Un nuovo significato
Rimasi a fissare il binario vuoto davanti a me, senza riuscire a muovere un muscolo.
Sentii i singhiozzi salire e sconquassarmi il petto, mi accasciai su me stessa, le gambe non reggevano più.
Avevo letto da qualche parte che quando si è fortemente feriti o minacciati, si tendono a coprire con il proprio corpo le parti vitali, per proteggerle. In quel momento avrei voluto chiudermi dentro ad un guscio per proteggermi tutta. Ogni singola cellula del mio corpo gridava dolore e disperazione.
Il mio corpo non riusciva a stendersi, potevo solo restare accucciata con le braccia a tenere strette le ginocchia il più possibile attaccate al petto.
Il cuore intrappolato dentro, per sua fortuna, batteva così forte e in modo così doloroso che pensavo sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro.
Per un secondo, ma solo per un secondo, presi in considerazione l' idea di aspettare il treno successivo e buttarmi sui binari. In quel modo la mia vita di bugie e insicurezza sarebbe giunta al suo triste e previsto epilogo, ma alla luce di quello che era successo nelle ultime settimane c'erano molte persone che ne avrebbero sofferto fino a morirne. Non potevo dare alle mie famiglie questo immenso dolore.
Cercai di darmi un contegno, alzando la testa con fierezza, come una combattente a cui spetta l'ultimo round, devastata ma determinata ad arrivare fino in fondo. Guadagnai una posizione eretta stentata e barcollante, avrei raggiunto mio padre, Taylor, fuori dalla stazione e sarei tornata a casa. Il resto l'avrei scritto giorno per giorno.
Mi voltai verso l'ingresso.
Lui era li.
Bello come la vita.
La luce dietro le sue spalle gli conferiva un'aura quasi angelica, il suoi lineamenti rimanevano nella penombra ma la sua figura scolpita e muscolosa si stagliava su di me come un miraggio.
Aveva imboccato il sottopasso, mentre il treno passava ed era tornato indietro, venendomi incontro.
Mi sentii una stupida per aver dubitato del suo amore per me, forse credevo che il dolore fosse troppo per permettergli di riconoscere le curve sinuose del sentimento, nella tempesta che abitava il suo cuore e la sua mente.
Lo abbracciai aggrappandomi a lui come un naufrago, cercando riparo nel calore del suo corpo.
Mi sollevò da terra prendendomi in braccio.
"Sei rimasto!" Squittii.
"A quanto pare."
"Perchè?"
La mia voce adesso era un sussurro, le parole uscirono attutite e impastate dalle lacrime che scendevano sulle mie guance e sulla sua maglietta bianca, inzuppandola con grosse chiazze trasparenti.
Alzò gli occhi al cielo fingendosi esasperato, aprì la bocca per dire qualcosa ma si fermò.
Prese fiato.
Mi appoggiò delicatamente a terra e mi guardò dritta negli occhi e il mio cuore prese a martellare furiosamente nel petto.
"Perchè, appena sono arrivato qui mi sono sentito tremendamente solo e mi sono accorto che non mi sentivo più così da quando ci siamo conosciuti. Perchè quel senso di vuoto non lo voglio più provare e ho capito che si riempie solo quando sono con te. Perchè ho trovato un nuovo significato per una parola che mi fa paura e quello che vuol dire adesso, mi piace."
Rimasi senza fiato, a bocca spalancata.
Non era come dire ti amo, era molto di più.
Taylor ci guardava dalla porta della stazione, appoggiato ad una colonna con le braccia conserte ed un sorriso sincero stampato sul viso.
Su quello di Samuel rimase un velo di preoccupazione. Se suo fratello fosse arrivato, lui avrebbe dovuto affrontarlo una volta per tutte, facendo i conti con il suo passato e portando a galla un trauma che aveva tutto l'aspetto di un iceberg.
Non sarebbe bastato l'amore, i segni erano profondi e le conseguenze si riflettevano sulla sua vita come ombre.
Taylor balzò con lo sguardo da me a lui e lo abbracciò battendogli la mano sulla spalla in un gesto che poteva sembrare banale ma che aveva un senso più profondo. Si sarebbe preso cura di lui. Era come dire: non sei solo, ci siamo noi al tuo fianco.
Perchè Taylor era così, non usava tante parole per esprimere i suoi sentimenti, trapelavano dagli occhi, dallo sguardo, dai gesti delle sue mani.
Mani che sapevano accarezzare, mani che sapevano incutere timore, mani forti e forgiate dalla fatica, mani generose, aperte e piene. Piene di segni e piene d'amore, piene di sogni e desideri realizzati, piene di tempo per realizzarne ancora. Pronte a difenderci e ad accompagnarci.
Le mani di mio papà.
Il pensiero mi scatenò un sussulto al cuore e un sorriso sincero che lui catturò con la coda dell'occhio e che lo fece sorridere a sua volta.
Salimmo sul Pick up. Samuel sul sedile davanti e io dietro.
Mi sporgevo con la testa tra di loro, tenendomi con le mani ai poggiatesta dei sedili e inalavo a pieni polmoni la fusione di loro profumi: menta, tabacco e dopobarba.
Quando arrivammo a casa, perchè ormai la consideravamo tale, vedemmo un uomo sui cinquanta che parlava con Emily, sorseggiando una limonata seduto fuori sotto il portico.
Scendemmo dall'auto ma ci tenemmo in disparte un istante, negli occhi di Samuel galleggiavano paura e vergogna.
Gli strinsi forte la mano.
"Coraggio, si sistemerà tutto, non sei solo."
Sospirò a disagio:
"Promettimi che qualsiasi cosa ti dica non lascerai che rovini il nostro rapporto, quello ero io prima di conoscere te".
Gli accarezzai il viso: "Ti amo Samuel e nulla e nessuno potrà farmi cambiare idea!"
Questa volta non arrivarono proteste per quello che avevo detto e ne fui felice, forse iniziava ad abituarsi all'idea di essere importante per me.
Appoggiò le labbra sulle mie con delicatezza sospirando e inalando il profumo dei miei capelli prima di farsi coraggio e allontanarsi dall'auto.
Gli rimasi accanto mentre si avvicinava alla casa.
L'uomo sotto al portico gli assomigliava terribilmente, sembrava un Samuel invecchiato di una quindicina di anni, era un bell'uomo ma i suoi occhi erano stranamente tristi. Troppo tristi.
Si alzò di scatto non appena lo vide avvicinarsi.
Samuel rimase come paralizzato al centro del vialetto che conduceva alla casa.
Gli venne incontro.
Nell'aria solo il silenzio della disperazione e negli occhi solo dolore.
Mi accorsi di essermi irrigidita, in quegli istanti, temevo che si sarebbero picchiati o insultati.
MI avvicinai.
Samuel aveva le braccia lungo i fianchi e i pugni così stretti che ne intravedevo la tensione. Raggiunsi la sua mano e la strinsi tra le mie.
Sono qui, amore, senti la mia mano, il mio supporto, il mio sostegno.
Lui ricambiò la stretta, quasi rispondendo ai miei pensieri.
L'uomo sui cinquanta restò a lungo a guardarlo con gli occhi lucidi e le labbra che tendevano verso il basso come se cercasse di trattenere le lacrime.
"Sammy!" disse con un filo di voce.
Nei suoi occhi passarono anni di vita insieme, la morte dei loro genitori, lui più grande che si era preso carico di un Samuel appena tredicenne; e poi sua moglie , che avrebbe dovuto essere come una madre ed invece aveva violato una giovane vita, una vita che aveva promesso di proteggere.
Il peso di tutto questo dolore pesava sulle spalle di entrambi.
Allungò una mano verso di lui, gli sfiorò la spalla, poi il collo, poi lo avvolse in un abbraccio stretto.
Le barriere della virilità caddero con un tonfo che si poté quasi sentire, piansero abbracciati, fino a quando l'uomo sui cinquanta non si allontanò da Samuel:
"Se avessi mai immaginato, se avessi saputo la verità, l'avrei ammazzata con queste stesse mani" disse mostrando le sue mani grandi e vuote.
"Torna a casa Samuel, mi occuperò io di te, ci riprenderemo la nostra vita."
Mi si strinse lo stomaco. Quanto dolore in quelle parole, quanta solitudine.
Pensai che se fosse tornato a casa non ci saremmo potuti vedere così facilmente, che mi sarebbe mancata la sua voce, le sue mani. Ma sapevo anche che sarebbe stata la cosa giusta, il nostro amore avrebbe resistito, doveva riprendersi la sua vita, doveva guarire.
Come conscio dei mie pensieri, Samuel raggiunse la mia mano con la sua e la strinse forte:
"Ti ringrazio Tom, ma preferisco restare con loro, adesso, se tornassi a casa ogni stanza, ogni angolo, mi parlerebbe di lei e non sono pronto. Mi sembrerebbe di avere ancora le sue mani addosso."
Pronunciò le ultime parole con un sussurro carico di vergogna.
"Comprendo, ma permettimi di aiutarti, non puoi farcela da solo".
Alludeva alla necessità di Samuel di andare in terapia, un brivido mi percorse la schiena, in un istante compresi la paura di Chris quando ero andata dalla psicologa, dopo aver scoperto di essere stata adottata.
Si ha paura di non essere all'altezza, di essere messi a nudo con le proprie debolezze e difetti e additati come non idonei a supportare e sopportare la persona amata, perchè l'amore a volte non basta, anzi, è solo un aggravante. A volte bisogna solo lasciare andare e sarebbe una grande dimostrazione di affetto e di amore sincero, ma fa male e fa paura.
Ecco di questo avevo paura, che Samuel accettasse di tornare a vivere con suo fratello e che si allontanasse da me e scavando dentro se stesso e dentro il suo dolore comprendesse che non ero la persona adatta a lui.
Samuel, come era già capitato altre volte, benché fosse concentrato su se stesso, su suo fratello e sul fardello che dovevano portare, si voltò leggermente verso di me.
Strinse forte la mia mano e inchiodando i suoi occhi ai miei rispose:
"Vorrei che loro fossero parte del mio processo di guarigione. Lei è Beatrix, la mia ragazza, è grazie a lei che ho capito di avere un problema e che ho trovato la forza per affrontarlo. Ero convinto che volessi uccidermi per le cose che sono successe con tua moglie, per come l'aveva messa lei all'inizio, sembrava che tutto si ritorcesse contro di me, e invece non passa giorno che io non mi senta sporco dentro e fuori. Baby mi ha fatto capire che valgo qualcosa, che tra le crepe del mio cuore può vivere ancora l'amore e voglio guarire per accogliere tutto l'amore di cui sono capace ".
"Sammy io non ti ho mai cercato per farti del male. Ho capito in breve che la sua messa in scena non reggeva e anche la polizia era dello stesso avviso, per questo non abbiamo mai sporto denuncia contro di te, era chiaro che fosse consenziente. Allora ho cominciato a cercarti per sapere da te cosa era successo davvero, inizialmente pensando che foste amanti, poi un pezzo alla volta ho capito, ho dato risposta anche ad altre domande che riguardavano la nostra intimità. E lei ha ammesso. Sono rimasto scioccato. Ho pensato a come dovevi stare tu e ho ripreso a cercarti."
"Come hai fatto a trovarmi?"
"Sei maggiorenne e la polizia non mi voleva aiutare, inizialmente, per loro ti eri allontanato volontariamente da me e dalla mia ex moglie. Ma il comandante aveva un figlio che adesso avrebbe la tua età e si è messo nei miei panni, così quando hai usato la carta di credito per pagare il biglietto del treno per venire qui, lui me lo ha riferito. Non ci sono molti posti dove stare e sicuro non molti che cercano anche un aiuto alla pari. Non è stato semplice, ma la volontà di trovarti era inarrestabile, avrei setacciato tutte le case una a una."
Ascoltai la loro conversazione, volando ad un metro da terra, mi aveva davvero definito la sua ragazza e aveva davvero detto che il mio amore l'aveva indotto a cercare una soluzione e che si sentiva capace di amarmi anche con il suo cuore distrutto. Stava scommettendo il tutto e per tutto su di noi.
Sbattei le palpebre, con gli occhi ormai asciutti, lo stavo fissando, scorrevo lo sguardo lungo il suo corpo, soffermandomi sul suo viso, sui suoi occhi, che adesso brillavano di una gioia nuova.
Emily e Taylor si intromisero dolcemente nella conversazione invitandoci ad entrare, di li a poco sarebbero arrivati i miei.
Tom si rivelò essere un uomo molto colto, sempre molto impegnato nel suo lavoro, affabile e gentile a tratti anche simpatico. Assomigliava tantissimo a Samuel anche se l'atteggiamento era completamente diverso, sedeva composto con i capelli tirati indietro in modo ordinato, la barba volutamente incolta ma in modo studiato. Una versione di Samuel che avrebbe potuto anche piacermi.
Samuel dal canto suo pendeva dalle sue labbra, si vedeva che era stato la su ancora di salvezza.
Un colpo di clacson interruppe il flusso dei mie pensieri e la conversazione che era proseguita in sottofondo a cui non avevo dato grande peso, persa nelle miei ragionamenti.
Erano arrivati i miei.
Questa volta toccò a lui sostenermi.
Avevo paura che non si piacessero e che ai mie fratelli, protettivi con me fino allo sfinimento, non piacesse Samuel e la sua aria da bello e dannato, tipica di certi loro amici che non erano mai stati un buon partito per nessuna e che loro detestavano perchè poco seri.
Per telefono avevo già raccontato a mia mamma le circostanze del mio abbandono, e le sofferenza dei miei genitori biologici, lei sembrava aver capito ma in cuor mio avevo paura che soffrisse per la paura di perdermi.
Non sarebbe mai successo, non con Emily e Taylor, non li idealizzavo per la genitorialità che gli era stata rubata, sapevo bene quanta fatica fosse costato crescermi e non farmi mancare nulla, amarmi pur sapendo che non ero figlia loro come i miei fratelli.
Volevo solo che si piacessero, volevo non perdere nessuno di loro, non trovarmi davanti ad una stupida scelta in cui l'unica a perdere qualcosa sarei stata ancora una volta io, proprio ora che passato presente e futuro erano allineati alla perfezione.
Mia madre scese dall'auto per prima, seguita dai miei fratelli gemelli e da mio padre.
Mi abbracciò:
"Bambina mia, come stai?"
"Adesso bene, molto bene."
Lo dissi mostrando con la mano tutto quello che mi circondava comprese le persone sotto il portico.
Si allontanò leggermente per mettere a fuoco il mio viso e il sorriso che si accese sul suo era pieno di soddisfazione.
Arrivò papà subito dietro di lei, come sempre rimanendo un po' in disparte. Mi scompigliò i capelli, dandomi un bacio tenero sulla testa.
"Venite! vi presento tutti."
Avanzarono lentamente, Emily era visibilmente a disagio e stringeva forte la mano di Taylor. Si avvicinò a mia mamma e la abbracciò teneramente.
Giurai di averle sentito dire grazie, solo grazie. E mi esplose il cuore.
Papà e Taylor si salutarono con pacche sulle spalle ed un espressione imbarazzata. Gli occhi di Taylor scoppiavano di ammirazione per l'uomo che mi aveva cresciuta e aveva provveduto a me con così tanto amore.
Si piacevano.
Tirai un sospiro di sollievo.
Samuel fece scivolare la sua mano nella mia e in quell'istante sentii lo sguardo dei gemelli bruciarmi la pelle.
Si accostò e mi poggiò le labbra sulla tempia in modo delicato ed educato al tempo stesso.
I miei genitori si guardarono l'un l'altro e sorrisero.
Ero felice, veramente completamente e profondamente felice.
Spazio Sue
Eccoci arrivati al dunque.
La storia per come l'avevo scritta in origine, al netto delle marachelle dei miei personaggi, sarebbe finita qui.
Ma non sono sicura di essere pronta.
E voi? C'è qualcosa che vorreste sapere del loro futuro insieme?
P.S. la descrizione delle mani di Taylor è vera, sono le mani di mio papà.
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