Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Levicorpus - I

ISTRUZIONI PER L'USO: CAPITOLI "LEVICORPUS"

I capitoli "Levicorpus" che incontrerete nel corso della storia sono dei capitoli bonus che potete scegliere di leggere se volete avere da subito una visione più completa della storia, oppure semplicemente li potete saltare se preferite, invece, godervi la storia con un pizzico di mistero in più e mettere assieme tutti i pezzi un po' per volta fino ad arrivare al quadro completo soltanto alla fine.

A voi la scelta 😉.

È la prima volta che sperimento questa formula rudimentale stile librogame (per chi non lo sapesse, quei libri in cui la storia si costruisce sulla base delle scelte del lettore) e spero che l'idea possa piacervi :D

25 agosto 1994, Scozia

Per un istante era stata davvero sul punto di perdere il controllo di quel fuoco che bruciava dentro e fuori di lei.

Sentiva la voce oscura che dimorava nelle tenebre del suo cuore urlarle di farlo, di lasciarsi cadere in quel baratro oscuro che incombeva sotto di lei e di ucciderli, tutti quanti, tutti quegli Auror che erano indietreggiati a bocca aperta, presi alla sprovvista da quelle fiamme verdi smeraldo che si innalzavano, gelide, a sfiorare la notte.

Forse, alla fine, l'avrebbe fatto solo per potersi concedere di respirare qualche istante e immergersi nell'ovattato silenzio di quell'oscurità che era lì, pronta ad accoglierla rassicurante e protettiva.

Ma quegli occhi, gli occhi di Harry, e quelli di Lily, l'avevano tenuta ancorata alla sempre più tenue speranza di essere qualcosa di più che non solo un fuoco oscuro pronto a divorare chiunque sul proprio cammino. Di essere migliore di Lui.

Aveva quindi richiamato l'Ardemonio su di sé, si era lasciata avvolgere da quelle fiamme che, dannazione, avrebbero dovuto bruciarla, avrebbero dovuto ucciderla.

E invece no.

L'avevano soltanto trascinata in un placido oblio, e quando poi Arya aveva riaperto gli occhi non aveva più idea di dove fosse, se ad Azkaban o semplicemente dall'altra parte del Mondo.

Capì però di non essere sola quando una mano tiepida strinse la sua.

-ce ne hai messo di tempo, Anglais-

Le aveva sussurrato Gabrielle, sforzandosi chiaramente di usare un tono allegro, mentre Arya realizzava infine di non essere finita né ad Azkaban, né dall'altra parte del Mondo: riconobbe subito le pareti imponenti del salone del Manor di Inverness, che per secoli e generazioni era appartenuto alla sua famiglia.

E ora, era rimasta lei soltanto.

Quel pensiero fece riaffiorare il dolore, forte, penetrante, che dal Marchio di Salazar aveva raggiunto ogni angolo della sua anima, creando nuove, profonde cicatrici, e anche Gabrielle doveva averlo sentito, anche lei doveva sapere che...

-sì, lo so, e mi dispiace Arya, mi dispiace tantissimo-

Le disse, questa volta senza nemmeno provare ad infondere in quelle parole un pizzico del suo incrollabile ottimismo.

-forse... possiamo aspettare, intendo per andare al Nord-

Continuò, dal momento che Arya fissava silenziosa il paesaggio oltre le immense finestre, immobile in quella notte maledetta.

Le parole di Gabrielle erano sensate, lì al Manor sarebbero state al sicuro e da qualche parte fuori dal salotto in cui si trovavano Arya riusciva a sentire la voce incorporea del fantasma Nigellus che impartiva ordini a tutti gli elfi rimasti nella tenuta per preparare stanze, cibo e accendere ogni singolo camino della villa.

Sapeva che sarebbe dovuta rimanere, ma era troppo stanca, troppo accecata dall'odio e dalla rabbia per vincere un'altra battaglia contro la parte più oscura di sé stessa. Così decise di dargliela vinta.

-non andiamo più al Nord, non ancora-

Disse poi, inspirando a fondo.

-andiamo a Londra-

***

L'odore acre del fumo, dell'incendio che aveva distrutto tutto ciò che restava dei loro ricordi e di quel loro faticoso nuovo inizio, la colpì in modo così inaspettato che Arya dovette sforzarsi di mantenere il controllo di quella rabbia che le scorreva, bruciante, nelle vene.

"Non crucciarti per la mia morte: il compito che vi attende è ben più importante di una singola esistenza, in particolare la mia.

Quando succederà, sappi che tua madre e Alhena saranno al sicuro, non c'è motivo per cui tu debba tornare indietro: guarda avanti, Arya, e segui la strada a cui sei destinata."

Le aveva detto Lilith, una sera nella quale i raggi dell'ultimo, tiepido sole e la brezza fresca che spirava dalla distesa placida del Mare del Nord avevano reso quelle parole meno taglienti, ne avevano smussato le dolorose implicazioni e forse proprio per quello Lilith aveva scelto quel momento per affidarle quell'ultimo, penoso compito: lasciarla andare, lasciarla morire.

Arya aveva creduto di poterlo fare, o forse si era solo voluta convincere di essere forte abbastanza da sopportare l'idea di abbandonare Lilith al proprio, di destino.

Ormai non importava più, comunque.

-dovevamo usare un passaggio via camino, o una passaporta, o una di quelle tue dannate scope da Quidditch-

Bisbigliò Gabrielle, che alle sue spalle si guardava attorno con la bacchetta stretta tra le dita, quasi come se si aspettasse che dall'oscurità che avvolgeva gli spessi tronchi secolari potesse uscire da un momento all'altro una terribile creatura pronta a divorarle.

-troppo rischioso, il Ministero e la fottuta Confraternita mi staranno già cercando, e tu odi le scope-

-beh odio di più vagare per una foresta, questa in particolare, nel cuore della notte: so perché siamo qui e perché vuoi andare a Londra, Arya, e non mi piace per niente-

Arya da parte sua rimase in silenzio qualche istante, consapevole che, infondo, Gabrielle avesse ragione. Andare lì, in quel luogo e poi a Londra, proprio quella notte, era una pessima idea, perché era lì che chiunque la stesse cercando, cercando davvero, si aspettava che lei andasse. Arya lo sapeva, aveva passato gli ultimi mesi a studiare, a prevedere quelle drammatiche ore a mente fredda e lucida, per non farsi trovare impreparata.

-sei ancora in tempo per andartene-

Disse, ripensando a quanto, alla fine, tutti i suoi sforzi per essere un passo avanti erano stati niente di più che un'inutile perdita di tempo.

-così puoi farti uccidere in tutta tranquillità? Non credo proprio. Non sei in te, Arya, e Lilith non ha dato la sua vita perché tu mandassi tutto a puttane così-

Quelle parole così dirette la colpirono come avrebbe fatto uno schiaffo in pieno volto, e tuttavia Arya non ebbe tempo di trovare una replica altrettanto tagliente perché a pochi passi da loro l'inconfondibile suono di una passaporta che si materializzava nella notte la fece tacere all'istante.

-sono... -

Sussurrò appena Gabrielle, fissando le sagome lontane alcuni metri da loro, illuminate da nient'altro che la luce fioca e spettrale della luna.

-no, non sono Mangiamorte-

Disse Arya in un sussurro, abbassando la bacchetta.

No, non lo erano, sebbene Arya forse avrebbe preferito trovarsi ad affrontare gli spietati assassini di sua nonna che non...

Era difficile distinguere quelle figure in piedi a pochi passi dalle macerie, ma Arya era certa che in quella piccola delegazione del Dipartimento Auror vi fosse anche lui, e dentro di sé si fronteggiarono l'istintiva necessità di andare via di lì il prima possibile, di evitare ulteriori complicazioni, e l'ardente desiderio che lui la trovasse, che l'abbracciasse e le dicesse che era tutto a posto anche se non era vero, come il giorno in cui era tornato da lei dopo dodici, interminabili anni, il giorno in cui lei gli aveva creduto e l'aveva portato lì, in quel luogo rimasto lontano dai suoi pensieri e dal suo cuore così tanto a lungo.

La Piccola Casa sulla Scogliera.

Ma ora quel luogo non esisteva più, era stato divorato dalle fiamme oscure, e Arya sapeva fin troppo bene che non era tutto a posto, una consapevolezza troppo forte, troppo spinosa perché un abbraccio potesse smussarla per renderla meno dolorosa.

E non era nemmeno certa che Sirius, dopotutto, sarebbe stato disposto a crederle.

Così alla fine l'istinto di fuggire, ancora una volta, ebbe la meglio.

-Arya... che facciamo? –

Sussurrò piano Gabrielle accanto a lei, riportandola alla realtà e costringendola a ragionare rapidamente: guardò alla propria destra e lo vide lì, fortunatamente ancora perfettamente intatto, il capanno degli attrezzi, grande abbastanza da accogliere anche il cimelio più prezioso della gioventù di Sirius Black e James Potter.

Spostò un istante ancora lo sguardo e vide che gli Auror avanzavano verso la radura, illuminando con la luce delle bacchette ciò che Arya immaginava fossero i resti della loro casa. I resti della loro vita, divorati dalla ferocia delle fiamme.

-andiamo, ora-

Disse, senza sapere in realtà se quello fosse davvero il momento più adatto. Sapeva solo che dovevano muoversi perché se fossero rimaste lì un istante ancora forse lei non ce l'avrebbe fatta più e sarebbe crollata sotto il peso di quelle ultime ore, sotto quel macigno di tristezza e una rabbia profonda che premevano per trovare una valvola di sfogo.

Richiamarono un manto di oscurità con il quale si avvolsero prima di muoversi rapide tra gli alberi, ma proprio quando avevano mosso i primi, timidi passi un rumore secco, di legno spezzato di netto, risuonò nell'oscurità a pochi metri da loro: una volpe che, incurante delle due donne che silenziose scivolavano attraverso le ombre notturne, si guadagnava la propria cena.

-merda-

Gemette Gabrielle quando le bacchette degli Auror che fino a quel momento si erano concentrate sulle macerie della Piccola Casa sulla Scogliera, si volsero tutte nella loro direzione, incapaci tuttavia di raggiungerle oltre il velo d'ombra che le proteggeva.

Trattennero il fiato.

Arya vacillò quando, infine, lo sguardo di suo marito si fissò nel suo.

***

Era stata proprio Arya ad insegnargli a riconoscere quell'oscurità che non aveva nulla di naturale. Ad un primo, superficiale sguardo era impossibile distinguerla dal buio fitto che ammantava un bosco di notte, ma osservando più attentamente ecco che i contorni fumosi del manto d'ombra diventavano appena riconoscibili.

Ripensandoci ore dopo, si rese conto del pericolo che aveva corso: avrebbe potuto esserci chiunque lì, in agguato nell'ombra, e tuttavia quando aveva fissato il proprio sguardo in quella direzione, contro l'oscuro nulla, aveva saputo con un'inspiegabile sicurezza che lì c'era lei.

-voi restate qui, io vado a controllare qui attorno che sia tutto tranquillo-

Disse, mentre i suoi occhi seguivano non senza una certa difficoltà i movimenti sinuosi del manto d'ombra, almeno finché non fu distratto dal tono saccente di quell'idiota di Turner che, sebbene inconsapevolmente, sembrava aver indovinato in parte il suo reale intento.

-vai con lui, Jack-

Aggiunse rivolto al collega, quasi come se lui non fosse lì e, soprattutto, non avesse avuto abbastanza per quella sera di essere rimesso al proprio posto da gente che non ne aveva minimamente il diritto.

-apri bene le orecchie, Turner: ho detto che voi resterete qui e questo è un ordine. Sono ancora un tuo superiore e se questo non ti sta bene potrai andare a lamentarti con Kingsley o Caramell una volta che saremo tornati al Ministero, ma per il momento esegui gli ordini e, soprattutto, taci-

Fu particolarmente perentorio nel pronunciare quell'ultima parola, perché se Turner avesse detto una sola altra parola probabilmente Sirius l'avrebbe messo a tacere in altro modo.

Si allontanò quindi dal gruppo, diretto verso l'ultimo punto dove ricordava di aver intravisto le ombre scivolare attraverso la notte. Alzò la bacchetta di fronte a sé quando percepì un rumore sommesso, il cuore che batteva a mille.

Si avvicinò ancora di qualche passo, lentamente, sforzandosi di fare meno rumore possibile e, alla fine, scoprì che lì, nel buio fitto che s'insinuava tra gli spessi tronchi degli alberi c'era...

... una dannata volpe.

L'animale sollevò la testa dalla preda che era intenta a mangiarsi quando la luce della bacchetta di Sirius la colpì, e poi semplicemente si dileguò nella notte, lasciandolo solo in mezzo a quel silenzio inquietante.

Possibile che si fosse sbagliato? Che quello che aveva visto era stato soltanto un pessimo scherzo della sua mente?

Capì che sì, che il suo desiderio di trovare Arya e di sentirsi dire da lei che ogni singola parola che aveva dovuto sopportare nelle ultime ore non era altro che una bugia era così forte da riuscire a distorcere la realtà.

Alla fine, Sirius abbassò la testa, incapace di trovare la forza per tornare a scavare tra le macerie della propria casa, incapace di convincersi che lei se ne fosse andata davvero, che l'avesse lasciato solo, in mezzo ai resti bruciati della loro vita e a quell'oscurità.

Sospirò e chiuse gli occhi un istante, prima di voltarsi per tornare sui propri passi.

***

-chiamalo-

Disse alla fine Arya, osservando attraverso le fessure tra le assi irregolari suo marito chiudere gli occhi e fare un passo indietro di fronte alla notte oscura e silenziosa. Sembrava esausto.

-cazzo, Arya, no... non possiamo... -

-chiamalo, ti prego-

Supplicò di nuovo l'amica, che alzò gli occhi al cielo e sospirò, ma poi chiuse gli occhi e mordendosi la lingua per non rinfacciarle di nuovo che così non avrebbero fatto altro che mettere a rischio il piano, più di quanto non stessero già facendo, alla fine l'accontentò.

Arya vide Sirius immobilizzarsi prima di spostare lo sguardo accanto a sé e individuare finalmente il logoro capanno degli attrezzi dimenticato in mezzo al buio fitto.

-non ringraziarmi, questa è l'ultima volta che ti do retta per questa notte, sappilo-

Le disse Gabrielle quando Arya le sussurrò un "grazie" sommesso. Poi l'amica scivolò oltre la soglia del capanno e lei rimase sola un altro istante prima che l'intero misero ingresso fosse occupato dalla figura di Sirius, e quando lui alla fine chiuse il resto del mondo fuori da quella porta fatta di assi irregolari Arya sentì le gambe cederle sotto il peso di quelle ultime ore.

Improvvisamente si rese conto di non sapere nemmeno cosa dirgli, e quando lui mosse un passo verso di lei, Arya istintivamente indietreggiò.

-cosa sta succedendo, Arya? –

Le chiese, ma Arya scosse la testa, chiuse gli occhi e desiderò di aver dato retta a Gabrielle.

Non poteva, non aveva le forze di distruggere quel poco che lei e suo marito erano riusciti a rimettere assieme.

-Arya, ti prego, ho bisogno di sapere se... -

-sì, è vero: ho evocato il Marchio Oscuro e l'Ardemonio-

Gli disse di getto, l'unica verità che poteva permettersi di rivelargli.

Vide una lunga scia di emozioni attraversare gli occhi di Sirius, che però sembrava più deciso di lei a non volersi arrendere di fronte a quella cruda e spiazzante realtà.

-perché, perché l'hai fatto? –

-ho dovuto farlo, Sirius, per Sophie-

Gli disse, e tuttavia quelle parole non sortirono affatto l'effetto sperato.

-Sophie è al San Mungo ora, con delle gravi ustioni provocate dalle tue dannate fiamme oscure, Lilith è... Lilith è morta ed è solo per un fottuto miracolo che nostra figlia e tua madre sono salve, quindi basta cazzate, Arya. Dimmi la verità, adesso-

Arya rimase ad ascoltare le parole di Sirius immobile.

Ricordava solo un vago fotogramma di sua sorella che riusciva a liberarsi dalla stretta di Arthur Weasley e si lanciava in contro alle fiamme dell'Ardemonio, e le parole di Lilith, che la rassicuravano che quando fosse giunto il momento Elizabeth e Alhena sarebbero state al sicuro.

Si rendeva conto di quanto fosse sbagliato tutto questo, di quanto fosse folle e sbagliato, ma dentro di sé sapeva che l'alternativa sarebbe stata ben peggiore, che questo era un prezzo altissimo ma necessario da pagare.

Che se lei avesse ceduto ora, loro alla fine sarebbero morti, tutti quanti.

-non posso dirti quello che vuoi sentirti dire, Sirius-

-voglio solo che tu mi dica la verità, nient'altro-

-beh, è questa la verità! –

Sbottò alla fine, sollevando la manica destra della felpa, scoprendo le cicatrici doloranti che l'Ardemonio era riuscito a penetrare, bruciandola, ma non abbastanza da porre fine a quella lunga agonia.

-Cristo, Arya-

-è questa la verità, Sirius: ho evocato l'Ardemonio e il fottuto Marchio Oscuro, ho lasciato che mia nonna fosse uccisa e ho messo in pericolo anche mia madre e nostra figlia e se fosse necessario, io... -

E mentre pronunciava quelle parole le sembrò quasi di sentirla, quella voce dentro di sé, che gongolava e si nutriva soddisfatta di tutta quella rabbia, tutta quella frustrazione e quell'odio che bruciavano in lei.

-... io sarei pronta a rifarlo-

Disse, lasciando a Sirius il tempo di assimilare la verità che alla fine lei gli aveva lanciato addosso senza alcuna delicatezza. Era deluso, furioso, spaventato, ma quando lui fece un altro passo avanti Arya capì che non era ancora sufficiente, che non era ancora pronto ad arrendersi all'idea che sua moglie si fosse trasformata in una notte in un mostro spietato.

O che, infondo, lo fosse sempre stata.

Arya allora sollevò la bacchetta, appena prima che lui potesse raggiungerla.

-devi lasciarmi andare, Sirius-

Gli disse, ma fu la prima a rendersi conto di quanto quella che voleva essere una minaccia suonasse piuttosto come una disperata supplica. Sirius, da parte sua, continuò ad avanzare verso di lei e con un movimento lento e delicato della mano le fece infine abbassare senza alcuna difficoltà la bacchetta.

Arya inspirò a fondo quando le dita di suo marito sfiorarono le sue, e mentre un milione di campanelli d'allarme risuonavano nella parte più razionale del suo cervello, inascoltati, lasciò che infine lui la stringesse a sé.

-ti lascerò andare-

Le sussurrò

-ma sappi che non smetterò mai di cercarti, mai-

Arya lasciò scivolare le dita tra i capelli ribelli di Sirius e chiuse gli occhi quando i loro visi si sfiorarono per un ultimo, lunghissimo istante.

Poi lui semplicemente si sciolse da quell'abbraccio e senza aggiungere una sola altra parola scivolò di nuovo oltre la soglia del malconcio capanno degli attrezzi. 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro