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Psycho Love {Yandere! Reader x Singer! Levi} (Pt.2)

«Non mi interessano i soldi.- Rispose prontamente. -Insomma, chi sarebbe così stupido da rapire qualcuno che ama, faticando così tanto, per poi ridarlo indietro per una manciata di soldi?»

«Sarebbero in molti a farl-» Stava per dire, quando si rese conto delle parole che aveva usato la ragazza. "Qualcuno che...ama...?"

Possibile che quella pazza l'avesse rapito perché l'amava? Lui non la conosceva nemmeno e continua a porsi questa domanda, mentre la [c/c] gli passava la spugna piena di sapone su tutto il corpo. Si percepiva il suo disagio e imbarazzo, specialmente quando si avvicinò alla zona pubica dell'uomo, che rivolgeva lo sguardo da tutt'altra parte.
Il tocco di lei mentre lo lavava era molto delicato e dolce. Quando un attimo prima riusciva a sollevare il corpo di Levi. Sembrava proprio un'altra ragazza.

Dopo che ebbe finito di lavarlo, lo asciugò e lo fece uscire dalla vasca, avvolgendogli un asciugamani in vita, con molta difficoltà.
Lo trascinò fuori dal bagno e lo portò nel salotto, dove lo fece sedere sul divano.

«Vado a prenderti i vestiti che ti ho comprato.- Disse, col respiro pesante. -Tu non muoverti di qui.»

Gli rivolse un piccolo sorriso, baciandogli la fronte, per poi allontanarsi ed andare al piano di sopra.
Qualcuno che ama. Quelle parole continuavano a ronzargli in testa dopo quel bacio.

Levi si guardò un po' intorno per capire meglio dove si trovasse.
All'apparenza, sembrava una semplice casa. Piccola, ma ben arredata ed accogliente.
La [c/c] era ancora al piano di sopra e lui ne avrebbe potuto approfittare per scappare da quel posto. Riusciva ad alzare un po' le braccia e a muovere appena le dita. Ma le gambe erano ancora sotto l'effetto dell'anestetico, riuscendo a muoverle solo di pochi millimetri. Non avrebbe mai potuto camminare, se non addirittura correre verso la porta ed uscire. Sarebbe crollato dopo nemmeno un passo.

«Eccomi qua!» Canticchiò una voce.

Levi si girò di scatto verso le scale e vide la ragazza scenderle velocemente e andare verso di lui.

«Sono nuovi. Spero ti piacciano!» Gli sorrise.

Come faceva a sembrare così gentile e... normale?
Il corvino guardò quello che la ragazza aveva tra le mani. Un paio di pantaloni neri corti, che arrivavano fino alle ginocchia, una maglietta a maniche corte azzurra e dei boxer bianchi.

«Sta arrivando l'estate, quindi penso tu abbia caldo. Ti servono dei vestiti comodi e leggeri!»

Velocemente, gli infilò la maglia e gli fece alzare i fianchi, reggendolo, per infilare anche i boxer (senza guardare) e i pantaloncini.
Appena fu apposto gli diede un piccolo pizzicotto al braccio, senza nessun preavviso e di conseguenza lo fece sussultare. «Vedo che l'anestesia sta piano piano svanendo...» Commentò apatica, facendo poi la stessa cosa con la gamba destra, da cui però non ricevette nessun segno. «Se l'anestetico non dovesse più far effetto nemmeno sulle gambe, dovrei iniettarne dell'altro.» Aggiunse poco dopo, senza il tono dolce di prima. Sembrava che stesse parlando più per sé stessa che per Levi.

«Non intendi proprio darmi possibilità di fuga, eh...»

«Ho patito così tanto per averti. Questo è il minimo.- Allungò il braccio per prendere il telecomando poggiato sul piccolo tavolino davanti al divano ed accese poi la tv. -Ora ti preparo qualcosa da mangiare, devi essere molto affamato!» Posò di nuovo il telecomando esattamente dove l'aveva preso, avvicinandosi poi al volto del corvino. Quest'ultimo stava per ritrarsi non sapendo le sue intenzioni, ma le labbra della ragazza si posarono leggere e delicate sulla sua guancia, lasciandolo basito.

La [c/c] si allontanò per poterlo guardare negli occhi. «Io sono in cucina, se hai bisogno chiamami. Mi chiamo [T/n], mi sono resa conto che non ti avevo ancora detto il mio nome» Fece una piccola risata, imbarazzata, dirigendosi poi verso la cucina. Era nella stanza affianco e la si poteva vedere attraverso una finestra nella parete, come se fosse la cucina di un ristorante.

Levi rimase qualche secondo completamente paonazzo, più di quanto lo fosse mai stato, alzando poi a fatica il braccio destro e sfiorandosi la guancia con la punta delle dita.

[T/n]... È veramente arrivata a rapirmi... Per amore...? Si domandò, ancora stordito dopo quel piccolo bacio.

Ad interrompere i suoi pensieri, fu una voce femminile proveniente dalla televisione.

«Ecco le ultime notizie. Nemmeno due ore fa è stato rapito il cantante della famosa band nazionale No Name, conosciuto con lo pseudonimo L.»

Levi afferrò immediatamente il telecomando per alzare di due tacche il volume, così da sentire meglio.

«Le autorità e la polizia hanno interrogato gli altri due membri della band, H ed M, e la security, addetta all'incolumità del gruppo. I loro membri sostengono che mentre erano nel camerino, appena dopo la fine del loro ultimo concerto tenutosi a Tokyo, improvvisamente la stanza abbia iniziato a riempirsi di gas e non seppero dire più nulla di quello che successe in seguito, dato dalla perdita di sensi a causa del gas. La sicurezza non è riuscita ad intervenire in tempo, trovandosi la porta sbarrata e bloccata dall'interno e il camerino stesso pieno di gas che non permetteva a nessuno di entrare. In seguito, riuscirono ad entrare e a portare via il batterista e la chitarrista della band, ma del cantante non c'era già più traccia. La polizia è ancora sulle sue tracce e c'è la possibilità di un ricatto da parte-»

All'improvviso la televisione si spense e Levi si rese conto della presenza dietro il divano di [T/n], con il telecomando ancora puntato sullo schermo. Aveva uno sguardo vuoto mentre fissava lo schermo, immobile. Era quasi inquietante. Poco dopo, tornò in cucina portandosi il telecomando dietro, senza proferire parola o guardare Levi, che non riuscì a dire nulla.

Dopo una decina di minuti nel più totale silenzio, la [c/c] tornò in sala con una ciotola di ramen in brodo di pollo, su di un vassoio da letto che posò sulle cosce del corvino.

«Spero che ti piaccia! L'ho preparato con tanto amore!» Gli sorrise dolcemente, invitandolo a mangiare dopo aver preso le bacchette ed averci arrotolato del ramen.

Levi, titubante, aprì la bocca e la avvicinò alle bacchette. Era praticamente impossibile che fossero avvelenati, siccome le intenzioni della sua rapitrice non erano di ucciderlo.

Appena ebbe finito di mangiare, compreso tutto il brodo, la [c/c] portò via il vassoio e ritornò al divano. Si mise seduta sul tavolino davanti a lui, iniziando ad osservarlo dritto negli occhi per secondi interi, nel silenzio assoluto.

A disagio, Levi si girò dall'altra parte. «Perché continui a fissarmi così insistentemente?»

«Perché adoro i tuoi occhi.» Rispose lei in un sussurro.

Non sapendo che risponderle, tacque e continuò a guardare un punto casuale della stanza.

[T/n] fece un leggero sospiro e si alzò. «Io ora devo andare a farmi un bagno. Ci metterò poco, promesso!» Esclamò e si chinò in avanti per lasciare un altro bacio sulla guancia di Levi.

Quest'ultimo la guardò mentre si allontanava ed entrava in bagno, chiudendosi la porta alle spalle.

A quel punto, lui si rilassò leggermente. Che aveva quella ragazza che non andava? Lo amava talmente tanto da rapirlo? Continuava a chiedersi.
E cosa sarebbe successo dopo? Lei l'avrebbe tenuto imprigionato per sempre, se nessuno li avesse mai trovati? Un giorno l'avrebbe liberato forse?
Gli stava venendo l'emicrania tante erano le domande.

Si girò allora da una parte all'altra del salotto. Le finestre erano tutte sbarrate. Puntò poi il suo sguardo davanti a sé. La porta d'uscita principale. Era lontana di almeno sette metri a vista, alla fine di un corridoio.
Levi si chiedeva se sarebbe riuscito ad arrivare fin laggiù, nonostante le sue condizioni fisiche. Le braccia ormai riusciva a muoverle quasi completamente, mentre le gambe molto meno. Non sarebbero riuscite a sopportare il peso del suo corpo. Si sarebbe dovuto trascinare fino alla porta. E anche se fosse riuscito ad arrivare sano e salvo fin là, dopo cosa avrebbe fatto? Era ovvio che anche quella fosse chiusa a chiave.

Gli occhi di Levi saettarono fugacemente per tutti gli angoli della stanza.

Un posto in cui possa aver messo le chiavi...

Una scatola. Un portagioie. Un cassetto. La tasca di una giacca. Un vaso. Tra i cuscini del divano.

Provò a non sforzarsi troppo. La ragazza dava per scontato che Levi in quel momento non riusciva a muoversi troppo o camminare, quindi non avrebbe avuto motivo di nasconderle in un posto impossibile tra trovare o da aprire. In alternativa, in un posto difficile da raggiungere.

Una borsa.

Lo sguardo di Levi si focalizzò su un tavolino vicino all'entrata. Una borsa blu elettrico vi ci era appoggiata sopra.
Poteva tentare. Approfittare di quel momento, in assenza della ragazza.
Un rumore improvviso fece sobbalzare Levi. Era il getto dell'acqua che si aprì nel bagno.

Probabilmente sarebbe stato la sua unica possibilità di fuga. Se non avesse preso al volo l'occasione, sarebbe potuto rimanere lì per giorni, settimane, anni... Succube di una ragazza innamorata perdutamente di lui. Doveva tentare.

Con la forza delle braccia, strisciò giù dal divano. Aveva provato ad alzarsi, ma si era accorto di non avere la forza necessaria. E, cadendo, avrebbe fatto un tonfo a terra ed [T/n] l'avrebbe sentito.
Un errore possibile non se lo sarebbe mai perdonato.

Si girò e portò le braccia all'indietro. Con quelle, sollevò il bacino portò indietro tutto il corpo.
Continuò così e ripeté il movimento fino a superare la porta del bagno, con estrema attenzione e destrezza, e attraversare infine il corridoio. Arrivò e posizionarsi sotto al tavolino e allungò un braccio. La borsa era messa indietro e, nel tentativo di prenderla, non fece altro che spingerla ancora più indietro e se la fece sfuggire, peggiorando le cose.

Merda!

Con l'alto braccio, fece affidamento sui muscoli e sollevò il corpo, arrivando finalmente ad afferrare la borsa. Tutti quegli anni di duro lavoro erano serviti a qualcosa allora, e non solo a far sbavare le sue fan.

Tirò giù la borsa, stando attento a non farla capovolgere e far cadere tutto il contenuto e se la poggiò sulle cosce. Iniziò a frugarci dentro. Trovò una siringa con dell'anestetico, che ributtò dentro con ribrezzo. Il proprio cellulare e portafogli, il portafogli della ragazza, vari trucchi, specchietto, assorbenti, spazzola, deodorante, fazzoletti, caricabatteria portatile, due paia di auricolari ben arrotolati, passaporto, patente, salviette, cacciavite svizzero...
Levi non si sarebbe mai spiegato come diavolo potessero starci tutte quelle cose in una semplice borsa da donna.

Finalmente, trovò al fondo un mazzo di chiavi, con appeso un gadget dei No Name. C'erano cinque chiavi appese. Come faceva ora a sapere qual'era quella giusta?
Semplice, le avrebbe provate tutte finché non l'avrebbe trovata. Posò la borsa sul pavimento, si girò verso la porta e si allungò verso la serratura. Ci arrivava per un pelo.

Provò la prima chiave. Niente.
Tentò con la seconda. Ancora nulla.
Infilò la penultima chiave.
Trovata!
La girò una volta e poi un'altra ancora. Mancava l'ultimo scatto.

Ma una voce alle sue spalle gli fece raggelare il sangue nelle vene.

«Che cosa stai facendo?»

*Spazio Me*
Scusate se questa raccolta la aggiorno con il contagocce ormai, ma voglio portare avanti e finire il prima possibile l'altra Levi x Reader, così da iniziare poi la Eren x Reader già programmata ed iniziata.

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