Chiudi gli occhi
20 Agosto 1978, Parigi
-Chiudi gli occhi-
Le sussurrò alle spalle la voce morbida come il velluto di Jonathan, provocandole una piacevole sensazione che si dipanò dal punto in cui le labbra di lui l'avevano sfiorata, trasformandosi in una scia di brividi che corsero veloci lungo la sua schiena coperta solo in parte dal leggero vestito estivo che aveva addosso.
Arya da parte sua ubbidì silenziosamente, mordendosi il labbro inferiore mentre gli angoli della sua bocca si piegarono in un sorriso impaziente.
Era passato molto tempo dall'ultima volta che si era sentita così... leggera. Sentiva il cuore batterle forte nel petto, ma non di rabbia o di paura: era emozionata, lo era davvero, sebbene a pensarci le sembrasse ancora strana l'idea che la causa di tutta quella trepidazione fosse proprio Blackburn. Era stata una presa di coscienza graduale quella che aveva portato Arya ad avvicinarsi a lui e agli ideali a cui lui era fedele, gli stessi su cui si fondava la Confraternita di Salazar.
Era passato ormai più di un anno dal suo arrivo a Parigi, quel momento in cui, in qualche modo, la sua vita aveva preso a girare attorno ad una nuova orbita, allontanandosi pian piano, giorno dopo giorno, dalle ferite dolorose del proprio passato, e ad Arya sembrava finalmente di aver ritrovato se non un equilibrio quantomeno uno scopo, un obiettivo da perseguire, un ideale per cui lottare.
E Jonathan era sempre stato lì, fin da quella prima sera, un'ombra nascosta nel buio della notte che pian piano le si era avvicinata, all'inizio con una certa arroganza che tuttavia era poi mutata in una sottile delicatezza che aveva fatto sentire Arya di nuovo al sicuro, per la prima volta dopo molto, troppo tempo.
-pronta? –
Le chiese, con quella voce dal timbro basso e avvolgente che Arya aveva imparato a riconoscere persino nelle profondità dell'oscurità più buia.
-pronta-
Rispose quindi convinta e solo un istante dopo si sentì avvolgere dapprima dalle braccia di Blackburn e poi trascinare nel vortice della materializzazione congiunta. Non sapeva dov'erano diretti, Jonathan si era limitato a darle appuntamento alle diciotto di quella stessa sera a qualche isolato da dove viveva con sua madre, sua sorella e Lilith, sua nonna, la quale passava ormai molto più tempo con loro nel piccolo appartamento di tre misere stanze a Parigi piuttosto che nell'immensa villa di famiglia nelle Highlands.
La materializzazione durò solo qualche secondo e quando infine il terreno fu di nuovo immobile sotto i suoi piedi e la testa smise di girarle, la prima cosa che Arya percepì fu un piacevole profumo di erba appena tagliata e il rilassante canto delle cicale tutt'attorno, mentre davanti a lei riverberava un suono placido, come di acqua che con dolcezza s'infrangeva contro la riva.
Le braccia di Blackburn smisero di avvolgerla mentre in compenso la luce ricca delle mille sfumature del tramonto le inondò il viso, sfiorandola con una calda carezza.
Quando poi Arya riaprì gli occhi la grigia piazzetta foderata di asfalto e aiuole incolte non c'era più, sostituita da un limpido specchio d'acqua sul quale l'ultimo sole di quell'incredibile giornata si rifletteva in una miriade di bagliori colorati.
Tutt'intorno a loro non c'era nient'altro che un prato i cui sottili fili d'erba solleticavano le caviglie di Arya e, a parte qualche famiglia di cicale nascoste in quell'immensità di verde, erano chiaramente soli, lontani da tutto il resto del mondo.
-non è la Scozia, ma ho pensato che potesse piacerti-
Disse Jonathan, mentre i suoi occhi indugiavano su quel luogo incontaminato che sembrava uscito da una fiaba, così diverso dagli ambienti chiusi, scuri e saturi di pettegolezzi e fumo della Confraternita dov'erano abituati a vedersi.
-è bellissimo, Jonathan, davvero-
-no, tu sei bellissima-
Le sussurrò attirandola a sé. Arya da parte sua sorrise divertita mentre il contatto con la pelle ispida del viso di Jonathan risvegliò lo stormo di farfalle che aveva nello stomaco.
-sono un po' delusa: da uno come te mi sarei aspettata qualcosa di più originale di un complimento così banale-
Gli confessò, piegando appena la testa di lato per lasciare campo libero alle labbra di Jonathan.
-"uno come me"? Sarebbe a dire? –
Le chiese, lasciando correre le dita sulla schiena nuda di Arya, la quale chiuse gli occhi abbandonandosi alla piacevole sensazione del proprio corpo a contatto con quello solido di Jonathan.
-non so, uno che si crede tanto arguto e soprattutto bravo a far colpo sulle ragazze-
-ah sì? Dunque, è questo che pensi di me, Arya Ellis-Miller? –
Le chiese, anche se a dire la verità Arya in quel momento non pensava ormai più a nulla, la sua testa era come svuotata di ogni pensiero che non fosse il frinire delle cicale e il suono sommesso dei loro respiri.
Indugiarono ancora qualche istante, esplorando l'uno gli occhi dell'altra, semplicemente godendosi quei tanto agognati attimi di pace, il potersi abbandonare al tocco dell'altro senza temere di essere osservati da occhi crudeli ed invisibili che non erano in grado di comprendere quei sentimenti che andavano oltre ai rigidi protocolli, alle secolari tradizioni, al dovere verso la propria famiglia e i propri ideali.
Fu Jonathan a bruciare infine la misera distanza che li separava, baciandola dapprima come se quella fosse più che altro una primaria necessità, un po' come riprendere fiato dopo essere stati per troppo tempo sott'acqua.
La prima volta lui l'aveva baciata tra gli scaffali della piccola libreria di Dorothy ed Alfred, dopo che l'aveva presa per mano per guidarla attraverso l'oscurità*. All'inizio Arya aveva reagito puntandogli entrambe le mani sul petto e spingendolo lontano da sé, facendo dissolvere la forza oscura che li teneva avvolti tra le proprie spire. C'era poi stato un lungo istante di silenzio nel quale mille immagini confuse avevano preso a vorticare nella sua testa, ricordi felici e dolorosi al tempo di stesso. Aveva ripensato a Sirius, per la prima volta dopo molto tempo, a quello che ancora provava per lui e che tuttavia non significava ormai più nulla: aveva scelto di non scrivergli più, di sforzarsi di voltare pagina e sparire per sempre dalla sua vita per ricominciare a vivere la propria.
Così alla fine Arya aveva fatto un paio di passi in avanti e senza indugiare oltre si era gettata tra le braccia di Jonathan, abbandonandosi completamente a quelle labbra così affamate di lei.
Da quel momento aveva cominciato a sentirsi sempre più attratta da lui e dall'oscurità che aleggiava come una presenza costante tra loro, e più passava il tempo più Arya sentiva di essere al sicuro solo nascosta nelle tenebre o tra le braccia di Jonathan.
Aveva smesso anche di preoccuparsi che lui potesse scrutare nella sua anima e rendersi conto di quello che lei provava, di quei sentimenti che, se da un lato le davano sicurezza dall'altro la rendevano debole e vulnerabile, una preda indifesa che si era spinta ormai fin nella tana del lupo: Jonathan avrebbe potuto plasmare i suoi sentimenti, sarebbe bastato accarezzarli dolcemente una sola altra volta per far crollare le ultime sue riserve, eppure non l'aveva mai fatto.
-chiudi gli occhi, Jonathan Blackburn-
Gli sussurrò allora mentre le loro labbra stentavano ancora a separarsi del tutto, sfiorandosi ad intervalli regolari, delicatamente, come a voler fare in modo che quel momento potesse non esaurirsi più.
***
Jonathan da parte sua sorrise e ubbidì senza protestare, avvertendo Arya scivolare via dalla sua presa.
Passò qualche secondo e poi il pacifico silenzio che li circondava fu spezzato da uno scroscio d'acqua che costrinse Jonathan suo malgrado a riaprire gli occhi.
-ma che cazzo... -
Cominciò a dire scrutando la distesa d'acqua di fronte a sé, di nuovo apparentemente tranquilla, e solo in un secondo momento si accorse delle scarpe e del vestito di cui Arya doveva essersi evidentemente liberata prima di tuffarsi nelle indisturbate acque del laghetto.
Infine, una testolina spuntò dalla superficie, e pian piano ad essa seguì anche la schiena di Arya ormai coperta da nient'altro che i capelli che le ricadevano zuppi d'acqua lungo le spalle. Si voltò appena a guardarlo, abbastanza solo perché lui potesse vedere il suo sorrisetto compiaciuto: sapeva di averlo colto alla sprovvista ed evidentemente questo la divertiva e parecchio.
-d'accordo-
Bisbigliò allora tra sé, sfilandosi a sua volta i vestiti e raccogliendo così la sfida di quella ragazzina impertinente che, da quando era arrivata a Parigi, non aveva fatto altro che sconvolgergli la vita in un modo che Jonathan non aveva previsto.
Perché no, a dire la verità, non aveva messo in conto che prima che tutto fosse finito lui si sarebbe innamorato di lei, e ancora adesso gli sembrava una pessima idea, e tuttavia non riusciva a farne a meno, di lei, di quel brivido vitale che solo Arya con quel suo carattere a volte impossibile sapeva risvegliare.
Si avvicinò all'acqua che la luce del sole riflettendosi sulla superficie aveva reso di un caldo colore ambrato. Tuttavia, Jonathan scoprì che quell'acqua era tutt'altro che calda o persino tiepida, gli sembrava piuttosto di aver messo un piede in un bicchiere di Scotch e ghiaccio, molto, molto ghiaccio.
-ma non mi dire, il prode Jonathan Blackburn è in realtà una mammoletta che ha paura di un po' d'acqua fredda-
Lo provocò Arya, la quale galleggiava a poca distanza dalla riva, apparentemente incurante della temperatura dell'acqua. Non fosse stato altro che per una pura questione di principio, Jonathan si fece quindi forza e chiudendo gli occhi si tuffò a sua volta: avvertì l'acqua fredda scivolargli addosso, distribuirsi uniformemente lungo il suo corpo e avvolgerlo completamente fino a mozzargli il fiato.
Quando riemerse lei era ancora lì, a solo un paio di bracciate di distanza e con un accenno di sorriso sul volto. Erano così vicini ormai, più di quanto non lo fossero mai stati durante quei mesi, eppure Jonathan esitò ancora. La desiderava, ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se, alla fine, quello che lui provava avrebbe compromesso tutto il resto, tutto ciò per cui Jonathan aveva giurato di lottare: la possibilità di liberare la Confraternita da quel sistema corrotto e impigrito da anni di giochi politici e di brama di potere, la possibilità di tornare a casa, in Inghilterra, e riprendere possesso di tutto ciò di cui erano stati ingiustamente privati.
-Jonathan... -
La voce di Arya giunse a lui come da un universo parallelo, riportandolo lentamente alla realtà. Si mosse quindi come attratto da una forza invisibile a cui era incapace di resistere.
"Sei debole, figlio mio, se non sei nemmeno in grado di distinguere per cosa vale la pena lottare e cosa, invece, ti porterà alla rovina"
Le parole di suo padre gli rimbombarono in testa mentre una sola, ultima bracciata lo separava da Arya. Forse aveva ragione, forse lei l'avrebbe trascinato in un abisso da cui non sarebbe più riuscito a riemergere, ma il timore di perderla era ormai di gran lunga più forte di quello di perdere ogni altra cosa.
-sono qui-
Le disse quindi quando l'ebbe raggiunta, proprio come quella sera in cui l'aveva trascinata con sé nelle tenebre*. L'attirò poi a sé e sospirò quando infine il corpo di Arya aderì al suo.
-sono qui-
Le sussurrò ancora sfiorandole la pelle del viso umida e imperlata di gocce d'acqua, lasciando scivolare un dito fino alle sue labbra che avevano ormai acquistato una lieve sfumatura violacea e proseguendo poi scendendo lentamente fino al collo, percependo i brividi sulla sua pelle intensificarsi ad ogni tocco. Sentiva il petto di lei alzarsi e abbassarsi contro il proprio, mentre il respiro di entrambi si era fatto più intenso, più impaziente.
-sei sicura? –
Le chiese, resistendo alla tentazione di impossessarsi e basta delle sue labbra. Quella era l'ultima possibilità di tornare indietro, di fermarsi prima che fosse troppo tardi.
-sì, sono sicura-
Rispose lei senza esitare, come se quella fosse ormai una certezza da molto tempo. Jonathan la strinse quindi più forte a sé e in un attimo l'acqua fredda fu sostituita da delle morbide lenzuola che profumavano di lavanda.
Gli ci volle un istante perché la testa smettesse di girare vorticosamente, per la materializzazione e per la strana sensazione di poter toccare finalmente Arya, di percepire il suo corpo freddo e nudo premuto contro il proprio. Liberò quindi lei e sé stesso degli ultimi strati di stoffa che li separavano e si abbassò su di lei, baciandola senza preoccuparsi più di nient'altro che del battito furioso del cuore di Arya e del proprio.
-se ti faccio male dimmelo, capito? –
Le disse e per un istante lei lo guardò come sorpresa che lui sapesse che quella era per lei la prima volta, così Jonathan le sorrise, sfiorandole con un dito il punto dove il battito del cuore di Arya si percepiva così chiaramente da poterne quasi sentire il rumore.
-so sempre cosa si agita qui dentro, ragazzina-
Le spiegò, sfiorando poi con un bacio leggero quello stesso punto sul suo petto strappandole un gemito sommesso prima di tornare a guardarla.
-e ti prometto che ne avrò cura, finché me ne darai la possibilità-
Aggiunse, mentre le labbra di Arya si articolarono in un silenzioso "lo so", prima di piegarsi in un sorriso. Poi fu lei ad attirarlo di nuovo a sé, chiudendo gli occhi e cercando quel contatto che entrambi desideravano da più tempo di quanto non fossero disposti ad ammettere.
Fu così che si abbandonarono infine, corpo ed anima, l'uno tra le braccia dell'altra.
*Per chi si fosse un attimo perso (perfettamente comprensibile dopo gli 80 capitoli di Lumos 😅) il rimando è al capitolo "Insegnamento numero uno" di Lumos ;)
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