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Claud rimase pietrificato nel trovarsi faccia a faccia con l'uomo che era la personificazione delle sue ossessioni amorose. Keith era alto quasi quanto lui, aveva un fisico asciutto, ma non tanto modellato a causa della pigrizia che non gli consentiva di svolgere alcuna attività ginnica. I suoi capelli erano scuri, in netto contrasto con gli occhi, di un blu strabiliante, e della pelle chiara. Nonostante fosse tanto bello, appariva sempre impacciato e la sua goffaggine aveva nomea di essere praticamente impareggiabile.
-Sei qui- disse Keith e Claud sussultò nell'udire il suono della sua voce. Aprì la bocca e si stupì di trovarsi senza parole.
-La serata con il mio cliente è finita prima del previsto. Sai come vanno queste feste da ricchi...- borbottò Ryan, avvicinandosi all'altro e sfoggiando un sorrisino titubante. -Finisce sempre che scoppia una scandalo e la serata va a puttane prima della sua prevista conclusione. Perciò ho pensato di fare un salto qui, dato che siamo ancora in orario di apertura-
Keith annuì, manifestando una certa fatica nel mantenere il proprio sguardo puntato su Ryan. Era visibilmente rigido, le spalle tese, i lineamenti del volto contratti e continuava a serrare la mascella, tentando di misurare le parole e di mantenere la calma.
-Bene. L'importante è che ti abbiano pagato come da accordi. Non ti hanno fatto proposte... particolari, vero?- domandò con voce sibillina e l'altro scosse la testa.
-Stai tranquillo. Sono andato via perché, appunto, è scoppiato un casino familiare. Nessuno mi ha messo le mani addosso...-
-A parte Claud- lo interruppe Keith e Ryan impallidì mentre il suo capo volgeva lo sguardo in direzione dell'ex modello.
-È stato solo... uno scherzo. Di cattivo gusto, ma niente di che- tentò di dire Ryan, ma l'altro scosse la testa.
-Non mi interessa con chi sprechi il tuo tempo. Non è più affare mio già da un po'- ribatté Keith e il serafino percepì gli occhi farsi umidi, comprendendo il significato che si celava dietro quella frase. Rivolse uno sguardo saturo d'odio nei confronti di Claud, che continuava a vedere come la causa diretta della fine della sua amicizia con Keith, e rientrò nel locale, lasciando il suo capo da solo con l'altro.
Tuttavia, presto Tom ed Eric si affiancarono al giovane, ma Keith rivolse loro il cenno di una mano, per poi compiere un paio di passi in direzione del suo inatteso ospite.
Claud deglutì, si umettò le labbra e si sforzò di sorridere.
-Hai bisogno di qualcosa?- gli domandò Keith e l'altro iniziò a rigirarsi una ciocca di capelli tra le dita di una mano.
-Uhm... sei libero stasera? Magari potrei invitarti a cena. Se hai già mangiato, potremmo saltare i convenevoli e arrivare subito al... dolce. Casa mia è sempre qui dietro-
Keith si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione per quella risposta e scosse la testa.
-Sei mancato tanto a Jeffrey. Dovresti smetterla di perdere tempo in stronzate e pensare di più agli amici...-
-Come hai fatto tu con Ryan?- lo interruppe Claud e Keith sussultò e arrossì.
-Ryan... è diverso- mormorò il giovane, sentendosi pervadere dal senso di colpa.
Si era sentito ferito quando aveva scoperto che uno dei suoi migliori amici aveva remato contro di lui, tentando di farlo allontanare dall'uomo che amava e soltanto perché si era convinto che non fosse la persona giusta per lui. Keith amava Evan, con tutti i suoi difetti e pregi, e aveva sofferto tanto quando all'inizio della loro relazione, oltre alle tante incomprensioni contro cui aveva dovuto combattere, si era trovato a scontrarsi pure con Ryan, che gli aveva fatto venire meno il supporto emotivo di cui aveva avuto bisogno.
Nonostante tutto, era Keith e, anche se persino le persone che giravano loro intorno percepivano le azioni di Ryan come errate e si erano schierate in suo favore, si sentiva in colpa all'idea che il suo amico non fosse più tale e che, soprattutto, era rimasto solo a causa sua.
Ryan aveva un passato oscuro, di cui non parlava con nessuno, ma Keith aveva potuto intravederne qualcosa quando, tempo addietro, era finito invischiato in una lite dove aveva dovuto prendere le sue difese, per salvarlo dalle moleste avances del suo ex, Max, che aveva scoperto in seguito, essere stato anche violento con Ryan. Quello era stato proprio l'episodio che aveva dato origine alla loro amicizia: "Ma sembrano passati secoli d'allora" pensò il giovane, con amarezza.
-Per colpa tua ho rischiato di perdere Evan. E adesso non riesco più a considerare Ryan un amico- mormorò Keith con voce tremula, percependo le proprie emozioni farsi sempre più pressanti. -Eri riuscito a mettermi contro pure Jeffrey, ma non tutti sono come lui e Ryan non è tipo da seconde possibilità...-
-Perché tu non vuoi dargliene una- ribatté Claud, incrociando le braccia sul petto. -Esattamente come hai fatto con me-
Keith contrasse la mascella e si sentì rabbrividire. Era uscito dal locale di corsa, dopo che Eric lo aveva avvisato di quello che stava accadendo fuori dal Seraphim, e lui si era precipitato all'esterno, lasciando la giacca in ufficio, trovandosi in maniche di camicia alla mercé dell'aria fredda della sera.
-Non posso darvene una. Né a te e né a lui. E non perché non vi voglio bene... ma siete egoisti. Mi fa male avere persone accanto che cercano di portarmi via... la persona che amo... e solo perché Ryan odia Evan e tu non accetti di perdere ai tuoi stessi giochetti- sussurrò Keith percependo la voce venirgli meno.
Claud rimase in silenzio mentre l'altro assumeva un'espressione imbarazzata, distoglieva lo sguardo da lui e con gesti tremanti si asciugava le lacrime che erano fuggite al suo autocontrollo. Keith contrasse la mascella con tanta forza che una vena pulsante si rese visibile sulla sua guancia sinistra. Si passò entrambe le mani sul viso, traendo poi un profondo respiro ed espirò piano, socchiudendo gli occhi. Quando li riaprì trovò l'altro ancora intento a fissarlo, impassibile.
-Non so perché voi due mi state facendo tutto questo, non capisco perché mi odiate tanto. Mi dispiace e mi fa sentire in colpa, perché so di non essere una persona piacevole... io per primo mi sono odiato per tanto tempo. Con Evan sto bene, mi rende felice...- e dovette interrompersi per riprendere fiato, nell'attesa che anche le sue labbra smettessero di tremare. -Non so... forse avete solo bisogno di... amore? Io sono disposto a darvelo, a essere vostro amico... anche tuo, Claud- puntualizzò, guardandolo dritto negli occhi.
-Io no- sussurrò l'altro con voce tesa, tornando a rigirarsi una ciocca di capelli tra le dita, concentrando la propria attenzione su quell'insignificante movimento. -Non ti voglio come amico e non mi fermerò finché non avrai capito...-
-Claud!- urlò Keith. Tom ed Eric smisero di fare finta di non stare ascoltando la loro conversazione e tornarono a farsi vicini al loro capo, restando soltanto un paio di passi indietro rispetto il punto in cui si trovava lui.
-Chiederò a Evan di sposarmi. È quello che voglio. Devi fartene una ragione. Ti giuro... se mi dimostrerai di essere cambiato, di avere capito, troverai sempre un amico in me. Ma se continui a darmi il tormento e a cercare di metterti tra me ed Evan...-
-Che farai? Mi denuncerai per stalking?-
Keith non rispose, limitandosi a fissarlo, percependo la gola bruciare per lo sforzo che stava compiendo nel tentare di trattenere le lacrime, anche se alcune continuavano a eludere la sua forza di volontà. Gli volse le spalle ed Eric e Tom rimasero qualche secondo a fissare Claud, con sguardi colmi di minaccia, per poi tornare al loro posto.
-Hey!- disse Claud ad alta voce, richiamando l'attenzione di Keith un attimo prima che sparisse oltre i tendaggi che schermavano l'ingresso del Seraphim. Il giovane si girò verso di lui, ma mantenendo le distanze. -Vuoi essermi amico?- tuonò il biondo, furioso, convinto che le parole dell'altro fossero state solo vuote moine. -Sono nella merda per avere salvato il culo a Jeffrey! Perché non mi assumi, eh?- lo provocò.
Keith addolcì l'espressione del viso e abbassò le palpebre sugli occhi, sospirando. Non sembrava molto sorpreso da quella richiesta e Claud si irrigidì e compì un passo indietro.
-Va bene- disse Keith. -Se la tua è una vera richiesta di aiuto, va bene. Ti prendo come serafino, se va bene anche per te-
Claud percorse a grandi passi la distanza che li separava e Tom ed Eric si frapposero tra loro due, impedendo all'uomo di andare oltre, ma Keith batté una mano su una spalla di entrambi, invitandoli a spostarsi.
-Dici sul serio?- sibilò Claud e Keith annuì. -E il tuo stupido Evan? Non si incazzerà, eh?-
-È questa la differenza tra te e lui. Evan è cresciuto, è diverso dalla persona che ricordi tu. Mi ama e ora ha capito che io amo solo lui- disse il giovane e Claud aggrottò la fronte. -Se per te va bene... ti aspetto domani sera, mezz'ora prima dell'apertura, quindi non arrivare più tardi delle nove e mezza. Ti prendo in prova per una settimana... non ti preoccupare per la divisa. Chiederò le tue misure a Jeffrey-
-Perché non le chiedi a me? Pensi che potrebbe essere imbarazzante scoprire direttamente da me che sto messo meglio del tuo futuro maritino?-
-Io ti assumo, Claud. Ti aiuto- disse Keith con voce all'improvviso tagliente. -Ma adesso dipenderà da te. Non rovinare tutto... non di nuovo-
•
Rimasto solo con i propri pensieri, Claud iniziò a percorrere avanti e indietro il marciapiede che si apriva sotto la scalinata che introduceva al Seraphim. I buttafuori non smisero un attimo di tenerlo d'occhio, ma l'uomo li ignorò.
-Chiederò a Evan di sposarmi. È quello che voglio. Devi fartene una ragione-
Quelle parole lo stavano tormentando ormai da un po' e più Claud cercava di sopprimerle, di cancellarle dalla propria mente, maggiore sembrava la forza che acquisivano, continuando a totalizzare la sua concentrazione su di sé.
-Chiederò a Evan di sposarmi-
-Porca puttana!- tuonò e si volse verso l'ingresso del locale, trovando Tom intento a controllare un possibile cliente ed Eric con lo sguardo fisso su di lui, le braccia incrociate sul petto.
Claud scosse la testa e tese le braccia sopra la testa, sgranchendo la schiena. Si sentì rabbrividire, aveva le mani gelate, anche se dentro di sé era ancora abbastanza arrabbiato da percepire il sangue ribollire.
Sbuffò e si decise a entrare nel locale e, quella volta, i buttafuori si fecero da parte, lasciandogli la possibilità di varcare l'ingresso.
Claud si trovò dentro al Seraphim: una musica dolce faceva da sottofondo alle chiacchiere soffuse, incorniciando gli incontri tra accompagnatori e clienti nel suo abbraccio raffinato, fatto di mobilio di pregio, tendaggi spessi e di colori scuri; affreschi che raffiguravano scene mitologiche. Divani e poltrone, dissimenati un po' ovunque, avevano un aspetto comodo e invitante; il bancone del bar si trovava a destra della sala, dietro il quale si muoveva Amber, amica di Keith e banconista.
Appena la giovane lo vide gli rivolse un'occhiataccia e si ravvivò i lunghi capelli biondi con una mano, per poi legarli in una coda alta. Sembrava indecisa se correre nella sua direzione e prenderlo a pugni, oppure fare finta di non averlo visto. Alla fine, un serafino si avvicinò al bancone e la ragazza decise di ignorare il nuovo arrivato.
A occupare alcuni sgabelli a ridosso del bar stavano un paio di accompagnatori, ma tutti quelli che erano lì in attesa di un cliente conoscevano molto bene Claud, perciò nessuno di loro si fece avanti per accoglierlo.
Il giovane sorrise, tentando di mascherare l'imbarazzo che gli suscitava quella situazione: prima di sparire da L.A., era stato il tipo persona che riusciva a calamitare con venerazione e invidia gli sguardi di tutti coloro che riempivano l'ambiente all'interno del quale metteva piede. Non esisteva un solo uomo attratto da uomini che avrebbe rifiutato una notte di sesso con Claud Blake e tanti erano quelli che si struggevano d'amore per lui.
"Amore. Che cosa disgustosa. Quindi... i miei sentimenti sarebbero frutto di egoismo?" si domandò, anche se avrebbe preferito possedere il potere di tornare indietro nel tempo e rivolgere quelle parole direttamente a Keith. Si avvicinò al bancone del bar, prendendo posto sullo sgabello libero al fianco di Ryan. Lo ignorò, così come fece l'altro, alla stregua di due estranei, mentre ripensava alla discussione con Keith, immaginandosi come si sarebbe potuta evolvere se soltanto non si fosse trovato pietrificato al suo cospetto.
"Certo... perché volere esaudire i desideri di qualcuno, soddisfare ogni suo capriccio anche a discapito delle proprie inclinazioni, è sintomo di egoismo. Vero, Keith? Io sarei egoista! Grandioso! Perché voglio darti tutto quello che vuoi, tutto di me! Com'è che non ho ancora buttato la mia povera madre in una residenza per anziani da quattro soldi? Com'è che sono finito in banca rotta per salvare il culo a Jeffrey? Stupido di un Keith! Se hai accettato di essere gay è perché hai scopato me!" e mentre si caricava di una rabbia sempre più accecante nell'infliggersi quelle parole, si trovò tra le mani una coppa di vetro, con dentro un liquido trasparente e un paio di olive verdi, infilzate in uno stuzzicadenti.
Sollevò gli occhi verso Amber e la vide scrollare le spalle.
-Sembra che tu abbia bisogno di bere- disse la giovane, abbassando gli occhi castani sul bancone, mentre era intenta a pulirne la superficie di legno con un candido panno.
Claud deglutì sonoramente e si trovò ad annuire.
-Credevo mi odiassi- disse, sorseggiando dal bicchiere, con aria distratta.
-Ovvio. Finché rompi le palle a Keith, ti odio. È una questione di principio, capisci? Dai fastidio al mio amico e quindi dai fastidio a me- disse e Claud notò, con la coda dall'occhio, Ryan sussultare. -Ma ho appena saputo che Keith ti ha assunto, è stato gentile con te. Per riflesso... ho deciso di esserlo anch'io- aggiunse e l'uomo aggrottò la fronte.
"Gentile... wow. Mi ha spezzato il cuore, alla faccia della gentilezza! Ma hanno ragione... tutti loro. Io sono egoista? D'ora in avanti lo sarò davvero. A noi due, Amore. Giuro che ti faccio fuori dalla mia vita".
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