Capitolo 15 - Mano invisibile
La porta fu spalancata con irruenza tale da mandarla a sbattere contro il muro, i cardini fremettero e l'impeto fu tale da tirar giù un quadro che si infranse sul pavimento. Sull'uscio di casa Miller si frapponevano due figure appena distinguibili per la loro ampia corporatura; fecero il loro ingresso uno alla volta calpestando senza scrupoli i cocci di vetro disseminati a terra producendo un atroce tintinnio che fece accapponare la pelle ai due ragazzi.
Dal fondo del corridoio, Rudy rimase impietrito a fissare quei due intrusi che si facevano largo in casa sua, con tanto d'occhi, mentre Wyatt alle sue spalle si appiattiva all'ombra protettiva del ragazzo. Fu quando percepì la mano del ragazzino artigliarsi alla stoffa della sua felpa che Rudy riuscì ad emergere da questo stato di trance.
"Corri al piano di sopra e chiama la polizia." mormorò a denti stretti tenendo gli occhi ben fissi sugli intrusi, rimanendo prudentemente fermo, come se quel solo singolo gesto gli avrebbe garantito copertura, come se avesse a che fare con un predatore che caccia sfruttando il movimento delle sue prede.
Come se non potessero vederlo.
La coltre buia che avvolgeva la casa non era abbastanza fitta, tant'è che i due individui si erano immobilizzati a qualche manciata di metri da loro.
La luce di una torcia li accecò, dettando la fine del macabro nascondino.
"Prendeteli." ordinò una voce, ruvida e gutturale.
"Corri!" ruggì il maggiore gettando una spinta al ragazzino per intimarlo a fuggire. In un attimo, colto da chissà quale prodigiosamente eroico e stupido istinto avanzò verso i due rapinatori, percepì appena una terza figura dietro di loro, ancora infissa sulla soglia era troppo impegnato ad agguantare il vaso che si stagliava sul mobile alla sua sinistra per poterci veramente far caso.
Senza rifletterci due volte - e attingendo a tutta la forza che aveva in quel momento - scagliò il vaso dritto dritto alla testa di uno di loro, la ceramica andò in frantumi, il bestione arretrò appena. Era visibilmente scombussolato, non solo fisicamente ma era evidente che non si aspettava una tale prontezza da parte di Rudy.
Quest'ultimo lo fissò inebetito, sbattendo più volte le palpebre. Perché non si era accasciato a terra? Era l'unico pensiero che gli sorgeva in quel momento. Nei film funzionava così, no? Adesso che diavolo doveva fare?
Mettere a tacere la sua frignante vocina interiore risultava tremendamente difficoltoso, specie se ad essa si sommava quella ben più concreta di Wyatt.
"Noo non me, prendete lui! Io vivo qui a scrocco non ho niente!" strillò aggrappandosi al corrimano mentre veniva trascinato giù dal secondo ceffo non ben identificato.
Rudy a quel punto si voltò di scatto verso di lui, agguantando uno dei cocci del vaso fracassato per adoperarlo a mo' di pugnale rudimentale.
Non seppe se fosse per l'influenza della cruenta presenza di Lila o qualche effetto collaterale del Ritalin, ma improvvisamente sentiva i nervi meno tesi di fronte al potenziale uso della più spietata e feroce violenza.
Avrebbe sgozzato quei tre a mani nude se solo avessero osato torcere un capello alla sua famiglia.
Un clic congelò l'aria.
Rudy rimase con la mano armata a mezz'aria, sentendo improvvisamente un brivido percorrergli la schiena. Il gelido contatto di una canna metallica sulla tempia gli apparve orridamente famigliare.
"Niente giochetti e vi lasceremo in vita."
Il frammento di ceramica sbeccato gli scivolò via dalle mani, disarmandosi completamente e assieme a Wyatt che dovette cedere la balaustra fu trascinato fino in salotto e spintonato a terra, in ginocchio e con una pistola puntata ancora contro.
"Rudy non voglio morire." piagnucolò Wyatt con le mani in aria e gli occhi chiusi, ben serrati, per non incrociare né gli efferati occhi criminali né la portentosa arma che frapposta tra loro accorciava le distanze. "Prometto di comportarmi bene e non darti più fastidio, smetterò di svaliggiare il frigo alle tre di notte ma per favore tiraci fuori di quiiiiiiii"
Rudy gli lanciò una breve occhiata di sbieco notando come i suoi stupidi piagnistei risultassero tediosi ai tre individui.
"Sta' zitto Wyatt" lo sguardo, nella sua estrema truculenza, rimase puntato sui sequestratori. Li scrutava con disinibita attenzione, studiandoli.
C'era qualcosa di strano in quella situazione; per essere dei ladri non stavano toccando assolutamente nulla, non stavano vagando in giro per casa nell'irruento atto vandalico che consisteva il rubare. Niente roba a soqquadro, niente disordine. Il terzo soggetto, che ipotizzava fosse il capo tendeva leggermente lo sguardo in giro ma c'era qualcosa di strano nel suo incedere. Sembrava semplicemente superficiale curiosità.
Spostò gli occhi da lui ai due tizi con le pistole sguainate.
Non erano ladri.
"Credo di non sentirmi bene." aggiunse ancora il tredicenne.
"Che cosa volete?"
Silenzio. A quelle semplici tre parole il capo si voltò nella sua direzione, smettendo di ammirare il vaso di ceramica dipinto a mano, uno dei pezzi del mobilio peggiori che quella casa avesse da offrire e soprattutto non aveva valore. Era sempre più convinto che c'era qualcosa di ancor più torbido nel motivo di quell'imboscata.
"Sappiamo che sei a conoscenza della vera identità del cacciatore di taglie..." le sue sopracciglia ebbero un microscopico movimento convulso, dettato dalla sorpresa. "Licorice" quelle quattro sillabe risuonarono nell'aria con la solennità di una maledizione.
Condite con la paura, il pericolo, l'astio e il risentimento che si portavano dietro ma in quel clangore generale risuonava più di tutti il boato della minaccia.
Lentamente la consapevolezza di essersi impelagato in un vero e proprio ginepraio cominciò a serpeggiare sulla sua pelle sotto la rocambolesca forma di un brivido lungo la schiena.
Silenzio.
"Non so di cosa state parlando."
A stento terminò la frase che un colpo sferrato con la canna della pistola lo destabilizzò: dritto dritto sulla tempia. Come se non fosse già conciato maluccio. Rudy annaspò ma trattenne un rumoroso guaito di dolore piegato a terra, con il viso a pochi millimetri dal freddo pavimento. Aprì gli occhi, la mano sul punto dolente si tinse di scarlatto mentre il folle sgomento si imprimeva nelle sue pupille puntate nel vuoto.
"Ma che succede?" biascicò una nuova voce piombando nel soggiorno. Maya si stava strofinando gli occhi impastati dal sonno semichiusi a causa dello sbalzo di luminosità. Eppure non appena vide quei brutti ceffi minacciare suo fratello rinvenne immediatamente dal suo stato di semiveglia. Gridò. Fece per fuggire imboccando nuovamente il corridoio, ma non riuscì a muovere che una manciata di passi poiché uno dei tre si avventò su di lei ingabbiandola in un rovinoso e grottesco abbraccio.
"Non toccarla!"
Maya gridò ancora mentre l'uomo le serrò le braccia lungo il corpo, stringendola per la vita. Scalciò, eccome se lo fece, ma ogni sforzo fu vano.
"Lasciala andare!" ringhiò ancora Rudy, un rivolo di sangue gli colava lungo la tempia, denso e scuro mentre i suoi occhi emanavano saette.
"Ti basta collaborare e sarà fatto." il terzo si avvicinò tranquillamente verso di lui, con le mani in tasca. Rudy mantenne lo sguardo fisso su quello scorcio di viso che a stento riusciva ad intravedere oltre il tessuto nero.
"Basta solo che tu dica il nome e lasceremo tutti voi in pace, potrete tornare di nuovo a dormire e domani mattina vi sveglierete come se fosse stato nient'altro che un incubo."
Coraggio, erano due parole, soltanto due parole.
Lila Hazon.
Ma allora perchè gli costava così tanto pronunciarle?
Le sue labbra si rifiutavano di modellare quel nome.
"Non lo conosco quel nome."
Silenzio.
Attimi di raggelante silenzio; fu come guardare il vetro di una finestra che celermente si ricopriva di brina. L'uomo scrutò il ragazzo, dritto negli occhi, dritto nell'anima come a voler disintegrare quella maschera di menzogna. Perché sapeva che Rudy Miller aveva quel nome tatuato nel cuore. Ma non aveva fatto i conti con la sua resilienza: nessun paio di occhi sarebbe stato in grado di bucargli l'anima come facevano quelli di Lila Hazon.
Era impenetrabile.
"Molto bene." L'uomo sospirò e si allontanò verso il compagno che teneva ferma la ragazza.
"Vorrà dire che faremo un bel buco in fronte alla rossa e poi toccherà al piagnucolone laggiù. Così...per incentivarti." La pistola si piazzò sulla fronte pallida di Maya ed ella cominciò ad urlare contro il palmo guantato che le ostruiva la bocca.
"Noo!"
"Fermo!"
Ad un tratto un suono fendette l'aria nella stanza e l'attimo dopo il capo della banda crollò in ginocchio e poi disteso con il volto contro il pavimento. Sotto gli occhi scandalizzati di tutti.
Il tonfo nella stanza bastò a congelare la scena.
Quell'uomo era appena stato sparato.
Sparato da una mano invisibile.
Gli altri due si misero sull'attenti serrando la presa trepidante sulle loro armi. Un secondo colpo fu comunque scoccato, inevitabile, efferato di cui neanche sta volta si pervenne l'origine.
E anche l'uomo che teneva in ostaggio Maya fu accolto dallo stesso rapido e fugace destino. Maya strillò vedendolo crollare ai suoi piedi in una pozza di sangue. I contorni del suo profilo contro il pavimento chiaro che tendeva allo scarlatto sarebbero a lungo rimasti impressi nella sua memoria, caldeggiando in una perseguitante e orrida immagine.
Il terzo guardò con occhi sgranati il corpo riverso a terra.
"Ma che-"
Rudy colse un'ombra con la coda dell'occhio; una figura subentrò nella stanza in tutta calma.
Stivali neri in pelle aderivano al polpaccio, minigonna del medesimo colore e giacca di pelle. Inconfondibili capelli biondi bastarono a fargli risuonare un famigliare campanello dall'allarme.
Il terzo uomo la guardò perplesso, scioccato e sollevò l'arma da fuoco.
"Attenta!" esclamò Rudy di getto. Ma ella fu più veloce, innalzò il braccio che reggeva la pistola con silenziatore e fece fuoco senza indugi ne tentennamenti.
Il terzo uomo precipitò al suolo.
"Strike" esordì, l'arma ancora protesa in posizione di fuoco. Non un'emozione viaggiò sul suo volto, i suoi lineamenti sembravano imbevuti in un'impassibilità disumana.
Aveva ucciso tre uomini ma sembrava non provare il benchè minimo scrupolo.
Deve essere stato questo uno dei pensieri che vorticava nel tedioso sciame di elucubrazioni che avviluppava i tre fortunati sopravvissuti, stravolti, scombussalati e con gli occhi puntati sull'eroica figura ombrosa che torreggiava nel salone con quella sua aura sinistra. Lila a quel punto ricambiò con una gelida occhiata.
"Chiudi la bocca Miller o ci entreranno le mosche." disse abbassando il braccio.
A quale dei due Miller e mezzo si riferisse era più che ovvio. Rudy serrò la mascella e si alzò di scatto precipitandosi verso di lei.
"Cosa cazzo ci fai qui?"
"Un grazie sarebbe più appropriato, ma capisco che tu sia sconvolto." fece per fare dietrofront e imboccare l'uscita quando Rudy glielo impedì prontamente, agguantandole il polso.
Lila gettò un'occhiata scocciata a quel gesto.
"Non hai ancora imparato che il contatto fisico con me é un biglietto di sola andata verso l'ospedale? Devo ammazzarti per farmi temere da te?"
"Parla" la ignorò lui.
Assottigliò gli occhi, si stava già pentendo di avergli salvato la vita. Avanzò di un passo ritrovandosi a pochi centrimetri dal suo volto.
"Ti avevo avvertito che ti saresti messo nei guai, il mio nome porta grandi fardelli."
Egli corrugò la fronte.
"Con quella buffonata nel parcheggio non hai fatto altro che attaccarti addosso un grosso bersaglio. Adesso ognuno dei miei nemici cercherà te per risalire a me."
E fu quello, il momento in cui realizzò definitivamente.
26/02/2024
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