Aveva lasciato ogni innocenza in quella colonia lontana. Da quel giorno di tanti anni prima tutto era improvvisamente cambiato e quello che gli rimaneva di più caro era stipato in quell'unico bagaglio che si portava dietro.
Qualche libro, alcune foto e qualche lettera spiegazzata facevano da fondo ad un paio di abiti immacolati. Dentro la tasca interna del borsone scuro teneva nascosto un mālā che non era suo ma gli era stato dato da qualcuno d'importante.
Ma c'era molto di più dell'apparenza lì dentro. Lui si portava dietro un'identità non sua, si fingeva qualcun altro per cercare di trovare una pace che forse era irraggiungibile ma alla quale ambiva lo stesso. Aveva fatto i conti con se stesso da ormai tanti anni, non dubitava mai del suo istinto e quello adesso gli diceva di tentare, di provare quella strada, di intraprendere quel cammino.
L'unica persona che lo conosceva davvero era lontana, ma si erano promessi di rivedersi da lì a qualche mese se tutto fosse andato come doveva. Sarebbe stato rischioso, un azzardo, un solo passo falso e tutto sarebbe crollato condannandolo, ma lui era bravo, sapeva muoversi astuto come un cobra e rapido come una tigre.
Respirò ancora un'altra volta profondamente, ripetendosi nella testa il mantra che gli aveva fatto compagnia per tanti anni, poi senza alcuna esitazione salì sul treno che lo avrebbe condotto verso la sua meta definitiva. Ma in tutti i suoi piani e in tutte le sue congetture non aveva mai e poi mai calcolato l'incognita, quell'unica singola incognita di cui ancora non sapeva nulla. Grave errore.