Capitolo 8 - Cavallo di Troia
"HAHAHAHAHAHAHA"
La sguaiata risata che colpì Lockhart echeggiò nel corridoio senza alcun ritegno; il via vai di studenti che pullulava quell'antro universitario non sembrò troppo colpito da quell'eccesso di ilarità. In molti continuavano a camminare come se nulla fosse, in pochi invece gettavano occhiate curiose alla baldanzosa triade da cui proveniva quel suono cristallino. Il gruppetto incedeva incurante di chiunque orbitasse loro attorno, emanando un'aura di velata superbia e presunzione. Vivevano nel loro piccolo globo di vetro di cui neve veniva scossa di tanto intanto.
"Credevi...credevi davvero che sarebbe venuta?" bonfonchiò Simon tentando in tutti i modi di ritrovare una parvenza di contegno almeno sufficiente per mettere in fila due parole. Si aggrappò alla spalla del biondino facendo sì che si fermasse.
Rudy sospirò esasperato scoccando una veloce occhiata al moro per poi sollevare gli occhi al soffitto e borbottare un secco "Si." controvoglia.
In tutta risposta, Lockhart scoppiò nuovamente a ridere accompagnandosi con una serie di pugni assestati con una certa foga. Rudy continuava a rimanere marmoreamente immobile, con lo sguardo puntato in aria e un guizzo sulla mascella. Se l'imbarazzo e il tedio per quella faccenda di Lila non fossero già abbastanza, ci pensava Lockhart a infilare il dito nella piaga e rigirarlo con quella sua attitudine fastidiosamente noncurante del prossimo. Davvero, non si stava reggendo in piedi dalle risate! Continuava a tenersi lo stomaco dolorante e a trastullare la povera spalla del suo amico, prendendolo esplicitamente in giro.
A quel punto Nick incrociò lo sguardo sempre più fosco del biondino e si affrettò ad intervenire, facendolo allontanare di una manciata di centimetri.
"Povero credulone."
TAC, ecco una nuova affilata stoccata da parte del narratore che ripreso dai suoi sghignazzanti spasmi, si levò gli occhiali prendendo a strofinarne le lenti, l'ombra di un sorriso ancora impressa in volto.
"Hai finito?" domandò ancora ambiguamente quieto Rudy, evidentemente a furia di avere Lockhart attorno la sua soglia della rabbia stava lievitando sempre di più, un'altra settimana e avrebbe sviluppato una resistenza alle stronzate degna di un monaco stoicista rintanato in una capanna sul picco dell'Himalaya.
"Quella non sarebbe venuta neanche sotto tortura."
"Cosa suggerisci allora?"
"Cambia approccio." Mugugnò Lockhart dopo essersi infilato in bocca l'immancabile lecca-lecca alla ciliegia; i tre ripresero a camminare avventurandosi in cortile dove il sole batteva bruciante in ogni angolo tanto da far ribollire il cemento ai loro piedi. "Lila Hazon non è una ragazza qualunque, ha inseguito criminali efferati e che tu le stracci un dipinto o le buchi una gomma non fa alcuna differenza perchè avrà avuto a che fare con cose ben peggiori."
Già, la vera, cruda e schiacciante verità. Ovviamente servita da niente di meno che il grande Simon Lockhart, ovviamente privo di peli sulla lingua. A dirla tutta, Rudy cominciò a sentirsi un vero e proprio cretino per aver anche solo pensato che quel suo mediocre bullismo da scuole medie potesse far piegare un colosso come Licorice, dopotutto quel nome era leggenda. Incrociò le braccia al petto sospirando pesantemente.
"Va bene, supponiamo che tu abbia ragione...come la convinco ad aiutarmi?"
"Rifletti Generale, quella ragazza viene da un mondo molto vicino al tuo, il mondo della giurisdizione americana e le sue varie piccole e astruse concamerazioni. Ci deve essere qualcos'altro oltre alla vernice sul gomito che possa aver acceso in te una qualche piccola minuscola lampadina." Lockhart affilò lo sguardo dietro le lenti ben lucidate, ispezionando il viso concentrato del suo amico, sembrò assorto in qualche astrusa ponderazione che non riuscì a decifrare. Poi, allo stesso modo in cui le nubi di diramano e il sole illumina il paesaggio, i suoi lineamenti si rilassarono aprendosi in una lieta smorfia soddisfatta, vittoriosa. Le sue labbra si schiusero in un sorriso raggiante, mentre i suoi occhi luccicarono.
"Hai perfettamente ragione."
Lockhart sembrò compiacersi a quelle parole, chiuse gli occhi rigirandosi il lecca-lecca in bocca lasciandosi trasportare dalla fede e dalla soddisfazione che finalmente i suoi preziosi suggerimenti avessero colto nel segno.
Rudy scosse il dito in aria, con sguardo vacuo come se quelle sue meravigliose sinapsi lo avessero condotto ad una conclusione sensazionale.
"La sedurrò."
Lockhart aprì gli occhi di scatto, smettendo di crogiolarsi nella sua illusoria vittoria personale.
"Cosa?"
"Perchè non ci ho pensato prima." continuò il paladino parlando più con sè stesso che con lo pseudo amico. "Perchè sforzarsi tanto se esiste una via molto più semplice."
"Ehm...non intendevo questo."
"Ma si invece!" gli diede un amichevole pugno sulla spalla. "Ogni tanto tra le tante cazzate che spari dici cose sensate, Lockhart." sorrise ricevendo in tutta risposta un'occhiata che era un misto tra l'esasperazione e il disgusto, ma che fu ampiamente ignorata.
"Lila è una cacciatrice forse, una leggenda, quello che vuoi ma prima di tutto è una ragazza adolescente! E cos'è che ogni ragazza vuole?"
"Tu sei un povero idiota." scosse la testa l'altro saltando giù dal muretto sul quale si era issato, ormai arreso alla totale inettitudine di Rudy.
"Il principe azzurro!" esclamò allargando le braccia.
Silenzio.
"E saresti tu?" domandò Nick facendo finalmente il suo ingresso in quel dibattuto scambio di opinioni. Non sembrava molto convinto sul quadro propinato dal suo amico.
"Che vorresti dire, Nick?"
"Niente, niente."
"Mi sembra lapalissiano che io ci sappia fare con le donne."
Il moro emise un accentuato verso di scherno, esplicitamente derisorio.
"Non funzionerà: il tuo ragionamento è stupido." Gli puntò contro il leccalecca grondante di saliva a pochi centimetri dalla faccia. "Sai ci sono donne la cui massima aspirazione non è l'attenzione maschile, ma la tua mente sottosviluppata non è ancora pronta a questo discorso."
"Ma fa un po' come ti pare, dopotutto chi sono io per fermarti!" esclamò camminando all'indietro sul punto di congedarsi, con una mano in tasca e il suo solito ghigno malizioso.
[...]
Il giorno dopo, sul finire delle lezioni, Rudy si piazzò nel parcheggio del campus con un piano e un acceso ghigno compiaciuto ad accompagnarlo in quella sua disdicevole impresa. Ma il sorriso arrogante presto sbiadì; gli angoli della bocca calarono in giù insieme al sole che velocemente segnava la sua discesa oltre il filo dell'orizzonte tinto di ocra, brillante come l'orlo in fiamme di un foglio di carta. Rudy sedeva da ormai un'ora e quaranta tre, sullo scomodo gradino del marciapiede a scrutare la moto di fronte a lui con la mano a reggersi la testa.
"Da quando mettere a posto un paio di pennelli richiede così tanto tempo." mugugnò seccato mentre accendeva il display del cellulare. Si ritrovò a sollevare drammaticamente gli occhi al cielo lasciando ricadere la testa a penzoloni. A breve avrebbe cominciato a fare buio; aveva sprecato ore preziose per quella piccola megera dai capelli biondi.
"AHH! Fanculo!" sbottò alzandosi in piedi. Guardando dall'alto, torvo in viso, le cifre e le lettere che spiccavano sulla targa della moto.
"Questa è la sua moto." constatò dando voce a ciò che continuava a ripetersi da quasi due ore. "Non ci sono dubbi, la targa è quella. Dopotutto ho un talento per ricordarmi combinazioni di cifre insignificanti come questa, su un'altrettanto insignificante cosa appartenente ad un'altra insignificante persona!" sbottò in un crescendo finendo col recitare un brillante e disperato soliloquio in quel desolato parcheggio. La stizza gli infervorava le guance e finì quel motivetto tirando un calcio al veicolo.
Tuttavia, e non seppe dire nemmeno Rudy come, il suo piede colpì la parte del telaio...in metallo.
"Porca troia!" guaì dal dolore cominciando a zoppicare tenendosi il piede. Si morse un labbro appoggiandosi alla sella della motocicletta chiudendo gli occhi e inspirando profondamente per lasciar dissipare il dolore a furia di pugnetti ripetuti sulla scrosciante pelle che rivestiva il sedile.
Silenzio.
Il dolore tacque, era passato e con esso la voglia di trascorrere ancora un altro minuto vicino a quella moto infernale. Ma quando si voltò per poco l'anima non evaporò dal suo corpo non lasciando altro che una carcassa insignificante: emise un urletto ben poco virile che dopo la pessima performance di danza a mò di fenicottero diciamo che avrebbe abbassato i valori del suo charme di qualche decina di punti.
"Cristo!" imprecò squadrando da capo a piedi la figura che torreggiava, su quel marciapiede su cui poco prima lui era seduto, come un fantasma giudizioso. I capelli lasciati sciolti, alla luce del crepuscolo sembravano fili di grano chiarissimo, gli occhi assottigliati per quella stessa luce erano come al solito impostati in una gelida espressione. Indossava una t-shirt sotto ad una camicia larga aperta e una minigonna aderente.
"Da quanto tempo te ne stavi lì in piedi." Rudy era visibilmente sbiancato a vederla lì così, apparsa dal nulla nelle fattezze di uno spettro vendicativo. E ben presto cominciò a chiedersi come fosse possibile che nel silenzio generale non avesse sentito il rumore dei suoi passi farsi strada alle sue spalle? Maledizione, avrebbe potuto ucciderlo lì in quel parcheggio e non se ne sarebbe mai accorto nessuno, non se ne sarebbe accorto nemmeno lui!
"Abbastanza." fu tutto ciò che disse prima di fare qualche passo in avanti e avvicinarsi al ragazzo spaventato. Rudy si schiarì la voce tornando al suo solito contegno. Lila gli lanciò un'occhiata perlustrante, dalla testa ai piedi. Andò avanti di qualche passo per ispezionare anche la carrozzeria della sua vettura, mantenne per un tempo fin troppo prolungato i suoi sagaci occhi sul biondino, che arretrò di qualche passo indietro un po' per lasciare lo spazio di compiere la sua perlustrazione e un po' per sfuggire alla presa di quelle fauci sotto forma di iridi di ghiaccio.
Pizzicò le gomme assicurandosi che fossero gonfie a dovere e si raddrizzò.
"Niente coltellate oggi?" domandò calma alludendo probabilmente al dipinto rovinato.
"No, ero venuto proprio per questo." sospirò il ragazzo avvicinandosi a lei. "Per scusarmi" Abbassò lo sguardo per poi risollevarlo alla ricerca di un qualche tipo di reazione che tuttavia non arrivò. Lila era appoggiata al sedile, le braccia in grembo e le palpebre immobili. Sul serio! Non batteva neppure ciglio.
Ma Rudy non demorse affatto, anzi sembrò colto da una determinazione ancora più disincarnata.
"Ho esagerato, non avrei dovuto tenderti quell'imboscata in classe nè distruggere il tuo lavoro. Ed è per questo che..." sollevò l'indice per esortarla ad aspettare. Si allontanò verso la sua auto, parcheggiata poco più in là, e dal bagagliaio trasse qualcosa.
Una tela.
Grande all'incirca quanto quella su cui stava lavorando il giorno prima.
"Non sei come le altre, non potevo cavarmela con dei fiori o dei cioccolatini." ridacchiò sfoggiando il migliore dei suoi seducenti sorrisi.
Dal suo canto, Lila non abbassò nemmeno lo sguardo su quel generoso dono, continuava a tenere gli occhi su di lui impassibile.
Sormontava un abissale silenzio tra i due, nulla in quel parcheggio si muoveva, nulla dava segno di vita. Per un lampante attimo Rudy si sentì smarrito, svanito in quel vuoto, nel quale non uno scroscio intercalava. Per un lampante attimo quel silenzio sembrò risucchiare addiruttura i suoi pensieri, lasciandolo con una sola scabrosa domanda: cosa faccio?
Serrò le labbra e avanzò di un passo.
Piano.
Pacato.
Ma Lila non sembrò reagire negativamente per cui accorciò ancora di un passo la loro distanza. Era come un aberrante caccia al gatto, doveva raggiungerlo, ma doveva fare piano o sarebbe scappato.
"L'arte va incoraggiata."
I loro volti erano ormai a una dozzina di centimetri di distanza.
"E io non l'ho fatto abbastanza."
I loro sguardi sembravano tessere una tela sempre più intricata, intrecciata: erano saldi l'uno all'altro, ma non c'era niente. Rudy sembrò spalancare le palpebre un po' di più, ma dentro di sé si sentiva come se le stesse socchiudendo alla ricerca di qualcosa, di un segno, una linea poco marcata. Qualunque cosa. Ma era solo un ragazzo di fronte ad un muro bianco.
Non demorse.
"Non pensavo davvero le parole che ti ho detto ieri." mormorò avvicinando le labbra al suo orecchio poi, sorrise divertito. "Hai un po' di pittura proprio qui." fece per pulirla con il pollice, ma prima che il suo polpastrello potesse entrare in contatto con la sua guancia la sua mano fu schiacciata brutalmente da quella più piccola ma incredibilmente più forte della ragazza.
Rudy sbarrò gli occhi mentre il suo polso veniva ruotato ad un'angolatura quasi innaturale e terribilmente dolorosa.
"Ehi!" esclamò corrugando la fronte e sollevando repentinamente lo sguardo dalla sua mano al suo aggressore. Lila non si era minimente scomposta, l'unica cosa che fece fu avvicinarsi - placida, come una pantera si avvicinava alla sua antilope - spingendo ad indietreggiare il biondino.
"Io ti stavo chiedendo scusa!" si giustificò e a quelle parole il dolore si intensificò finchè non emise un urlo.
"Cazzo! Stronza psicopatica!"
Schiacciato come una mosca, ecco tutto quello che aveva ottenuto Rudy. Be' forse persino le mosche lo avrebbero compatito in quello stato.
"Trovo che tu sia un essere infimo e degradante se pensi che basti questo patetico tentativo di manipolazione per costringermi a lavorare per te." disse in tutta calma, come se stesse commentando il meteo.
Egli emise un verso di scherno, roteando gli occhi. "Già è stato patetico perchè una racchia come te non merita il benchè minimo segno di apprezzamento."
Lila lo ignorò e infilò il casco salendo sulla moto. "Uno come me te lo potresti solo sognare."
"Spero di passare il resto delle mie notti insonni allora."
"Lo sai perché questo 'patetico tentativo di manipolazione' ha fallito? Perché anche sotto tortura il mio corpo si rifiuta di provarci con te, il solo pensiero è raccapricciante."
"O forse perché sei una testa di cazzo con il quoziente intellettivo inferiore al tuo numero di scarpe." ribatté con nonchalance mettendo in moto.
"Stronza di merda! E per la cronaca, i tuoi scarabocchi del cazzo facevano schifo davvero, si dicevo proprio sul serio!" il rombo del motore coprì il resto dei suoi insulti e senza ulteriori indugi Lila Hazon uscì dal parcheggio investendo la tela che fu brutalmente distrutta.
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