Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

01. SKYFALL

Ho sempre pensato che scrivere seguendo un input fornito da altri fosse quasi impossibile per me. La Pasticceria Creativa di è stata l'occasione per mettermi alla prova.

Il Contest di San Valentino Nulla è più romantico della caducità delle cose offriva diversi "pacchetti".

Il mio conteneva questi elementi:

Quando l'amore è la destinazione ultima di un lungo percorso
- At last di Etta James - Una scala - Un sussurro -

Da questi elementi è nato Skyfall, che ha avuto anche l'onore di vincere la propria categoria ❤️

◾◾◾

"Svegliati...".

Soave e imperioso allo stesso tempo, quel sussurro le sfiorava l'orecchio come una piuma e la trascinava fuori dal sogno. Lei, però, non voleva.

Cadeva da un'altezza spaventosa, ma stava amando quella caduta. Una luce dorata e impalpabile avvolgeva il suo corpo. Un sole enorme folgorava il paesaggio, annegando le forme in una tiepida caligine.

Cadeva. I cirri le accarezzavano il viso. Con gli occhi chiusi, tutti i frammenti delle memorie più belle si proiettavano sullo schermo delle sue palpebre. Non si sarebbe staccata da loro.

"Svegliati, Serah".

Aprì le ciglia di scatto. Le pale del ventilatore ruotavano pigre sopra il suo corpo affannato dal caldo e intrappolato dal lenzuolo scomposto. La prima luce del mattino veniva tagliata a fette da quel movimento, saltellando monotona e annoiata sulla parete.

"Paradiso perduto...", mormorò ancora incosciente.

Si scostò i lunghi capelli biondi dal viso. No, era indubbiamente, disperatamente sola, come ogni giorno.

Si alzò, infilò una maglia sul corpo asciutto e ciondolò scalza e spettinata fino alla cucina. Riempì una tazza di caffè, afferrò un biscotto, poi si accomodò contro la finestra, a guardare Seattle che si stiracchiava.

Un altro giorno.

Il suo ultimo giorno.

Ogni speranza si era prosciugata. Ogni desiderio si era spento.

֍

L'ultimo giorno.

Aveva sperato con tutto il cuore per anni, ma alla fine aveva perso. Gli restava giusto il tempo di invocare un miracolo, ma lui ai miracoli non credeva più, anche se avrebbe dovuto. Forse aveva smesso di crederci proprio perché avrebbe dovuto. Era un peccato, quello? Be', se lo era, lo avrebbe aggiunto alla lista e amen! Di sicuro non poteva peggiorare la sua situazione.

"Ehi, Sariel! Che fai lì imbambolato?".

Si girò verso la strada. Jack era pronto sul furgoncino carico di attrezzi e lo osservava ridacchiando.

"Muoviti, principessa!", lo esortò. "Oggi ci aspetta un lavoraccio".

Sariel calzò il berretto sulla testa castana e afferrò lo zaino. Raggiunse il lato del passeggero e chiuse lo sportello mentre il mezzo già schizzava via veloce. Si lasciò sorprendere dal vento che gli colpì la faccia, insinuandosi dal finestrino aperto. Tirò fuori la testa e guardò il cielo. Era una giornata tersa e luminosa. Peccato che fosse l'ultima. Peccato. Un altro. La lista non faceva che allungarsi. Si sforzò di sorridere. Era quello che aveva sempre fatto: sorridere al cielo anche quando gli voltava le spalle.

֍

Fu in quel momento che le percepì per la prima volta. Le ombre. Mentre infilava la giacca le sembrò che strisciassero lungo il pavimento. Si fermò, trafitta dalla paura. Erano lì per lei?

Serah sbatté le palpebre, unico impulso che riuscì a inviare al corpo, e si concentrò. C'era solo una macchia di umido sulla superficie color crema, null'altro. Il cuore, però, continuava a battere impazzito. Strofinò nervosamente le mani sudate, afferrò la borsa e uscì.

Voleva arrivare in ufficio e tuffarsi tra le scartoffie. Per tutta la vita aveva schivato con cura il pensiero di quel momento, ma inevitabilmente era arrivato. Si accorse di avere paura. Una paura incontrollabile che era anche senso di colpa, perché non aveva mai fatto nulla per scongiurare quel finale di partita triste e disperato.

Si mise a correre. Avrebbe affogato i pensieri nelle futili preoccupazioni di quegli uomini sconosciuti che attribuivano la propria felicità esclusivamente ai conti e ai bilanci. Nessuno di loro pensava mai che il Paradiso non si può comprare.

֍

Sariel controllò le protezioni, annodò i capelli, sistemò l'elmetto, poi si lanciò nel vuoto. Era il più bravo della sua squadra, il più sicuro. Non aveva mai paura di nulla, qualunque fosse l'altezza. Amava quella pallida imitazione del volo. Lo faceva sentire vivo. Lo faceva sentire più simile a se stesso.

Jack dondolò al suo fianco. A Sariel piaceva come partner. Era sempre allegro. Con lui il tempo passato a pulire le enormi finestre dei grattacieli trascorreva in fretta.

"Oggi non ci annoieremo", ridacchiò Jack. "I ragazzi dicono che ci sono un paio di piani interessanti".

"Del tipo?".

"Del tipo gambe lunghe, tailleur attillati e occhiali da segretaria".

"Finiscila, Jack! Quelle non ci guardano nemmeno. Vanno tutte di fretta, carte e computer. Pensi davvero che, appiccicato come Spiderman alle loro finestre, ti daranno il loro numero?".

"Lascia che mostri loro un po' di muscoli e vedrai, fratello!".

Sariel scosse il capo, divertito. Quasi di riflesso, cominciò a osservare il viavai del grande ufficio che si spalancava di fronte ai suoi occhi.

֍

Si era precipitata alla scrivania come una furia, ignorando i saluti dei colleghi. Era bianca come un lenzuolo. Le ombre erano lungo i cavi dell'ascensore mentre saliva, le aveva sentite. Si era imposta di guardare i numeri che crescevano ritmicamente... 54... 55... 56... le porte si erano aperte con lentezza esasperante e finalmente si era potuta lanciare lungo il corridoio, al riparo dai suoi incubi.

Sistemò meticolosamente le carte. Era sempre attenta in ufficio, tanto quanto era trascurata nel proprio appartamento. Quei due mondi rappresentavano l'immagine perfetta della sua dissociazione interna. Di quella frattura dell'anima che si portava dentro e che non aveva mai tentato di curare.

Entrate... uscite... spese extra... qualcosa che striscia... Serah, concentrati!

Fissò ostinatamente lo schermo. Non voleva distogliere lo sguardo dai calcoli. Le percepiva di nuovo. Le ombre. Salivano lungo le travi portanti del grattacielo, scivolavano fino a lei. La volevano, la bramavano. Non aveva scampo. Cominciò a tremare, a sudare freddo. Mulinò le braccia in un gesto disarticolato come per scacciare qualcosa che le era piombata addosso all'improvviso. Un fascicolo cadde a terra con un rumore secco e i fogli volarono per la stanza. In preda al panico, si alzò di scatto e scappò in bagno, tra lo stupore dei presenti.

Fece scattare la serratura, si rannicchiò sulla tavoletta e si ghermì la testa. Iniziò a contare. Numeri. Per non pensare. Lì, almeno, nessuno sarebbe entrato a disturbarla. Che restassero pure fuori, a spettegolare sul suo conto. Era già abbastanza complicato gestire la lucida paura che la stava attanagliando. È facile accettare il proprio destino. Difficile è affrontare il momento ineluttabile in cui si compirà. Eppure Serah sapeva di non poter aspirare a nulla di diverso. L'aveva scelto lei, ed era bizzarro pensare che era solo la conseguenza di un'altra scelta mancata.

Quando i cieli erano stati sconvolti, quando Lucifero e Michele avevano incrociato le spade, lei aveva distolto lo sguardo. Si era rifiutata di schierarsi ed era stata punita: le era stata strappata un'ala ed era stata scaraventata sulla terra, angelo mutilato tra gli umani, fino al giorno stabilito dalla sentenza divina. E il giorno era quello. Il suo ultimo.

Non avendo comunque peccato, era stata data, a lei e agli altri come lei, una possibilità di tornare a contemplare la Luce: dovevano trovare il vero amore. Dovevano viverlo e sperimentarlo profondamente, e avrebbero riavuto indietro la loro ala. Avrebbero avuto indietro il Paradiso.

Era stata un'offerta generosa, ne conveniva. Serah, però, non l'aveva mai cercato, l'amore. Avrebbe potuto salvarsi, ma non aveva neppure tentato. Lei, il vero amore lo aveva già. Le era stato strappato assieme all'ala bianca.

Ti troverò, le aveva detto l'ultima volta che aveva udito la sua voce. Aveva annuito tra le lacrime, ma non aveva creduto a quella promessa nemmeno per un istante. Ritrovarsi era impossibile. Aveva attraversato il suo esilio terrestre prigioniera di quell'assenza, senza cercare nulla più di una quieta esistenza. Era quello il suo vero peccato: aveva rifiutato la speranza.

֍

Sariel sbirciò oltre la superficie. Gli era sempre piaciuto osservare la gente, soprattutto in quel contesto, dove gli attori si muovevano sulla scena senza che la parola intervenisse ad aggiungere significati ai gesti e alle espressioni.

Doveva essere successo un bel guaio in quell'ufficio dall'aspetto tanto perfetto. Una ragazza dai capelli neri era in ginocchio, affaccendata a raccogliere fogli dal pavimento. Un paio di altri, in piedi, confabulavano con aria perplessa. Una sedia, ad appena un metro da lui, era rovesciata e vuota. Sorrise di fronte a quel trambusto. La gente si agitava sempre per nulla.

L'auricolare gracchiò.

"Pausa pranzo. Vi tiriamo su".

Sariel staccò le ventose, sistemò gli attrezzi e si preparò alla risalita.

֍

Serah fece capolino dal bagno. Pausa pranzo, ufficio deserto. Avrebbe evitato stupide domande e sorrisi di compassione.

Tornò alla scrivania. Le ombre erano ancora lì. L'aspettavano. Erano il destino che si era scelta. Istintivamente si toccò la spalla sinistra. Anche se il suo corpo umano era perfetto, lei sentiva ancora la mancanza, come un soldato che ha perso un arto in guerra. La sua ala assente sanguinava ancora. Era tutto ciò che aveva perso. Il Paradiso. L'Amore. L'eternità assieme a lui.

Sospirò. Le ombre strisciarono sul pavimento. Più vicine e aggressive, lambirono la sua postazione. Serah le guardò con ribrezzo e timore. L'avrebbero fatta a pezzi? Si sarebbe sentita squarciata una volta ancora?

Le parve che sogghignassero, ma era impossibile. Le ombre non avevano intelletto, rispondevano solo agli ordini del loro demoniaco Padrone.

Ebbe uno scarto: sarebbe caduta da sola, così come sola aveva vissuto l'esilio. Avrebbe scelto, come non aveva fatto prima. Si sarebbe consegnata da sé all'Inferno, compiendo l'azione peggiore, quella che non poteva essere perdonata. L'atto supremo di ribellione al Cielo.

Si sistemò il vestito, poi si diresse verso la porta che conduceva alle scale.

Un gradino dopo l'altro. Ogni passo diventava più pesante, ma non rallentò. Le ombre la seguivano. Sembravano aver intuito le sue intenzioni e non avrebbero rinunciato alla loro preda angelica. Accelerò, aggrappata al corrimano di metallo gelido. Un piano dopo l'altro, fino alla porta che dava sul terrazzo.

Forzò la maniglia. Davanti a lei si proiettò il cielo di Seattle, tagliato da una lama di bianco accecante.

Si diresse verso il parapetto. Solo un passo. Prese fiato e salì sul bordo che la separava dal nulla. Guardò giù e si lasciò assalire dalla vertigine. Alle sue spalle, le ombre si lanciarono ad afferrarle le caviglie. Non l'avrebbero avuta.

Chiuse gli occhi e si lasciò andare.

Cadeva, come nel suo sogno ricorrente: attorno a lei la luce dorata e impalpabile, e un sole enorme folgorava il paesaggio, annegando le forme in una tiepida caligine.

Cadeva. Il cielo era ovunque, il vento le accarezzava il viso.

Le sembrò che il tempo si fosse fermato, che il suo precipitare fosse infinito. Come se qualcuno volesse darle la possibilità di fotografare ogni istante. Di ricordare e rimpiangere. Di struggersi a quel ricordo... le sue mani, il suo tocco, il suo sorriso... Una lacrima nacque e morì all'istante, risucchiata dalla colonna d'aria.

"Paradiso perduto...", mormorò.

Una protuberanza squarciò la camicetta sulla spalla destra. Un'ala bianca, rattrappita, lottò e infine si distese, provocando uno squilibrio nell'assetto della caduta.

Serah iniziò a roteare. Chiuse gli occhi, in attesa dello schianto. In attesa del nulla eterno.

֍

Sentì gridare, vide i ragazzi correre verso l'altro lato della terrazza. Forse un incidente. Tutto poteva andare storto, in quel lavoro. Si precipitò verso il gruppetto e subito capì: una donna era in piedi sul parapetto.

Com'è arrivata fin qui? Possibile che nessuno l'abbia fermata?

Sariel sfrecciò attraverso quella nuvola di inutili commenti senza ascoltarli.

Un'illuminazione, un attimo prima che lei si buttasse, gli aveva fermato il cuore.

È impossibile, aveva stabilito la sua ragione umana. È un miracolo, gli suggeriva il suo intelletto angelico.

Mio Dio! Vagabondare in quel pianeta celeste per tutto il tempo che gli era stato concesso, e trovarla proprio quando lei stava scivolando via, verso una notte che sarebbe stata infinita per entrambi?

Si lanciò senza pensare. Come le volte in cui raccoglieva le ali dietro di sé e si gettava in picchiata a tagliare le sfere celesti. Solo che non aveva più ali da spiegare. Era spezzato. Gli restava solo la sua ostinata volontà. Solo la rabbia. Solo l'amore.

֍

Serah spalancò le palpebre.

Nero.

Nero e... piume!

Una grande ala si era spiegata accanto a lei. Istintivamente anche la sua si mosse, cominciò a battere a ritmo con il suo cuore. A ritmo con l'altra.

Due corpi, avvinghiati come fossero uno, si libravano vincendo l'attrazione terrestre. Due ali, una bianca e una nera, stavano invertendo il destino.

"Serah... sono io, sono qui".

A quel sussurro, trovò il coraggio di guardare quegli occhi che avevano la luce delle stelle. Si strinse ancor più a lui. Il tempo e la distanza non avevano saputo cancellare quel corpo dalla memoria della sua pelle.

Sorrise, e quel gesto sembrò infondere energia al loro slancio. Si sollevarono oltre la città, proiettati contro l'azzurro.

Il sole, di fronte a loro, si muoveva pigro verso l'Occaso, tingendo l'aria d'arancio. La notte era lontana, le ombre sconfitte.

Oltre la tela del cielo e quell'abbraccio, tutti gli angeli sorridevano.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro