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Capitolo 24


Anche il viaggio più lungo inizia con un semplice passo

Buddha


Jake era stanco. Quello che più sentiva dentro di sé era stanchezza fisica e mentale. Ma c'erano anche logoramento, delusione, dolore e rabbia. Era devastato da ogni cosa possibile che gli fosse successo negli ultimi giorni, e voleva solo andarsene da lì. Voleva solo fare quello che poteva per riprendersi una parte della sua vita e poi voleva andare via. Forse tornare a Jaipur, forse ricominciare da Birmingham, oppure da Castle Howard se Logan fosse riuscito a far valere quei maledetti documenti. Ma non ne aveva la certezza. Come poteva Logan perdere tanto tempo con loro? Forse non era quello che voleva, ma sperava che con l'aiuto di Kiran sarebbe riuscito a convincerlo almeno a continuare ad aiutarli per il tempo necessario. Anche se credeva davvero che la Polizia sarebbe arrivata da un momento all'altro. Se Edmund e quindi Milord, e quindi Hanry ora ne era certo, sapevano tutto, avrebbero già dovuto chiamare la polizia per far arrestare lui e suo fratello. Ma non lo avevano fatto perché? Che anche loro forse tramassero qualcosa? Che anche loro forse avessero timore di qualcosa? Forse anche loro volevano agire senza autorità, nell'ombra, come solo gli Stafford era certo sapevano fare? Era una guerra aperta in quella casa. Era solo un enorme e colossale caos. Una guerra silenziosa e subdola che si stava consumando a forza di bugie e segreti tra le mura di Harlaxton Manor.

Nella sua spoglia ma confortevole stanza si fece coraggio e si vestì come ogni mattina. Poi ritrovandosi davanti alla porta dell'ufficio del Signor Wood, stringendo tra le mani una busta immacolata, bussò per entrare.

«Avanti.»

Jake varcò la soglia e l'odore di acqua di colonia che caratterizzava l'uomo, arrivò forte alle sue narici. Ma in quel momento anche quel prepotente profumo gli sembrava così familiare che quasi lo calmava.

«Mi perdoni il disturbo Signor Wood.»

«Signor Scott, non l'aspettavo.»

«Mi perdoni ancora Signor Wood, ma devo parlarle se non le dispiace.»

«Ma certo, certo si accomodi, vuole una tazza di tè.»

«No grazie davvero.»

L'uomo alto si sedette nuovamente, con un bonario sorriso sul volto, molto diverso dal ghigno interdetto che aveva il primo giorno che lo aveva incontrato in quello questo ufficio, solo poche settimane prima, ma che parevano anni.

«Oh dimenticavo che a lei non piace il tè.»

«No infatti» Jake sorrise appena.

«Mi dica, dica pure Signor Scott.»

«Signor Wood, queste sono le mie dimissioni.» passò deciso la lettera all'uomo, annuendo e mordendosi il labbro inferiore. Sapeva che quella era una cosa assolutamente non necessaria, poiché Scott non era il suo nome e a livello legale non era tenuto a farlo, ma non voleva passare da vero bastardo anche agli occhi di quelle gentili persone che lo avevano accolto in quella casa come uno di loro. Ognuno a modo suo gli aveva lasciato qualcosa dopotutto.

«Che cosa? Ma non pensavo di mandarla via Signor Scott, io...»

«Lo so, mi creda lo so signor Wood, ma è meglio così, non voglio creare nessun ulteriore malcontento in questa casa, e vista la situazione con il Signorino, mi creda è meglio così.»

«Ma ne è sicuro? Non abbiamo mai avuto nessuno come lei, è molto professionale, attento, noi siamo felici di averla qui.»

«La ringrazio davvero tanto, ma devo andare. Una volta che tutti gli ospiti se ne saranno andati, andrò anche io.»

«Mi dispiace molto per come si sono svolte le cose, mi dispiace tanto che lei debba andarsene.» l'uomo sembrava davvero essersi rattristato a quella notizia. Sapeva che in quella casa Jake era stato una boccata di aria fresca per tutti, sapeva che aveva reso le cose più piacevoli, ma la messa in scena doveva finire.

«Anche a me, ma mi creda è meglio così.»

Il Signor Wood sospirò, poi aggiunse.

«Posso chiederle un ultimo favore Signor Scott?»

Jake sembrò quasi sorpreso, ma accettò di buon grado.

«Certo, certo tutto quello che vuole.»

«Venga con me.»


***


Hanry bussò alla porta della stanza di Logan quella mattina, che forse non erano neanche le sei. Non aveva dormito, non aveva dormito neanche un minuto in realtà ma doveva fare qualcosa. Adesso non poteva più essere solo un uomo in balia degli eventi assurdi che gli stavano succedendo intorno, adesso voleva davvero agire. Non avrebbe più permesso a qualcuno di decidere per lui, non in quel momento e solo ora, solo dopo tanto dolore che ancora non accennava a calmarsi aveva capito. In pantaloni grigi e camicia azzurra, bussò con impeto ancora una volta per farsi aprire. Era nervoso, si era vestito e aveva semplicemente camminato su e giù per la sua stanza per ore, prima di riuscire a calmarsi e capire cosa fare. Si era passato le mani tra i ricci così tante volte, il volto stanco, il completo neanche indossato per intero, la camicia mezza sbottonata, per la fretta di vestirsi. Aveva pensato di andare prima da suo padre, voleva capire, forse gli avrebbe spiegato la situazione, voleva parlare con sua madre, quella donna che mal sopportava doveva comunque sapere qualcosa no?Aveva pensato di andare subito anche da Jake, di andarci immediatamente, ma poi l'orgoglio aveva vinto e siccome Logan gli aveva detto che conosceva il Signor Patel, allora aveva deciso di andare da lui per primo. Gli era sembrata la cosa più giusta da fare, la cosa forse più sensata, perché doveva assicurarsi di non stare sognando.

Logan aprì la porta con indosso solo una camicia larga a collo ampio senza bottoni che probabilmente usava per la notte, e strofinandosi gli occhi mise a fuoco la figura di Hanry davanti a lui, nella penombra di un corridoio ancora non illuminato dal sole per via delle tende.

«Hanry! Ma che...»

«Scusa Logan ma devo parlarti.»

«Ma che ore sono...io...sarei venuto...»

«Ora non c'è tempo...» Hanry lo spinse dentro guardandosi prima alle spalle e poi chiuse la porta.

«Ma che ore sono?»

«Presto forse le sei.»

«Le sei?» l'avvocato aveva ancora la voce impastata dal sonno e sbadigliò, tornando poi a guardare l'amico.

«Che ci fai sveglio alle sei del mattino? Dov'è il tuo completo da...»

«Ascoltami Logan, io ora non ho tempo.»

«Ma che succede?» l'avvocato si diresse verso il bagno in camera per iniziare a rinfrescarsi, Hanry sospirò e iniziando a fare su e giù anche in quella stanza iniziò a parlare. Non sapendo bene neanche lui da dove iniziare.

«Senti Logan, noi siamo amici giusto?»

«Hanry che succede? Anche io devo parlarti di...»

«No ascolta prima devo dirti delle cose, io...mi sta scoppiando la testa non ce la faccio più. Quindi tu ascoltami e rispondimi solo alle domande d'accordo? Mi serve che tu sia sincero, solo quello.«

«Hanry...»

«No davvero Logan, ti prego mi serve, me lo devi.»

Logan sospirò, aveva intuito che ci fosse qualcosa di grosso che non andava ma annuì. Che diavolo stava succedendo in tutta quella storia? In che casino lo aveva cacciato l'amore per Kiran?

«L'altra notte ho assistito ad una conversazione strana Logan.»

«Strana tipo come?»

L'avvocato intanto armeggiava tra armadio e cassetti per riuscire a vestirsi. Hanry si sedette sulla sedia della scrivania, senza per fortuna guardare le carte che c'erano sopra.

«Da quanto conosci il Signor Patel?»

Quello s'immobilizzò.

«Da un po' perché?»

«Perché l'ho trovato con il Signor...Scott nel giardino d'Inverno mentre discutevano in hindi.»

«Oh!»

«Esatto, oh!»

«E quindi anche il Signor Scott conosce l'hindi?» fece finta di nulla.

«Lui...Logan lui potrebbe essere...oddio è tutto totalmente assurdo!» Hanry si prese la testa tra le mani, sospirò.

Logan tirò le tende, per far entrare un po' di luce nella stanza. Il mattino già formato di quella tiepida estate si faceva strada tra la nebbiolina fine che ricopriva sempre Harlaxton. La campagna Inglese era umida anche d'estate dopotutto.

«Hanry che cosa sai?» Tagliò corto.

«E tu che cosa sai?» gli occhi sorpresi e limpidi di Hanry, incontrarono quelli scuri e rassicuranti del suo amico. In quel momento entrambi capirono, che forse parlarsi era il modo migliore per dimostrarsi amicizia. Così lo fecero.

«Hanry, Kiran è una persona che conosce il Signor Scott, come non è compito mio dirtelo ma si conoscono. Il Signor Scott potrebbe nascondere un segreto ma il vero pericolo adesso è...»

«Basta Logan! Non mentirmi anche tu, ti prego. Lo ha già fatto abbastanza Jake, io...»

«Lo fa per proteggerti!»

«Proteggermi? Da cosa dovrebbe proteggermi io...»

«Hanry tuo fratello è arrivato dov'è ora in modo non proprio legale.»

«Ma che c'entra Edmund con Jake e con Kiran? Logan io l'ho sentito parlare con il suo valletto stanotte, ha minacciato di ucciderli, ma che sta succedendo?»

«Ucciderli?» Logan era inorridito, sapeva che Edmund poteva agire ma non così. C'era una battaglia in quella casa che non si stava ancora consumando solo per mantenere tutto segreto, solo per cercare di riuscire ad ottenere qualcosa senza che certi mezzi vedessero la luce del sole, era un complotto vero e proprio, era tutta un'assurdità. Lui doveva agire, doveva agire insieme a Jake e Kiran, dovevano mettere le carte in tavola.

«Ho sentito cose orribili Logan, io non ci capisco più niente, Jake è davvero l'erede dei Thompson? Perché mio fratello sembra un assassino? A parlato di una donna...io...di, di aver ucciso una donna!»

L'altro sospirò, poi guardò in faccia l'amico. Hanry era stanco, interdetto, l'amico gli leggeva in volto frustrazione, e probabilmente il tutto era aggravato dai sentimenti che sia lui che Jake avevano messo in ballo in quella storia.

«Hanry devi andare subito a parlare con Jake, devi ascoltarlo, lui...»

«Ma qui si tratta della mia famiglia Logan, come posso tradirli se è tutto vero? Come posso voltare le spalle a mio padre?»

«Tuo fratello Hanry è un opportunista, ha fatto del male a delle persone, te lo assicuro, credimi!»

Hanry era scioccato, non sapeva più cosa pensare.

«Perché non mi dici come stanno le cose Logan?»

«Perché non sta a me dirti questo, solo Jake può farlo.»

Hanry sospirò e scosse la testa.

«Non posso...io...io non posso.»

«Tu provi qualcosa per lui, l'ho capito da un po' ormai, da Birmingham, non sono cieco.»

Hanry suo malgrado sorrise e si portò le mani al volto.

«Non so più che devo fare.»

Logan si avvicinò all'amico e gli mise una mano sulla spalla.

«Parlaci, dagli l'opportunità di spiegare.»

«Non posso, io sono il futuro Conte di Harlaxton.»

«E vuoi diventarlo sapendo che tutto quello che hai è il frutto di omicidi e ingiustizie compiuti in una nazione lontana?»

«Ma che cosa...»

«Credimi Hanry, ti prego credimi e parla con Jake, dagli la possibilità di spiegare.»

«Mi ha mentito per mesi Logan, come puoi credergli anche tu!»Hanry si era alzato e ricominciò a camminare per la stanza.

«Io credo a Kiran.»

«Devi avvertire il Signor Patel di questo Logan, io ero venuto solo per questo in effetti, ora...ora vado.»

«Hanry aspetta!»

Si fermò sulla soglia, rilassò le spalle e sospirò di nuovo.

«Per favore parla con Jake. Credigli, so che vuoi farlo.»

«Ma come faccio?»

Logan gli si avvicinò. Erano molto diversi, ma lo aveva sempre aiutato, sempre, si fidava di lui, non avrebbe potuto mentirgli, non ora che questa storia si faceva così complicata e comprendeva probabilmente anche l'incolumità del suo stesso amante al quale aveva capito Logan teneva molto. Così voleva fidarsi, tanto a quel punto, cosa poteva avere da perdere se non l'essere completamente radiato dalla sua stessa casa?

«Segui il tuo istinto Hanry, senti il tuo cuore, quello non sbaglia, è l'amore che è d'ostacolo alla morte, solo l'amore.»

Quelle parole, gli ricordarono improvvisamente altre parole che aveva già sentito. Fissò ancora Logan, gli occhi sgranati puntati nei suoi.

«Tolstoj...chi...ti ha detto queste frasi?»

«Qualcuno a cui tengo molto.»

«Kiran...»

Logan sorrise. Hanry era ancora più confuso, la testa gli iniziava a fare male.

«Hanry fidati di sentimento e istinto, non sbaglierai.»

Il giovane Conte di Harlaxton uscì da quella stanza e si lasciò Logan alle spalle. Avrebbe avvertito Kiran e lui doveva parlare con Jake, ora era davvero giunto il momento, non poteva più tirarsi indietro.


***


Jake era già pronto e preparato per un ennesimo giorno di servizio. Non riusciva ad essere lucido al cento per cento e la mancanza di sonno e appetito lo stavano logorando. Nella fresca aria mattutina, stava fumando una sigaretta ormai diventato quasi un vizio che anche se non gli era mai piaciuto in quel momento pareva non avere controllo. Il cortile era già vivo, il ragazzo dei giornali con la sua bicicletta sgangherata era già passato, in cucina la Signora Brown e Sarah stavano già armeggiando per il servizio della colazione. Connor era già pronto per salire da Hanry, le ragazze stavano già girando da una parte all'altra del downstairs indaffarate, andando dalla cucina alla lavanderia, su e giù per le scale, uscendo e rientrando dalle stanze come ogni giorno. Lui aveva già parlato con il Signor Wood e tanto gli bastava, anche se forse quello che aveva scoperto dopo non lo avrebbe davvero voluto sapere.

Quella giornaliera era una routine caotica, ma quasi quasi non gli dispiaceva. Fece altri due tiri da quella maledetta stecca di tabacco bianca, poi respirando ancora l'aria fresca del mattino e godendosi il profumo di rosa canina che ormai ben conosceva, rientrò.

Andando verso le cucine, avrebbe preso un caffè e poi sarebbe andato a pulire il completo da equitazione di Hanry. Logan lo aspettava nel pomeriggio e forse la resa dei conti era molto vicina. L'indomani tre onorevoli Signori della Compagnia erano attesi a cena con Milord e Edmund, sarebbe stato il momento di agire.

Sapeva di avere un'aria sciupata ma doveva muoversi, doveva cercare di ricomporre quei pezzi che aveva lasciato dietro di se, e tornare ad essere se stesso.

Mentre passò dalla cucina, sentì uno strano silenzio, così affacciandosi un attimo prima di proseguire s'immobilizzò.

Hanry era davanti alla Signora Davies, in maniche di camicia, con un paio di pantaloni grigi e solo le bretelle infilate. Niente giacca, niente completo, i capelli completamente arruffati e gli occhi arrossati. A Jake mancò il respiro, non aveva mai visto nulla di più bello.

«Ah Signor Scott è qui!»

La Signora Davies notando la sua presenza lo chiamò e Hanry si voltò anche lui a guardarlo.

«Milord buongiorno, che cosa...posso...» Jake non capiva che diamine stava succedendo. Era troppo presto, che ci faceva sveglio a quell'ora, non vestito adeguatamente al suo ruolo e addirittura nelle cucine della Tenuta? Tutto il personale pareva essersi fermato ad assistere alla scena.

«Signor Scott, Milord qui...« intervenne la Signora Davies, ma fu subito incalzata dal tono deciso di Hanry.

«Devo parlarle. Possibilmente in privato se non le dispiace.»

Hanry era serio, la mascella contratta, e non aveva la ben che minima intenzione di guardarlo in viso.

Jake ebbe un sussulto quando poi Hanry gli sfilò davanti, completamente sicuro della strada da prendere.

«Venga con me.»

A Jake suonò come un ordine. Senza neanche chiedere spiegazioni, ma vedendo solo un piccolo cenno d'assenso della Davies, Jake lo seguì. Non lo sorprese più di tanto il fatto che lo condusse alla sua stanza. Così in silenzio, stando a debita distanza l'uno dall'altro anche se neanche loro ci riuscivano, Jake estrasse la chiave dal taschino interno della giacca e non esitò ad aprire.

Entrarono in silenzio. La Signora Davies era sicuro aveva fatto di tutto per non far curiosare il personale e anzi, aveva sicuramente fatto tacere ogni mormorio incuriosito con un semplice suono deciso di silenzio.

Hanry si appoggiò alla porta, sembrava avere il fiato corpo, si guardava le punte degli scarponcini e i suoi ricci gli coprivano metà volto.

«Che ci fa qui?» Jake iniziò flebile una conversazione che aveva paura di affrontare. Ma tutta quella situazione era talmente assurda che a questi punti paura o no, doveva farlo.

«Non lo so in effetti.»

Jake sospirò. Avrebbe voluto tanto toccarlo, baciarlo, stringerlo, ma doveva resistere ad ogni impulso.

«Logan mi ha detto di venire qui.»

«Hai parlato con lui?»

Hanry aveva catturato la sua attenzione. Jake pareva non riuscire comunque a stare fermo, così cercò di camminare su e giù per la stanza. Hanry invece era ancora saldamente appoggiato alla porta senza volersi muovere e neanche guardarlo.

«Ho parlato con lui sì, ma anche tu a quanto pare. Hai messo in mezzo il mio avvocato in questa storia.»

«Hanry, ascolta...»

«No, aspetta, prima devo chiederti una cosa.»

Finalmente si guardarono. Non riuscivano a respirare, entrambi sopraffatti dalle emozioni, entrambi a combattere con un bisogno che li vedeva intrappolati. Chissà se in quel momento stavano provando davvero le stesse cose, pensò Jake.

«Tu chi sei?»

Jake sospirò.

«Hanry, sono Jake, lo stesso Jake di una settimana fa.»

«Non dire così, ti prego io sono stanco, non voglio più bugie, per favore.»

La voce di Hanry ormai era un sussurro, pareva essersi piegato su se stesso tanto aveva il collo incavato nelle spalle. Ma lo sguardo era sicuro. Quell'assenzio di cui Jake sentiva ancora di avere disperatamente bisogno era lì, come nettare per le api e lo chiamava a gran voce.

«Va bene, hai ragione ormai è inutile nasconde la verità ancora, devi sapere, avresti dovuto sapere già da un pò.»

Hanry si sollevò solo un attimo, in attesa di quella che ormai voleva più di tutto, la verità di quell'uomo di cui si era innamorato. Solo quella.

«Jake Arthur Thompson, legittimo erede di Castle Howard, dei territori di proprietà del mio defunto padre a Jaipur e nel Rajastan, erede ancora in vita della percentuale maggiore della Compagnia del Commercio Orientale e del titolo di Conte della nobiltà Inglese, ecco chi sono.»

Hanry rimase immobile. Non riuscì a dire nulla.

«Hanry io sono lo stesso Jake che dice di amarti e ti giuro che questo è vero, te lo giuro. Non importa qual è il mio cognome, ho solo bisogno che tu mi creda.»

«Tu sei un Conte?» La sua voce era flebile e tremava.

«Lo era mio padre quindi sì, lo sono anche io.»

«Quindi sai che quello che hai fatto è meschino, mentirmi, per i tuoi comodi.»

«Hanry no!»

Jake si avvicinò al riccio ma lui alzò le braccia ancorato con la schiena alla porta. Gli occhi sempre così verdi ora gli sembravano spenti, ma forse erano solo delusi.

«Come hai potuto mentirmi così? Non potevi solo lasciarmi perdere, perché? Perché lo hai fatto?» Sembrava solo rassegnato, stanco.

«Hanry io non ti ho mai mentito su di noi, non l'ho programmato, è successo, io mi sono innamorato è stato inaspettato anche per me, ma...»

«Basta non dirmi altro, sono stanco di tutto.»

«Hanry, devi solo...»

«Senti Jake io non so come accettare tutto questo ma sta succedendo qualcosa oltre tutto e io...»

«Hanry devi solo credermi.»

«Non so come fare, io ho sentito mio fratello che minacciava di farti del male.»

«Dove, quando?»

«Io non so cosa c'è in sospeso tra di voi, non so come sei arrivato addirittura a mentire sulla tua identità, ma devi andartene Jake.»

«Tuo fratello ha compiuto atti indicibili per arrivare dov'è Hanry. Tuo fratello ha fatto tutto quello che c'era di illegale da poter fare solo per denaro e ricchezza.»

«Logan mi ha detto qualcosa sì...»

«Tuo fratello mi ha rovinato l'esistenza, era mio dovere tentare di...»

«Sei in pericolo Jake, so di cosa è capace Edmund lui non si fermerà finché non ha avuto quello che vuole.»

«Glielo impedirò.»

«E come? Ha già minacciato tutti, me, te, Connor, il Signor Wood. Io credevo di dover assolvere il mio compito di Conte per salvarvi la carriera e la reputazione, per cercare che non vi fosse fatto del male, ma ora? Ora io che devo fare? A chi devo credere? Chi sono?»

Jake lo guardò e sospirò addolorato, capiva cosa stava provando.

«Devi credermi Hanry e devi continuare ad amarmi, ti prego. Quando tutto questo sarà finito io...»

«Tu cosa? Tu sei un Conte Jake, avrai degli obblighi, come me.»

«Io sarò libero di scegliere il mio destino Hanry, il mio futuro, vorrei solo che anche tu ne facessi parte.»

Hanry sorrise appena, tanta utopia in un solo discorso gli sembrava assolutamente assurda. Non poteva continuare a stare lì, gli faceva troppo male, aveva perso di vista tutto, se stesso, Jake, la sua posizione. La sua vita sembrava essere cambiata in un battito di ciglia, tutto gli si stava sgretolando tra le mani e non riusciva a fermarlo.

«Io dovevo solo avvertirti, scappa finché sei in tempo, vattene da qui e non tornare, torna in India, torna alla tua vita.»

«La mia vita non c'è più grazie a Edmund, Hanry.»

«Mi dispiace, ma devi andare...»

«Io resto invece e sai perché?»

Jake ormai era vicino, Hanry non seppe più come fermarlo. Ogni difesa crollò. Il castano afferrò le braccia del riccio, lento ne risalì la forma e poi gli mise una mano su un fianco e una su una guancia accaldata. La mano fresca a contatto con il calore fece sospirare Hanry che sentì sciogliersi i muscoli a quel contatto. Sapeva che sarebbe dovuto fuggire, andarsene da quella stanza, ma non ci riuscì il suo cuore semplicemente glielo impedì.

«Non me ne vado perché ho ancora tanto da dirti.»

Hanry stava in silenzio, poi alzò gli occhi nei suoi. Quelli di Jake erano lucidi, sinceri, così belli e splendidi da perdercisi dentro.

«Io ti voglio ancora Hanry, io ti amo e nulla neanche la mia identità cambierà questa cosa.»

«Jake...» Hanry scosse piano la testa ma non lo fermò.

«No ascoltami, io risolverò tutto te lo prometto, ma tu devi fidarti di me.»

«Come faccio Jake? Come puoi chiedermi questo?»

«Fallo Hanry, cerca di perdonarmi e fidati di me.»

Jake adesso era così vicino che Hanry sentiva il suo caldo respiro sulle sue labbra. Era così vicino che poteva sentirgli i battiti del cuore e le sue labbra come una calamita lo attiravano a sé.

«Non posso...io, ho paura Jake...»

Il castano si sporse, voleva baciarlo, voleva ancora sentire quelle labbra sulle sue, voleva che Hanry si fidasse perché lo voleva per sé, voleva che lui gli credesse perché voleva salvarlo dalla sua famiglia e da se stesso.

«Harry io sono qui...»

«No...scusami, io...»

Lo allontanò piano, non fu brusco stavolta, ma lo allontanò. Lo sguardo triste diceva tanto, più di mille parole. Jake era attraversato da un dolore lancinante.

«Vattene Jake, vattene e dimenticami...ti prego.»

Hanry aprì la porta, ma prima di uscire l'altro gli tenne una mano che però scivolò via con lui, e questo gli fece più male di qualsiasi altra parola.

«Non posso Hanry, senza di te non vado via, ti amo.»

Furono solo queste le parole che sentì uscendo. Ancora una volta si davano le spalle, ancora una volta la rabbia aveva prevalso, ma Hanry si sentiva appena più leggero. Jake gli aveva detto la verità, lo sapeva ne era certo, ora doveva solo capire quella della sua famiglia però. Il giovane Conte di Harlaxton era convinto solo di una cosa ora e questa gli era chiara come l'acqua, gli era sempre stata chiara più di tutto. Lui amava Jake Thompson Conte di Howard non gli importava davvero il suo cognome, ma quello era ciò che sentiva e non poteva sopprimere un sentimento così, questo purtroppo non poteva cambiare.

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