2x06. Massimo e Renata: primo incontro
Felipe, rientrato a casa, fu sollevato nell'apprendere che Miranda fosse tornata dall'altra dimensione sana e salva e i piccoli Fritzenwalden e Florencia fossero usciti incolumi dalla visita di Delfina, Malala e Bonilla. Naturalmente, però, ritenne opportuno liberare i tre topolini, riportandoli vicino a casa Fritzenwalcen e cancellando loro il ricordo della visita alla Mastery e della trasfo!mazione in topi. Fatto questo andò via teletrasportandosi, perché, tempo dieci minuti e i tre avrebbero ripreso le loro sembianze umane.
"State bene, ragazzi?" chiese raggiungendo Thomas e Martin.
"Sì... stiamo bene" rispose Thomas. "La tua ragazza e il tuo amico Eusebio ci hanno salvato la vita, lo sai?"
"Ma guarda!" esclamò Felipe. "Allora complimenti a loro e a Flor che vi ha protetti e calmati!"
"Sì... e poi Luna e Abessio hanno giocato un po' con noi e gli altri hanno consolato Greta, che era tanto spaventata per noi" raccontò ancora Thomas. "Lo sai, Felipe? La signora Victoria e il signor Guglielmo mi ricordano mamma e papà!"
"Ne saranno felici, giovanotto!" esclamò Felipe.
"E c'è anche una signorina nuova." continuò il piccolo.
"Oh, sì, Miranda!"
"Esatto! Dovrebbe essere lei, la sorella di Luna e la figlia di Victoria. Dice che vuole che il figlio di Luna si chiami come mio fratello."
Thomas non sapeva perché, ma il fatto che Felipe si fosse tanto prodigato per aiutare suo fratello gli dava una spinta a fidarsi di lui, a raccontargli tutto. Gli sembrava di vedere suo frasello, attraverso quell'uomo.
Quanto a Felipe, il fatto che il figlio di Luna sarebbe stato chiamato così gli diede un enorme sollievo. Sentiva di conoscere quell'uomo che era stato per un po' nel suo corpo da molto prima di quell'esperienza, anche se non sapeva come, e sperava di cuore che riuscisse mell'impresa di riportare tutti i ragazzi al collegio, sia per loro, compreso il povero nipotino Geronimo, sia per Flor e i ragazzi, che avevano bisogno di essere felici... e soprattutto per lui, che meritava ;a sua quota di felicità, come avrebbe detto Delfina, dopo tanto dolore immotivato.
Lucilla, intanto, aveva preso un attimo in disparte Flor, mentre la signora Victoria teneva compagnia a Martin in biblioteca, dopo la chiacchierata con Felipe. Aveva capito che al ragazzo piaceva molto leggere e voleva distrarlo un po', da madre premurosa quale non aveva mai smesso di essere.
"Come ti senti?" le chiese gentilmente.
"Oggi ho avuto veramente paura." le rispose Flor. "Se quella strega mette un dito addosso ai miei bambini io..."
"Tu te ne starai tranquilla, perché non succederà niente ai ragazzi! Si vede che tieni a loro più che a te stessa. Sono la tua ragione di vita..."
"Sì, è così!" esclamò Flor. "Ho promesso al mio principe che li avrei protetti... e credo sia l'unica promessa che potrò mantenere. Spero che lui torni, perché io so che non amerò mai più messuno come ho amato lui... come amo lui!"
"Sì, ma non devi condannarti" le fece notare Lucilla. "Lascia che ci pensi la vita a questo. E poi Miranda è tornata e man mano torneranno anche g;i altri ragazzi."
"Poveri piccoli. Separati da questa famiglia che è la Mastery per mantenere oscuro il cuore di qualcuno... e io sono un'egoista, perché il fatto che loro siano la mia speranza di riavere il mio principe, di dare un padre a mio figlio... mi ha resa felice. Ma non ho considerato che sono bambini innocenti rinchiusi in non so che diavoleria di portale!"
"Flor... se accadesse qualcosa a Felipe io agirei esattamente come te" le disse Lucilla. "Sarebbe strano il contrario, capisci?"
Improvvisamente il cellulare di Lucilla prese a squillare e quando vide apparire sul display il numero della clinica psichiatrica in cui era sua sorella si sentì gelare. Flor, senza dire nulla, le afferrò una mano.
"Pronto?" sussurrò Lucilla.
"Signorina Lopez" le disse una voce dall'altra parte, "sua sorella Renata potrà uscire dalla clinica, oggi... ma prima voleva chiedermi di poterle parlare."
"Parlare con me?" chiese Lucilla, sorpresa.
"Sì, con lei" rispose l'addetta al centralino.
"Per me va bene" rispose Lucilla, pur timorosa di cosa si sarebbe sentita dire.
Renata, ricevuto il via libera dalla sorella, si avvicinò con cautela al telefono. Stavolta la terapia le aveva fatto davvero bene, aveva scontato il periodo in carcere e quello successivo a curare la sua ossessione per Alessio, Luna e la distruzione di Lucilla. Certo: da piccola si spacciava per lei, ma non era arrivata a quel punto. La dura vita del carcere e le amorevoli cure delle infermiere e del suo psicologo di fiducia in clinica, per fortuna, l'avevano aiutata a guarire da qualcosa che, in fondo, tormentava anche lei. Il cuore prese a batterle a mille, mentre prendeva il telefono ed iniziava a parlare.
"Lucilla!" riuscì a dire, mentre un sorriso si faceva largo sul suo volto.
"Ciao" si limitò a dire Lucilla.
"Io... io volevo chiedrti perdoäo..."
"Perdono?" chiese Lucilla, sorpresa.
"Sì... perdono" sussurrò Renata. "Volevo scusarmi con te, Alessio e Luna... per tutto."
Lucilla rimase in silenzio.
"Possiamo vederci ad un bar? Puoi venirci con Felipe o con qualcun altro, se vuoi... mi rendo conto che tu non ti senta tranquilla, a restare sola con me. Poi, magari, con Alessio e Luna, se vorranno, parlerò in un altro momento."
Lucilla rimase in silenzio.
"Facciamo così. Io non chiederò alla clinica il tuo numero. Quando mi sarò sistemata ti darò io i miei contatti... tu sei sempre alla Mastery School, no?"
"Sì... sì, certo." rispose Lucilla.
"Bene. Allora appena potrò ti farò sapere io come contattarmi, se vorrai vedermi, un giorno, d'accordo?" propose Renata.
"Renata..." sussurrò Lucilla, tremante.
"Sì, dimmi" rispose l'altra.
"Sono contenta che tu stia meglio." rispose Lucilla.
"Grazie" disse Renata. "Sono felice anch'io che tu abbia accettato di parlarmi, almeno qui." Chiuse la comunicazione e rese il ricevitore all'addetta al centralino.
"Allora, Renata!" Il dottor Rosenbawn, che l'aveva seguita insieme ad alcuni esperti psichiatri, si avvicinò alla ragazza e le posò le mani sulle spalle. "Mi raccomando: non dimenticare che tu hai molto da dare... prendi regolarmente le tue medicine e ricorda i grandi passi avanti che hai fatto. D'accordo?"
"Grazie, dottore" gli disse Renata. "Posso abbracciarla?"
Il dottor Rosenbawn le si avvicinò e l'accolse tra le sue braccia.
"È tempo di tornare nel mondo, Renata" le disse. "Cerca di ricordare che il male che arrichiamo agli altri..."
"È sintomatico di un male che stiamo facendo a noi stessi" continuò Renata. "Sa cosa?"
"Dimmi pu!e" la esortò l'uomo.
"Luna aveva ragione. Se ami qualcuno non ti passa nemmeno per la testa l'idea di fargli del male per legarlo a te." disse Renata, con una nuova consapevolezza che le diede un profondo senso di pace e calore.
Aveva già salutato tutte le infermiere, i compagni di sventura e il personale, con la promessa di ritrovarsi, magari in contesti migliori di quello del dolore.
Uscì in strada, con il Sole che le accarezzava quel viso, un po' sciupato, forse, ma ancora bello.
"Oggi comincia la tua nuova vita, Renata" si disse. "Devi innamorarti di te, prima di amare qualcun altro. È giusto così."
Zaino in spalla, pillole alla mano per le emergenze, il numero dello psicologo spillato in tutte le tasche, per sicurezza, e il desiderio di ricominciare da zero accompagnarono Renata fuori dalla struttura. Non avrebbe mai potuto immaginare che il tempo di riscattarsi sarebbe giunto così in fretta.
Una donna era caduta a terra e sembrava priva di sensi. Renata non credeva che l'avrebbe mai fatto, in passato, ma in quel momento ;e sue gambe si mossero quasi in automatico, portandola accanto a quel corpo esanime.
"Signora? Signora, può sentirmi? Ehi!" chiamò, avvicinandosi. Le afferrò un polso e cercò di sentire i battiti del cuore della donna.
"Oh santo cielo! Coraggio, su... apra gli occhi!" cercò di dirle, ma si rese conto che questo sarebbe servito a ben poco. Afferrò la sua borraccia e rovesciò un po' d'acqua addosso alla donna, che per fortuna si riprese.
"Dove... dove sono?" mormorò.
"No! Piano, stia giù" le disse Renata. "Ha perso i sensi... siamo per la strada... adesso cerchi di reggersi a me, così andiamo in ospedale per fare un controllo."
"Massimo... Massimo..." sussurrò la signora.
"Massimo?" chiese Renata. "Questo Massimo è un suo familiare? Può raggiungerla?"
"Sì... Massimo è mio figlio... stavo andando a trovarlo."
"Ah, capisco. Mi presterebbe il suo cellulare? Io al momento non ce l'ho, mi si è rotto e devo sostituirlo" inventò lì per lì la ragazza.
La donna mise il suo cellulare tra le mani di Renata.
"Mi direbbe il suo nome?" chiese la ragazza, sorreggendola.
"Anna. Contessa Anna De La Hoya, per la precisione."
"Bene" disse Renata, cercando il numero di Massimo.
Quando lo trovò senza pensarci troppo cliccò sul tasto di chiamata e attese.
"Pronto, mamma?" disse una voce maschile dall'altra parte.
"Salve... parlo con il signor Massimo?" chiese conferma Renata.
"Sì. Per la precisione, Conte Massimo Augusto Calderòn De La Hoya. Per servirti, fiorellino" prese a scherzare il Conte.
"Renata Lopez. Niente fiorellino o piantina o alberello, di grazia" lo sbeffeggiò lei. "La chiamo per avvertirla che sua madre non si è sentita molto bene e la sto accompagnando a fare un controllo." Gli diede l'indirizzo dell'ospedale più vicino e, limitandosi ad un "Arrivederci", chiuse di netto la comunicazione, lasciandolo lì. Ci mancava solo il Casanova! D'altro canto Massimo confidò ad Evaristo di essere infastidito dalla supponenza di quella ragazzina, come aveva preso a soprannominarla dopo aver sentito la sua voce al telefono, ma il fatto che non avesse ceduto subito alle sue lusinghe lo affascinava, lo intrigava. In fondo era solo una donna più difficile delle altre, no? Alla lunga avrebbe finito per cedere al suo fascino.
"Non farci caso, cara" disse Anna. "Mio figlio è fatto così. Fa un po' troppo il seduttore, mettiamola così..."
"Ma si figuri!" le disse Renata. "La prego, venga con me! Ora quello che conta è che il suo malore non sia associato a nulla di grave."
Si recarono presso l'ospedale che Renata aveva indicato a Massimo.
La ragazza non riusciva a capacitarsi di quanto certi uomini si ritenessero migliori di quel che erano. Ma la verità era che in quel momento lei d'innamorarsi non ne voleva sapere, e neanche di una stupida storiella occasionale, che era evidentemente quello che quel Massimo sembrava cercare, a giudicare dai modi che usava e dalle parole di sua madre.
Per fortuna sembrava che l'attacco avuto da Anna non fosse nulla di grave, ma per sicurezza Renata volle aspettare che il Conte o chi per lui arrivasse. Non si sentiva tranquilla a lasciare sola quella signora.
"Signora De La Hoya, è arrivato suo figlio" disse il medico che aveva visitaso la signora.
Quando il Conte, accompagnato dal suo galoppino Evaristo, raggiunse la Contessa De La Hoya, Renata rimase raggelata. Quell'uomo era letteralmente la fotocopia di...
"Felise!" si lasciò sfuggire, per poi coprirsi la bocca con una mano.
"Oh no, cara! Io non sono Felipe..."
Il Conte si avvicinò e, prima che Renata potesse fare qualcosa, le prese una mano, le fece la riverenza e chiuse con il baciamano. Di norma una cosa del genere sarebbe stata ben accetta, ma visto il suo modo di fare al telefono Renata ne fu più che infastidita.
"Sono il Conte Massimo Augusto Calderòn De La Ho1, venuto a ringraziarti per esserti prodigata per mia madre e per offrirti i miei servigi, fiorellino" ripeté il Conte.
"Mi scusi, ha ragione. Felipe, la persona per cui l'ho scambiata, è un gentiluomo d'altri tempi... non cerca di rincorrere ogni donna che gli capita a tiro. Sua madre sta bene e visto che lei è qui insieme a..."
"Evaristo!" esclamò il maggio!domo.
"Al signor Evaristo, io vi lascio. Arrivederci, signora Anna... si riguardi! Arrivederci anche a lei, signor Evaristo!"
"E per me nessun saluto?" chiese Massimo.
"Oh, che sbadata... mi perdoni. A mai più rivederci, signor Conte!" esclamò Renata, voltando le spalle e allontanandosi a passo svelto da lui.
-Capo, non capisco.
"Sarà la donna ferita dalla sua malattia ad insegnare al Conte ad amare... e lui lo insegnerà a lei..."
Crede che ci riusciramno?
"Non ti sreoccupare, mio caro. Tutto a suo tempo."
Tutto a suo tempo... spero solo che arrivi anche per me il sempo di riabbracciare i miei cari e mia moglie!-
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