La vita non è un film
N.A. Questa one-shot l'avevo scritta tempo fa, ancora prima di iniziare a scrivere su wattpad. Finalmente, mi sono decisa ad aggiustarla un po' e a pubblicarla!
25 Dicembre 20XX
Non viviamo in un film, anime o telefilm, dove tutto alla fine andrà per il meglio e ci sarà un lieto fine. No.
Nei film è sempre la stessa storia, la stessa farsa. Il ragazzo che salva la sua amata da un pericolo. Da un auto in corsa. Dai bulli del quartiere. Da uno sparo. In questo caso, l'ultimo di quelli elencati. Il ragazzo si sacrifica, ricevendo il colpo. Si accascia a terra, ma respira ancora. Perché fortunatamente non ha colpito la testa, o casualmente il cuore.
Riesce a rimanere lucido fino all'arrivo dell'ambulanza e della polizia e alla fine si salva, con grande gioia della ragazza e dello spettatore. Ma la vita reale non è così.
Il pazzoide si guarda in giro e si ferma davanti alla coppia, tira fuori una pistola e spara. Nella direzione della ragazza. Nella mia direzione. Tutto quello che è successo dopo, è un attimo. Una spintonata, qualcosa che mi butta a terra, qualcuno. A seguire un rumore, secco. Uno sparo. Un suono che rimbomba per tutto il negozio, causando urla. Non le mie. Grida di donne, anziani, bambini e mamme. Dopo, un altro colpo secco. Solo meno forte del precedente, come se attutito da qualcosa.
Davanti ai miei occhi, un corpo si accascia a terra, su un pavimento bianco e lucidato, ma che un attimo dopo diventa rosso. È l uomo con ancora stretta in mano la sua fidata pistola, che per chissà quante altre pazze avventure l'avrà accompagnato. In aggiunta un piccolo buco sul lato destro della testa.
Poi ricordo. Un attimo prima del secondo sparo, un altro rumore. Un tonfo, sembrava qualcosa che cadeva. Sento una strana sensazione sotto di me. Qualcosa di umido, bagnato. Sollevo la mia mano destra dal pavimento che credevo bianco affianco a me. Ma sbagliavo. Quanto potevo sbagliare. Il palmo ricoperto di colore cremisi, come il pavimento sottostante.
Mi passa per la mente un nome. Un nome a me caro, molto caro.
Un nome che mi fa sgranare gli occhi, pieni della più pura ansia e paura, che subito dopo si trasformano in raccapriccio e terrore, nello stesso attimo in cui giro la testa e rivolgo così il mio sguardo su quello che non avrei mai voluto vedere. Un altro corpo accasciato a terra. Anche questo privo di forze. Un corpo a me familiare. La caratteristica che mi ha lasciato più perplessa sono gli occhi. Occhi spalancati, di un colore grigio/azzurrino che prima mi piacevano tanto. Prima erano quasi sempre assottigliati, coronati da una fronte molto spesso corrucciata. Ora sgranati, ma non dal dolore. Inespressivi, li definirei, più del solito. Raccapricciante è stata la vista di quegli occhi privi di vitalità, ma ancora di più la vista di quello che c'era poco più in alto. Un foro piccolo. Al centro della fronte. Un buco profondo fino alla nuca. Quest'ultima la fonte di quel liquido cremisi che avvolge il corpo e che sta colorando gran parte del piccolo negozio di gioielleria.
Non è come nei film. Nei quali il ragazzo non muore sul colpo. Anzi, ha ancora il tempo e le forze per parlare. Dire le sue ultime (ma anche no) parole alla sua amata. Del tipo -Amore mio, non essere triste. Andrà tutte bene, vedrai. Ti ricordi quando ti ho chiesto di sposarmi? Un giorno ci sposeremo...- E altre cazzate simili. Oppure il cliché più famoso del cinema e dei film romantici -Ti amo- No.
Non c'è la sua voce. Calda e rilassante, a chiamarmi 'mocciosa' in modo dolce. Quel nomignolo che col tempo ho imparato ad adorare.
In tutto il negozio si sentono solo urla e grida strazianti, piene di dolore. Questa volta, le mie. Le mie grida atroci, incontrollate, spezzate dai singhiozzi e dalle lacrime. Il tutto attutito dal corpo sotto di me, su cui ho appoggiato il volto. Un corpo che giace inerme, privo oramai di vita da solo qualche secondo, insieme ad un altro, anche quello senza più un'anima, nonostante sia stata corrotta. Sul pavimento dello stesso colore delle più belle rose rosse. Colore che fa tanto contrasto con i capelli corvini del ragazzo sotto di me.
Tutto questo sembra un opera d'arte, un dipinto fatto da Picasso stesso. Sarebbe stato sublime e raccapricciante allo stesso tempo.
Atroce è un eufemismo per descrivere il dolore che sto provando.
Non capisco nemmeno cosa stia accadendo. Tutto sta girando intorno a me, ad una gran velocità, ma allo stesso modo, il tempo sembra essersi fermato in questo momento. So che quello che sto scrivendo, sembra un paradosso, ma non so nemmeno come descrivere ciò che provo e ciò che sento intorno a me. Non capisco se mi fa male il petto, la testa... oppure mi fa male dappertutto.
Le grida aumentano, il dolore indescrivibile aumenta a dismisura. Ma lui non risponde. Niente. Al momento dello sparo non ha fatto neanche un lamento strozzato, stessa cosa adesso.
Tra le mie grida campeggia solo il silenzio e i mormorii, che non sento nemmeno, delle poche persone ancora rimaste in negozio. Un altro paradosso.
Strozzati richiami del suo nome. Levi, Levi, Levi... Tutti inutili.
Un suono, assordante e che rompe i timpani. Diventa sempre più forte. In seguito, il rumore di un motore, di ruote, più ruote, che sfrecciano sull'asfalto.
Quanto tempo sarà passato...? Non lo so. Sta di fatto, che persone vestite di bianco irrompono nella gioielleria a tutta velocità.
Continuo a gridare come un'isterica e a dimenarmi, quando con le forze mi fanno alzare dal pavimento, così da farmi allontanare dal corpo del uomo che tanto amavo e che stavo per sposare.
-Lasciatelo! Non portatemelo via, vi scongiuro!- Urlo, ma niente.
In questo stato mi hanno portata via. Il mio viso rigato di lacrime. Le mie mani ricoperte di sangue. Prima adoravo quel colore cremisi, ora lo odio.
L'anello, ancora sul bancone del negozio, fuori dalla sua scatolina. Continua a sberluccicare, come se non fosse accaduto niente. Ignaro del fatto che non verrà più indossato.
-Ti piace questo anello, [T/n]?- mi chiede il corvino, con un piccolo sorriso ai lati delle labbra.
-È stupendo, Levi. Però è troppo costoso...-
-Nulla è troppo costoso, se è per te.- Mi sussurra all'orecchio, per poi posare le sue sottili labbra sulla mia guancia destra.
Il ricordo di quell accaduto e di quella conversazione sono ancora vividi in me. Ecco perché in questa lettera li ho scritti al presente, perché mi sembra ancora oggi di viverli.
Si, quelle parole, l'ultimo bacio che mi diede. Le sue labbra sapevano di menta. Erano sopraffine... Adoravo i suoi baci, le sue carezze. I suoi tocchi così delicati, ma al tempo stesso decisi su tutto il mio corpo. Le notti in camera da letto, da soli. A rompere il silenzio c'erano solo i nostri sospiri e i gemiti di piacere, tra i richiami dei nostri nomi.
Quella voce. Quella voce che mi chiamava nella notte.
-[T/n]...!- Urlava tra il piacere, un attimo prima di raggiungere l'apice e che io andassi in estasi per le sensazioni che provavo.
Quella voce non l'ho più sentita.
Non è come nei film. Ti fanno credere che il dolore col tempo passerà. Con l'aiuto di parenti, amici e altri cari ti sentirai meglio e ricomincerai a vivere. La tua vita scorrerá normalmente, come prima. Magari, troverai qualcun altro che ti farà sorridere.
Bugie. Sono tutte falsità.
La disperazione non passa, non sparisce col tempo. Anzi, più passano i giorni e più cerchi di andare avanti, e più è doloroso.
Tre mesi di pianti e grida sempre più frequenti.
Eren, Armin e Mikasa provarono a farmi sentire meglio. Niente.
Sasha e Connie cercarono di farmi divertire, portandomi pure da mangiare, anche se non toccavo più cibo quasi. Nulla.
Persino Jean ed Annie mi vennero a trovare, con la speranza di aiutarmi. Nada.
La depressione non passava.
La mia amica psicologa Hanji Zoe... Il medico Erwin Smith... Tutti ci provavano, nessuno ci riusciva.
All'inizio non ci credevo. Non volevo credere che tutto questo fosse vero.
Da un momento all'altro, mi sarei svegliata, gridando con le lacrime agli occhi. Levi mi avrebbe subito abbracciata e stretta a sé, tranquillizandomi.
-Va tutto bene. Era solo un incubo. Ci sono io con te.-
Ma quel momento si ostinava a non arrivare. Nemmeno adesso è ancora arrivato.
Perché era quella la realtà.
È questa.
Nella quale non mangio, non bevo e non parlo quasi mai. Le braccia di Morfeo oramai mi hanno abbandonata a me stessa.
Oggi è il 25 dicembre. Un giorno speciale, che prima mi portava tanta gioia per ben due motivi. Il primo era Natale. A chi non piace il Natale? La neve, i regali, il classico albero decorato con mille cianfrusaglie carine e brillanti. Il tutto coronato da una gigantesca stella luminosa. Io ero bassina, quindi da sola non ero certamente capace a metterla. Ma salendo sulle spalle di qualcuno, ci riuscivo. Anche se la maggior parte delle volte, dopo averla messa, non riuscivo a scendere e finivo per cadere pesantemente sul pavimento, portando con me l uomo sotto di me. Quell uomo era la seconda ragione per cui il 25 dicembre era una giornata più che speciale. Il suo compleanno. Il compleanno dell'uomo basso e scorbutico che amavo tanto. Che strana coincidenza. Lo stesso giorno della nascita di Gesù, era lo stesso giorno della nascita di Levi, ateo.
Se prima era un giorno tanto felice e speciale, oggi è tutto l'opposto. L'appartameno è completamente spoglio. È un giorno che non mi provoca altro che tristezza.
Quanto è passato da quel giorno...? Forse, otto mesi. Oppure nove.
I primi due/tre mesi sono stati i più strazianti in fatto di urla e grida. Adesso, non piango più. Ho smesso di soffrire come prima. Sembra che non provo più niente all'esterno, che oramai non soffro più. Anche se in realtà, continuo a soffrire comunque dentro.
Un accaduto inizia a occupare posto nella mia mente e inizio a riviverlo, distogliendo per un attimo quell'orrenda immagine che mi tormenta e perseguita da quel maledetto giorno.
Io e Levi, insieme sul divano del nostro appartamento. Gli occhi di entrambi sono puntati sullo schermo della TV. Stiamo guardando un film. 'Colpa delle stelle.'
La scena finale, seguita poi dai titoli di coda. Con le lacrime agli occhi, mi giro verso il corvino, che non mi guarda. Lo chiamo, ma continua a guardare altrove. Finché non mi sorvola la mente qualcosa che mi fa sorridere.
-Non sto piangendo!- Continua a ripetere, nonostante le guance arrossate e gli occhi lucidi. Per non parlare del fatto che continua a tirare su con il naso.
Era bravo a nascondere le sue emozioni, ma non abbastanza in quel momento. Io sapevo che lui in realtà era molto emotivo. Ero l'unica a saperlo.
Ricordo l'ultima scena del film, prima dei titoli di coda. Hazel che sorride.
Un'idea. Un'idea che risolverà tutti i miei problemi. Che farà finire le mie sofferenze.
Un sorriso. Un piccolo e semplice sorriso incornicerá il mio viso.
Infatti sarà così. Sarà il mio ultimo sorriso quello.
La morte me lo aveva portato via. La morte l'avrebbe riportato da me.
Levi. Finalmente potremo vivere per sempre insieme. Proprio come mi avevi promesso. Avrò anche io un lieto fine come nei film.
[T/n] [T/c]
Voce esterna.
Dopo, la [c/c] non sentì più la sedia sotto ai suoi piedi, ma al suo posto una forte e tenace stretta al collo.
La figura del uomo di cui era innamorata, si materializzò davanti a lei. Le tendeva la mano, incitandola ad afferrarla.
-Sei tornata da me, allora...-
-Non potevo starti lontana. Sei tu che mi avevi detto "per sempre", no?-
-Sei la solita mocciosa. La mia piccola mocciosa.-
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