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q u a t o r z e

Pierre's P.O.V.

Non ho mai amato bere. Durante le uscite con Charles e Inés o con altri amici, ero sempre l'unico a rimanere completamente sobrio così da poterli riaccompagnare poi a casa ed evitare incidenti. Non ho mai amato bere, eppure quella sera l'ho fatto e me ne pento più di ogni altra cosa al mondo. Giusto, sto parlando come se voi effettivamente sapeste cosa è accaduto la sera stessa del Gran Premio d'Austria. Sarà meglio fare un passo indietro e iniziare a raccontarvi da dove eravamo rimasti. 

La gara si era conclusa con Charles sul podio e con Inés che gli era corsa incontro per congratularsi con lui. Io li avevo osservati in disparte, non così lontano da non riuscire a scorgere tutti i loro movimenti, ma neppure così vicino da poter effettivamente ascoltare i loro discorsi. Li vidi sorridersi, quindi immaginai che avessero chiarito. Mi limitai a mantenere il mio sguardo su di loro, senza un preciso motivo e senza neppure prestarci realmente tanta attenzione. Ero talmente assorto nei miei pensieri che non li sentii neanche avvicinarsi a me e iniziare a parlare, fin quando il monegasco non posò una mano sulla mia spalla per richiamarmi. Lo guardai e lui aveva un'espressione confusa sul volto, quasi si stesse chiedendo se mi fosse successo qualcosa. Continuai a non parlare, attesi semplicemente che mi ripetesse ciò che aveva già detto e che io non avevo sentito. 

«Terra chiama Pierre». Vidi con la coda dell'occhio Inés sorridere divertita. Fissai di nuovo il mio sguardo su Charles dinanzi a me. «Hai almeno sentito una parola di quello che ti ho detto?». Imbarazzato, mi grattai la nuca per poi girare il volto di lato, così che non notasse che ero arrossito. 

«Uhm... Ti dispiacerebbe ripetere?». Lo sentii ridacchiare, ma poi ritornò serio (per quanto una persona come Charles possa esserlo). 

«Ti avevo chiesto se volessi venire nel locale con noi. Festeggeremo il mio podio e vorrei che ci fossi anche tu». Annuii. Era ovvio che sarei andato anche io, era il mio migliore amico e ci conoscevamo praticamente da sempre. Continuò a parlare, ma io non prestai attenzione a nessun'altra delle sue parole. Ero troppo preso dai miei pensieri e forse se ne rese conto, perché dopo un po' chiese ad Inés di aspettarlo dinanzi ai box, perché doveva riferirle qualcosa. Sì, lo ammetto, ho prestato attenzione solo in quel momento, nella speranza di comprendere quale sarebbe stato l'oggetto della discussione, ma Charles era stato fin troppo cauto e non aveva fatto trasparire nulla. Non so dire se lo avesse fatto volutamente o se fosse solamente un caso, ma era riuscito a rendermi curioso. Il problema stava più che altro nel fatto che non potessi chiedere a nessuno dei due delle delucidazioni. Un po' rassegnato, e con la mente ferma alle parole di Charles, mi incamminai verso la mia auto. A quel punto immaginai che Charles e Inés sarebbero tornati insieme in hotel, quindi non mi feci problemi a ritornare prima, così da potermi rilassare prima della serata. In realtà, lo ammetto, non avevo per nulla voglia di uscire a festeggiare. Niente di personale contro Charles, sia chiaro, semplicemente non ero dell'umore giusto. Erano successe troppe cose, tutte in poco tempo, e desideravo solamente un po' di pace. Una volta tornato in albergo ed entrato nella mia stanza, mi diressi direttamente verso la doccia. 

Charles' P.O.V.

Salire sul podio è sempre un'emozione unica, soprattutto quando sono mesi che non corri e arriva in un momento inaspettato. Ero felice di essere riuscito a portare a casa un'ottima seconda posizione, ma ero ancora più felice che ci fosse Inés ad assistere. Era passato così tanto tempo da quando l'avevo conosciuta ed era altrettanto lontano il giorno in cui avevo scoperto di essermi perdutamente innamorato di lei. Ho sempre cercato di nascondere i miei sentimenti, per paura che il nostro rapporto potesse rovinarsi, ma sapere che provasse qualcosa per Pierre mi aveva demoralizzato al punto che quasi non mi interessava più fingere. Non riuscivo a comprendere per quale motivo preferisse lui, cosa avesse trovato in lui di così particolare, cosa avesse lui più di me. Mi ponevo quelle domande e fingevo di non saperne il motivo, quando, in realtà, era piuttosto ovvio. Pierre, fin da piccolo, era quello che attirava sempre più ragazze, grazie al suo modo di fare. Era molto maturo, aveva un fascino non indifferente ed era divertente. Io ero sempre stato molto timido, mi imbarazzava avvicinarmi a una ragazza e tentare un qualsiasi approccio, mentre lui lo faceva con disinvoltura, tanto che, a volte, sembrava quasi che gli uscisse naturale. Non lo odiavo, non avrei mai potuto farlo, ma era inevitabile che provassi rabbia nei suoi confronti ogni qualvolta lo vedessi parlare con Inés. Era ovvio che sapesse i sentimenti della nostra migliore amica, anche i muri se n'erano accorti, ma continuava comunque a flirtare con lei, come se non pensasse minimamente ai suoi sentimenti. Quel suo atteggiamento mi irritava davvero molto, ma non potevo far più di tanto per non rovinare la nostra amicizia. 

«Charles? Hai per caso visto un alieno?». Così parlò Inés, sventolandomi una mano davanti agli occhi per risvegliarmi dal mio stato di trance. 

«Uhm?». La guardai interrogativo, non capendo a cosa si riferisse. Roteò gli occhi e mi sorrise. 

«Avevi detto che volevi dirmi qualcosa». "Che mi piaci", pensai, ma preferii non riferirglielo. 

«Oh, sì, volevo chiederti scusa per il comportamento che ho assunto in questi giorni. Non è assolutamente colpa tua, è solo che è un periodo un po' particolare e-». Mi interruppe, posandomi una mano sulla spalla. 

«Non preoccuparti Charles, è tutto risolto ora. Lo sai già che non riesco a essere arrabbiata con te, quindi, davvero, non farti paranoie per questo motivo. A tutti capitano dei momenti no, non è che perché sei tu, non puoi averli». Annuii, ma non particolarmente convinto. «Smettila di fingere». Spalancai gli occhi e mi trattenni dal non fare lo stesso anche con la bocca. 

«Cosa intendi?». Iniziai quasi a sudare freddo. Aveva per caso compreso i miei sentimenti?

«Charles, è inutile che continui a interpretare la parte del ragazzo perfetto, che non vuole deludere nessuno e che è sempre felice, perché so che non è così. Anche tu hai dei sentimenti, come tutti noi, e vorrei tanto che cercassi di aprirti di più, che mi mostrassi anche la parte più vulnerabile di te». Serrai le labbra e non parlai, né feci alcun cenno. Mi aveva spiazzato e non sapevo come risponderle. «Io ti vorrò bene comunque e come me tutti gli altri. Non sarà certamente la parte più umana di te a farci cambiare l'idea che già ci siamo fatti sul tuo conto». Le sorrisi e abbassai il capo, imbarazzato. Maledetto me e la mia estrema timidezza. «E ora su, andiamo, che dobbiamo festeggiare!». Afferrò la mia mano e iniziò a correre verso il parcheggio, dove si trovava la mia auto. Sentii le solite farfalle nello stomaco e le mie guance si tinsero completamente di rosso, tanto che ringraziai il fatto che avessimo le mascherine. 

Inés' P.O.V.

Non mi era mai dispiaciuto bere, soprattutto alle feste, anche se non mi ero mai propriamente ubriacata. Il senso di impotenza dell'ebbrezza non lo sopportavo, ma grazie al mio alto livello di sopportazione dell'alcol potevo bere e limitarmi a essere brilla. Niente che potesse ledere a me stessa e agli altri, insomma, specialmente Pierre che era solito riportarci a casa dopo un qualsiasi evento in discoteca e non. Quella sera non era stata diversa dalle altre. Pierre ci aveva accompagnati con la sua auto nel locale che Charles aveva prenotato, così che potessimo essere solamente noi e quelli della scuderia. Onestamente, non ero nel mood di festeggiare, ma mi sarebbe dispiaciuto rifiutare, soprattutto considerando che era tutto in onore del mio migliore amico. Una volta arrivati, avevo cercato subito un posto, una poltrona o uno sgabello che fosse, in cui potermi sedere, nella speranza di avere Pierre il più lontano possibile. C'era qualcosa che non andava tra lui e Charles e il mio intento era proprio quello di scoprire cosa fosse. Purtroppo per me, era praticamente impossibile smettere di guardarlo o gettare solamente lo sguardo su di lui. Compresi fin da subito, però, che ci fosse qualcosa che non andava in lui. Pierre non beveva mai, eppure non eravamo neppure arrivati che tra le mani aveva già un drink di cui ignoravo, e tuttora ignoro, sia il nome che il contenuto. Preferii non indagare oltre, comunque era un uomo adulto e vaccinato, mi limitai semplicemente a tenerlo d'occhio, per evitare che potesse degenerare la situazione, e a non toccare nulla, così da essere in grado di guidare al suo posto. Il francese non era per nulla abituato ad assumere alcol, quindi immaginai che con pochi drink avrebbe ben presto perso la lucidità. Non che mi sbagliassi, d'altronde. Charles, dall'altro lato, stava ridendo e scherzando con alcuni membri della scuderia, quindi mi limitai a sorridere e a guardarli da lontano, anche se ogni tanto notavo gettasse l'occhio verso di me, come a controllare che andasse tutto bene, per poi sorridere e tornare a parlare. Ritornai, allora, su Pierre, per verificare che si trovasse ancora lì e lo vidi parlare con un ragazzo, probabilmente anche lui della Ferrari, con un nuovo bicchiere in mano. Continuai a far finta di nulla e mi limitai a sospirare. 

«Succede qualcosa?». Facendomi spaventare, Charles mi rivolse la parola. Non mi ero neppure accorta che si fosse avvicinato. Posai una mano sul cuore e lo guardai. «Oh, scusami, non volevo spaventarti». Sapevo che era sincero, ma la sua risata mi spinse a roteare gli occhi, fingendomi infastidita. 

«Niente di che, solo che non ti sembra strano che Pierre stia bevendo?». A quel punto anche il monegasco puntò lo sguardo sul francese che si trovava al bancone e alzò un sopracciglio, abbastanza confuso. 

«Non credo di averlo mai visto bere, forse solamente quando è arrivato sul podio in Brasile». Annuii, consapevole che le sue parole fossero corrette. «Vuoi che rimanga sobrio così da poter guidare?». Scossi la testa. 

«Charles, questa è una festa in tuo onore, devi divertirti. Rimarrò io sobria, così da potervi poi fare la ramanzina domani». Mi guardò divertito, per poi lasciarmi un leggero bacio sulla fronte e allontanarsi sussurrando "sta' attenta a Pierre". Non ebbi neppure il tempo di rispondere che se n'era già andato. E non era l'unico ad essere scomparso dal mio campo visivo. Proprio il francese, infatti, si era spostato dal bancone e non riuscivo più a vederlo da nessuna parte. Mi alzai dalla mia comoda poltrona e iniziai a girare per il locale, sperando che Pierre non fosse uscito all'esterno. Posi delle domande a qualche uomo della Ferrari, ma nessuno aveva idea di dove si trovasse il francese. Ad un certo punto, proprio quando avevo ormai perso le speranze, lo vidi seduto su una poltroncina, in un angolo piuttosto lontano da dove ci trovassimo prima. Finsi di tossire, così da attirare la sua attenzione su di me ed evitare che si spaventasse, esattamente come era successo prima a me. «Tutto ok, Pierre?». Non mi rispose, ma si limitò a fissarmi, tanto che iniziai a sospettare di avere qualcosa sul volto. Provai a ripetere la domanda, ma tutto ciò che ottenni da parte sua fu "siediti qui", per poi colpire con la mano le sue gambe. Spalancai gli occhi e arrossii, per poi scuotere freneticamente la testa. 

«Mi siederò sulla poltrona davanti a te». Risposi, cercando di mantenere un tono di voce calmo, ma quando provai ad accomodarmi, mi tirò per un polso, costringendomi a sedermi dove voleva lui. 

«Che c'è? Perché fai la timida ora?». Ringraziai fosse tutto buio, perché altrimenti avrebbe visto dinanzi a sé un pomodoro, non più Inés. 

«Pierre, sei ubriaco, fammi seder-». Sbuffò una risata e posò la sua testa sulla mia schiena. 

«Sei già seduta». Volevo controbattere, ma, anche l'avessi fatto, non sarei riuscita a ottenere nulla. Il francese era già abbastanza testardo da sobrio, figuriamoci da ubriaco. «Smettila di essere così tesa, sono sempre io». "È esattamente quello il problema", pensai. «Perché?». Domandò di punto in bianco e io mi voltai verso di lui confusa, costringendolo ad alzare il volto per guardarmi. «Perché ti piaccio?». Spalancai gli occhi, ma non risposi. Glielo aveva detto Charles o lo aveva capito da solo?

«Perché...». Mi interruppi, per poi riprendere. «Tu non mi pi-». Posò la sua mano sulla mia guancia e non mi accorsi di non star respirando fin quando non me lo fece notare Pierre stesso. 

«Perché continui a negarlo?». Con il pollice iniziò ad accarezzarmi, mentre non smetteva di guardarmi. 

«Smettila Pierre, per favore». Mi rivolse un sorriso malizioso. 

«Di fare cosa?». Mi domandò con finto sguardo innocente, per poi avvicinare ancora di più il suo volto al mio. 

«Per favore». Sussurrai ancora una volta, ma non per fermarlo. Ormai non ero più padrona delle mie azioni o, meglio, non lo ero già da quando mi aveva fatto sedere sulle sue gambe. 

«Per favore cosa?». Gli piaceva giocare con me, lo conoscevo abbastanza da sapere che era il suo più grande divertimento. Normalmente, quel poco di dignità che mi rimaneva mi avrebbe fatto desistere dal dirgli ciò che pensavo, ma, in quel momento, non poteva importarmene di meno. Lui era ubriaco, al massimo non avrebbe ricordato nulla, mentre io ero solo follemente innamorata di lui. 

«Baciami». Il mio tono era talmente convinto che sorprese anche me, oltre che Pierre, che non sembrò farselo ripetere due volte. Appoggiò la sua fronte alla mia e con una lentezza disarmante fece scontrare le nostre labbra. Sistemai le mie mani dietro la sua testa e lui portò l'altra mano sul mio fianco, prestando attenzione che quella posizione non fosse troppo scomoda per me. Mi morse il labbro inferiore e approfittò del fatto che avessi leggermente dischiuso le labbra, per approfondire il bacio. Esistevamo solo noi due in quel momento, ma non durò molto perché ben prestò sentimmo qualcuno tossire accanto a noi. Mi voltai di scatto e vidi Charles dinanzi a me, con la bocca spalancata e gli occhi leggermente arrossati. 

Cazzo. 

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