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Charles' P.O.V.

Le prime luci del mattino iniziavano a infiltrarsi dalle persiane, illuminando il volto di Inés, posta sul mio petto. Non avevo dormito granché quella notte, quasi per paura che potesse scappare nuovamente da me. Sorrisi quando si lasciò andare a un leggero sbuffo, per poi spostare un ciuffo dei capelli dal suo volto.

«Scatta una foto, dura di più». Disse all'improvviso lei, ancora con gli occhi chiusi, facendomi saltare e arrossire per l'imbarazzo.

«Non ti stavo osservando». Spostai lo sguardo verso un punto indistinto della camera, cercando di ignorarla. Inés sapeva perfettamente come mettermi a disagio e non perdeva mai un'occasione per prendersi gioco di me.

«E allora perché non mi guardi?». Con la coda dell'occhio, la vidi sollevarsi leggermente, così che i nostri visi fossero più vicini, al punto che, se mi fossi voltato, ci saremmo baciati.

«Merde». Sussurrai, capendo che, ormai, qualsiasi scusa sarebbe stata vana. La sentii ridacchiare, prima che posasse una mano sotto al mio mento e mi costringesse a guardarla.

«Lo sai che sei proprio bello quando arrossisci?». Non mi diede il tempo di coprirmi il volto con le mani, che posò le sue labbra sulle mie, rubandomi un bacio fugace.

«Ti diverte proprio, eh?». Mi sorrise maliziosa, prima di fare spallucce.

«Che posso farci se la tua reazione è sempre così carina?». Mi pizzicò le guance, prima di posare la sua testa sul cuscino e richiudere gli occhi. Mi voltai leggermente verso di lei, cercando di non far notare troppo che la stessi ancora osservando. «È per questo motivo che avevo paura che potessi impegnarti con una ragazza sbagliata per te». Non compresi e attesi che si chiarisse, questa volta mantenendo il mio sguardo su di lei senza imbarazzo. Aprì un occhio e mi guardò, dopo aver voltato il viso verso di me. «Sei davvero troppo innocente per una ragazza qualsiasi». Le sorrisi e mi avvicinai a lei, nel tentativo di baciarla, ma lei mi fermò. «E mi raccomando, non sorridere troppo, altrimenti in troppe potrebbero innamorarsi di te». Scherzò, prima di lasciarsi andare a una sonora risata alla mia espressione confusa. Amavo la sua risata e il fatto che non si vergognasse del suo sorriso, almeno non con me. Continuai a osservarla, sempre con un sorriso da stupido stampato sul volto, felice che, finalmente, Inés fosse solamente mia. Quando se ne accorse, sistemò il mento sul mio petto, per potermi guardare meglio. «A che stai pensando?». Mi domandò, senza mai smettere di sorridere.

«A quando avrai intenzione di baciarmi». Mi lasciai scappare, prima di spalancare gli occhi e arrossire dall'imbarazzo. Ridacchiò, prima di avvicinare il suo volto al mio. Posò una mano sulla mia guancia e io chiusi gli occhi d'istinto.

«Come si dice?». Sussurrò al mio orecchio, chiaramente con l'intento di provocarmi ancora di più, e un brivido mi attraversò la schiena, costringendomi a trattenere il fiato per pochi istanti. Mi diede un leggero morso al lobo, prima di iniziare a lasciarmi una serie di baci sul collo. Stavo per abbandonarmi alla sua provocazione, quando, all'improvviso, un pensiero mi balenò per la mente. Di colpo, invertii le nostre posizioni e mi sistemai sopra di lei. Spalancò gli occhi, non aspettandosi una mia reazione. O, almeno, non quella.

«Davvero, Inés? "Come si dice?"». La vidi sorridere maliziosa, quasi come se non fosse per nulla contraria alla piega che stava prendendo quella situazione. «Puoi fare meglio di così, non è vero?». Quella volta a provocarla ero io, con dei leggeri, quasi impercettibili, baci sulla clavicola.

«Vuoi per caso darmene una dimostrazione?». Continuò lei, senza intenzione di lasciarmi vincere facilmente. Era un gioco che facevamo sempre da bambini, anche se in contesti diversi, e non riuscivo mai a spuntarla con lei. Era forse per questo che mi piaceva così tanto. Era sempre lei ad avere la meglio e a me non dispiaceva affatto. Quella volta, però, desideravo che fosse lei a "perdere" e a lasciarsi andare. Mi riavvicinai a lei con il volto e iniziai a darle degli innocui baci sulla fronte, sul naso e sulle guance, aspettando una sua reazione. La vidi chiudere gli occhi e sorridere, mentre si beava di quella situazione. Con le mani, iniziai a vagare sotto la sua maglietta, alzandola leggermente e soffermandomi sui suoi fianchi, senza alcuna intenzione di correre troppo. Avvertii che stesse trattenendo il fiato e ne approfittai per continuare con la mia scia di baci anche al lato della sua bocca e sul collo, prima che la sentissi imprecare e sbuffare.

«Qualche problema?». Domandai, cercando di trattenere una risata e di mantenere un'espressione seria.

«Sì». Aprì gli occhi per guardarmi e io mi fermai, convinto che stessi andando troppo oltre. «Ti decidi a baciarmi o dobbiamo stare qui fino alla scadenza del tuo contratto in Ferrari?». Le sorrisi provocatorio.

«E tu credi che mi possa dispiacere?». Roteò gli occhi e immaginai che volesse colpirsi la fronte con una mano, per via del fatto che la stessi esasperando. Sapevo che Inés non era un tipo molto paziente, quindi stavo semplicemente cercando di stuzzicarla al punto da ottenere una reazione da lei. Quella che avevo ottenuto era già un passo avanti, ma non era quella che mi aspettavo e che desideravo. Decisi, allora, di giocare di strategia e di sorprenderla. Riavvicinai le mie labbra alle sue, ma, quella volta, mi alzai dal letto e uscii dalla camera, avviandomi in cucina. Non mi soffermai molto a osservarla, per paura di non riuscire a portare a termine ciò che mi ero prefissato, ma riuscii comunque a scorgere la sua espressione sorpresa, con la bocca e gli occhi spalancati. Ridacchiando tra me e me, mi avvicinai ai fornelli, per preparare il caffè. Se dovevo fingere disinteresse, dovevo almeno farlo bene. Non erano passati neppure trenta secondi, quando la avvertii entrare nella stanza. «Amaro come sempre o preferisci il cappuccino?».

«Sei serio?». Mi voltai a guardarla con un'espressione di finta confusione.

«Che intendi?». Roteò nuovamente gli occhi e si avvicinò pericolosamente a me.

«Non fare il finto tonto. Ci stavamo per baciare e tu ti sei alzato e sei venuto qui a preparare il caffè quando sai che nessuno dei due lo beve alle 6 di mattina». Mi afferrò per il braccio e mi fece voltare verso di lei e io non opposi resistenza. D'altronde, era esattamente quello che volevo. Si alzò sulle punte e posò le sue labbra sulle mie, sperando di ottenere una mia reazione. Io, però, non volevo renderle la situazione troppo facile, quindi rimasi impassibile e non ricambiai il bacio. A quel punto, infastidita dal mio comportamento, ma comprendendo che fosse solamente una provocazione, avvicinò le sue labbra al mio orecchio. «Lo sai? Pierre bacia meglio». Con un sorriso malizioso, si allontanò da me e fece per andarsene, ma a quel punto fui io ad afferrarla per il braccio e a farla voltare verso di me. Feci scontrare i nostri corpi e, con entrambe le mie mani sul suo viso, la baciai, noncurante del fatto che, ancora una volta, fosse stata lei ad avere la meglio. Inizialmente era un bacio innocente, ma quando lei sorrise soddisfatta, ne approfittai per morderle il labbro inferiore, così da poter approfondire il bacio. La sentii ansimare sommessamente, prima che iniziasse a provocarmi anche lei, facendo scorrere le sue mani sulle mie braccia e poi sul mio collo, sapendo che era un mio punto sensibile. Quando allontanammo i nostri volti per riprendere fiato, posai la mia fronte contro la sua, prima di parlare.

«Ne sei ancora convinta?». Le domandai, non tanto per essere rassicurato, ma più per sentirmi dire quelle parole che tanto speravo di sentire.

«Credo che dovrai darmene un altro per decidere».

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