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Mangiamorte - parte I

24 agosto 1994, La Tana

Chiuse gli occhi e inspirò a fondo: era un profumo buono, di bucato appena fatto, con un lieve sentore pungente di salsedine. Un profumo che gli ricordava, finalmente, casa.

Casa.

Fin da quando era in grado di ricordare, "casa" era stato il sottoscala buio e dall'odore stantio dei Dursley, e Harry aveva odiato così tanto quelle quattro stupide mura da desiderare più e più volte di ritrovarsi in mezzo ad una strada, finalmente libero dalle ingiustificate sfuriate di zio Vernon che sembrava odiarlo per il solo fatto che lui avesse avuto la pessima idea di venire al mondo; finalmente libero dalle occhiate piene di odio di sua zia Petunia perché Harry aveva osato respirare mentre Diddino piccino diceva la sua prima frase di senso compiuto a solo cinque anni e mezzo suonati; finalmente libero da suo cugino Dudley il quale, da che Harry ne aveva memoria, aveva trovato in lui un passatempo più divertente di quanto non lo fossero tutti gli aggeggi tecnologici che i suoi zii gli regalavano con cadenza regolare, nonostante continuasse a rimanere un idiota patentato.

Per dodici anni Harry aveva odiato il numero 4 di Privet Drive e si era rifiutato di convincersi che quella fosse casa sua, e alla fine un desiderio che non sapeva di aver mai espresso si era finalmente avverato: un pericoloso pluriomicida era evaso da Azkaban.

-oh miseriaccia, non dirmi che Leotordo ha scambiato di nuovo il tuo pigiama per la sua lettiera-

La voce di Ron lo fece sobbalzare, e mentre sentiva la faccia andargli a fuoco per l'imbarazzo, Harry cercò di infilarsi la maglietta pulita che aveva in mano, rendendosi conto solo dopo diversi tentativi che il buco nel quale stava cercando di far passare la testa era tuttavia quello dove avrebbe dovuto starci il suo braccio destro.

-nessun problema con la lettiera, cioè volevo dire il pigiama, è solo... beh, è pulito-

Balbettò quando riuscì finalmente a infilarsi la maglietta per il verso giusto, ma Ron sembrava essere già passato oltre mentre contemplava adorante il poster a grandezza quasi naturale del più forte cercatore del mondo, Viktor Krum, che in quella foto contraeva il viso in un'espressione corrucciata, quasi seccata.

-ma ci pensi Harry, Viktor Krum! Voglio dire, ma l'hai visto? Fa paura solo a guardarlo-

In effetti, per quanto lui stesso provasse nei confronti del cercatore una certa stima e fosse rimasto sinceramente colpito dalle sue prodezze in campo, Harry era ben contento di non dover affrontare quella specie di serio e cupo armadio a due ante.

-già, fa quasi più paura di Piton-

Meditò ad alta voce, pensando all'odioso professore di Pozioni, una delle poche cose che non gli facevano rimpiangere per nulla la scuola.

-o della McGranitt: ci scommetto tutte le caccabombe di Zonco che anche Krum se la farebbe sotto di fronte a lei-

Buttò lì Ron, ed entrambi dovettero costringersi ad affondare il viso nelle coperte patchwork per soffocare le risate ed evitare di svegliare l'intera Tana che già da un po' era immersa in un sonno tranquillo cullato dal frinire insistente delle cicale e dalle vocine lontane di un cocciuto gruppo di gnomi che era tornato ad infestare il giardino dei Weasley.

-Sirius mi ha raccontato che lui e mio padre una notte sono entrati nella cantina di Mielandia dal passaggio dietro la strega orba, ma quando sono tornati indietro si sono trovati davanti la McGranitt in camicia da notte e con degli enormi bigodini in testa. Ha detto che un Goblin inferocito faceva meno paura, ed è stato proprio dopo quella notte che hanno deciso di disegnare la Mappa del Malandrino-

-ci credo, non dev'essere stato un bello spettacolo-

-oh no, per niente-

Confermò Harry, ricordando lo sguardo sinceramente atterrito del padrino nel raccontare quell'episodio, uno dei tanti che Sirius gli aveva confidato quell'estate e di cui Harry aveva avidamente fatto tesoro nella propria memoria.

Per un attimo la sua mente tornò ai caldi pomeriggi passati con Sirius ad aggiustare quella che ad Harry inizialmente era sembrata un'ordinaria moto d'epoca.

"Stai scherzando? Questo gioiellino è il risultato dell'ingegno del sottoscritto e di tuo padre!"

Gli aveva risposto Sirius, apparentemente offeso che Harry non avesse capito guardando la carrozzeria incrostata di ruggine che quella fosse niente meno che una moto volante.

"... e appena sarà pronta prometto che ti porterò a fare un giro"

Aveva aggiunto poi a voce bassa condendo le parole con un occhiolino complice, e mentre quel ricordo felice sbiadiva nella memoria di Harry assieme agli altri che aveva collezionato durante quell'incredibile estate, non riuscì proprio ad impedirsi di credere che, forse, questa volta ogni cosa fosse davvero tornata al proprio posto.

Con un grande sorriso stampato in faccia, Harry chiese sottovoce a Ron se fosse ancora sveglio, ma in risposta ricevette soltanto un debole brontolio sconnesso che scemò in un pacifico russare.

Si rigirò quindi su sé stesso, affondò la testa nel cuscino soffice e chiuse gli occhi, inspirando ancora il profumo di pulito di quel pigiama che era un vero pigiama della sua taglia, e non una maglietta lisa presa a caso dagli scarti di Dudley.

Sì, Harry ne era convinto, tutto sarebbe andato bene ora che non era più solo, ora che c'era un luogo fuori da Hogwarts che poteva chiamare "casa".

***

25 Agosto 1994, La coppa del mondo di Quidditch

L'indomani fu una giornata che Harry senza difficoltà avrebbe potuto definire incredibile, nel vero senso della parola: ancora, infatti, faticava a credere che così tante persone, così tanti maghi e streghe, potessero concentrarsi in un unico luogo, un imponente, luminoso e chiassoso stadio, un campo da Quidditch che avrebbe fatto impallidire quello ben più modesto costruito tra le lussureggianti alture che accoglievano Hogwarts.

Mentre salivano, anzi no, si inerpicavano sulle tribune, Harry aveva sentito la pelle accapponarsi in brividi d'emozione e sebbene avrebbe fatto meglio a tenere d'occhio i ripidi gradini per evitare di inciampare rovinosamente, non era proprio riuscito ad evitare di spostare in continuazione lo sguardo a destra e a sinistra, in alto e in basso, studiando le facce dipinte con i colori delle due squadre rivali, le bandiere che sventolavano in modo del tutto autonomo, le luci, i cori stonati, gli strani omini che vendevano per qualche galeone degli aggeggi di cui Harry non era riuscito ad intuire l'utilità, ma dei quali comprò ugualmente tre esemplari: sembravano dei binocoli, ma con molte più lenti e una quantità spropositata di rotelle e manopole.

"Non ci credo, un omniocolo! N-non dovevi, Harry", aveva esclamato Ron, arrossendo vistosamente quando Harry gli porse uno di quegli affari, "Comunque, beh, serve per ingrandire o rivedere a rallentatore le azioni, ecco così, con questa manopola...", aveva poi continuato istruendo Harry e Hermione ad usare quel curioso manufatto magico.

Harry fece quindi ripartire per la centesima volta nel suo omniocolo un'azione particolarmente spettacolare di Krum, un avvitamento quadruplo con scarto laterale. Pigiò un pulsante e girò una volta e mezzo in senso antiorario una delle rotelle e i movimenti del cercatore bulgaro divennero così lenti che Harry riuscì quasi a distinguere le singole contrazioni muscolari richieste per compiere quella pericolosissima manovra.

Si chiese se sarebbe mai riuscito a riprodurla, in sella alla sua Firebolt, ma prima di potersi immaginare avvitato ad una corrente d'aria ad una velocità decisamente poco raccomandabile fu distratto dalla voce rauca di Fred, il quale si stava esibendo in uno dei suoi cori improvvisati, e in un attimo Harry fu di nuovo avvolto dal tiepido calore della tenda dei Weasley, dove i ragazzi discutevano animatamente dell'assurdo esito della finale, inframezzando i commenti con cori d'apprezzamento per Krum, indiscussa star della serata.

-scusate ragazzi, ma sul serio continuo a non capire-

Disse alla fine esasperata Sophie Ellis-Miller, alzando le mani in segno di resa dopo l'ennesimo tentativo dei gemelli di spiegarle che nonostante Krum avesse spettacolosamente afferrato il boccino, la vittoria fosse stata ugualmente conquistata dagli Irlandesi.

-ma è semplice, allora... -

Ricominciò George, riprendendo il filo da dove il coro stonato di Fred si era interrotto.

-sì, sì d'accordo, grazie George-

Lo fermò tuttavia Charlie, prima che la discussione entrasse di nuovo nel vivo, trascinando poi con sé la più giovane delle sorelle Ellis-Miller fuori dalla tenda. Harry, come tutti gli altri del resto, non poté fare a meno di notare l'inequivocabile sorrisetto che entrambi avevano stampato in faccia.

-che modi-

Commentò George scuotendo sdegnato la testa.

-già, come se pomiciare fosse più interessante che discutere di Quidditch-

Continuò Fred dando come sempre man forte al fratello e strappando una risatina al resto della loro allegra combriccola.

Gli altri tornarono quindi ad immergersi nella fitta e dettagliata ricostruzione della partita, tuttavia Harry si perse a metà del discorso, concentrato sull'immagine di Krum immobile nel suo omniocolo in quella posa plastica e slanciata. Gli riportò alla mente una foto che aveva trovato un pomeriggio nella Piccola Casa sulla Scogliera, sfogliando dei vecchi album, nella quale erano immortalati gli ultimi istanti di un'azione spettacolare, degna di una vera cacciatrice esperta. Quando Harry gliel'aveva mostrata, Arya aveva accennato un mezzo sorriso, sfiorando con le dita l'immagine in movimento di quella ragazza avvolta nella divisa da cacciatrice.

"Ero candidata a diventare capitano della squadra, sai? Ma ho lasciato Hogwarts prima di riuscirci anche se, in effetti, non sono sicura che McPherson sarebbe stato comunque disposto a cedermi il titolo", gli aveva spiegato, accennando con una certa noncuranza, come fosse niente di più che un dettaglio irrilevante, al fatto di aver lasciato Hogwarts un anno prima del diploma, e sebbene Harry morisse dalla voglia di sapere di più del passato di Arya si era sforzato di tenere a freno la lingua. Sapeva che durante il loro sesto anno ad Hogwarts suo padre, Edward Ellis-Miller, era stato ucciso da Tu-Sai-Chi e che dopo quel tragico evento Arya si era trasferita a vivere in Francia, a Parigi, con la madre e la sorella più piccola. Tuttavia, in questo racconto vago Harry sospettava fossero stati omessi dettagli importanti, come ad esempio l'affiliazione di Arya alla Confraternita di Salazar.

"Ne faccio parte, ma ho scelto di lasciarla per tornare qui in Inghilterra molto tempo fa. Credimi, Harry, non c'è molto altro da sapere sulla Confraternita", gli aveva assicurato, e tuttavia Harry sospettava che quella non fosse affatto la verità, ma ancora una volta aveva deciso di tenere per sé i propri pensieri e lasciar perdere.

Quel giorno non aveva visto Arya per niente, nemmeno alla partita quando per qualche fugace istante i suoi occhi avevano indugiato sul palco d'onore dal quale il Primo Ministro e i suoi illustri ospiti godevano di una vista privilegiata. Anche lei sarebbe dovuta essere lì, a fare le veci di Sirius che proprio all'ultimo minuto era stato chiamato al Ministero per un missione della massima segretezza. Tuttavia, passando in rassegna i volti dei pochi, selezionati ospiti, Harry non aveva riconosciuto quello familiare di Arya, ma solo due posti vuoti, uno dei quali proprio accanto all'odiosa faccia compiaciuta di Draco Malfoy.

-gli Irlandesi si stanno sfogando! -

Esclamò George, trascinando nuovamente Harry al presente e strappandolo alle proprie elucubrazioni. In effetti, sembrava esserci parecchio trambusto oltre le sottili pareti di stoffa della tenda, ed Harry fece appena in tempo a sporgersi quanto bastava per intravedere delle ombre confuse muoversi oltre i lembi penzolanti che ne delimitavano l'ingresso quando il Signor Weasley fece irruzione all'interno coprendogli del tutto la visuale su ciò che stava accadendo lì fuori.

-non sono gli irlandesi-

Tagliò corto, e nella sua voce non vi era più alcuna traccia del consueto e contagioso entusiasmo, solo una certa urgenza ed una chiara nota di preoccupazione, che non sembrava darsi affatto pena di nascondere. Inoltre, Harry notò che il Signor Weasley stringeva convulsamente la bacchetta come per tenersi pronto a colpire qualcuno o qualcosa, se fosse stato necessario.

Improvvisamente parve chiaro a tutti che stava succedendo qualcosa, sebbene quando il padre di Ron parlò di Mangiamorte e di un attacco in corso proprio lì, proprio in quel momento, tutti furono colti di sorpresa, il silenzio calò tra loro e l'atmosfera allegra e goliardica di poco prima parve niente di più che un ricordo sbiadito.

Il Signor Weasley impartì pochi e concisi ordini, raccomandando infine a tutti di raggiungere la passaporta nel punto concordato per tornare alla tana e di rimanere uniti, ma proprio mentre Harry cercò con lo sguardo gli amici, preparandosi mentalmente ad una folle corsa qualcun altro emerse dall'ingresso della tenda, facendo vibrare Arthur Weasley come una corda di violino troppo tesa.

Era Arya.

Lo sguardo sconvolto, i capelli in disordine e il fiato corto testimoniavano che avesse corso fin lì da chissà dove. Non disse niente, si limitò a guardarsi attorno, spaziando con lo sguardo ansioso tra tutti i presenti finché i suoi occhi non incrociarono finalmente quelli di Harry, che riuscì a cogliere un'ombra di sollievo negli occhi limpidi di Arya ma fu solo un momento, un fugace istante prima che si rendesse conto che all'appello mancasse tuttavia qualcun altro.

-Sophie... dov'è Sophie? -

Chiese trafelata, e ad Harry sembrò di riuscire a percepire un'accelerazione nel battito del cuore di Arya. Fu George alla fine a rompere il silenzio e a dirle che sua sorella era uscita poco prima dalla tenda con Charlie.

Gli occhi di Arya furono invasi dal terrore, e qualcos'altro, un'emozione inesplicabile che provocò in Harry un fremito di inquietudine, e tuttavia non ebbe tempo di soffermarsi a capire di cosa si trattasse perché un rumore secco, come di un tuono o una forte esplosione, lo costrinse a concentrare la propria attenzione altrove.

Si precipitarono quindi tutti fuori nella notte rischiarata dalle scintille degli schiantesimi lanciati alla cieca nel buio e dal fuoco che avvolgeva numerose tende, ed Harry fece per seguire Hermione e Ron, ma qualcosa lo trattenne: fu così inaspettato che l'unica reazione di Harry fu di rimanere perfettamente immobile quando le braccia di Arya l'avvolsero stringendolo in un abbraccio concitato.

-ti voglio bene, Harry, non dimenticarlo mai-

Gli sussurrò, con una dolcezza che pareva quasi fuori luogo in una situazione come quella. Poi, senza lasciargli tempo per aggiungere altro, Arya si rimise a correre incontro al fiume di streghe e maghi che si distribuiva disordinatamente tutt'attorno a loro, si immerse in quel caos di urla spaventate finché Harry, alla fine, non la vide più.

-Harry! -

La voce di Hermione irruppe nell'ovattata confusione che quell'inaspettato abbraccio e le parole di Arya avevano scatenato in lui, costringendolo a riscuotersi e, finalmente, mettersi a correre.

***

Non sapeva quanto tempo fosse passato, quanto a lungo avessero corso, quanto lontano. Ora, tuttavia, c'era silenzio, un silenzio che appariva persino più cupo ed inquietante del caos che era dilagato nell'immenso accampamento fino ad alcuni minuti prima.

Harry aveva iniziato a convincersi che tutto fosse finalmente finito quando un lampo improvviso squarciò nuovamente la notte e il cielo sopra le loro teste fu inondato da un inquietante bagliore emesso dall'imponente e minacciosa forma di un teschio dalle cui fauci strisciava fuori un serpente.

-cos-cos'è quello? -

Chiese Harry senza riuscire a staccare gli occhi dalla sinistra figura che li sovrastava, minacciando di avventarsi su di loro da un momento all'altro.

-è il suo marchio, Harry, lo portano tutti i sostenitori di tu-sai-chi-

Era stata Hermione a rispondergli, con il tono atono di chi è troppo sconvolto per avere davvero paura, persino di una cosa come quella che fluttuava nel cielo oscuro sopra le loro teste.

Il rumore secco di molte materializzazioni irruppe a disturbare nuovamente la ritrovata quiete, seguito da voci concitate ed imperiose che scandivano ordini e minacce, e tra le tante una cercava di sovrastarle: Harry non la riconobbe subito e solo dopo qualche istante riuscì infine a identificare la voce di Sophie Ellis-Miller:

-NO! Fermi, fermi! Aspettate, vi prego! -

Gridava, mentre lo schiocco di una moltitudine di stupeficium fendette l'aria e inondò la notte di un bagliore rosso.

Fu allora che divamparono, inaspettate ed ipnotiche, quelle fiamme di un innaturale verde smeraldo che divorarono la magia degli stupeficium, riducendola a niente di più che una manciata di tristi scintille; quelle fiamme, che Harry avrebbe rivisto a lungo, ancora e ancora, scagliarsi in alto nell'oscurità dei propri sogni tormentati.

C'era qualcosa di terribilmente sbagliato nella scena di fronte alla quale si trovarono una volta accorsi lì dove un freddo siderale aveva avvolto i brandelli sfilacciati delle poche tende rimaste.

Harry ripensò a poco prima, a quando la stessa donna che aveva evocato le fiamme oscure l'aveva stretto a sé, alla dolcezza della sua voce che strideva dolorosamente con il gelo pungente che emanava da quel fuoco innaturale.

I loro sguardi si incrociarono per un solo, lunghissimo istante prima che Arya allargasse le braccia per richiamare su di sé l'Ardemonio, lasciando che l'avvolgesse fino ad estinguersi con lei in un ultimo, flebile bagliore smeraldo.

Fu allora che Harry lo vide per la prima volta.

Il marchio, il suo marchio, una cicatrice pulsante e viva impressa sull'avanbraccio sinistro di Arya.

Un teschio dalle cui fauci strisciava fuori un orribile serpente.

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