Capitolo 4 - Professionalità
Isabel
Oggi festeggio la mia prima settimana alla Weston Advertising e sono appagata come non mi sentivo da tanto tempo. Qui mi trattano bene, mi fanno sentire che valgo, che servo all'azienda che ha bisogno di me esattamente come degli altri.
Victor non è il classico capo dispotico e padrone, anzi. È buono, comprensivo, cerca sempre di metterti a tuo agio. La sua bontà non significa però cieca accondiscendenza. Victor Langdon è gentile quando deve esserlo ma autoritario quando sente che ce ne è bisogno. È intelligente e sempre pronto ad aiutare, non si tira mai indietro.
E, cazzo, tutti questi suoi pregi mi mandano fuori di testa perché ha tutto ciò che si può desiderare da un uomo, e visto che io l'ho conosciuto anche dentro al letto mi sento ancora più in difficoltà quando penso che devo scacciare l'idea di me e lui in altri modi che non siano quelli legati al lavoro.
È così difficile essere professionale quando ogni volta che lo vedo mi si attiva, in maniera del tutto involontaria, qualcosa nello stomaco. E la mente vaga inevitabilmente a quella notte in cui i nostri corpi si sono uniti, quando per me era ancora uno sconosciuto, quando entrambi lo eravamo l'uno per l'altra.
E so che è una follia anche solo pensarci, ma non riesco smettere, è più forte di me.
«Distratta?»
La voce di Timothy mi fa ridestare e gli sorrido, tirandomi da un lato la treccia con cui ho sistemato i capelli.
«Ciao, Timothy. No... no» mento, balbettando un po' troppo.
Lui mi guarda e sorride, poi si siede sulla mia scrivania con atteggiamento da piacione e io osservo quel suo gesto un tantino perplessa.
«Sembravi persa nei pensieri. Va tutto bene? Com'è andata la tua prima settimana qui?» chiede.
«Benissimo, Timothy. Qui è davvero come una seconda famiglia, come hai detto tu.»
«Ero sicuro ti saresti trovata bene. Sei una ragazza in gamba e preparata e sono certo che farai strada, qui dentro.»
«Grazie» sibilo e abbasso lo sguardo. Le sue occhiate un po' troppo intense mi infastidiscono e mi mettono a disagio. Ma farò finta di niente e spezzerò ogni momento strano coi miei soliti sorrisi finti.
«Ora devo andare» dice, alzandosi dalla scrivania. Fa un passo, ma poi ci ripensa, e si risiede.
«Ora che ci penso, abbiamo un grosso progetto a cui Victor sta lavorando. È la pubblicità per Dixon Everett» dice.
«Il colosso dell'industria automobilistica?» chiedo, spalancando gli occhi.
«Esatto. Sono anni che cerchiamo di portarlo nella nostra agenzia ma non ci siamo mai riusciti. Pensavo che tu potresti aiutarci, occuparti del progetto grafico per la sua nuova campagna. Sono sicuro che Victor approverà l'idea e potremmo poi presentare il progetto ad Everett insieme.»
«Wow, è... è bellissimo. Sono lusingata.»
Sono davvero senza fiato, estasiata, incredula e felice.
«Allora ti aspetto tra dieci minuti nell'ufficio di Victor, così ne parliamo con lui. In realtà è stata una mia idea, mi è venuta all'improvviso, ma conoscendo Vic accetterà di sicuro. E Mike è una persona magnanima, quindi penso che non si offenderà se sarà costretto a cederti il suo posto di grafico per questo specifico progetto.»
«Io... ehm... non so che dire.»
«Non dire niente. Vieni solo nell'ufficio di Vic così ne parliamo meglio.»
Fa per andarsene nuovamente, ma stavolta sono io che lo blocco.
«Aspetta. Scusa, Timothy, ma... sono qui solo da una settimana e... non vorrei che mettessi Victor in difficoltà, che... in qualche modo... si sentisse obbligato a dir di sì alla tua idea. Inoltre Mike è stato carino con me fin dal primo giorno, mi ha spiegato un sacco di cose, aiutata nei momenti più difficili, non voglio rubargli questo lavoro.»
«Ma non gli stai rubando niente, Isabel» dice per rassicurarmi, e mi afferra un braccio, in un modo che io sento troppo intimo.
«Inoltre il progetto non è ancora partito, Victor sta solo abbozzando delle idee, quindi Mike non ne sa ancora niente.
Fidati di me. Tra dieci minuti nel suo ufficio» insiste e mi dà un leggero pizzicotto sulla guancia.
Va via lasciandomi confusa e insicura. Non voglio mettere in difficoltà Victor e nemmeno far dispiacere Mike che potrebbe sentirsi in qualche modo scavalcato, ma anche Timothy, in qualche modo, è il mio capo, quindi devo fare come mi dice.
Spero davvero che per Victor non sia un'idea folle, ci tengo tantissimo alla considerazione che ha di me.
***
Victor
Chiuso nel mio ufficio riordino le scartoffie e le idee, maledicendomi mentalmente per i pensieri impuri che faccio ogni giorno su una donna che lavora per me e non dovrei nemmeno guardare.
Ma Isabel l'ho già avuta, assaggiata, fatta mia. Come faccio a togliermela dalla testa e continuare a fingere?
Come faccio a comportarmi ancora con professionalità?
La voglio ancora, non mi nascondo dietro un dito.
Cazzo, vorrei non averla mai incontrata in quel maledetto locale. Vorrei non averla notata tra tante donne. Vorrei non averci mai fatto sesso.
Oppure, semplicemente, vorrei averla rincontrata in un posto diverso, in condizioni diverse. Adesso lei lavora per me e non si può fare, non si può proprio fare.
Qualcuno bussa alla porta, interrompendo i miei stupidi pensieri, per mia fortuna.
«Avanti» dico a voce alta e vedo Timothy da dietro la porta vetro. Entra e mi saluta col suo solito entusiasmo.
«Buongiorno, amico mio. Come va?»
«Bene, Tim. A te?»
«Alla grande. Sono qui per parlarti di una cosa, mi è venuta un'idea straordinaria per accalappiare Everett, quest'anno» dice e si siede di fronte a me.
Scuoto il capo sfiduciato e lo guardo serio.
«Questa storia non mi fa dormire la notte. Voglio provarci ma già so che fallirò, che Everett non ci darà mai il contratto. E se partiamo sfiduciati che senso ha provare?»
«Non se mi ascolti. Ho pensato che potrebbe essere Isabel a sviluppare le tue idee per il progetto per la nuova campagna di Everett, che dici?»
«Isabel Stiller?» chiedo, incredulo.
«Conosci un'altra grafica che lavora per noi e si chiama Isabel? E, soprattutto, conosci un'altra grafica sexy e attraente come lei?» chiede, ammiccando.
«Non ti seguo» dico scuotendo il capo, ma dentro me ribolle una stupida gelosia che fingo di ignorare.
«Amico, svegliati. Dixon Everett muore per le donne giovani e belle. È stato coinvolto in più di uno scandalo, e sono sicuro che davanti a una grafica così attraente che partecipa al progetto, che lo crea, che interviene nella riunione presentandolo con te, beh... non potrà rifiutare.»
«Tim, non dire cazzate. Everett non cambierà agenzia solo perché Isabel è attraente!»
«No, ma Isabel è una donna, Vic, e dimentichi che le donne, quando vogliono, sanno sfoggiare le loro armi migliori per convincere un uomo a fare anche ciò che, in realtà, non vuole davvero fare.»
Lo guardo inorridito.
«Stai dicendo che vuoi usare quella donna per ottenere il progetto?»
«Sta calmo, Vic, non ho mica detto che deve andare a letto con Everett. Dico solo che... qualora lui non si mostrasse convinto potrebbe, non so... fare un po' la civetta, ecco. Magari fargli gli occhioni dolci, qualche moina, promesse che non manterrà.»
«Non possiamo chiedere certe cose a una nostra dipendente. È deontologicamente scorretto, Timothy.»
«Bisogna essere scorretti, in questo lavoro, per ottenere qualcosa, Vic, e tu lo sai meglio di me.
In generale... devi imparare ad esserlo nella vita, o non raggiungerai mai i tuoi scopi.»
C'è una strana luce nei suoi occhi quando pronuncia quelle parole, una luce che non riconosco. Si sta davvero compiacendo per le cose che dice?
«Tim, io...»
Non concludo il discorso, perché bussano alla porta.
Mi affaccio e noto la chioma rossa di Isabel legata in una lunga treccia.
«Non ci posso credere! L'hai fatta venire qui?» dico furioso, alzandomi dalla mia sedia girevole.
«Beh, a lei non potrai dire di no. Dovevi vederla, era così entusiasta, così felice che io avessi pensato a lei.
Ma, allo stesso tempo, era preoccupata che tu potessi trovarti in difficoltà nel dirle di no. Come tutti i nuovi arrivati non vuole deluderti, e se rifiutassi la sua collaborazione la faresti sentire come una che ti ha deluso, come una che è stata rifiutata perché tu non la ritieni all'altezza» spiega, rendendomi ancora più incazzato.
Isabel bussa ancora e io sorpasso Timothy, fulminandolo con lo sguardo. Le apro la porta e la invito a entrare.
«Accomodati, Isabel» dico, invitandola a sedersi sulla sedia vuota accanto a Timothy.
Prima che io possa dire qualunque cosa, mentre Isabel prende posto, Tim interviene, mettendomi con le spalle al muro.
«Come ti avevo detto, Iz, Victor è entusiasta della mia idea» dice, fregandosi le mani, e Isabel scioglie la sua espressione tesa in un dolcissimo sorriso.
«Sul serio?» chiede.
Faccio per rispondere, ma Timothy mi precede ancora.
«Certo che sì, Iz» dice lui sorridendo.
Fermi tutti, l'ha davvero chiamata Iz? Per ben due volte? Da quando le dà dei diminutivi? Da quando sono così in confidenza?
Cerco di placare la stupida e infantile gelosia che cresce in me e rimanere professionale, risolvendo questa situazione nel migliore dei modi.
Se deve lavorare al progetto, sarà attaccata al mio culo tutto il tempo. Non la userò per accaparrarmi quel coglione di Everett, questo è poco ma sicuro!
«L'idea di Timothy è buona e... potrebbe essere un buon modo, per te, di farti conoscere, accrescere il tuo curriculum, imparare cose nuove, magari... stupirci» dico, fissandola intensamente.
«Farò del mio meglio, capo.»
«Victor» la correggo, suonando, forse, un po' troppo duro.
Non voglio questo distacco. Non da lei.
«Sì, certo» balbetta imbarazzata.
«Sono ancora nelle fasi iniziali del progetto. C'è solo una prima bozza, ma... quando avrò le idee chiare e tutto sarà pronto ti farò chiamare e potrai lavorarci su.»
«Fantastico!» dice lei entusiasta, e Timothy interviene ancora.
«Oh, ovviamente ho detto ad Isabel che ci sarà anche lei alla presentazione del progetto. Scommetto che Everett verrà colpito dalla tua...» La squadra, in un modo che mi fa accapponare la pelle.
«Bravura» conclude, ma sono sicuro che avrebbe voluto dire altro.
«Bene, direi che ci siamo detti tutto. Ti lascio tornare al tuo lavoro» dico, congedando Isabel in maniera sbrigativa e zittendo tutto ciò che non voglio sentire: le cazzate che spara Timothy e le insistenti voci nella mia testa che dicono che sono geloso di questa donna.
«Certo. Vado. Allora aspetto tue notizie» risponde, alzandosi, e io annuisco.
La lascio andare e rimango solo con Timothy, che la osserva con aria divertita.
«Stai facendo il coglione con lei, Tim?» sbrocco, non appena Isabel esce da lì.
«Come, scusa?»
«Se lei ti piace, per favore, il coglione fallo fuori di qui!» sbraito.
«Non sto facendo il coglione. E comunque anche se lei mi piacesse dove sarebbe il problema?» chiede, lanciandomi una strana occhiata.
«Da nessuna parte, ma qui siamo per lavorare, non per flirtare con le colleghe. È meglio che te lo rammenti.»
Tim sorride divertito e poi si avvicina a me, piano. Accosta la sua bocca vicino al mio orecchio ed esala:
«Il fatto che tu hai deciso di non scoparti le tue dipendenti non significa che debba farlo anch'io.
Non ho mai creduto alla cazzata della "professionalità"» dice allontanandosi, e virgolettando con le dita l'ultima parola.
«Non mi scoperei certo una che lavora per noi qui dentro, ma fuori... fuori posso fare ciò che voglio, con chi voglio.»
«Appunto, fuori» ribatto, ma mi fumano le orecchie.
«Rilassati, stavo solo sondando il terreno.»
«Sondalo. Fuori» replico, mettendomi faccia a faccia con lui.
Tim abbassa la cresta e annuisce piano, infastidito.
Se ne va, salutandomi con la mano e io mi siedo, provando a tornare a respirare e, soprattutto, a scacciare dalla mia testa tutte le cazzate che mi annebbiano il cervello.
Anche se Isabel e Timothy dovessero avere una relazione, fuori di qui, non sarebbero cazzi miei.
Anzi... forse sarebbe davvero meglio. Lui è mio amico e non farei mai niente per rompere qualcosa che ha creato con una qualsiasi donna, che sia l'idillio di una sera o qualcosa di più serio.
Forse questo sarebbe l'unico modo per lasciarla andare.
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