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La luce nelle tenebre

25 agosto 1994, Ministero della Magia Inglese

Il Ministero della Magia era un luogo imponente, austero, era il luogo dove per eccellenza le apparenze contavano più che i fatti. Tutto doveva essere perfetto, in ordine, i maghi e le streghe che vi si recavano chi per pochi minuti e chi durante la quotidianità del proprio lavoro dovevano sentirsi al sicuro, protetti dalle istituzioni che governavano il loro piccolo mondo nascosto sotto la rumorosa e caotica superficie di Londra.

Pochi avevano visto il rovescio della medaglia e ancora meno erano tornati per raccontarlo, e Sirius era uno di questi. Lui sapeva di cos'erano capaci uomini come l'illustrissimo Cornelius Caramell, sapeva che pur di mantenere ogni cosa al proprio posto erano persino disposti a condannare un uomo a un'esistenza di follia e solitudine, dandosi alla fine della giornata una bella pacca sulla spalla per aver mantenuto ancora una volta intatta la propria immagine.

Ma in fin dei conti Caramell non era altro che un codardo, lo erano tutti quanti quei personaggi in abito gessato che gli sfilavano davanti con la loro valigetta ventiquattrore in lucida pelle di drago, e Sirius ormai non provava altro che pietà per loro.

-certe cose non cambiano proprio mai-

Mormorò sconsolata una voce familiare alle sue spalle.

La prima volta che Sirius aveva rivisto Marlene McKinnon era stato ormai alcuni mesi prima, il giorno della Vigilia di Natale, dodici anni dopo la guerra che avevano combattuto fianco a fianco. Era stato certamente strano, ma non quanto Sirius si era aspettato, un po' come la prima volta che si era reso conto di poter pensare a lei come qualcosa di più che una semplice amica.

Era passato molto tempo da allora, da quando lui le aveva spezzato il cuore nel vano tentativo di curare il proprio. L'aveva ferita molte volte, più di quante Marlene non meritasse e più di quante Sirius avesse voluto, e quelle, lo sapeva, erano ferite che difficilmente guarivano, persino dopo tutto quel tempo, quando quelli non erano ormai nulla di più che ricordi lontani di una giovinezza che si era troppo velocemente mescolata con i problemi di uomini e donne adulti.

Eppure, la sera della Vigilia, dopo soltanto un istante di esitazione, lei gli aveva sorriso e l'aveva stretto in un abbraccio silenzioso che tuttavia era valso per Sirius più di mille parole.

-anche se in effetti mi pareva di ricordare qualche medaglia in meno sulla tua divisa, guarda qui, ti ha dato anche un ordine di Merlino! -

Continuò poi Marlene, più divertita che risentita, sollevando le sopracciglia mentre col dito indicava le numerose medaglie di varie forme e colori che brillavano in bella mostra sulla giacca di Sirius. Molti sceglievano una carriera al Dipartimento Auror solo per poter aspirare ad una luccicante collezione di medaglie da appuntare sulla divisa, ma a Sirius, Marlene e James di quelle finezze istituzionali non era mai importato nulla. Avevano combattuto sempre e solo per i propri ideali, per alimentare la speranza che, un giorno, sarebbero riusciti a sconfiggere le forze oscure che minacciavano il loro mondo.

-ho provato a dirgli che mi sarei accontentato di un cesto di frutta esotica, ma Caramell ha insistito-

Scherzò quindi lui, tornando tuttavia poi a guardarsi attorno con un'espressione molto più seria, forse più matura e consapevole, o forse semplicemente più realista di quella con cui aveva osservato quel luogo molti anni prima.

Ci aveva creduto davvero e aveva messo tutto sé stesso in quella lotta contro il male, inconsapevole che l'oscurità che cercava di combattere fosse già arrivata anche lì, che si fosse già infiltrata sotto l'oro luccicante in superficie e che oltre quell'ordine e quella compostezza non ci fosse nulla, se non il marcio che giaceva latente sul fondo.

-e poi, forse, questo non è più il mio posto, Lené-

Le disse, adesso che i suoi occhi di adulto non erano più in grado di vedere nient'altro che la corruzione, il degrado, la malvagità, ora che le espressioni scocciate degli uomini d'affari che sfilavano davanti a loro erano diventate inespressive maschere d'argento così come i loro abiti gessati si erano trasformati in mantelli scuri come la notte.

-sai, credo che infondo non lo sia mai stato per nessuno di noi, ma questo non significa che non possiamo comunque tentare di rendere il mondo che c'è fuori di qui un posto migliore, tu ora se non altro hai un'altra ottima ragione per provarci, no? -

Gli fece notare Marlene, costringendolo a piegare di nuovo le labbra in un sorriso, mentre la sua mente indugiò qualche istante sul dolce pensiero della piccola Alhena, almeno finché un colpo di tosse impaziente attirò la loro attenzione.

Quando Sirius si voltò si ritrovò quindi di fronte ad una ragazza di non più di vent'anni che li fissava con le braccia incrociate contro la divisa da recluta e gli occhi scuri che saettavano da lui a Marlene alternativamente. Sembrava in effetti parecchio scocciata, e non si sforzava nemmeno troppo a nasconderlo, a differenza del ragazzo accanto a lei, altrettanto giovane e tuttavia decisamente meno spavaldo.

-ehm, si-signore... -

Cominciò a balbettare il poveretto che fissava Sirius con quello che poteva essere timore reverenziale o più probabilmente terrore puro.

-Kingsley ha detto di darsi una mossa-

Tagliò tuttavia corto la ragazza, girando quindi sui tacchi senza attendere che Sirius dicesse qualcosa, evidentemente ritenendo superfluo il fatto che lui fosse in realtà l'ufficiale capo e lei la recluta. Ma dopotutto non si era aspettato nulla di diverso, non da Artemis Bones, figlia dell'integerrima Amelia Bones. Sirius aveva avuto il "piacere" di conoscerla alcune settimane prima e già allora aveva intuito di non essere al primo posto nella lista delle persone preferite della ragazza, così come di sicuro non lo era in quella delle autorità dalle quali Artemis si sentiva a suo agio a prendere ordini, sebbene Sirius non avesse ancora davvero afferrato il motivo di tanta ostilità.

-puoi andare Carl, arriviamo subito, grazie-

Annuì quindi al ragazzo, che perlomeno aveva avuto il buon gusto di attendere una sua parola prima di svignarsela di corsa.

-comunque, sono sempre più convinto che sarebbe stato di gran lunga meglio il cesto di frutta-

Commentò quindi Sirius sarcastico, suscitando una risata sommessa da parte di Marlene, mentre ormai le due reclute erano già sparite dietro le inferiate dorate di uno degli ascensori che sfrecciavano tra la miriade di piani e corridoi del Ministero senza sosta.

***

25 agosto 1994, da qualche parte nella desolata campagna inglese

Se per la maggior parte della popolazione l'esistenza di draghi o altre creature non era altro che una favolistica fantasia, per Sophie Ellis-Miller, che in mezzo alle stravaganze del mondo magico ci era cresciuta, immaginarsi un immenso drago che soffiava fiamme dalle narici non era in effetti poi così difficile. Tuttavia, persino lei non aveva mai pensato di uscire con qualcuno che i draghi li allevava per mestiere.

Aveva conosciuto Charlie Weasley alla festa della Vigilia di Natale e da allora tra loro c'era stato un corposo scambio di lettere, tanto che alla fine il gufo che faceva faticosamente la spola tra l'appartamento a Parigi dove Sophie viveva con la madre e la riserva di draghi in Romania dove Charlie lavorava era ormai diventato di famiglia ed Elizabeth si premurava di tenergli da parte una buona dose di cibo da gustare prima della ripartenza.

-sai, potrebbe essere quello giusto-

Sospirò, mentre la brezza fresca oltre il finestrino abbassato dell'auto le scompigliava i capelli e l'idea che ormai solo una manciata di chilometri la separavano da Charlie le accarezzava i pensieri.

-beh, sarà felice la mamma: mi era parso di capire che non le piacesse troppo Jacques-

Le rispose distrattamente Arya, la quale aveva passato la maggior parte del viaggio a fissare il paesaggio brullo che correva veloce oltre il finestrino, profondamente immersa nei propri pensieri.

-dico sul serio, Charlie mi piace davvero e io, beh, credo di essere pronta per qualcosa di più-

Disse quindi, attirando finalmente su di sé l'attenzione della sorella che sembrava infine aver afferrato il punto dove Sophie cercava di arrivare.

-tipo? Sposarti? -

Le chiese, con un tono a metà tra l'ironico e l'incredulo, come se quella fosse nient'altro che un'altra delle sue idee stravaganti come tingersi i capelli di un poco discreto blu elettrico o farsi un piercing al naso.

-ma no, pensavo a qualcosa di più alternativo, tipo aprire assieme un chiosco di gelati al Polo Nord-

Le rispose Sophie, alzando gli occhi al cielo mentre con tutta l'indifferenza di cui fu capace tornò a concentrarsi sulla strada davanti a sé, che continuava a snodarsi monotona e deserta davanti a loro.

-dai Sophie, non intendevo dire che sia sbagliato volere qualcosa di più, solo... non avere troppa fretta-

-cos'è, parli per esperienza personale? -

Le chiese senza riuscire a trattenersi, sputando d'istinto quelle parole velenose contro sua sorella, e pentendosene tuttavia l'istante stesso dopo averle pronunciate.

-scusa Arya, non intendevo... insomma, scusami-

Le disse quindi voltandosi di nuovo a guardare sua sorella, che si limitò a dirle che era tutto a posto, osservandola con uno sguardo indecifrabile, persino per lei che la conosceva bene quanto conosceva sé stessa: non era arrabbiata, ma sul suo visto si era dipinto un sorriso che sembrava nascondere un'ombra di tristezza. O forse semplicemente un'ombra e nient'altro.

-è davvero tutto a posto, Arya? -

Le chiese Sophie qualche minuto dopo, ben consapevole di quanta retorica ci fosse in quella domanda.

-perchè, se dicessi di sì, mi crederesti? -

-non offenderti, ma non sei mai stata granché nel dire balle-

Le confessò, strappandole per qualche istante un debole sorriso.

-ne hai parlato con Sirius? -

Continuò poi, ben consapevole che se per lei Arya era un libro aperto, Sirius da parte sua era una delle poche persone al mondo a capire davvero cosa si agitasse nell'anima tormentata di sua sorella.

-è complicato-

Rispose tuttavia Arya, enigmatica come lo era sempre stata quando si trattava di parlare di quello che succedeva in quell'angolo oscuro, nascosto da qualche parte dentro di lei. Sophie era solo una bambina allora, ma ricordava ancora le liti furiose tra sua madre e sua sorella, nelle quali spesso s'intrometteva persino Lilith, nel vano tentativo di far ragionare se non entrambe, almeno una delle due, e placare per quanto possibile gli animi. Dopo la notte del 12 gennaio di diciassette anni prima Arya era cambiata, giorno dopo giorno era come se un'ombra scura fosse scesa su di lei e l'avesse presa e trascinata lontano, sempre più lontano da lei e da Elizabeth, finché un giorno era tornata a casa, aveva preso le proprie poche cose ed ignorando chiunque avesse cercato di fermarla se n'era semplicemente andata.

-e con Jonathan, con lui ne hai parlato? -

Le chiese Sophie, sforzandosi di mordersi la lingua per evitare di prolungarsi ad apostrofare in modi tutt'altro che gentili il ragazzo per il quale Arya quel fatidico giorno di settembre aveva deciso di voltare loro le spalle, lasciando Elizabeth con un'altra profonda ferita nell'anima e lei arrabbiata come non lo era mai stata con sua sorella. Non aveva mai capito cosa Arya potesse aver trovato di tanto interessante in Jonathan Blackburn, a parte, ovviamente, lo sguardo affascinante e il fisico ben allenato.

***

Arya da parte sua evitò di nuovo lo sguardo di sua sorella. Odiava doverle mentire, così come aveva odiato di dover mentire ancora una volta a Sirius, ma Lilith era stata categorica:

"So che ti costa molto non dirgli la verità, ma voglio essere sincera, Arya: se lo coinvolgerai, lo trascinerai a fondo con te."

Le aveva detto, molto tempo prima di quel giorno di fine agosto, molto prima che l'amore rinnovato per Sirius e quello incondizionato per la piccola Alhena rendessero tutto quanto terribilmente più difficile, al punto da farle perdere il sonno e costringerla a combattere con sé stessa per non cedere alla tentazione di ignorare gli avvertimenti di Lilith e rifugiarsi nel rassicurante abbraccio di Sirius e confidargli di quelle nubi oscure che si stavano addensando inesorabilmente davanti a loro.

Alla fine però, così come aveva fatto con Sirius, chiese anche a sua sorella di fidarsi di lei, mentre davanti a loro la desolata campagna fu pian piano rimpiazzata da una moltitudine di colori e luci, di urla e cori festosi di maghi e streghe di ogni estrazione ed età accorsi da ogni parte del mondo per assistere ad uno spettacolo più unico che raro: la finale della Coppa del Mondo di Quidditch.

-oh Arya, non c'è bisogno che tu mi chieda di fidarmi di te-

Le disse Sophie dopo aver parcheggiato la vecchia auto di Elizabeth a debita distanza da tutto quell'allegro caos multicolore.

-ma se hai in mente di sparire o di fare qualsiasi altra delle tue follie con quel... con Jonathan, te lo dico subito: ti ammazzo, chiaro? -

Aggiunse poi, mentre sul viso di Arya si dipinse un timido sorriso.

-ti voglio bene, mostriciattolo-

Le disse, riponendo il dolce sorriso di sua sorella in un angolo sicuro nel proprio cuore assieme al ricordo dell'ultimo abbraccio con sua nonna e sua madre, dell'ultimo, lungo bacio che aveva dato a Sirius e dell'ultima volta che aveva stretto sua figlia al sicuro tra le proprie braccia.

Loro erano la sua luce, l'unica che sarebbe stata in grado di guidarla attraverso le tenebre.

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