Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 30


Ama più che puoi, ama incondizionatamente...

5 mesi dopo...

Prendere quella decisione era stata una delle cose più difficili e insieme più facili di sempre. In quegli ultimi mesi aveva riflettuto tanto a lungo su tutto. Su che cosa fosse successo e su cosa avrebbe dovuto fare di lì in avanti, aveva riflettuto molto sulla sua posizione e sui suoi compiti, aveva ponderato tanto su se stesso e su chi fosse davvero il Conte di Harlaxton, anche se lo era sempre stato, ma non in quel modo.

Nei successivi quattro mesi dopo la morte di suo fratello nella sala da fumo di Harlaxton Manor, Hanry si era ritrovato a fare i conti con una nuova quotidianità, un nuovo modo di concepire il suo ruolo, una nuova consapevolezza, una nuova vita.

Aveva avuto modo di rimettere in piedi la sua esistenza, quella di sua madre e quella della sua tenuta. Ancora tanto c'era da fare, ma sembrava essere esattamente tutto quello che aveva sempre voluto.

Era riuscito a sistemare tante cose, e di questo ne andava fiero, come Daiana. Conoscere una madre da grande, una donna che hai sempre conosciuto ma che non hai mai pensato fosse sangue del tuo sangue era stato davvero incredibile. Quella donna in punta di piedi, giorno dopo giorno entrava sempre di più nella sua vita anche se c'era sempre stata fin dall'inizio, e lui voleva la sua presenza al suo fianco, ne era felice. Adesso voleva quella madre che non aveva mai avuto, voleva poterci parlare, poterci prendere insieme il tè, poterci passeggiare, poter discutere liberamente di tutto e non sentirsi giudicato, proprio come una madre che con tutto l'immenso amore del mondo dovrebbe fare. Dalla sua Hanry aveva anche la questione fato. Daiana conosceva già Jake, conosceva già la profonda stima e il profondo sentimento che li legava, e anche se questa cosa, doveva esclusivamente rimanere all'interno delle mura domestiche, parlarne rendeva il loro legame ancora più forte, ogni giorno di più. Daiana non si era neanche mai impicciata degli affari di eredità di Hanry, erano esclusivamente questioni che lui discuteva con il suo avvocato e lei sapeva che avrebbe preso le decisioni giuste, era piuttosto lui che spesso voleva un suo onesto consiglio o sincero parere.

Rivedere la Signora Stafford invece, fu una parentesi dolorosa per Hanry. Si era recato nell'istituto in cui era ospite, gli ci erano volute due settimane prima di decidersi, ma alla fine non poteva lasciare anche quella cosa in sospeso. C'era già il processo di suo padre che avrebbe richiesto del tempo, quella cosa invece voleva risolverla, più che altro lo doveva a se stesso. La cosa che più lo rincuorò una volta finita la visita in quell'elegante struttura di Greenwich a Londra, una villa immensa bianca con il colonnato in stile coloniale e le finestre ampie che davano sulla strada principale e sul parco, fu che trovò la donna nello stesso modo in cui l'aveva vista l'ultima volta alla tenuta, o quasi. Lo psichiatra che lo accolse dovette fargli una premessa; Colombine Stafford non riusciva a capire dove si trovava, era ancora convinta di trovarsi nella sua tenuta ad Harlaxton e pareva che per lei il tempo si fosse fermato ad un giorno qualunque della sua agiata vita da Contessa.

Non indossava abiti di seta o merletti confezionati a Parigi come di consueto, ma anche se nella sua veste semplice che imponeva la struttura, lei si comportava come se fosse sempre l'ora del tè e aspettasse solo di poter parlare con qualcuno, spesso un infermiera o il suo stesso medico.

Colombine non aveva ricordo di aver visto il figlio prediletto morto in una pozza di sangue, non aveva memoria che il marito fosse stato arrestato e il secondo genito, partorito da un'altra donna, adesso fosse solo. Lei viveva in un mondo che la sua mente già provata da una vita di scompensi aveva creato per lei. Dove era ancora la Contessa di Harlaxton che prendeva il tè in bianchi guanti di saten e aspettava l'ultimo pettegolezzo da Nottingham o meglio ancora da Londra. Alla vista di Hanry semplicemente lo salutò con un sorriso tirato e come sempre prese un sorso del tè che gli lasciavano bere, che non era altro che acqua calda per non alterare il corso dei medicinali.

Lui si sedette comodo insieme a lei salutandola come sempre.

«Buonasera Madre.»

Lei alzò lo sguardo ma non lo guardò davvero, aveva gli occhi velati, vacui, uno dei sintomi delle cure, gli disse il medico dietro di lui a bassa voce, la sua vigilanza era necessaria per quella visita. Poi però subito dopo lei se ne uscì con una frase.

«Oh Hanry, ancora ti ostini ad indossare quegli orribili stivaletti anche in giorni come questo, sei incorreggibile.»

Il medico fece segno ad Hanry che poteva risponderle se voleva, così lui prese coraggio anche se lo stare lì gli provocava solo disagio, ma voleva farlo, doveva.

«Perché madre, che giorno è oggi?»

«Che sciocco che sei, ti piace sempre scherzare. Lo sai che giorno è oggi, oggi tornerà Edmund.»

Hanry allora annuì accondiscendente, poi sorrise appena, scosse la testa e facendo il bacia mano a quella che una volta era la donna che aveva chiamato madre, si alzò e ringraziando lo psichiatra se ne andò. Colombine era in buone mani, peccato che non sapeva dove si fosse persa la sua mente, dicevano che era stato il trauma ad aggravare ancora di più la sua instabile situazione e lui aveva capito che sì, era davvero così probabilmente ma forse per lei era anche meglio.

Non aveva mai rivisto suo padre, gli avvocati facevano tutto in sua vece e lui non ci teneva a rivederlo, non prima dell'incontro necessario per l'udienza almeno. Ma non gli mancava, gestire Harlaxton Manor era da sempre stato il suo compito e lui adesso intendeva portarlo avanti a testa alta, con fiducia e volontà.

La sua storia con il Conte di Howard sembrava andare bene. Erano stati molto insieme negli ultimi mesi, Hanry aveva visitato l'immenso castello nuovamente di proprietà dei Thompson e aveva potuto capire bene come intendeva vivere un Conte come Jake, dopo tutto quello che aveva passato.

Adesso, sul treno in cui si trovava che viaggiava veloce con intorno paesaggi a lui sconosciuti, era consapevole più che mai di aver preso la decisione giusta su tutto, anche su quella partenza e ne era felice.


***


Quando Jake varcò la soglia di quella splendida e bianca villa che ricordava bene, gli sembrò di avere di nuovo cinque anni.

Era tutto come lo ricordava quel giorno. C'erano tante persone ad accoglierlo nell'atrio ampio e luminoso, persone che lui riconosceva bene e che i suoi occhi e il suo cuore mai avrebbero potuto dimenticare. Il suono della campana tibetana rimbombò come per l'inizio di una preghiera e dopo un piccolo inchino da parte dei presenti, Jake e Kiran ricambiarono lo stesso per poi tuffarsi tra le braccia amichevoli delle persone che li avevano aspettati per anni.

Le incensiere fumavano e inebriavano anime e corpi con la loro essenza. C'erano suoni di risate che si propagavano per tutto l'atrio e anche i nuovi ospiti furono accolti con piacere in quell'abbraccio collettivo che si stava compiendo.

Il soffitto era stato ridipinto di cremisi e oro, le pareti erano tornate bianche candide, molti lavori erano stati apportati da quando i Conti avevano annunciato il loro ritorno. La maestosità della villa stava tornando a quella di una volta e questo era anche merito delle persone che erano lì.

I due fratelli furono emozionati nel rivedere la loro vecchia governante, una signora ormai anziana e canuta con una lunghissima treccia laterale in contrasto con la pelle olivastra ormai raggrinzita. Un sarii viola la copriva e portava fiera il suo tilak in fronte, simbolo che subito fece con le sue dita anche ai giovani uomini appena arrivati.

«आपको फिर से देखकर खुशी हुई सज्जनों, हम आपका इंतज़ार कर रहे थे»

*E' un piacere rivedervi signori, vi stavamo aspettando.»

L'anziana ormai con pochi denti rimasti ma un sorriso contagioso abbracciò tutti quanti.

«आप जानते हैं कि आपको हमें सज्जन कहने की ज़रूरत नहीं है, अब से यह वैसा ही होगा जैसा इस घर में हमेशा रहा है.»

*Sai che non devi chiamarci signori, da ora in avanti sarà com'è sempre stato in questa casa.»

Disse Kiran mentre stringeva la donna anziana in un abbraccio e la circondava completamente tanto era piccola.

«हम घर वापस आकर खुश हैं, और धन्यवाद.»

*Siamo lieti di essere tornati a casa e grazie.» aggiunse poi Jake stringendogli a sua volta le mani morbide e calde.

La sensazione che in quel momento colmava il cuore dei due fratelli era incontenibile, anche quella dei loro ospiti.

Hanry infatti, anche lui ora con un tilak sulla fronte, ormai senza cappello ne giacca si guardava intorno esterrefatto, Logan non era da meno.

Jake guardò Hanry da lontano, anche lui preso in abbracci gioviali a cui non era abituato e pensò che in fin dei conti quel Conte tanto terribile e presuntuoso non stonava affatto nella sua Jaipur, con quei ricci ribelli e il sorriso contagioso pieno di chi si sta sinceramente sentendo bene, stringendo mani a tutti e ringraziando in inglese.

C'era tanto da fare, tanto da ricostruire ma loro ce l'avrebbero fatta, un pezzo alla volta proprio nel modo in cui stavano ricostruendo le loro vite.


***


In quel primo pomeriggio a casa, non riusciva a credere di avere una tazza di Darjeeling nero al bergamotto tra le mani. Quel gusto intenso e quell'aroma denso e speziato gli faceva girare la testa tanto lo aveva sognato negli ultimi anni. Prendeva lunghe sorsate anche a costo di scottarsi la lingua e lasciava che il liquido scuro gli scorresse nella gola, sentendo ancora come lo ricordava il tepore di quella bevanda che mai aveva ritrovato in Inghilterra. Il suo tè di Jaipur il suo tè nero bollente che aveva bramato così tanto, dopo anni solleticava e risvegliava ancora le sue papille gustative e i suoi sensi più profondi. Se chiudeva gli occhi vedeva la sua Ravi preparare le teiere in ceramica rossa con motivi di foglie dorate, versare la bevanda nelle sue tazze senza manico preferite e poi attendere il momento giusto prima di iniziare a bere. Se si concentrava abbastanza poteva sentire chiaro l'aroma di liquirizia e noce moscata celato in fondo al primo sorso che prendevano insieme, quell'aroma speziato e vivace che suo padre amava tanto. Quel rituale lo riportava ai pomeriggi con lei e suo fratello, alle lunghe passeggiate sulle colline prima di giungere al tempio, alle pause oziose fatte di libri e melodie che si prendevano dai loro compiti quotidiani di giovani rampolli cresciuti in una famiglia mista che gli consentiva di mescolare il loro essere anche senza avere lo stesso sangue. Sorseggiava il tè e sentiva il calore espandersi dalla gola al petto e poi allo stomaco, sentiva il suo mālā al collo farsi ancora più leggero perché bere quel liquido gli alleviava i ricordi dolorosi e lo riportava nel momento presente, nella sua città Rosa, ancora una volta accanto alle persone che amava, alcune diverse, altre no, ma non da solo.

Kiran entrò nella stanza dei cuscini come una visione. Per un solo secondo rivide esattamente lo stesso ragazzo di qualche anno prima. Aveva già indossato i suoi pantaloni cremisi larghi e corti al polpaccio, la sua camicia di lino bianca senza colletto che gli esaltava i lineamenti adesso già più rilassati del solito. Non indossava il safa, era in casa sua dopotutto e si era avvicinato a Jake proprio perché l'odore del tè caldo gli aveva smosso i sensi. I capelli corvini erano tutti sciolti su un lato e la parte rasata della testa gli risaltava il profilo sinistro affilato. Attorcigliato al suo braccio Esh era tranquillo e beato, probabilmente adesso più felice del clima che lo circondava.

«Ce n'è un po' anche per me?»

«Certo fratello.» Gli passò una tazza scura senza manico. Anche lui indossava una camicia senza colletto ma la sua era bordeaux abbinata ai suoi pantaloni, il portamento non lo aveva perso, quello non poteva lasciarlo in Inghilterra, ma il suo volto ora era più sereno. Tornare a casa per loro era necessario per poter affrontare un lutto per troppo tempo patito e con il quale avevano convissuto ma con cui non avevano mai fatto davvero i conti.

« महाराज हमसे मिलना चाहते हैं *Il Maharajah vuole vederci.»

«उसने सुना है कि हम वापस आ गए हैं, वह जानना चाहेगा कि हम क्या करना चाहते हैं *Ha saputo che siamo tornati, vorrà sapere che cosa vogliamo fare.»

«E tu che vuoi fare?»

«Ricominciare.»

Kiran sorrise prendendo un lungo sorso di tè e annuendo al fratello soddisfatto dalla sua risposta.

Tante cose erano cambiate da quando mancavano ma Jaipur era stata clemente con loro. Il Maharaja non aveva mai venduto la proprietà dei Thompson e anzi aveva ben accolto il loro ritorno mettendo a disposizione dei due Conti di Howard la mano d'opera necessaria a ricostruire e rimettere insieme il grosso dei danni. Probabilmente sentiva di aver sbagliato consegnando metà città ad un assassino in quegli anni. La giungla e il giardino della villa ora erano incolti e la natura stava prendendo il sopravvento della bianca struttura, ma i Conti avevano già provveduto a prendere anche dei giardinieri che avrebbero fatto il lavoro di restauro. Volevano organizzare al più presto una festa com'era uso da quelle parti per inaugurare un nuovo inizio, ma volevano comunque prendersi qualche giorno anche se i lavori erano a buon punto e avrebbero avuto una conclusione totale nel giro di qualche settimana. Tornare lì era doloroso per entrambi. Gli animali non c'erano più, solo cinque cavalli nelle scuderie. Il personale di servizio che loro conoscevano era tornato certo ma qualcuno aveva già trovato un altro impiego. Molti volti familiari riconobbero i due e vederli fu come riabbracciare dei lontani parenti. Ma altri mancavano. Maji non c'era più, i suoi elefanti non c'erano più, i pavoni se n'erano andati e con loro anche le scimmie curiose, ma tutti dicevano che quelle di sicuro sarebbero tornate, se non subito tra qualche giorno.

Essere lì voleva anche dire prendere consapevolezza di tutto quello che era successo e di quello che il Conte Thompson aveva lasciato ad entrambi.

Di lì a poco avrebbero celebrato una piccola cerimonia in memoria dei loro genitori ed erano molto emozionati di farlo.

L'indomani mattina del loro arrivo Jake aprì gli occhi piano. Qualche istante prima si era svegliato dal lungo sonno di quella notte e aveva preso consapevolezza di dove si trovasse. Solo dopo quei lunghi istanti aveva deciso di aprire le palpebre e rivelare le sue iridi blu alla stanza intorno a se. Era caldo e lui riconosceva nel dettaglio la sensazione della luce sulla sua pelle. Ancora supino ispirò l'aria della stanza e subito si accorse con meraviglia che tante cose potevano essere cambiate ma non quell'odore. I rumori in strada erano inconfondibili, si sentivano voci concitate, grida, melodie, movimento, risate. Alle narici gli arrivava chiaro il profumo dell'incenso che aveva acceso la sera prima di addormentarsi in quel grande letto con le lenzuola candide, voltandosi riconobbe l'ospite che era accanto a lui ancora profondamente addormentato con la testa sul cuscino.

Erano arrivati dopo lunghi giorni di viaggio e la stanchezza li aveva presi prima che iniziassero a guardarsi intorno.

Svegliandosi definitivamente e tirandosi su seduto, realizzò di essere davvero lì, nella sua Jaipur, in Rajastan. In quella sua terra che tanto aveva voluto rivedere, in quella patria a cui si sentiva profondamente legato e di cui era immensamente grato.

«Sei già sveglio?»

Il Conte di Harlaxton al suo fianco, sussurrò quelle parole flebilmente, a bassa voce, ancora intrappolato nell'intorpidimento del sonno.

Jake si abbassò a circondarlo con le braccia muscolose e sode, baciandogli una spalla e facendo combaciare il suo corpo con la schiena dell'altro.

«Non mi sembra vero di essere qui con te.»

«Non lo avrei mai neanche immaginato in verità.»

«Dobbiamo alzarci sai?»

«Dobbiamo proprio?»

«Non volevi che ti parlassi dell'India?»

«Come si dice buongiorno in hindi?»

Jake sorrise e scosse la testa.

«Ti vedo che sogghigni che c'è? Ieri appena ti ho sentito parlare devo ammettere di averti trovato piuttosto attraente caro il mio Conte di Howard.»

«Ah sì?»

«Sì ma non ti montare la testa.»

«सुप्रभात.»*Buongiorno.

Lo soffiò piano all'orecchio del riccio, in modo da provocargli la pelle d'oca su tutto il corpo e l'altro si fece scappare una risata.

Hanry poi si voltò verso di lui, i suoi occhi verdi e curiosi sorridevano nel guardarlo. Si baciarono con trasporto, mentre entrambi ancora nudi si godevano quel risveglio.

«Quindi? Vuoi alzarti Milord?»

«Certo, andiamo, fammi vedere casa tua.»

Avrebbero voluto rigirarsi solo nelle coperte quella mattina, ma dopo tanti giorni di viaggio e tanti giorni che li attendevano proprio lì, si decisero a lasciare quell'alcova di passione per esplorare quello che li circondava.

Il giorno prima era stato tutto molto concitato. Il personale di servizio della villa aveva accolto i Signori in modo impeccabile. Hanry non avrebbe mai pensato che tutta quella regalità, tutta quella gentilezza dimorasse in persone tanto semplici e tanto gioviali. Aveva provato calore nel ritrovarsi accolto da tutte quelle persone in sarii, con il kajal nero sotto gli occhi e il tilak in bella mostra in mezzo alla fronte. Aveva sentito un calore incredibile irradiarsi in lui, forse perché aveva davanti la persona che amava, così emozionata da non riuscire a trattenere le lacrime nel rivedere volti conosciuti e qualcuno nuovo davanti a sé. Sentire Jake parlare spedito l'Hindi con Kiran e tutte quelle persone, era una delle cose più belle che avesse mai sentito. Si respirava un'aria di pace, di ricongiungimento, un'aria di famiglia, sensazioni a cui lui non era abituato, ma che lo rendevano felice e che adesso si sentiva di voler provare ad ogni costo.


***


A Novembre in quella parte dell'India si festeggiava la festa Indù delle luci, Diwali.

La festa, sacra per i credenti, era molto sentita in ogni città. Si celebrava la vittoria del bene sul male, la luce che illumina le tenebre e in ogni dove venivano accese lanterne d'argilla con piccoli fuochi al loro interno. Candele colorate e fiaccole luminose venivano messe ovunque e la sera dopo il tramonto tutte le città sarebbero state illuminate a giorno.

La festa simboleggiava ricchezza, prosperità e il ritorno alla luce, alla vita.

Non avrebbero potuto scegliere un giorno migliore per commemorare i loro cari defunti.

Sulla collina d'ambra a quell'ora vicino al tramonto si respirava un'aria carica di sacralità, la città ancora nel pieno della vita andava piano piano acquietandosi e i rumori della quotidianità e dell'eccitazione per la festa si facevano più tenui, perché il momento di accendere le lanterne si avvicinava e una strana spiritualità aleggiava su tutta la città. L'immenso giardino della villa era stato allestito ovunque con fiori di ogni genere. C'erano iris dai petali rossi e sgargianti, rosa tenue e viola, c'erano calle bianche, orchidee dai colori più disparati e ovunque sull'erba verde e immacolata erano stati cosparsi petali di rosa tea in ogni sua sfumatura. Tutti i presenti si erano riuniti lì nell'ora d'oro del tramonto per commemorare i cari defunti nell'incendio che si era consumato qualche anno prima proprio in quel luogo, trasformando un oasi di pace e serenità in un inferno di fiamme e lacrime. La campana tibetana suonava profonda, un sitar raccontava una melodia lieve e delicata, la preferita di Ravi. La luce arancione del sole che tramontava rendeva rosa tutto quanto, Jaipur non poteva essere più bella che in quel momento. Il forte odore d'incenso speziato rendeva la testa leggera e i pensieri meno cupi, una fragranza delicata ma allo stesso tempo decisa aleggiava nell'aria. C'erano tutti, il personale della villa, alcuni amici di famiglia vecchi e nuovi, e poi i figli dei defunti coniugi Thompson con i loro amici naturalmente. Il bianco che tutti indossavano faceva subito capire che si trattasse di una commemorazione funebre, ma nessuno piangeva, anzi.

In quel momento le lacrime di disperazione non servivano, piuttosto c'era spazio per il ricordo, per la memoria, per i sorrisi sinceri che avevano condiviso con chi se n'era andato troppo presto, ricordando le cose belle che le persone che ora non c'erano più avevano fatto in vita e avevano lasciato dopo la loro prematura dipartita. Ogni invitato sopra ai loro completi bianchi indossava una collana di fiori che avrebbe poi bruciato nel grande falò che stava scoppiettando controllato in mezzo al grande giardino, emanando un'aroma forte di legno di sandalo bruciato. Dal fuoco al fuoco, così avevano deciso Jake e Kiran che adesso ritrovati i panni di Principi Indiani, salutavano tutti gli invitati con sorrisi radiosi. Tutti rigorosamente scalzi attraversavano il prato e si godevano l'ora del tramonto dalla grande terrazza erbosa. Per Hanry tutto quello era estremamente strano, assurdo, incredibile. Ma era anche una delle cose più belle che avesse mai fatto in vita sua. Si sentiva vicino a Jake, voleva esserlo, si sentiva parte di qualcosa, di una famiglia, di un gruppo, parte di qualcosa di emozionante che andava oltre ogni suo sogno. Avrebbe voluto conoscere i genitori di Jake, il castano gliene aveva tanto parlato durante il loro lungo viaggio e in quelle ultime settimane, ma sapeva che nei due fratelli c'era tanto di loro e non potè che pensare che dovessero essere state veramente le persone straordinarie che tutti ricordavano. Per Hanry i funerali o le commemorazioni come quella erano sempre e solo stati rappresentati da completi neri e austeri, lacrime, tristezza, preghiere macabre e giorni di lutto infiniti. Certo avevano il suo fascino ma quello a cui stava partecipando era una cosa ben diversa. Era una celebrazione della vita terrena e anche di quella oltre la morte, era un elogio dell'anima e un ricordo della persona, di ciò che aveva rappresentato in vita, di ciò che aveva fatto, di quello che aveva trasmesso e aveva lasciato. C'erano sorrisi, musica, fiori colorati, purezza, lacrime certo ma di emozioni forti e positive, lacrime salate che erano sinonimo non di angoscia ma di liberazione, d'affetto, d'amore.

Tutti insieme dopo aver bruciato le collane nel grande falò e aver dedicato attimi di preghiera e pensieri al vento, si diressero giù verso il cuore della città, dove tutti i suoi abitanti avevano iniziato una lunga passeggiata per il posto in cui erano diretti. Avevano indossato dei sandali leggeri e Hanry faceva del suo meglio per stare al passo con Jake che era decisamente più abituato ad indossarli.

Vicini, sorridenti, rinnovati da tanta voglia di condividere momenti immensi si dirigevano ognuno con in mano una lanterna verso il Man Sagar Lake, dove al suo centro si ergeva la meravigliosa struttura del Jal Mahal. La città si era trasformata in luce pura, le vie erano lingue infuocate e tanti sorrisi coprivano ogni angolo di Jaipur. Una volta sulle rive, avrebbero liberato le lanterne galleggianti e uno spettacolo incredibile si sarebbe presentato ai loro occhi.

Per strada c'erano bancarelle in ogni dove, odore di cibo speziato, canti vivaci ma sempre quieti e rispettosi, si respirava un'aria delicata di condivisione. Una volta arrivati quasi alla loro meta Jake però prese Hanry per mano e lo condusse verso una struttura lì vicino da dove arrivavano rumori che conosceva bene.

«Vieni con me.» gli sussurrò mentre lo trascinava.

Hanry una volta compreso che cosa stava per succedere rimase estasiato, con la bocca spalancata, non potè nascondere un sorriso magnifico che rivelò due fossette profonde sulle guance.

«Posso?»

«Certo! Ti ho portato qui apposta, non sono magnifici?» Jake si era già avvicinato all'animale di fronte a sé e sicuro e tranquillo gli stava accarezzando la proboscide.

Hanry si avvicinò più sicuro allora e di conseguenza anche lui posò la mano tremante e incerta sul muso rugoso e duro dell'animale che spinse appena in avanti al solo contatto, come a chiederne ancora, abituato a ricevere attenzioni.

«Ooh sono incredibili!» Hanry non sembrava voler smettere neanche un secondo di sorridere, non avrebbe mai immaginato di fare una cosa simile, mai in tutta la sua vita.

«Un pò diversi da Kind.» aggiunse ridendo.

«Già un pò diversi sì, ma sanno essere molto affettuosi.» rispose il castano.

«Sai che gli elefanti amano molto la loro famiglia? Se perdono un loro caro soffrono moltissimo. Sono animali così affascinanti.»

«Sono bellissimi, davvero incredibili dei giganti buoni.»

«Amano incondizionatamente e non tradiscono mai la loro compagna, ci possono passare insieme anche tutta la vita.»

«Dovremmo prendere esempio da loro allora.»

Jake guardò il riccio che a sua volta si girò verso di lui e smise di accarezzare il grande pachiderma che aveva davanti.

Si allontanarono un pò e Jake non perse tempo, afferrò la mano del riccio di nuovo e trascinandolo più lontano dietro un muro della struttura che ospitava gli animali lo baciò con passione.

«Io non posso sposarti, ma se potessi lo farei.»

«Io non potrei mai dirti di no se tu potessi farlo lo sai? Ti amo Jake, questa è forse una delle poche cose di cui ho certezza nella mia vita.»

«Ti amo anche io, ti amo davvero tanto e anche per me questa è una certezza.»

Ripresero incontrollati a baciarsi ma poi dovettero fermarsi, le loro bocche richiedevano troppo rispetto a quello che loro potevano dargli in quel momento, le loro mani erano troppo veloci sui loro corpi per poterle ignorare. Si staccarono, ma non prima di guardarsi e promettersi solo con lo sguardo quello che volevano entrambi e che quella lunga notte e molte altre ancora avrebbero avuto.

Raggiunsero nuovamente il Man Sagar e riprese le loro lanterne seguirono i movimenti che migliaia di persone intorno al lago stavano già facendo.

Si abbassarono insieme verso lo specchio d'acqua e guardandosi ancora, con gli abiti candidi, le guance arrossate e gli occhi vivi, si promisero tanto.

«Esprimi un desiderio.» disse Jake.

«Insieme.» annuì l'altro.

Jake chiuse gli occhi mentre lasciava la lanterna e attese qualche attimo prima di riaprirli e vedere che anche Hanry aveva fatto lo stesso.

Si alzarono all'unisono e incuranti di tutte le persone che li circondavano, mettendosi uno di fianco all'altro si sfiorarono le mani appena, per dirsi che erano lì, l'uno per l'altro. Non importava che nessuno dei due dichiarasse il desiderio espresso, erano sicuri che fossero simili, forse persino uguali.

Lo spettacolo davanti ai loro occhi era mozzafiato. La grande distesa d'acqua davanti a loro con al centro la grande struttura in pietra che pareva galleggiare, sembrava costellata di stelle. C'era luce ovunque, le fiammelle scorrevano lente sull'acqua verso il centro del lago e il cielo blu scurissimo era rischiarato da tutta quella luce. Altre candele e fiaccole erano state messe sulle mura del Jal Mahal e tutto sembrava illuminarsi a giorno. Sollevando lo sguardo videro anche delle lanterne volanti lasciate al vento, luminose e sinuose si sollevavano fino in cielo, formando come una via di luce fino alla stelle e anche oltre.

Le loro mani si strinsero, i loro cuori erano colmi di ogni gioia, loro anche senza mai cercarsi si erano trovati, la loro luce aveva vinto sui loro mali, le loro anime luminose adesso potevano farsi compagnia senza più segreti.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro