Nulla o infinito
Non sopporto che sia svanita
E che non possa tornare
Da quello infinito nulla...
Dell'eternità.
Amo la matematica, l'ho sempre fatto, ma gli integrali non mi piacciono. L' infinito... che ne sappiamo noi dell'infinito? Ed è sempre stato li uno dei miei problemi cruciali. Non sono un filosofo e non amo la filosofia, preferisco la certezza della matematica, ma l'infinito mi sfugge. Ne ho paura, lo temo, ma è come se non riuscissi a staccarmi dalla sua idea. La prima volta che ho pensato come sarebbe stato morire avevo tredici anni. Un caso? No, affatto. È li che è iniziato il casino o meglio è molto peggiorato. Nel corso degli anni, per lo più impunemente, ho pensato come sarebbe morire in almeno 10/15 modi diversi. La prima volta è stata per esplosione. Al tempo non ero stata molto precisa sulla causa effettiva. Data la mia posizione e la mia successiva esperienza di scribacchino direi che la causa più plausibile poteva essere una fuga di gas. Proprio nel parcheggio della pasticceria a due passi dalla libreria in una strada qualsiasi della mia città. Guardatemi! Una tredicenne arrabbiata che ha appena litigato con sua madre per una pasta alla crema ed è stata esiliata in auto nel parcheggio. E qui tra le lacrime, per una pasta alla crema, inizia a girarle in testa il suo piano diabolico : esplosione.
Questo cambiava tutto. Se la macchina fosse esplosa con me dentro, io sarei passata ad essere la vittima, mia madre si sarebbe rimangiata quella pasta fino alla fine dei tempi. Mi ricordo con quanta vividezza immaginai i titoli dei giornali. Il mio funerale. Avevo paura di morire ovviamente, ma in quel momento avevo più paura di continuare ad esistere senza che gli altri mi vedessero. Guardavo quelle persone camminare sul marciapiede , le macchine sfrecciare. E io? Chi si accorgeva di me? Chi sapeva che non stavo bene? A chi potevo dirlo? La mia migliore amica mi aveva relegato nel banchetto del terzo incomodo, per il ragazzo che mi piaceva ero un fantasma e l'anno dopo sarei stata catapultata in una classe dove non conoscevo nessuno a parte una ragazza che a malapena mi rivolgeva la parola. Non era per la pasta alla crema, ma quello non lo dissi a mia madre. Perché? L'infinito nulla dell'eternità implicava sparire, dissolversi con la speranza di farlo col botto, di fare abbastanza rumore da farli pentire tutti quanti del male che mi avevano fatto. Senza saperlo. Non ero niente di speciale per nessuno. Se qualcuno mi avesse odiato almeno avrei avuto l'impressione di non essere un fantasma invece che ci fossi o no, non importava a nessuno.
Il problema non erano gli altri. Il problema ero io. Io soltanto. La mia migliore amica forse non si stava comportando da tale, ma l'anno dopo sarebbe stata sola in classe con quest'altra ragazza, avremmo preso strade diverse: non lo faceva per fare un torto a me, ma per non restare sola. Avrei potuto provarci anche io ma avevo troppa paura di essere rifiutata. E quel ragazzo?Il mio primo amore... era poco più di un bambino, cadeva in bicicletta ogni 3×2 e a fatica si allacciava dritte le scarpe. Io potevo trovarlo tenero, ma non avevamo davvero nulla in comune. Era carino? Forse si. Io ero carina? Non è questa in realtà la domanda più importante. La domanda cruciale era perché io avevo bisogno che fosse lui a dirmelo? Perché mi vedevo brutta? Perché mi sentivo trasparente? Perché volevo dagli altri un'ancora di salvezza quando nemmeno io mi sarei salvata? Il nulla arriverà, presto o tardi che sia. Se farà notizia, ho imparato a mie spese, non è una cosa così importante, soprattutto ciò che non avevo capito era cosa stavo chiedendo a chi restava. Questo l'ho capito dopo a diciott'anni quando una mia amica poco più grande di me è incappata cadendo per sbaglio nell'infinito nulla dell'eternità. Incidente stradale. Grandi trafiletti sui giornali, ma non è una gran figata, è una cosa orribile, straziante... Per lei come per le persone che sono rimaste. E soprattutto non si può tornare indietro. E' qualcosa di definitivo che l'ha inghiottita e l'ha portata via. Non è un gioco. Eppure non ho imparato del tutto, l'infinito mi tormenta sempre. Ho talmente paura di caderci dentro, ma non riesco a non pensarci. Nei miei racconti non muore quasi mai nessuno perché la morte non è un gioco su cui mi sento di scrivere. Quasi mai. Ma rischiano in tanti e questo è lo stratagemma che la me grande ha trovato per esorcizzare la paura della morte.
Ecco io vorrei tanto entrare in quell'auto o comparire nello specchietto retrovisore e fermarmi e chiedermi solo questo. Perché pensi sia più facile morire? Perché hai paura che non ti vedono e soprattutto... perché non ne hai parlato con nessuno? Se trovi il coraggio di chiedere aiuto ti sentirai già molto meglio.
La tua migliore amica prenderà altre strade, ma non per colpa tua, è solo la vita e quel ragazzo che tanto pensi di amare, magari tra dieci anni lo guarderai come se fosse un extraterrestre venuto da un altro pianeta. Ma tua mamma sarà lì lo stesso. Per tua mamma non sei invisibile, solo che senza che tu glielo dica non ci arriverà perché ha la testa da un'altra parte, anzi da milioni parti, come tutte le donne che mandano avanti una famiglia. Dalle una possibilità di aiutarti, forse ti stupirà.
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Voi avete mai pensato come sarebbe svanire dall'universo all'improvviso? Vi siete mai sentiti invisibili?
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