mostrato quel posto?» chiese serrando la mascella. «Tyson, Tyson, pensavo che fossi più fantasioso.» disse poi ritornando a fissare il suo telefonino.
Lui lo ignorò e mi fissò in attesa di una risposta. Mi sentii messa alle strette, guardai nella direzione di Logan e poi in quella di Tyson. «Certo, perché no.»
Nota autrice:
Buonasera carissimi lettori, come state?
Volevo scusarmi per l'enorme ritardo, ma non ho proprio avuto il tempo di aggiornare, seppur avessi il capitolo pronto già da tantissime settimane. Spero che la storia vi stia appassionando e che continuerete a seguirmi.
Vi riporto il significato delle parole che Logan ha aggiunto nei messaggi, si tratta dello slang inglese utilizzato molto tra ragazzi, soprattutto sui social network:
NISM = Need I say more? ——> Devo dire qualcos'altro?
JSYK = Just so you know ——> Solo per fartelo sapere
xX = sono semplicemente dei baci
J_Oduan
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