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Capitolo 3 - Il gatto e il topo

"Sei qui!" esclamò una voce divenuta ormai straordinariamente famigliare sovrastando il trambusto e il volume alto della musica che aleggiava nella casa. Nel momento esatto in cui il biondino si voltò, alle sue spalle i suoi compagni di bevuta esplosero in concitate urla d'esultanza, con tanto di tipici bicchieri rossi sguainati al cielo e immancabili brindisi maldestri che rovesciarono un'ingente quantità di bevanda a terra. Rudy incontrò l'esile figura di Valery, in piedi davanti a lui con uno sgargiante sorriso e le guance arrossate. Un sorrisetto appena accennato gli stirava le labbra donandogli un fascino non indifferente.
Da amante del poker, Rudy possedeva una serie di consapevoli assi nella manica. Il giusto sguardo, la giusta intonazione, la giusta vicinanza al momento giusto. Calcolava ognuno di questi piccoli dettagli quando doveva sedurre una donna o un uomo. Quel di cui non era consapevole è che nella stra grande maggioranza dei casi i suoi obiettivi rimanevano ammaliati da gesti ed espressioni per nulla calcolati. Quel ghigno era uno di quelli, spontaneo, disinvolto, ma ugualmente ammaliante. 
Una volta qualcuno disse che nella famiglia Miller c'erano geni magici perchè erano tutti indistintamente dei gran manzi, be' quel qualcuno aveva ragione. Val avrebbe concordato. 

"Val, è bello vederti" I capelli biondi scompigliati, l'ennesimo bicchiere di birra tra le mani e il crescente baluginio nei suoi occhi che tornò a modulare a suo piacimento, come una manopola immaginaria. Valery si schiarì la gola cercando di non far vacillare timidamente il suo sguardo.

"Ti stai divertendo?" domandò titubante non sapendo bene cosa dirgli.

"Ora che sei qui anche di più." la squadrò dalla testa ai piedi e subito dopo un altro coro di giubilo tornò ad esplodere, talmente acceso da infrangere loro i timpani. Rudy decise di spostarsi e le posò una mano dietro la schiena conducendola verso un luogo meno popolato da trogloditi. 

Costituiva un pezzetto di decennale tradizione della confraternita, quello di innauguare l'anno accademico tramite una grintosa baldoria in cui fluivano fiumi di alcol ed erba. Per i confratelli ciò costituiva il 'grande stile', una dimostranza ormai datata e priva di particolare originalità che ormai si trascinava negli anni con comunque grande acclamazione. Oh e naturalmente il birra pong era un must ed era proprio nei pressi di quel gioco che la ragazza dai capelli castani aveva individuato l'alta e snella figura di Rudy intento a sorseggiare la sua bevanda ridacchiando sommessamente nell'osservare la goffagine con il quale il suo amico Nick si faceva stracciare a quella che probabilmente era già la seconda partita. 

Scovato un angolino tranquillo, con un divano libero, Rudy vi si accasciò di peso con un tonfo sordo che si mischiò indistintamente alla melodia della musica, un rombo che faceva tremare il linoleum ai loro piedi e i vetri della casa. Valery si accomodò accanto a lui che con disinvoltura si avvicinò portando la bocca vicina al suo orecchio. A Valery parve diverso dal solito, più rilassato, meno arcigno e quel suo lato le piaceva.
Quando emise il suo sussurro, con voce calda e suadente, il suo respiro caldo le sfiorò la pelle facendole venire la pelle d'oca.

"Non ti ho ancora detto che sei bellissima" terminò di scandire l'ultima parola, ma la sua bocca indugiò e per un secondo di troppo non si scostò rimanendo ad un'impressionante vicinanza. Era un gesto apparentemente sciolto, naturale, ma internamente (anche se alticcio e sull'orlo di una sbronza bella e buona) lui, calcolava. Prendeva le misure tra di loro, modulava il respiro, contava gli attimi. Aveva l'abilità di scomporre e dissezionare un gesto dalla semplicità disarmante, al fine di conquistare un nuovo cuore.
Inevitabilmente la ragazza arrossì ancora di più di quanto già non fosse, portandosi i capelli lisci e scalati, di un castano color cioccolato, dietro l'orecchio.

"No, ma questa è l'occasione giusta" 

Rudy sorrise allontanandosi per poter guardarla in volto.

"Lo è" mormorò concentrando i suoi occhi verdi in quelli nocciola di lei. Tuttavia quando tentò di accorciare la distanza che li separava una seconda volta, quando non rimasero che pochi centimetri e il suo sguardo era sceso languidamente sulle sue labbra scarlatte ella per qualche motivo si tirò indietro. 

"Ehm..." appoggiò una mano sul suo petto, fasciato da una camicia bianca leggermente sbottonata che lasciava intravedere il solco tra i pettorali "Magari..."

Rudy inarcò un sopracciglio raddrizzandosi.

"Magari potremmo andarci piano, conoscerci meglio..." 

Conoscersi meglio? 
Quelle parole risuonarono nella sua mente come due aberranti macigni, come un boccone andato di traverso. Non era certo quello il suo modus operandi e credeva che la sua reputazione lo precedesse abbastanza da non dover addurre antiestetiche precisazioni che non facevano altro che guastare l'atmosfera. Ma si rese conto che arrivati a quel punto erano doverose. 
Dopo quell'attimo di ponderazione portò lo sguardo su di lei, pronto a dissipare le sue mere speranze da romanzetto rosa. Eppure qualcosa glielo impedì. 
Che fosse il suo sguardo da cerbiatto o il cuore che improvvisamente prese a battere più trepidante, non ne ebbe idea. 
Inspirò profondamente.

"Ma certo" mascherò il disappunto con un altro dei suoi sorrisi seducenti, ma un guizzo della mascella serrata lo tradì. 

"Non ti da fastidio?"

"No, certo che no. Scusa, sono un po' ubriaco" 

"Quindi...dici che un altro drink è troppo?" 

"Non rifiuto se offerto da te" ammiccò mentre ella si alzava per andare a servirsi in cucina. La guardò dal basso, sfiorandole una mano prima che si dileguasse, in un altro di quei gesti calcolati e seduttivi.
Ma quando la sua figura scomparve dalla sua vista non potè fare a meno di sciogliere i nastri che reggevano su quella maschera divenuta ormai scomoda in favore di un'espressione di inedia. 

Davvero un ottimo lavoro.

Sospirò pesantemente chiudendo gli occhi e massaggiandosi il ponte del naso, intanto un peso sprofondò nel posto sul divano accanto a lui.

"Allora Casanova..." proruppe Nick sistemando i piedi sul tavolino di fronte. "La ragazza non ha ceduto al primo colpo." 

"Sta' zitto."

"Cos'è, hai perso il tuo charme?" 

"Chiaramente non la vediamo allo stesso modo." 

"Vuole una storia seria oh oh!" ridacchiò per poi bere a grandi sorsi dal suo bicchiere. "Non la manipolerai solo per portartela a letto come un altro trofeo?" 

Rudy fece una smorfia lanciandogli un'occhiata di sbieco. "Non sono un mostro, certo un truffatore a poker e un potenziale evasore fiscale si, ma non gioco con i sentimenti delle ragazze. Ho sempre messo in chiaro le cose e lo farò anche sta volta." 

Nick roteò gli occhi non totalmente convinto dalla faccenda, sembrava voler convincere più sé stesso che l'amico e l'atteggiamento in sè non prometteva grandi cose.

"Ma sai una cosa?" continuò cambiando argomento e distogliendo l'amico dalle sue momentanee elucubrazioni "Avevi ragione. Mi ci voleva una pausa da Hazon, Licorice o come cavolo si chiama." sollevò il bicchiere ormai vuoto soddisfatto di aver posato quel macigno almeno per quella serata, nonostante ci fosse voluta tutta la sua buona volontà e concentrazione per farlo. 

"Non l'avresti trovato comunque dannandoti come un ossesso." osservò Nick facendo roteare l'ultima gocciolina di birra lungo il solco sul fondo del bicchiere ormai anch'esso vuoto.

"Esatto, quindi per stasera il mio obiettivo sarà semplicemente godermi la festa." 

"Ben detto."

"E non pensare a niente."

"E non pensare a niente." fece eco il suo amico accompagnandosi con un rutto che terminò in un singhiozzo bizzarro. Rudy chiuse gli occhi appoggiando la testa allo schienale del divano, la musica rimbombava nelle sue orecchie e sentiva il suo cuore rimbombare a sua volta nella cassa toracica. Un miscuglio di chiacchiere e risate che aleggiava nell'ambiente. I suoi lineamenti erano rilassati per quanto il caotico ambiente sembrasse renderlo un paradosso, il suo pomo d'Adamo si mosse mentre le luci stroboscopiche accentuavano il suo profilo ben delineato, dalla linea dritta del naso alla curva morbida delle labbra e del mento, fino alla gola. Sarebbe anche potuto crollare a dormire se non fosse stato per un suono che all'improvviso la fece rinvenire.

Hazon

Hazon

Hazon

Corrugò il viso e spalancò gli occhi voltandosi verso il suo amico che come lui aveva teso un orecchio. 

"Hai-"

Annuì e prima ancora che dicesse altro Rudy scattò in piedi ispezionando il salone. I suoi occhi inquisitori si posarono su un gruppetto di ragazzi accanto ad un ingombrante quanto inutile camino, intenti a lanciare occhiate tra il curioso e il riverente verso un punto offuscato dalla folla. Rudy serrò la mascella abbassando appena il mento con la lampante convinzione che sta volta non gli sarebbe sfuggito. 

"E' Hazon?"

"Si, è qui." 

"Eh? Hazon?" 

A grandi falcate raggiunse il capannello di cospiratori e con un sopracciglio inarcato squadrò ognuno di loro in attesa di considerazione. I giovani studenti sollevarono lo sguardo sussultando di fronte alla tenacia e all'intransigenza che trasmetteva la sua espressione. Incredibile quanto fosse stato rapido il cambiamento, ma seppur piuttosto brillo, del Rudy rilassato era svanita ogni traccia.

"Dov'è Hazon?"

"Crediamo sia qui, o almeno è quello che ci è sembrato." rispose una ragazza.

"L'avete visto?" 

Annuirono ancora. "Ma potremmo esserci sbagliati." 

Ma no, non si erano sbagliati perchè presto un gruppo più folto si era trovato a sussurrare il suo nome come una sorta di silenziosa preghiera. Come un marinaio attratto dalla voce delle sirene, Rudy avanzò di qualche passo seguendo quel coro sommesso con la bocca serrata e i pugni stretti lungo il corpo.

"L'hai visto?" domandò Nick allungando il collo a più non posso. 

"No, ma non mi scapperà." detto ciò scansò un tizio che per poco non si rovesciò la birra addosso e seguito dai suoi improperi si addentrò nella calca seguendo gli sguardi e i mormorii concitati. 

"Rudy aspetta, non sai neppure che faccia abbia!" gridò Nick alle sue spalle per farsi udire oltre il frastuono emesso dalle casse fin troppo vicine. Tutto intorno a lui, un marasma di corpi scatenati che, dimenticando ogni ritmo, si dimenavano in danze grottesche e impacciate. Colpito dal fascio di luce intermittente e dal tanfo di sudore mischiato all'alcol, Rudy fu costretto ad assottigliare lo sguardo e arricciare il naso. E intanto incedeva determinato, scansando chiunque malcapitatamente fosse a tiro.

Hazon

Quel nome riverberava nella sua testa come il ronzio di un calabrone; desiderava dare una forma a quel suono, una figura, un corpo, un volto. Il suo ultimo appiglio.

Non poteva andare avanti così.

Poi d'un tratto svanì.

Ogni vago sentore della sua presenza svanì così com'era apparso e in un attimo di tetra lucidità, Rudy era rimasto in mezzo alla pista da ballo, immobile, a sprofondare in quel silenzio figurato. Come se quei sussurri concitati che aveva udito non fossero altro che frutto della sua immaginazione, il ronzio che perpetuava nella sua mente evaso al di fuori in uno spietato scherzo dell'alcol. Improvvisamente alle sue domande non ricevette altro che sguardi perplessi e interrogativi.
Il nome di Hazon era diventato nuovamente estraneo agli occhi del mondo.
Una raccapricciante sensazione serpeggiò sotto forma di brividi lungo la sua pelle.

Sospirò teso e stringendo i pugni e si dirisse in cucina, nel patio, al piano di sopra, nei bagni, nelle stanze al piano di sopra; perlustrando ognuno di quegli antri con le pupille accese di una rabbia nuova. Una falena impazzita ingabbiata da un bicchiere capovolto. 

Chi avrebbe potuto dire se una mano non stesse artigliando quel figurato bicchiere? Una mano appartenente ad un corpo osservante, dall'alto, quegli stessi impacciati battiti d'ali, come un gigante incuriosito, dalla vena sadica e spietata, e con il suo fulgido occhio spalancato.

"Allora l'hai trovato?" 

"No" ringhiò a denti stretti, le sopracciglia disegnavano una curva arcigna sul suo viso spigoloso mentre ancora una volta incedeva a passo spedito verso il centro della sala. Colto da un momentaneo scatto d'ira salì su una sedia e con un balzo sul tavolo, facendo sussultare visibilmente un gruppo di ragazze nei paraggi che si portarono le mani al petto. Molte teste si voltarono nella sua direzione e a quel punto Rudy scosse la mano in prossimità del collo facendo cenno al dj di interrompere la musica. L'attimo dopo la sala piombò nel silenzio, ma si protrasse per un attimo irrimediabilmente breve perchè subito si levarono voci di protesta e lamenti concitati. 

"Un attimo di attenzione!" proruppe sollevando la mano. "Sto cercando Hazon, qualcuno ha visto dov'è andato?"

"EHI" esclamò un ragazzo dai capelli lunghi alzando la voce per farsi sentire dal fondo della stanza. "Questo tizio ti deve dei soldi?" domandò scuotendo la testa e inarcando un sopracciglio. Le braccia aperte e l'espressione visibilmente irritata. Per un istante Rudy credette fosse lui, che fosse Hazon.

"Ehm...no." corrugò la fronte battendo più volte le palpebre perplesso da quella domanda decisamente inaspettata.

"E allora non romperci le palle per queste cazzate." Rudy rimase immobile mentre la musica riprendeva come se nulla fosse e tutto tornava alla normalità lasciando in lui nient'altro che la desolata sensazione di essersi reso infinitamente ridicolo e una nuova. Un pallino luminoso che crebbe a dismisura inondando ogni cosa di una luce superba e rivelatrice, perchè in quel momento Rudy non provò sdegno o fastidio, ma la collera di essere involontariamente e inconsapevolmente diventato preda dei giochetti del cacciatore.  

Scese dal tavolo e colse Nick assieme a qualcun altro.

Simon Lockhart. 

Ma mentre il primo sembrava piuttosto dispiaciuto per l'amico, l'altro sembrava apertamente divertito. Era una di quelle presenze che non passa di certo inosservata; era l'unico ad indossare una camica e una giacca con la cravatta storta e i capelli scuri scompigliati, ed era l'unico a reggere un bicchiere di vetro.

"Che vuoi Lockhart?" sputò acido squadrandolo un momento prima di allontanarsi.

"E a quel punto il protagonista uscì di scena sconfitto, aveva perso una battaglia ma non la guerra." cantilenò puntando lo sguardo in alto nel vuoto indicando con il palmo della mano dove immaginava prendere forma le sue parole. Dopodichè emise un verso di scherno e portò la stessa mano in tasca mentre con l'altra avvicinava il bicchiere alla bocca contemplando il liquido al suo interno.

"Ti annoi?"

"Diciamo di si." fece spallucce prendendo un sorso. Rudy entrò nello stanzino che faceva da guardaroba e afferrò la sua giacca infilandosela in fretta e furia.

"Be' trovati un hobby che non sia rompermi le palle." sbottò aggressivo. 

"Ouch!" esclamò sarcastico il ragazzo. Accanto a lui Nick non aveva abbandonato la sua espressione apprensiva.

"Te ne vai?"

"Si, mi sono rotto le palle e ho mal di testa."

"E come farai con Hazon?"

"Troverò quel bastardo a tutti i costi. Adesso ancora di più."

"E' veramente strano." mormorò Nick tra sè e sè corrugando la fronte. 

"Non è compito del narratore dare suggerimenti al protagonista, ma...be' mi pare ovvio che il nostro cacciatore stia giocando con te come il gatto con il topo." arcuò l'angolo della bocca lanciando un'occhiata prima all'uno e poi all'altro. Rudy sollevò lo sguardo su di lui e assottigliò gli occhi, dare voce a quella schiacciante impressione non faceva che renderla più concreta e lui la detestava.

"Non vuole farsi trovare è evidente." borbottò interrompendo di colpo i suoi movimenti e posando lo sguardo nel vuoto. "Pensavo di essere io a dargli la caccia, ma è riuscito a capovolgere la situazione." un impercettibile sorriso comparve sulle sue labbra, ma fu rapidamente scacciato in favore di un'espressione agguerrita e risoluta.

"Un talento del genere deve essere mio. Hazon deve essere mio."

Lockhart all'udire quelle parole emise un verso sbeffeggiante "E' un cacciatore Miller, conosce a sufficienza l'arte del nascondersi." 

"E va bene, tu che suggerisci di fare, Lockhart?" 

Ancora una volta il ragazzo sorrise facendo ondeggiare il contenuto del bicchiere.

"Io non suggerisco proprio nulla, io sono il narratore."

"Ohh ma falla finita, se devi darmi il tormento almeno sii utile." Il moro fece per pensarci su, sollevando lo sguardo al soffitto e arricciando le labbra.

"Pensa per assurdo, non seguire il sentiero libero del labirinto, abbatti i vicoli ciechi." e detto ciò si dileguò sollevando il bicchiere finemente intagliato in sua direzione a mo' di brindisi. Rudy rimase interdetto, la bocca storta in una smorfia e le sopracciglia visibilmente aggrottate, seguì con lo sguardo la sua strampalata figura fino a che non fu ingoiata dalla folla.

Silenzio.

"E' ubriaco." 

"Già." 

[...]

Ma Simon Lockhart non era mai ubriaco e lo era sempre; nonostante il suo modo enigmatico di esprimersi aveva - inconsciamente per Rudy - instillato un'idea che si concretizzò il lunedi seguente.

"Aspetta Rudy, sei sicuro che si possa fare?" domandò Nick seguendolo irrequieto mentre si guardava attorno sperando di non incrociare un docente o peggio, il rettore. 

"Si, se lo dico io." 

Il biondino incedeva a passo spedito con un plico di fogli retto in un braccio e del nastro adesivo. Ogni passo era deciso pesante, come se vi concentrasse tutta la forza che aveva in corpo e a breve avrebbe scavato delle impronte nel pavimento. I suoi occhi verdi concentrati davanti a sè esprimevano una determinazione nuova mista all'alterigia che lo contraddistingueva. Ogni foglio che aveva in mano finiva appiccicato lungo la parete del corridoio, neppure si fermava mentre li affissava incedeva svelto e le sue mani si muovevano veloci. Neanche si fermava a controllare che lo scotch avesse effettivamente avuto una presa salda. 

"Mi è sfuggito il momento in cui diventavi rettore." bofonchiò il suo amico.

"Te l'ho detto che avrei trovato quel figlio di puttana a qualunque costo." continuò appiccicando l'ennesimo foglio sta volta sulla schiena di un ragazzo di passaggio che non se ne accorse, tuttavia non gli sfuggì l'ultimo appellativo usato dal biondino e gli scoccò un'occhiata indignata. "No, non dicevo a te." lo squadrò dalla testa ai piedi. "Studente sconosciuto di cui non me ne frega un cazzo." aggiunse per poi continuare a camminare.

"Sei almeno sicuro che funzionerà?"

"Dimmi Nick, qual è il carburante che muove i meccanismi di questo mondo?" attaccò un altro volantino voltandosi poi in direzione di Nick incedendo all'indietro. 

"Ehm...la speranza?" domandò scuotendo la testa, facendo intuire che non conosceva la risposta e aveva sparato a casaccio.

"Sbagliato" tuonò il biondino facendolo sussultare "Sono i soldi. O, visto che ti piaccioni i termini astratti, l'avidità." scandì voltandosi con un altro foglio che schiaffò direttamente sulla schiena di un passante. 

Solo che quella schiena era fasciata da una giacca in grigio tortora, all'apparenza davvero formale per uno studente qualsiasi. Si fermò di colpo quando la figura si voltò lentamente verso Rudy. 

Nick arretrò con occhi sgranati e la bocca schiusa.

"Signor Miller." proruppe togliendosi dalla schiena il foglio. 

Il rettore.

"Che cosa sta combinando?" 

"Ehm...corsi extracurriculari?" azzardò essendo consapevole che qualunque scusa non sarebbe risultata credibile. 

"Oh apprezzo la sua profonda dedizione, sono certo che vorrà approfondire l'argomento nel mio ufficio. Adesso." 

Sospirando il ragazzo si arrese e senza proteste lo seguì lanciando un'occhiata eloquente al suo amico che tuttavia egli non seppe interpretare. Mentre il rettore si voltava, cominciando a dirigersi verso il suo ufficio Rudy mollò il plico tra le mani dell'amico in fretta e furia incalzandolo silenziosamente a terminare il lavoro al posto suo. 

Nick sospirò esasperato abbassando lo sguardo sul primo dei tanti omologhi fogli. Riportava un nome e una sagoma grigia indefinita, anonima, con un grande punto interrogativo al centro e sotto, la scritta a caratteri cubitali: WANTED.

Rudy aveva messo una taglia sul cacciatore di taglie più leggendario di Sacramento.

Hazon aveva ufficialmente una taglia sulla testa e valeva cinquecento dollari. 

[...]

Al termine delle lezioni molti studenti si fermarono a bisbigliare nei corridoi a causa di quei manifesti. Erano ovunque, a dozzine, a centinaia! E inevitabilmente avevano sollevato scalpore tanto che una miriade di teste prima abbassate sulle scritte adesso si sollevavano guardandosi attorno e chiedendosi se fossero i fortunati detentori di quell'informazione, cominciando a scavare vivacementre tra le loro conoscenze e i loro ricordi.

Ma c'era anche chi, proprio in mezzo a loro, osservava il biancore dei fogli che tingeva il mondo tutto intorno con un certo disappunto.  Una mano fasciata da un guanto di pelle azzurro scuro andò a sbattere con il palmo aperto su uno dei manifesti, nascondendo il nome scritto ormai ovunque sulle pareti di quel college. Un ringhio sommesso fu a stento distinguibile in tutto quel putiferio. La mano artigliò improvvisamente il foglio stracciandolo dalla parete e accartocciandolo in una mossa improvvisa. 

Il foglio ricadde a terra alle sue spalle, mentre la misteriosa figura avanzava nel caos regnante che portava il suo nome.

22/10/2022

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