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«Non capisco perché tutti voi vi ostiniate a portarmi nella natura con gli animali, quando io ho la fobia di qualsiasi animale non sia cane». Iniziò a lamentarsi Charles guardandosi intorno e rendendosi conto che sarebbe potuto spuntare un serpente da un momento all'altro. Io e Pierre ridacchiammo, divertiti dal reale timore del monegasco di fare un incontro sgradito. 

«Dai Charles non sei da solo e non vedremo nessun serpente, fidati di me». Riferì il francese per rassicurarlo dopo avergli posto una mano sulla spalla. «Cerchiamo di divertirci e di trascorrere un pomeriggio insieme come quando eravamo piccoli. Fa' finta che siamo in uno zoo come in Francia». Charles, per nulla convinto, fissò lo sguardo nel suo con fare ovvio. 

«Appunto, eravamo in uno zoo, non nella natura sperduta». Sbuffò e dal movimento che fece con la testa - la piegò leggermente, guardandoci di sbieco - capii non avesse alcuna intenzione di partecipare a quella escursione. Puntai lo sguardo nel suo, cercando di puntare sulla mia più grande incapacità: fargli pietà. 

«Charles, quando ci capiterà di fare un'altra esperienza del genere? Non sei da solo, Pierre ha ragione, e non ti morderà alcun serpente». Alzò un sopracciglio, non parlando e non spostando gli occhi da me per un tempo indeterminato. Poi sbuffò. 

«Va bene. E non perché tema di non poter provare più tale brivido...». E alzò le mani fingendo entusiasmo ed eccitazione. «...di stare nella natura e rischiare di morire, ma semplicemente perché rimanere da solo fuori potrebbe essere peggio che inoltrarmi con voi nel nulla cosmico». Pierre scoppiò a ridere, sempre più esasperato dall'atteggiamento melodrammatico che aveva assunto, e che ancora stava assumendo, il suo migliore amico. Charles lo ignorò, forse consapevole che stesse allestendo uno spettacolino che avrebbe potuto benissimo renderlo lo zimbello per molto tempo - come se già non lo fosse - e che sarebbe stato difficile per lui liberarsi della nomea di pauroso del gruppo. Pierre, dal canto suo, è vero, si divertiva alla vista del suo atteggiamento e della sua ridicolezza, ma non avrebbe mai tirato in mezzo la sua paura in pubblico e lo avrebbe anche difeso qualora fosse stato deriso da terzi. Per sua indole, si comportava come fratello maggiore di entrambi. «Ora, siccome non ho altra scelta che fare questa escursione con voi, potremmo almeno iniziare? Prima iniziamo, prima finiamo, no?». Non ci diede neppure il tempo di rispondere - sapeva non ce n'era bisogno, perché lo avremmo comunque seguito - che iniziò ad avviarsi per il bosco, prestando attenzione a cosa stesse calpestando, nella speranza di evitare qualsiasi incontro sgradevole. Io e Pierre, scuotendo la testa, ci guardammo negli occhi prima di incamminarci nella stessa direzione del monegasco. 

«Com'è stato il viaggio? È andato meglio dell'ultima volta?». Il viaggio a cui alludeva Pierre era stato davvero terribile, il peggiore della mia vita. La prima parte l'avevo trascorsa a respirare all'interno di una busta, del restante tempo non ricordo assolutamente nulla, poiché sono svenuta e mi sono ripresa direttamente a destinazione.

«Per mia fortuna sì, è stato molto più tranquillo e non ci sono stati problemi». Gli sorrisi, accarezzandomi il braccio. Nessuno dei due parlò, mantenemmo semplicemente lo sguardo su Charles che camminava con passo più svelto del nostro. «Come ti trovi a Milano?». Domandai a un tratto, ricordandomi che erano trascorse sole poche settimane dal suo trasferimento. 

«Mi trovo molto bene, devo ammettere. Milano è più caotica di Bologna, ma mi piace. Tu, invece, come ti trovi a Monte-Carlo?». Feci spallucce. Non mi era stata mai posta quella domanda, neppure dallo stesso Pierre, quindi mi prese alla sprovvista. 

«Bene». Risposi semplicemente. «Non trascorro molto tempo a casa, quando Charles non c'è preferisco andare a fare visita ai miei genitori oppure mi fermo a Nizza tutto il pomeriggio e torno a casa solo la sera. Devo dire però che mi piace davvero molto la vista e ormai sono così abituata a viverci che non potrei mai preferire alcuna città a lei». Annuì serio, capendo esattamente cosa stessi cercando di dirgli. «Come mai non ti trasferisci anche tu a Monte-Carlo? Non è molto lontana da Milano. Cioè, sì, lo è, ma meno del viaggio che fa Charles per andare a Maranello». Mi sorrise, forse un po' colpito anche dalla mia domanda. 

«Credo sia per lo stesso motivo per cui tu non lasceresti Monte-Carlo. Ormai l'Italia è come la mia seconda casa, non so se mi capisci, e poi avere la sede dell'Alpha Tauri così vicina è davvero un vantaggio». Mi diede un leggero colpetto sulla spalla, quasi a rassicurarmi che non fosse per me, ma che davvero pensasse ciò che aveva appena ammesso. Cambiò d'improvviso argomento. «Di chi parlava Charles quando sono venuto a trovarvi?». Alzai un sopracciglio, confusa. Ridacchiò. «Charles aveva detto che ti stavi sentendo con qualcuno». Rimasi per qualche istante in silenzio, fin quando non scossi la testa e puntai nuovamente lo sguardo in lui. 

«Uhm». Ero certa che non sarei riuscita a mentirgli, quindi preferii prendere la via della mezza verità. Ammesso che esistesse. «Non mi sento più con quel ragazzo». Gli sorrisi, probabilmente con un po' troppo nervosismo. Pierre, però, non notò assolutamente nessun cambiamento nel mio atteggiamento e io ringraziai. Non sarei mai stata capace di spiegargli la situazione senza inciampare nelle mie stesse parole. 

«Oh». Disse semplicemente, per poi arrossire leggermente forse per l'imbarazzo della domanda. Per farlo sentire più a suo agio decisi di porgli anche io una domanda. Era da tempo che desideravo sapere se si sentisse con qualcuno e pensai che non mi sarebbe capitata un'occasione migliore di quella per chiederglielo. All'inizio Pierre rimase un po' sorpreso, ma poi si lasciò andare al suo solito sorriso e dischiuse le labbra per parlare, quando, guardando davanti a noi, non notai più Charles e lo interruppi. 

«Pierre?». Mi guardò confuso. «Charles è scomparso». Iniziò a guardarsi intorno, girando anche su se stesso, forse sospettando che si stesse nascondendo. «Charles, se ci stai facendo uno scherzo non è per nulla divertente!». Urlai, sperando che mi sentisse e uscisse allo scoperto. Sentii solo il fruscio delle foglie. 

«Charles, non è decisamente questo il momento per credersi Tarzan». Alzò anche lui la voce. A un tratto sentimmo un urlo e ci guardammo in faccia. «Non so se debba preoccuparmi o se abbia visto semplicemente una farfalla». Esclamò, non tanto sicuro. 

«Inés, Pierre!». Iniziai ad avviarmi verso la voce, sperando di trovare Charles. Prestai attenzione a dove stessi mettendo i piedi e allargai le braccia per evitare di essere colpita dai rami. Pierre era di poco dietro di me e prestava attenzione che non mi facessi male. «Per fortuna siete arrivati. Mi avevate detto che non avrei mai visto nessun serpente, invece guardate qui». Spostai lo sguardo verso il punto indicato dal monegasco e vidi una biscia. Indietreggiai. «Non provate a scappare. Mi avete portato qui e ora mi tirate fuori». Charles cercava di rimanere fermo e di non farsi sopraffare dalla paura, ma era evidente sia a me sia al francese che l'unica cosa che volesse fare in quel momento era scappare il più lontano possibile. 

«Charles, devi indietreggiare e cercare di fare dei movimenti lenti per non spaventarla, altrimenti ti attaccherà». 

«Non vedremo alcun serpente». Scimmiottò lui, imitando Pierre. «La prossima volta che mi fido di voi due, qualcuno mi ammazzi». Non risposi, mi limitai semplicemente a roteare gli occhi. Era spaventato, la sua reazione era più che normale. Iniziò a muovere dei piccoli passi all'indietro, obbedendo alle mie parole e cercando di non inciampare. La biscia non sembrò essere molto interessata a lui, quindi rimase nello stesso identico punto in cui già si trovava e lo fissava, non intenzionata a seguirlo. 

«Non è velenosa, Charles». Lo rassicurai, anche se non ero esattamente nella posizione per farlo, considerando che se si trovava in quella situazione era anche colpa mia. Alzò un sopracciglio confuso e forse un po' diffidente. «Davvero, non lo è, ma se vuoi evitare di essere morso la cosa migliore è muoversi lentamente». Sbuffò e continuò a indietreggiare, fin quando non fu abbastanza distante dalla biscia da poter ritornare a respirare.

«Non vi ascolterò mai più, è meglio che lo sappiate». Pierre cercò di trattenersi dal ridere e, afferrando la mia mano per evitare che a incappare nella biscia o in altri animali fossi io, la aggirammo e ci avvicinammo a Charles. Quest'ultimo, squadrandoci con insistenza dal basso verso l'alto, si lasciò andare a dei borbottii, senza reale significato.

«Andiamocene». Disse il monegasco, rimanendo però sempre fermo, per evitare di perdersi nuovamente. Noi due annuimmo e iniziammo a incamminarci verso l'uscita, gettando più volte uno sguardo a Charles, che mi sembrava ancora un po' scosso. Per fortuna non ci eravamo allontanati molto, quindi ben presto eravamo vicino all'auto di Pierre. «È stata l'esperienza più brutta della mia vita, tutta per colpa vostra». Ci indicò, prima di entrare nella vettura e di chiudere la portiera dietro di sé. Io presi posto nel sediolino posteriore del lato del monegasco, mentre Pierre, scuotendo la testa, prese il posto del guidatore.

«E comunque Pierre non fare il coraggioso, so che anche tu hai paura dei serpenti e dei ragni». Sapevo che Charles avesse ragione, ma non so per quale motivo Pierre riuscisse a non farsi sopraffare come il monegasco. «Ah, Inés la prossima volta ti porto a fare paracadutismo, almeno saremo pari». Il resto del viaggio fu piuttosto silenzioso, io e Pierre non parlammo, mentre Charles collegò la sua playlist al bluetooth della Honda. Posai la testa allo schienale e notai che il monegasco mi stava lanciando delle brevi occhiate dallo specchietto, mentre Pierre non spostò lo sguardo per tutto il tragitto dalla strada dinanzi a lui. Io afferrai il mio cellulare e mi limitai a scorrere tra i vari social. A un tratto, poi, mi ricordai ciò che Pierre stava per dirmi prima che Charles sparisse dalla nostra vista.

«Pierre?». Lo chiamai e lui aggiustò lo specchietto retrovisore così da potermi guardare. «Cosa stavi dicendo prima che Charles si imbattesse nella biscia?». Entrambi alzarono un sopracciglio, non capendo. Charles si spostò leggermente di lato con il corpo, così da ascoltare meglio, mentre Pierre cercò di fare mente locale. Quando ricordò, il suo sguardo si accese.

«Oh sì, ora ricordo». Ridacchiò leggermente e Charles era ancora più confuso. «Sì, c'è una ragazza a cui sono interessato». Il monegasco iniziò ad alternare lo sguardo tra me e Pierre insistentemente.

«La conosciamo?». Domandò Charles, cercando di aiutarmi. Pierre sorrise, ma non rispose. Entrambi lo guardammo confuso.

«È Désirée». Esclamò lui. Io sbarrai gli occhi e Charles quasi si affogò con la sua stessa saliva.

«Désirée? Quella Désirée? La ragazza più snob di tutta Rouen e dintorni?». Continuò il monegasco.

«Non è snob». Rispose semplicemente.

«Amico mio, hai dei gusti pessimi». Controbatté Charles. Pierre roteò gli occhi.

«Tu con Charléne non stai messo meglio». Puntai lo sguardo su Charles.

«Charléne? Chi è Charléne?». Pierre lo guardò.

«Non sapeva nulla?».

«Sapere cosa?». Charles iniziò a grattarsi la testa imbarazzato.

«Charles si sta sentendo con una ragazza». Non so per quale strana coincidenza quella frase Pierre la disse nell'istante in cui giungemmo all'albergo. Spalancai la portiera e uscii di fretta, desiderando solamente scomparire e non vedere più nessuno dei due. Non ero arrabbiata con Pierre, sapevo che non provasse assolutamente nulla per me, ma Charles... Da Charles non me lo sarei mai aspettato. Mi diceva sempre tutto, per quale motivo me lo aveva tenuto nascosto?

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