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Nei giorni a seguire, trascorsi gran parte del tempo in compagnia di Karen e Gabriel. Per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentii veramente felice di essere riuscita ad andare oltre le apparenze e di seguire il mio istinto. Pur provando a migliorare, ero ancora dell'idea che una vita non sarebbe bastata per conoscere una persona, e il rischio della fregatura era qualcosa a cui dovevo sempre tener conto. Tuttavia, da qualche settimana era riapparsa una strana luce sui miei occhi che mi dava speranza.

Loro pensavano che fossi una persona divertente, che emanava una straordinaria energia positiva e si ritenevano addirittura fortunati di avermi conosciuta. La verità era che quella ad essere fortunata ero stata proprio io. Costruire relazioni basate sul rispetto e sull'ammirazione reciproca e trasformarle in amicizia era complicato, soprattutto quando si raggiunge un'età in cui ci si trova ad essere in competizione con gli altri. O almeno questo era quello che pensavo prima di conoscerli.
L'amicizia, se vera, dovrebbe arricchire e migliorare, e non schiacciare o soffocare.

Nel momento in cui stavo per addentare il mio ultimo pezzo di mela, vidi lo schermo del mio cellulare illuminarsi ed un sorriso spontaneo prese spazio sul mio viso.
«Papà!»
«Piccola mia, come stai?» chiese in tono dolce.
«Sto bene, sono in stanza con due amici, e voi?»
«Sono contento di sapere che non sei sola. Stiamo tutti bene e sentiamo molto la tua mancanza, la casa non è più la stessa senza di te.» ammise con un tono di voce diverso rispetto a prima.
«Mi mancate tanto anche voi...» lasciai in sospeso la frase, poi ripresi «Sai, ho sentito dire che in casi come questi è consigliabile adottare un cucciolo, magari un cane. Vi terrà compagnia e sicuramente sporcherà meno di me.» dissi cercando di risollevargli il morale.
«Ah sì? E da chi l'avresti sentito?» domandò scoppiando a ridere.
La sua risata era talmente contagiosa che non potei far altro se non unirmi a lui. «Da nessuno, è una cosa che penso da un po' ed ammetto che non sarebbe proprio una cattiva idea.»
Lo sentii sospirare. «Prometto che ci penseremo, magari lo sceglieremo insieme quando verrai a trovarci.» rispose in tono dolce. «Ti lascio in compagnia dei tuoi amici. Ci vediamo presto lil pumpkin.» rispose lui dolcemente.

«A domani, ti voglio bene.» risposi sorridendo al suono di quel nomignolo.

Dopo aver staccato la chiamata, notai Karen osservarmi con adorazione mista ad interesse. «Hai un bel rapporto con i tuoi genitori?» chiese con occhi sognanti.

Sorrisi. «Sono tutto quel che ho.» ammisi sinceramente emozionata.

«Sei figlia unica?» chiese Karen mordendosi il labbro.

Annuii. «Ho avuto la fortuna di essere nata dall'amore di due persone meravigliose, le loro attenzioni nei miei confronti sono state in un certo senso amplificate e penso che questo abbia fortificato molto il nostro rapporto. E poi, siamo praticamente cresciuti insieme.» ammisi meravigliandomi di me stessa per quella risposta del tutto spontanea. «Tu non hai un buon rapporto con i tuoi?» chiesi subito dopo.

«In linea di massima direi di sì, anche se mio padre è stato spesso assente e poco affettivo, il classico uomo che pensa più al lavoro che alla famiglia. Mia madre e i miei fratelli sono completamente l'opposto, mi vedono spesso come una bambina ancora da proteggere.» disse sorridendo.

«Sarebbe piaciuto anche a me avere un fratello o una sorella.» ammisi distrattamente.

Lei annuì. «E tu invece?» chiese Karen rivolgendosi a Gabriel.

Un sorriso si allargò sul suo volto. «Non penso di poter riuscire a trovare un aggettivo che possa esprimere quanto siano importanti per me. Anch'io sono figlio unico, quindi sono stato al centro del loro mondo, ricevendo continue attenzioni e un amore incondizionato.»

«Non ti sei mai sentito solo? Non hai mai pensato che ci fosse un pezzo mancante?» chiesi incuriosita da quella rivelazione.

Era la prima volta che mi confidavo con qualcuno senza la paura di chiedermi sé stessi sbagliando. Non avevo mai avuto l'opportunità di confrontarmi su un argomento così delicato con qualche mio coetaneo, e volevo veramente capire se anche lui come se sentisse il senso di vuoto che mi aveva accompagnata per tutta la vita.

Gabriel sembrò rifletterci un po'. «Se devo essere sincero no, non ho mai sentito la mancanza di una figura fraterna. Non mi sono mai chiesto come sarebbe stato se l'avessi avuta, molto probabilmente perché sono cresciuto con Logan. È lui che considero mio fratello, anche se non di sangue.» disse guardandomi con tenerezza.

Annuii senza il bisogno di aggiungere altro. Forse quello che a me era mancato di più era proprio quello, io non avevo avuto né l'uno, né l'altro. Per me, non c'era stato nessun amico in grado di compensare quella radicata e tormentata assenza che sentivo.

Rimanemmo a parlare tutti insieme fino a tardo pomeriggio, poi Gabriel andò via per permetterci di prepararci in assoluta tranquillità.

Dopo aver cercato inutilmente di domare i miei lunghi e boccolosi capelli in una coda alta, alla mi ero arresa, lasciandoli semplicemente ricadere sulle spalle. Adoravo la semplicità e la naturalezza, anche se in realtà non non ero mai stata brava né a sistemarmi i capelli, né tantomeno a truccarmi, per cui non avevo molte opzioni a disposizione.

Uscimmo di casa che erano le dieci di sera, e rimasi estremamente colpita quando mettemmo piede nell'enorme atrio della villa in cui avremmo dovuto incontrare il resto dei ragazzi. La puzza di fumo mista a quella di alcol prese immediatamente possesso delle mie narici impedendomi di respirare. In quella stanza vi erano poco più di una trentina di persone intente a chiacchierare in piccoli gruppetti sparsi un po' ovunque.

Avanzai dubbiosa verso il divano in cui sedavano ragazzi, quando notai Gabriel farmi un cenno con la mano e immediatamente mi rilassai. L'idea di passare la serata insieme a tutte quelle persone mi inquietava più di quanto volessi ammettere.

Quando li raggiunsi, rivolsi imbarazzata lo sguardo verso il mio unico amico in cerca di conforto e quando mi notò si alzò in piedi, prese la mia mano e mi fece fare una piroetta.

«Potevate avvisarmi che questa sarebbe stata una funzione religiosa, avrei cercato di vestirmi meglio.» asserì tagliante Margot.

Sapendo perfettamente che si stesse riferendo a me, diedi una rapida occhiata al mio maglione cercando si scacciare dalle maniche quella sua odiosa tossina. Conoscevo bene le persone come lei e non mi ero affatto meravigliata che mi avesse presa di mira, anche se non ne comprendevo il motivo. Se c'era una cosa che nel corso degli anni avevo imparato, era quella di non dare troppa importanza a quelle stupide provocazioni.

In quell'istante mi domandai se il suo guardaroba oltre ai top e alle minigonne contenesse anche un paio di jeans. Per carità, lei era sicuramente una bella ragazza, e credevo che ogni persona dovesse sentirsi libera di vestirsi come meglio credeva, però mi rifiutavo di ricevere critiche sul mio outfit da una persona che riusciva a malapena a coprirsi le parti intime.

«Hai qualche problema con me?» le chiesi corrucciando la fronte.

Prima che lei potesse ribattere, il ragazzo su cui era comodamente seduta distese le ginocchia, facendola cadere involontariamente per terra. Non ebbi neanche il tempo di osservarlo bene, che capii immediatamente che si trattasse di Logan.

Quel trambusto calmò stranamente gli animi. Mi resi conto solo in quel momento che il fastidio insensato che Margot nutriva per me era dovuto principalmente al fatto che Logan mi avesse precedentemente rivolto la parola. Tuttavia, non riuscii a comprendere il perché se la prendesse tanto con me, quando in realtà ad essere infedele era stato proprio lui.

Tirai un sospiro di sollievo non appena presi posto sul piccolo divano accanto a Gabriel, lieta del fatto che si fossero subito dimenticati di quel battibecco.
«Beth, lascia che ti presenti un nostro amico.» urlò Karen dall'altro lato della stanza. «Lui è Jacob, il padrone di casa, mentre la ragazza al suo fianco è Lilian», dichiarò pimpante.

«Piacere di conoscervi.» ammisi salutandoli. Non potendolo ringraziare per l'invito, dato che non era stato lui ad averlo fatto, dissi l'unica cosa sensata che in quel momento mi venne in mente: «Complimenti per la casa.»
Logan sogghignò ed in quel momento commisi l'errore di guardarlo negli occhi. Il sorriso che aveva disegnato sul volto mi fece innervosire. Più sorrideva, più avrei voluto mandarlo a quel paese, eppure per qualche strana ragione che non riuscii a spiegare, non riuscii a farlo.

Jacob ci osservò incuriosito, dopodiché si allontanò per raggiungere il resto degli invitati.

«Ti va qualcosa da bere?» chiese Tyson all'improvviso.

Annuii, felice di potermi finalmente allontanare da quella stanza priva di ossigeno. «Con molto piacere.»

Quando raggiungemmo la cucina, mi sembrò quasi di tornare a respirare per la prima volta. Tyson stappò i tappi delle bottiglie di birra e me ne passò una. «Se posso permettermi di darti un consiglio, non badare alle provocazioni di Margot, è solamente gelosa.» disse sorridendo.

Feci una smorfia e bevvi un sorso. «Non ha motivo di esserlo, e poi, se non riesce a tenere a bada il suo ragazzo non è mica colpa mia.» risposi impassibile.

Lui scoppiò a ridere e avvicinò la sua bottiglia alla mia per brindare. «Fa così male come dicono?» chiesi alludendo al tatuaggio che gli ricopriva l'intero collo.

«Sarei falso se affermassi il contrario.» disse facendomi l'occhiolino.

«È davvero molto bello.» ammisi osservandolo più da vicino.

«Lo sei anche tu.» ammiccò con una strizzata d'occhio facendo muovere il piercing che aveva sul sopracciglio.

Alzai gli occhi al cielo e finii la mia birra in un unico sorso stappandone immediatamente un'altra.

Trascorremmo il resto della serata a parlare di argomenti di una certa importanza, come il lavoro, l'università e i progetti futuri. Le risate per fortuna non erano mancate, e fui felice di conoscere qualcosa in più sul suo conto. Dopo aver ballato ininterrottamente per più di un'ora, mi rivolsi a Tyson e Karen: «Vado a prendere una boccata d'aria fresca, vi raggiungo dopo».

Prima di uscire passai dal nostro tavolo per prendere la giacca, ma vi trovai solamente Jacob. Qualche istante dopo scorsi in lontananza Margot intenta ad infilare la lingua nella bocca di un ragazzo che ero certa non si trattasse di Logan.

In fondo, la mela non cade mai lontana dall'albero, pensai scuotendo la testa.

Non appena misi piede fuori dalla casa, mi sembrò di sentire i miei polmoni ringraziarmi. In mezzo al buio pesto della notte, feci un giro attorno alla casa con l'intenzione di raggiungere il retro ed esplorare ciò che di bello regalava il magnifico giardino.

La tranquillità che quel posto emanava, era nettamente in contrasto con la musica fastidiosa dalla quale mi ero allontanata. Con un gesto quasi automatico appoggiai le ginocchia accanto il bordo piscina, e mi lasciai cullare dalla lieve brezza autunnale. Al contatto della mia mano con l'acqua gelida, sentii un brivido percorrermi lungo tutta la schiena.

Mi sdraiai lentamente sul prato per cercare di rilassarmi, quando sentii dei sussurri provenire poco distanti da lì.
Spinta dalla curiosità mi alzai da terra e mi avvicinai il più possibile a quelle voci, l'oscurità e il mio astigmatismo però non mi permettevano di distinguere perfettamente entrambe le figure. Riuscii a sentire i singhiozzi di Tamara che parlava con qualcuno, ma non fui in grado di capire di chi si trattasse.

«Mi avevi promesso che sarebbe finita, che l'avresti lasciata.» urlò lei disperata.
Mi avvicinai ancora un po' per capire con chi stesse parlando, ma urtai con forza un vaso che si ruppe all'istante scatenando un rumore assordante.
«C'è qualcuno?» domandò lei preoccupata.

Per la paura di essere stata scoperta corsi in direzione della casa, sperando quantomeno che lei non mi avesse riconosciuta.
La mia corsa disperata, durò però meno di quanto sperassi. E prima che potessi accorgermi di quello che stesse per accadere, sentii qualcuno afferrarmi delicatamente per il braccio, e trascinarmi lentamente in una stanza buia.

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