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Capitolo 3 - Il modo in cui ti guarda

Isabel

È soltanto il mio secondo giorno di lavoro ma io sono gasatissima all'idea di ciò che mi aspetterà.

Entro in ascensore con un sorriso che non riesco a togliermi di dosso e osservo le persone che sono accanto a me, ognuna indaffarata col proprio cellulare.

Questa tecnologia ci ha fatto dimenticare il mondo che abbiamo attorno. Dove sono i profumi, gli odori, gli sguardi, le parole? Dov'è la comunicazione tra esseri umani?

La cosa assurda è che anche l'idea di trovare un compagno che sia normale sembra un'utopia. Sembrano tutti più interessati a Instagram e Facebook che a conoscere realmente qualcuno.

Ci sarà l'uomo giusto, per me, lì fuori?

Penso inevitabilmente a Victor e cerco di scacciare dalla mia testa l'immagine di me e lui a letto insieme.

È da ieri che cerco di dimenticare. Da quando ho scoperto che è il mio capo e che lo vedrò tutti i giorni, che ci lavorerò insieme, magari.

Devo essere il più possibile professionale, anche se mi risulta difficile. Insomma, c'è anche un po' di imbarazzo, per me.

Se lo guardo negli occhi mi passano davanti immagini sporche e peccaminose, dovute a quanto accaduto tra noi due notti fa.

Forse il tempo cancellerà tutto, anche le sensazioni positive che ho sentito ieri, al suo fianco, quando abbiamo parlato come due persone normali, dopo aver scoperto reciprocamente chi eravamo.

Insomma, non che io voglia sentire sensazioni negative su di lui, anzi! Ma... come dire... vorrei che non fossero positive al punto di farmi pensare come sarebbe tra me e lui una relazione normale.

Non devo pensarci, devo togliermelo dalla testa. Victor è il mio capo e basta. Tale resterà fino alla fine dei tempi e se proprio voglio cercarmi un uomo devo farlo fuori dal mio ufficio.

Esco dall'ascensore, una volta arrivata al mio piano, e saluto cordialmente tutte le persone che erano dentro con me.

Cammino a testa alta, fiera e felice, e raggiungo la Weston, arrivando alla mia scrivania, dove mi aspetta Leyla, una collega che ho conosciuto ieri.

«Buongiorno, splendore» fa con entusiasmo.

«Buongiorno» rispondo, sedendomi al mio posto.

Leyla Adams è una ragazza molto giovane. Ha ventiquattro anni e un'aria, oserei dire, angelica.

Ha la pelle molto pallida e i capelli biondo cenere. I suoi occhi azzurri sono chiarissimi e di una dolcezza unica.

«Allora, pronta per il tuo secondo giorno?» mi chiede, mentre io accendo il computer.

«Pronta e super carica, Leyla» le dico sorridendo.

«Sai, sono proprio contenta che tu sia arrivata. Come avrai notato, qui dentro, ci sono più uomini che donne e con Marine non vado molto d'accordo.

Serena, poi, lavora a stretto contatto con Marcus e non ci vediamo praticamente mai.»

Marine e Serena sono due delle ragazze dell'agenzia. La prima è una semplice segretaria che, a quanto pare, Leyla non può proprio tollerare. Mentre Serena è l'assistente di Marcus, e infatti si vede poco in giro.

L'ambiente è piccolo, non siamo moltissimi lavoratori su questo piano, ma io mi sento già a casa e sono sicura che, se mi impegno, potrò durare qui dentro un bel po'.

«Ti ringrazio, Leyla. Anche io sono felice di essere qui e di aver fatto la tua conoscenza.»

«Bene» dice, sorridendomi dolcemente. «Ora mi metto al lavoro. Sta arrivando il capo» aggiunge, facendomi l'occhiolino, e io alzo lo sguardo d'istinto.

Victor Langdon sta entrando nella sala ed è così bello che pare muoversi al rallentatore.

Ha una camminata fiera, da vero maschio alfa. È impettito, sicuro di sé, con uno sguardo serio e concentrato.

Sorride velocemente a un collega che incontra il suo cammino e poi si chiude nel suo studio dalle vetrate trasparenti.

Non mi ha vista, quando è entrato, ma io posso ancora vederlo dalla mia posizione.

Si siede alla scrivania, prende delle carte, le studia.

Può un uomo essere attraente solo mentre sfoglia dei documenti?

Dio, non lo so. Non è una cosa di cui mi sono mai dovuta preoccupare prima, ma quest'uomo qui sprizza mascolinità e sessualità da tutti i pori della sua pelle. Qualsiasi cosa faccia, che stia fermo o in movimento, seduto o in piedi, beh... mi attizza da morire.

«Tesoro, stai bene? Sei improvvisamente diventata rossa come un peperone.»

Leyla mi spiazza, ridacchiando, e io mi rendo conto solo in quel momento che la mia pelle chiara è avvampata in maniera esagerata.

«N...no, no. Sto bene» balbetto. «Fa solo un grande caldo, qui dentro.»

Le sorrido forzatamente e lei alza le spalle, regalandomi un ultimo sorrisetto divertito.

Va via, lasciandomi al mio lavoro, e io sospiro, cercando di riprendere fiato e, soprattutto, di tornare in me.

Passano alcune ore, ho già lavorato un bel po' su un progetto grafico molto complesso e so già che ne avrò per tutta la giornata.

Victor è appena uscito, sta parlando con Mike, di tanto in tanto mi guarda.

Passa in rassegna il lavoro di qualche altro collega e poi si avvicina a Leyla che lo accoglie con quel suo sorriso contagioso.

Chiacchierano, lui ride a una battuta di lei. Lui le posa una mano sulla spalla, continuano a conversare.

Sono infastidita. È assurdo, lo so, ma mi dà fastidio la loro confidenza.

Mi mordo il labbro e smetto di guardarli, tornando al mio lavoro.

Sento la risata esagerata di Leyla, forse Victor le avrà fatto qualche battuta, mostrando a lei un lato di cui io non sono ancora a conoscenza.

Cerco di ignorare le sensazioni che avverto nello stomaco e continuo a lavorare sul mio progetto, quando un inconfondibile profumo di muschio bianco e la sua voce roca, mi fanno sussultare.

«Ehi» sento alle mie spalle e mi giro, incontrando i suoi occhi indagatori.

«Ciao» sibilo con un filo di voce.

Perché adesso mi sento intimidita dalla sua presenza? Intimidita dal fatto che è troppo vicino a me?

Cavolo, io questo uomo, prima di conoscerci, siamo andati a letto insieme, non dovrei sentirmi in soggezione.

E poi io non sono una che si intimidisce facilmente.

«Allora, come va?» domanda.

«Bene» gli dico. Noto che si sporge di più verso lo schermo del pc al quale sto lavorando, appoggia una mano sulla scrivania, mi sovrasta da dietro don la sua figura longilinea e muscolosa.

«Ottimo lavoro» dice, osservando la grafica del mio progetto.

«Ti ringrazio. In realtà non è ancora finito, ci vorrà un po'.»

Mi giro di poco, incontrando di nuovo il suo sguardo, e prego Dio di non avvampare nuovamente.

«Beh, comunque sia direi che è un buonissimo inizio. Continua così, Isabel» dice e mi sorride.

Deglutisco, facendo fatica a non pensare a quel sorriso, lo stesso che mi ha destinato quando si è tolto i boxer e io ho fatto tipo una faccia sconvolta per come era ben messo.

Sorrido a mia volta, scacciando quell'immagine dalla testa.

«Grazie» dico e, stupidamente, non so perché, mi lecco il labbro.

Victor mi guarda un istante di troppo e poi si rimette dritto, augurandomi buon proseguimento e passando al prossimo collega, di cui visionerà l'operato.

È un capo molto attento e scrupoloso, molto presente.

Nei limiti del suo lavoro e dei suoi impegni, cerca di esserci sempre per noi, almeno da quanto mi hanno detto gli altri.

«Dio, ma l'hai visto?» dice Leyla non appena Victor va via.

Ha uno sguardo entusiasta e divertito.

«Visto cosa?» chiedo, scuotendo il capo.

«Il modo in cui ti guarda» fa e poi indica col capo la figura di Victor, abbastanza distante da noi.

«No. Perché come mi guarda?» chiedo, imbarazzata.

Per quanto mi trovi bene con Leyla, la conosco da pochissimo e non posso lasciarmi andare a confidenze che potrebbero minare la mia permanenza qui dentro. Nessuno dei miei colleghi deve sapere di quanto accaduto tra me e Victor.

«Dai, è palese che gli piaci. Non ha mai guardato nessuna di noi così.

Anche se tutti, qui dentro, sanno della sua famosa regola: niente storie con le donne che lavorano per lui.»

«Beh, mi sembra un'ottima regola» mento. È una regola stupida, stupidissima.

Mica decidiamo noi chi farci piacere o di chi innamorarci?

«Penso sia fondamentale tenere separati lavoro e vita privata» continuo, cercando di convincere me stessa prima che Leyla.

«E comunque ti sbagli, io non piaccio a Victor. Insomma, magari pensa che sono una ragazza carina, come lo penserà sicuramente di te e delle altre, ma nulla di più.

Non c'era nessun secondo fine nei suoi sguardi» minimizzo.

«Beh, io non hi detto che fosse uno sguardo malizioso o altro, solo che... il modo in cui ti guardava, ecco... era... diverso.

Come se non potesse resisterti. Come se gli piacessi davvero.»

Rido e scuoto il capo, continuando a ripeterle che è completamente fuori strada.

Torno al lavoro e ripenso, inevitabilmente, alle sue parole.

Vorrei tanto capirlo. Vorrei tanto vederlo attraverso gli occhi di un'altra il modo in cui mi guarda.

***

Victor

Mi chiudo nel mio ufficio e mi rimetto al lavoro, cercando di ignorare le assurde sensazioni che ho provato accanto ad Isabel.

Sentire nuovamente il profumo della sua pelle, riconoscerlo come fosse mio, mi ha fatto uscire fuori di testa.

Non posso pensare a lei in quel modo, devo smetterla.

Devo trattarla come tratto tutte le altre e piantarla di immaginarci ancora a letto insieme.

Non accadrà, non può accadere.

Lavoro e relazioni non possono andare mai di pari passo e io non infrangerò questa mia regola per lei.

E, comunque, anche se fossi così folle da farlo, tra me e lei potrebbe esserci solo sesso, nient'altro.

Non voglio più aprire il mio cuore a una donna, chiunque essa sia.

Ho sofferto fin troppo, non voglio più lasciarmi andare.

Voglio continuare a vivere la mia vita così com'è, fatta di impegni, lavoro, scadenze da rispettare, uscite con gli amici, ogni tanto.

Non ho tempo e voglia per stare appresso alle donne.

E, soprattutto, non sono più disposto a farmi prendere in giro da una di loro.

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