Capitolo 1
Ci sono sempre mille soli al di là delle nuvole.
Proverbio Indiano
Il movimento costante e tedioso del treno lo aveva quasi fatto appisolare appoggiato al finestrino. Non aveva dormito molto e la stanchezza sembrava stesse prendendo il sopravvento proprio a pochi chilometri dalla sua destinazione. L'alba era arrivata veloce e il freddo pungente di quella mattina di una primavera appena iniziata, si faceva sentire più del solito. L'umidità non era mai stata un problema, ormai i suoi capelli castani e lisci non si ribellavano più, ma le temperature lo distruggevano.
Nella cabina numero 280 del treno per Grantham erano solo in due, lui e una ragazza dai capelli chiari che sembrava avere la sua età più o meno, che teneva stretta in grembo una cesta di vimini coperta da un canovaccio, dalla quale ogni tanto arrivava un piacevole odore di burro. Quando si era seduta tre fermate prima, gli aveva solo accennato un sorriso, ricambiato dal suo saluto e poi aveva cercato di non incrociare mai più lo sguardo, probabilmente già abbastanza in soggezione dalla situazione che gli si parava davanti. La ragazza doveva aver guardato anche in altre cabine prima di fermarsi in quella, ma senza riuscire a trovare un posto libero, quindi aveva ceduto e si era accomodata dalla parte opposta del suo sedile, ben distante dal finestrino e da lui.
Non era decoroso che un ragazza non sposata viaggiasse da sola in treno, si era scusata, ma solo quattro fermate la separavano dalla zia malata e la carrozza ci avrebbe messo almeno mezza giornata ad attraversare la contea, quindi aveva ripiegato sul treno. Si giustificò, ma non erano affari suoi, non poteva interessargli minimamente anche se gli aveva comunque assicurato che non avrebbe pensato niente di meno che ad una nipote gentile e devota vedendo con quanta premura ci teneva a specificare la situazione, forse volendo mettere ben in chiaro cose che per lui neanche sollevavano un minimo problema.
La locomotiva fischiò forte e sobbalzò dal sedile, doveva essersi riappisolato per l'ennesima volta. La ragazza uscì velocissima dalla cabina e a dire la verità anche dalla carrozza, probabilmente già abbastanza imbarazzata anche per i saluti. Lui prese la sua unica borsa di pelle mogano ben gonfia dal portabagagli in alto, si rimise il cappotto nero che aspettava accanto alla porta, indossò la bombetta scura e uscì all'aria fresca del Lincolnshire.
La nebbia non sembrava intenzionata a scemare quella mattina, fitta e compatta, non lasciava molta visuale oltre i binari opposti a quelli dove il treno si era fermato. Si guardò intorno leggermente spaesato, l'ufficio del telegrafo era proprio accanto alla biglietteria e così anche il ferroviere a cui chiese gentilmente dove potesse trovare l'uscita.
La stazione di Grantham era piccola, ma ben curata, all'esterno di essa una strada con alcune carrozze ai lati faceva da cornice a dei piccoli negozi con tetti bassi e facciate stuccate di chiaro. Un panettiere, una farmacia, un piccolo emporio e la chiesa con la guglia alta del campanile si trovava sulla destra più avanti preceduta da un piccolo parco e da aiuole ben curate, era abbastanza imponente, doveva avere anche un cimitero lì intorno. Festoni colorati adornavano ancora qualche lampione, dovevano essere rimasti lì dal weekend precedente, quando la festa di primavera si era festeggiata un po' ovunque in Inghilterra. L'aria sembrava ancora più fredda che in città, ma non si scoraggiò, si strinse nel cappotto e s'incamminò di buon passo verso la strada principale, voleva arrivare prima possibile. L'atmosfera sembrava comunque vivace, il vociare dei passanti era pacato ma anche familiare e la quotidianità mattutina di cui ancora non faceva parte iniziò a scorrere lenta e tranquilla.
Non incrociò quasi nessuno mentre camminava spedito verso la sua meta, era ancora troppo presto e non aveva calcolato la distanza da percorrere in effetti. Passò solo il postino su una bicicletta azzurra con il berretto scuro in testa sotto il quale si celavano sparati capelli di un rosso aranciato che incorniciavano un viso gioviale e ancora acerbo. Gli chiese se la direzione in cui stava andando fosse giusta, questo annuì divertito e tranquillo, incontrare qualcuno dalla città, non sempre era scontato in quelle zone, quindi rallentò per non superarlo.
«Che si dice a Londra? Sempre la stessa? Perché non vi siete fatto venire a prendere dal signor Wood in carrozza, ci avreste messo sicuramente meno, vi aspettano dagli Stafford...signor?»
Jake camminava a passo spedito ma sempre tranquillo, certamente anche il postino aveva capito che non faceva parte di alcuna classe borghese altolocata, senza un mezzo era sicuramente così, ma forse la sua postura dritta e sicura, i suoi vestiti ben curati e il suo naturale portamento, lo convinsero infondo ad aggiungere quel Signore alla fine della frase.
«Non fa niente, mi piace camminare!»
Il discorso finì li, non voleva rispondere a nessuna domanda e non voleva neanche la scorta per cercare una magione, così il postino capendo che lo straniero non aveva voglia di perdersi in chiacchiere, lo salutò cordialmente e accelerando la pedalata lo sorpassò e lo lasciò nuovamente solo.
Il viale che stava percorrendo, non avrebbe saputo dire da quando era cominciato, i grossi platani che lo costeggiavano sembravano sempre di più e sempre più fitti, sulla sinistra poi a circa duecento metri, vide che una strada secondaria girava all'interno di un altro viale, la nebbia si stava dissolvendo a poco a poco e un pallido sole cercava in ogni modo di provare a riscaldare un po' l'aria, fallendo miseramente pensò Jake.
Harlaxton Manor che si trovò davanti dopo altri cinque o sei minuti di cammino, era enorme, davvero molto molto grande, e incuteva una certa reverenza doveva ammetterlo. Mentre si avvicinava sempre di più all'entrata principale, facendo risuonare i suoi passi sul vialetto di sassi, cercò di scrutare con lo sguardo quanto più poteva. L'immenso giardino curato in ogni dettaglio faceva solo da sipario ad un altrettanto immenso parco che si apriva e chiudeva in radure e boschetti alternando i toni del verde scuro a quelli più tenui ma brillanti dell'erba fiorita. Sentì in lontananza dei nitriti, sicuro che gli ospiti delle stalle fossero già svegli da almeno tre o quattro ore. Guardandosi intorno ancora curioso, all'improvviso sentì un fruscio di sassolini e si voltò. La familiare bicicletta che aveva visto qualche minuto prima accompagnarlo per qualche decina di metri, sbucò dal retro della casa e gli passò accanto con velocità, il ciclista che la guidava gli lasciò un cenno risicato con il capo, Jake gli restituì il sorriso abbassando di poco la testa e toccandosi la tesa della bombetta scura. Si avvicinò quindi ancora verso la direzione da cui era arrivato il ragazzo, sicuramente sarebbe dovuto passare da li per raggiungere la parte della dimora in cui era diretto, e fu subito accolto da una voce roca che non lo guardava neanche in faccia ma che sembrava quasi attendere il suo arrivo, il postino doveva aver cantato.
«E' tremendamente in ritardo doveva essere qui almeno due ore fa.»
Jake si tolse la bombetta e con un gesto di assenso porse la mano a quello che doveva essere il valletto di un componente della famiglia a vedere dal suo abbigliamento, che senza troppe presentazioni gli esalò in faccia l'ultimo tiro di una sigaretta fumata di fretta e ricambiò la stretta di mano in modo sicuro e forte.
«Il treno non è stato clemente con me.»
«Vada a dirlo al signor Wood, l'aspetta da ore, è abbastanza infuriato.»
Il valletto spense di fretta il mozzicone sotto la suola della scarpa nera tirata a lucido e se ne riaccese subito un'altra mentre indicò l'entrata sul retro a Jake che non esitò ad andare, lasciando in sospeso ogni qualsiasi altro discorso di benvenuto che di certo non si aspettava.
Nel downstairs della casa si respirava euforia. Aprendo la porta si percepiva subito il tepore dell'interno che colpì il ragazzo in pieno volto. Velocemente si richiuse la porta alle spalle, si tolse nuovamente il cappello e si trovò di fronte un lungo corridoio e una porta che conduceva sicuramente alla cucina, da dove provenivano voci concitate di ragazze. Si fece avanti chiedendo permesso ad altro personale che si aggirava rapido muovendosi con innata familiarità portando pile di biancheria pulita e fresca o vassoi ricolmi d'argenteria sporca, come in una danza perfetta e studiata in ogni singola giravolta. Un attimo di silenzio e fu la governante a parlare.
«E lei chi sarebbe signore?»
Una donna sulla cinquantina o forse con qualche anno in più lo accolse affacciandosi alla larga porta della cucina, completamente vestita di scuro con un abito lungo che gli segnava il punto vita accollato fino alla gola da cui usciva un piccolo merletto bianco. Aveva i capelli raccolti in uno chignon morbido sulla nuca, tratti gentili ma severi, sembrava una donna dai modi pacati ma al tempo stesso molto autoritaria, segnata forse dai tanti anni di duro lavoro e disciplina che doveva aver mantenuto. Legata in vita l'immancabile chatelaine con almeno cinque o sei catenelle diverse per ogni evenienza.
«Sono Jake Scott signora, sono qui per il ruolo di valletto personale come era stato richiesto.»
Si rivolse in tono tranquillo alla donna davanti a lui che lo guardò quasi sorpresa nello scrutare il suo volto, forse non si aspettava di vedere quel viso quando si era immaginata di accogliere un nuovo componente del servizio. Il castano sentì e poi intravide ridere un paio di cameriere che si erano affacciate alla porta e ora erano davanti a lui che ricambiò un piccolo e muto sorriso di cortesia alla loro ilarità. Sapeva di avere un bel volto e spesso gli avevano detto che i suoi occhi erano molto difficili da dimenticare, ma non ci fece troppo caso, non era il momento.
La governante riportò il silenzio con un sibilo forte e le due ragazze, veloci com'erano arrivate, se ne andarono dalla stanza ancora sghignazzando, poi riportò l'attenzione sul giovane, guardandolo prima dall'alto in basso a scrutarlo ancora una volta per poi cominciare a parlare.
«E' tremendamente in ritardo lo sa?»
Gli disse passandogli davanti in un chiaro gesto di seguirla, Jake non parlò non era il caso di sprecare fiato in scuse, aveva capito che il ritardo del treno aveva complicato la situazione e per di più la sua passeggiata mattutina probabilmente non era stata una buona idea. Sentiva odore forte di porridge e miele, il suo stomaco brontolò appena richiamando la sua attenzione così che si accorse di avere fame senza neanche essersene accorto, probabilmente il nervosismo aveva consumato ogni esigenza fisica che potesse avere. La donna ancora muta lo condusse in una stanza dalla porta aperta di fianco alla lavanderia, tra l'immensa cucina e la stireria. Ad attenderlo in livrea scura e doppiopetto il maggiordomo di casa Stafford, il signor Wood, impegnato nello smistamento della corrispondenza mattutina seduto alla scrivania, con un paio di pinze-nez sul naso che Jake trovò davvero strani, ma che doveva ammettere gli donavano un aria austera e rispettabile, anche se comunque bizzarra.
«Signor Wood il signor Scott è arrivato.»
La governante si congedò subito dopo e lasciò Jake appena oltre la porta. Il maggiordomo non sembrava avere la ben che minima intenzione di distrarsi dal suo compito doveva essere abbastanza contrariato dall'orario in cui si era presentato il nuovo valletto, ma iniziò comunque a parlare con voce profonda e baritona, sicuro che quello lo avrebbe ascoltato.
«E' terribilmente in ritardo signor Scott!»
A mala pena lo guardò dai buffi occhiali a pinza.
«Sì signore, sono sinceramente dispiaciuto, ma il treno non ha potuto fare di meglio.»
Fece finire la frase, aveva capito che il ritardo non era tollerato, ma era inutile dare troppo spiegazioni, soprattutto al maggiordomo di una casa come quella, non lo avrebbe ascoltato neanche, figuriamoci.
«Veda se non le dispiace, di non farlo accadere molto spesso.»
Con un gesto tranquillo ma assolutamente autoritario lo invitò a sedersi davanti a lui, si era appena alzato un attimo, giusto per allungarsi a stringergli la mano mentre finiva la frase. Jake posò a terrà il borsone e con il cappello ancora in mano fece come gli era stato chiesto. Il signor Wood con un sospiro tirò giù gli occhiali e sembrò guardarlo davvero bene per la prima volta, gli pareva quasi stupito, forse per la sua giovane età, forse per il suo aspetto, forse perché non si aspettava uno come lui, ormai il volto sorpreso delle persone quando lo mettevano a fuoco non lo intimidivano più da anni.
«Le faremo vedere il suo alloggio tra un attimo, porti pazienza, vorrei solo dirle un paio di cose prima di tutto.» Jake annuì.
«Il suo curricula parla ampiamente da solo, nonostante il mio scetticismo e dissenso iniziale per via della sua più che giovane età, devo dire che mi ha convinto il fatto che lei abbia già servito a Burghley House, davvero notevole, e questa appunto è una cosa che non posso sottovalutare di certo signor Scott, viste anche le referenze che mi sono state inviate dal maggiordomo della tenuta.» Prese un respiro e incrociando le mani davanti a se con i gomiti appoggiati sulla scrivania, tornò a guardare il giovane negli occhi. Poi riprese, Jake continuò con il suo mutismo attento.
«Devo anche confessarle che la cosa che più di tutte mi ha fatto propendere per assumerla signor Scott, è il fatto che non ci siano grandi differenze di età tra lei e il signorino. Credo che in questo momento il futuro Conte di Harlaxton abbia bisogno di tranquillità e di non particolari giudizi da parte di estranei, per potersi sentire...come posso dire, completamente a suo agio, non so se mi spiego...»
Lasciò un attimo il discorso in sospeso, fissò ancora Jake forse in cerca di qualche reazione, ma poi riprese.
«Il signorino sta attraversando un periodo di particolare sbandatezza se posso permettermi e se lei mi capisce. Mi sentivo in dovere di affiancargli un valletto che, come dire, comprendesse alcune dinamiche estremamente riservate.»
Il signor Wood si fermò un istante, Jake si schiarì la voce richiamando l'attenzione del maggiordomo che si mise subito sull'attenti e si tirò indietro sullo schienale dell'alta sedia, come per ascoltarlo, sistemandosi intanto il panciotto.
«Se posso permettermi signor Wood, credo che qualche serata con più brandy e sigari del solito non sia difficile da dover gestire.»
Il maggiordomo lo guardò corrucciato, quasi offeso. Jake sapeva della poco rispettosa fama del futuro Conte, non solo Birmingham ma anche Londra conosceva bene Henry Stafford, e si permise di esternare un pensiero, ma probabilmente era ancora presto, vista la reazione dell'altro.
«Non è solo per quello signor Scott e gradirei che lasciasse le sue supposizioni fuori da questa casa. La fine degli studi per lui non è stata una cosa buona, diciamo, e deve ancora riprendersi, ma sono sicuro che saprà gestirlo, come dice lei, in più di un capriccio a quanto mi sta confermando.»
Jake gli sorrise, confermando le sue parole. Se il suo compito avrebbe significato andare a riprenderlo in qualche bordello o aiutarlo a evitare qualche pugno, pensava di potercela fare, ma dubitava che fosse solo quello. Lo avrebbe scoperto di lì a poche ore.
«Bene, la paga è già stata accettata, lei ha la sua divisa da lavoro giusto? E il contratto firmato lo abbiamo ricevuto tre giorni fa, quindi è tutto a posto.» Jake annuì per l'ennesima volta.
«Tra quindici minuti l'aspetto in sala da pranzo di la, pronto in livrea, il Signorino dovrebbe svegliarsi a minuti, potrà fare immediatamente la sua conoscenza, la attende. Benvenuto ad Harlaxton Manor signor Scott.»
Con un gesto di congedo frettoloso il signor Wood fece uscire Jake dalla stanza dove sulla soglia attendeva già la governante che probabilmente aveva ascoltato tutta la conversazione tra i due uomini, senza neanche esitare, il servizio in certe magioni poteva davvero essere incorreggibile, non c'erano segreti che potevano essere mantenuti per più del tempo necessario di una partita di Bridge.
«Venga le mostro la sua stanza dove potrà cambiarsi e rinfrescarsi. Naturalmente i valletti come ben saprà hanno una stanza singola.» Jake seguì la donna nella zona notte del personale che era divisa da una porta interna in mezzo al corridoio spazioso e luminoso, ma dal soffitto leggermente basso. La stanza che gli era stata assegnata aveva una finestra in alto sulla destra che lasciava intravedere il livello del giardino e dalla quale entrava un piacevole odore di edera. Era molto spartana, con un cassettone di legno scuro dove sopra c'erano uno specchio, una bacinella e una caraffa per l'acqua con un bicchiere di cristallo liscio, accanto al mobile c'era un appendiabiti non troppo alto. Dall'altro lato un letto ad una piazza e mezzo con una piccola testiera occupava una parte del lato lungo della stanza e accanto un piccolo comodino con candela e cerini, un lume ad olio e un'altra caraffa più piccola con un bicchiere di vetro capovolto. Spartana ma funzionale.
«Le spetta un giorno libero a settimana, se tutto procede come dovrebbe avrà diritto anche ad altre quattro ore. Ogni cosa di cui avrà bisogno può chiedere a me, la giornata da noi inizia alle 5:30. Le auguro un buon inizio signor Scott.»
Senza attendere risposta la donna si congedò chiudendo la porta alle sue spalle, non le aveva neanche chiesto il nome e lei non si era presentata nella fretta, ma avrebbe certo scoperto tutto a breve.
Jake si tolse finalmente il cappotto che era ancora imperlato di nebbia e umidità, appese anche il cappello all'attaccapanni accanto alla porta, posò la borsa sul letto e si sedette un attimo sul materasso, avrebbe sistemato le sue cose più tardi. Sospirò, chiuse gli occhi e sospirò di nuovo. Da adesso in avanti iniziava un altro capitolo per lui, doveva mantenere professionalità e calma, sarebbe stato il valletto ideale, doveva esserlo, non poteva buttare alle ortiche tutto quello che aveva fatto per entrare a lavorare in quella casa, tutti i sacrifici e tutte le bugie, doveva essere perfetto. Con quel pensiero iniziò a prepararsi velocemente non perdendo tempo seguendo sempre il solito rito che ben conosceva. Si rinfrescò il viso un po' stanco con appena un accenno di barba di un paio di giorni e si ripromise di doversi rasare quella sera stessa, sistemò all'indietro i capelli castani e lisci e poi si specchiò, per il primo giorno sarebbe andato bene. Una cameriera bussò timida alla porta lasciandogli velocemente la divisa scura appena rinfrescata dal lungo viaggio. Una volta indossato il completo da lavoro, giacca a doppio petto e pantaloni morbidi, entrambi di un nero profondo, camicia bianca perfettamente inamidata e cravatta larga sempre scura, chiuse la porta alle sue spalle e tornò nella zona della grande cucina, non poteva esitare adesso si andava in scena. Ad attenderlo la governante.
«Signor Scott vedo che non ha perso tempo, bene!»
Jake annuì alla donna che sembrava quasi sorpresa e aggiunse.
«Sì signora, ma non ho afferrato il suo nome mi perdoni.»
Le due cameriere che aveva intravisto appena arrivato, adesso erano affiancate dalla cuoca e dall'aiuto cuoca immaginò dalla divisa, e sghignazzavano di nuovo in buona compagnia, un po' perché sicuramente avere qualcuno di nuovo in casa da conoscere non era una cosa che capitava spesso, un po' perché Jake sapeva bene che con quel vestito non passava inosservato.
«Oh che sbadata, mi perdoni signor Scott, io sono la signora Davies, e mi scuso anche per loro, naturalmente.» Disse scagliando uno sguardo glaciale alle donne dietro di lei, che poi però si fecero avanti per presentarsi al nuovo arrivato, senza esitare oltre.
Le due cameriere Elise e Juliet dovevano avere più o meno la sua età, una terza e una quarta ragazza erano presenti tra loro avevano detto, ma evidentemente quello era il loro giorno libero e le avrebbe conosciute l'indomani. La cuoca la signora Brown era una donna sulla cinquantina paffuta e simpatica, che gli offrì subito una tazza di tè che però senza dare troppo nell'occhio non bevve, poi c'era l'aiuto cuoca Sarah, una ragazza ebrea appena trasferitasi dal nord, così gracile che Jake pensò potesse avere problemi di crescita. Doveva essere ormai diventato la nuova attrazione della casa ma non ebbe modo di conoscere il resto del personale di servizio, ci sarebbe stato tempo, perché in quel momento la campanella della stanza del figlio del Conte suonò e tutti si zittirono subito. il Signor Wood richiamò dopo un attimo la loro attenzione entrando nella stanza serio.
«Signor Scott, mi segua prego.»
Jake posò la tazza di porcellana decorata e immacolata sul tavolo e rimettendosi apposto la giacca sul davanti si drizzò leggermente congedatosi dalle signore che ancora lo osservavano curiose, seguì poi il maggiordomo su per la scala che portava ai piani superiori senza fare domande, era giunto il momento.
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