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Io, Inés Durand, ero la ragazza più fortunata del mondo. O, almeno, lo ero se si parlava di amicizie. Avevo due magnifici migliori amici, con cui ero cresciuta e con cui non mi ero mai persa di vista. Le nostre famiglie erano già amiche ancor prima che noi nascessimo e fu inevitabile che legassimo tra di noi. Il più grande, Pierre, era il classico francese: capelli biondo scuro, occhi azzurri, gran gusto nell'abbigliamento e un accento molto marcato. Charles, invece, era monegasco e i suoi modi sembravano molto più italiani, tanto che non era raro vederlo gesticolare durante un discorso che gli interessasse. I suoi capelli erano castano scuro e li portava sempre con un piccolo ciuffo sbarazzino, che costringeva alcune ciocche a ricadergli sulla fronte. Il colore dei suoi occhi era davvero particolare, niente che io avessi mai visto prima. Per molti anni, non riuscendo a distinguerne il colore, li avevo sempre considerati verdi. No, i suoi occhi non erano per nulla di quel colore. Erano - come lui stesso mi spiegò - un caso particolare di eterocromia centrale: l'esterno dell'iride era azzurro, mentre al centro presentava il verde, il castano e l'oro. Charles era il più goffo del gruppo e ciò lo rendeva anche il più buffo, ma a me e Pierre non importava, era il nostro migliore amico e gli volevamo ugualmente bene. Io, infine, ero la più piccola, la sorellina minore, insomma. Avevo ereditato ben poco dei miei geni francesi, solamente i miei occhi azzurri, quasi color del ghiaccio. A smentire la mia completa appartenenza alla Francia era il colore della mia pelle: essendo mio padre mulatto, io ero nata con la pelle leggermente più scura rispetto a quella di un francese qualsiasi. I miei capelli erano naturalmente castani, ma erano ormai diversi anni che li portavo biondi.
Eravamo tutti e tre diversi, eppure eravamo compatibili. Non avrei mai potuto immaginare una vita senza loro due, anche se, talvolta, diventavano davvero insopportabili. Soprattutto quando si parlava di ragazzi: in quel caso entrambi diventavano estremamente possessivi. Charles un po' di più, perché il rapporto tra noi due era davvero speciale. Ancor più di quello che avevo con Pierre. Il francese, a differenza del monegasco, aveva trascorso la maggior parte dell'adolescenza in un collegio, quindi in quegli anni ci eravamo visti davvero poco. Io e Charles, invece, ci vedevamo ogni fine settimana: una volta era lui a salire, quando non aveva le gare, una volta scendevo io e facevo il tifo per lui. Eravamo cresciuti così e ciò ci aveva portati a diventare davvero inseparabili, anche se, a partire dall'età di diciotto anni, la sua passione lo aveva portato ad allontanarsi sempre più da Monaco e dalla Francia. Io, invece, ero una semplice studentessa universitaria: anche crescendo con due aspiranti piloti, non mi era mai passato per la mente di entrare a far parte di quel mondo. Mi piacevano le auto, così come mi piaceva la Formula 1, ma il mio sogno era un altro: io volevo lavorare nel campo dell'arte, volevo realizzare quadri. Era tutto ciò per cui vivevo e desideravo riuscire nel mio intento. Sapevo di poterlo fare, avevo solo bisogno di grande impegno e forza di volontà. Ma quelli li avevo, grazie a Pierre e Charles.
Quanto sono sciocca, non ho pensato minimamente a parlarvi di come fossero caratterialmente. Pierre era molto estroverso, anche se piuttosto snob: faceva molte amicizie, ma solo poche di loro avevano il "privilegio" di essere realmente considerate importanti. Non era un ragazzo di molte parole, anzi, preferiva piuttosto ascoltare. Era amante della precisione e dell'ordine e proprio per questo motivo rimproverava sempre me e Charles di essere le persone più disordinate che lui avesse mai conosciuto. Era estremamente sentimentalista e questo aspetto del suo carattere era oggetto di derisione da parte mia e del monegasco. A Pierre, in realtà, non dava fastidio, anzi, scuoteva la testa divertito e faceva finta di ignorarci. Nonostante la sua vena romantica, però, il francese aveva avuto davvero pochissime ragazze, perché non trovava mai quella adatta a lui.
Charles, invece, era l'esatto opposto di Pierre in tutto: era introverso e parlava decisamente troppo. Esattamente come me, era fin troppo disordinato, tanto che dubito che ci fosse qualcuno più disordinato di noi due. Era il playboy del gruppo, anche se senza volerlo: a differenza di Pierre che attirava gli occhi su di sé, oltre che per la sua indubbia bellezza, per la cura che riponeva nel suo aspetto esteriore e per quel luccichio di malizia nei suoi occhi, a Charles bastava qualche parola in francese e un sorriso per far sciogliere qualsiasi ragazza. Ciò che avevo imparato con il tempo era che farli uscire con il mio gruppo di amiche non era per nulla una saggia idea, perché poi avrei dovuto sentirle parlare incessantemente di loro e non era esattamente il mio passatempo preferito. Ricordo che, una volta, sbottai contro una delle mie amiche, la povera Marion, perché continuava a ripetermi come fosse bello Pierre quella sera. Le dissi che sarebbe stato meglio per lei se avesse posto gli occhi su un altro ragazzo, perché il mio migliore amico - e marcai quel mio- non aveva alcuna intenzione di intraprendere una relazione. Una vicenda simile accadde anche con Charles, ma lì la scusa che fosse fidanzato bastò alla ragazza per smettere di assillarmi.
Essendo figlia unica ed essendo dunque cresciuta con loro due, erano diventati per me quasi due fratelli maggiori. La paura di poterli perdere era talmente tanta che facevo di tutto purché nessuna si avvicinasse a loro. Sapevo di non poter far terra bruciata, quindi allontanavo qualunque ragazza non ritenessi alla loro altezza. Per mia fortuna, Pierre aveva davvero degli standard molto alti, quindi le sue fidanzate erano accettabili. Charles, dal canto suo, nonostante la nomea di conquistatore, non era per nulla abituato ai corteggiamenti da parte di ragazze, quindi era assolutamente inesperto. Ed era proprio grazie a questo aspetto del suo carattere che riuscivo maggiormente a indirizzare verso di lui quelle che io ritenevo le candidate migliori.
Lo so, non è un qualcosa di cui andarne fiere, ma, andiamo, nessuna di voi è mai stata gelosa dei propri amici? E, poi, verso uno dei due miei migliori amici provavo anche una certa attrazione. Ma che dico, non si parlava di attrazione, ma di un vero e proprio interesse. Volete sapere a chi io mi riferisca? Ecco, colui che aveva conquistato il mio cuore era Pierre. Il suo carattere completamente diverso dal mio in parte mi innervosiva e in parte mi attraeva. Quando era vicino a me avvertivo sempre quella strana e fastidiosa sensazione allo stomaco e quando mi abbracciava o semplicemente stringeva a sé arrossivo e mi veniva la pelle d'oca. Più trascorrevano i giorni, più diventava difficile per me nascondergli i miei sentimenti. Non volevo che lui li scoprisse, perché ero ben consapevole del fatto che lui non provasse per me nessun altro tipo di affetto se non quello che si potrebbe riservare ad un'amica. Ciò mi faceva soffrire, ma era la pura realtà e anche se avessi voluto autoconvincermi del contrario, non avrei potuto far altro se non farmi ancora più male. Nessuno ne era conoscenza, neppure Charles, era un mio piccolo segreto. Avrei tanto voluto provare a conquistarlo, fargli provare ciò che io sentivo quando lui era attorno a me, farlo diventare dipendente da me. Ma non avevo nessuno che potesse aiutarmi nel mio intento. Non avevo molte amiche, il mio gruppo di amicizie era davvero poco esteso, essendo io introversa esattamente come Charles, e nessuna di loro era così fidata da poterle riferire un tale segreto. Questione di pochi giorni e la notizia del mio interesse per Pierre sarebbe finita su tutti i giornali parigini, se non addirittura anche su qualche quotidiano americano! Era una questione molto delicata: una qualsiasi mossa sbagliata da parte mia avrebbe potuto compromettere la nostra amicizia e non me lo sarei mai potuta permettere. Tolte quelle mie poche amiche, non conoscevo nessun'altra persona disposta ad aiutarmi. O meglio, sì, ma non ero del tutto convinta che mi avrebbe aiutata. Charles era il miglior amico di entrambi, non si sarebbe mai potuto schierare unicamente dalla parte di uno dei due. E se poi Pierre gli avesse rivelato che era interessato a un'altra ragazza? Per rispetto verso il suo migliore amico il monegasco non me l'avrebbe mai riferito e avrebbe anche iniziato ad aiutarlo. Scossi la testa, come a scacciare il pensiero. Charles era fuori discussione, eppure era la mia unica possibilità. Potevo scegliere se fare affidamento su di lui e avere almeno l'1% di possibilità di conquistare Pierre, oppure rimanere per sempre la sua migliore amica e soffrire in silenzio qualora lui si fosse fidanzato con una ragazza più bella di me. Era chiaro che, nonostante le titubanze, la mia decisione fosse già stata presa: avrei chiesto a Charles di darmi una mano con Pierre.
Ma ero sicura che lui volesse aiutarmi?
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