𝚜𝚎𝚒
Una volta solo, Isaac si concesse un respiro profondo, reprimendo a stento l’impulso di sbattere ripetutamente la testa contro il muro.
“Grazie a Dio sono a casa.” Pensò, scagliando il cappotto sul letto e coprendo così la montagna di piccoli pupazzi seduti contro il cuscino. Meditò se farsi un drink. Se lo sarebbe certo meritato dopo una serata del genere, ma ubriacarsi sapendo che Sebastian era sotto il suo stesso tetto? No, non era affatto una buona idea. “Ma perché non ha deciso di continuare la serata con Chloé?”
Non che si stesse lamentando, però...
L’ombra l’aveva raggiunto da un pezzo e ora lo fissava dallo specchio, scrutandolo con un cipiglio vergognosamente eloquente stampato in faccia.
“Fatti una birra o fatti Sebastian.” Ecco cosa gli stava suggerendo.
Isaac scosse il capo. Odiava avere certi pensieri e bisbigliò: «Va' al diavolo.», scaraventando uno dei pupazzetti nella sua direzione. Poi, infastidito, fece schioccare la lingua sul palato. Non era nemmeno riuscito a colpire lo specchio, figuriamoci l’ombra. Perché risultava patetico in tutto ciò che faceva?
L’ombra comunque decise di graziarlo per il resto della notte, svanendo in una nube scura. Forse si era impietosita.
“Sì, come no!”
Anche se non la vedeva, Isaac era estremamente consapevole della sua presenza: la sentiva in ogni buco, ogni fessura. Sotto la sua stessa pelle. Il ragazzo rabbrividì, marciando verso il letto e buttandocisi sopra, quasi le coperte potessero ingoiarlo. O pregando che potessero inghiottirlo, farlo sparire nel nulla. “Puff. Andato.”
Eppure sapeva che non poteva rimanere così a lungo, spiaccicato contro le lenzuola. Sebastian era in bagno, ma sarebbe potuto tornare in ogni momento, e probabilmente non era una grande idea farsi trovare sdraiato in quel modo: con la testa premuta contro la pancia di un orso di peluche, intento a smorzare un urlo.
Sebastian era uno stronzo. Un principe spaventosamente bello. Una tentazione ambulante. E Isaac aveva passato l’intero appuntamento, almeno tre ore buone, a trattenere un’erezione, pensando alla roba più disgustosa che gli venisse in mente, pur di non immaginarselo nudo.
Alla fine avevano optato per un romance erotico. Ovviamente. Uno di quelli con tante di scene di sesso. Troppe scene. Julia si era annoiata e gli aveva fregato i popcorn – Isaac non li aveva più toccati dopo che lei ci aveva scavato dentro con la mano, senza chiederglielo nemmeno. Chloé invece aveva amato ogni singolo istante del film e, per qualche ragione, non aveva fatto altro che dare gomitate a Sebastian, come a invitarlo a far qualcosa. Che cosa, Isaac non voleva neppure immaginarlo.
Comunque Sebastian l’aveva ignorata per la maggior parte del tempo, cosa che Isaac aveva trovato estremamente strana. Completamente fuori personaggio!
Chloé, per quanto gli scocciasse ammetterlo, era una persona d’oro: educata, stupidamente bella, spiritosa… Il pacchetto completo insomma.
E un paio di volte aveva tentato perfino di approcciarlo con una battuta o uno sguardo rassicurante. Ciò che era peggio era che entrambe le volte era riuscita a farlo sentire a proprio agio. Perché quella donna era tanto perfetta? Perché Sebastian aveva preferito concentrarsi su di lui che su di lei?
Forse era ancora preoccupato per quanto accaduto in macchina? Isaac sperò vivamente di no. Altrimenti si sarebbe sentito molto più in colpa.
Perché – cazzo! – c’erano stati dei momenti che si era davvero goduto durante quell’appuntamento.
Ogni tanto, Sebastian gli allungava una caramella per alleviare la sua persistente ansia, con quel suo fare affascinante e quel sorriso idiota. Poi si era assicurato di sfiorargli la mano durante le scene più tragiche del film. Infine, quando Julia diventava troppo insistente per essere ignorata, gli soffiava all’orecchio battutacce di pessimo livello per distrarlo... L’aveva anche fatto sinceramente ridere. Ma come ci riusciva?
Insomma Sebastian aveva passato il tempo a prendersi cura di lui. Come un cavolo di principe azzurro. E sembrava pure estremamente felice mentre lo faceva!
Isaac, dal canto suo, aveva fatto del suo meglio per non diventare ufficialmente il terzo incomodo della serata. Si era alzato ogni mezz’oretta circa per fare una lunga passeggiata in corridoio e placare così lo stress, lasciando i due innamorati finalmente soli. Forse Julia ora pensava che fosse stitico, ma per fortuna a Isaac non interessava affatto la sua opinione.
E Sebastian… lui aveva anche bevuto dalla sua bibita per errore. Ed era stato in quel momento che Isaac aveva cominciato ad avere seri problemi. Durante la scena del primo bacio – un bacio voglioso, tremendamente sentito e bisognoso – Isaac si era ritrovato con la lingua più secca del deserto del Sahara e, imbarazzato, era corso a cercare la sua coca-cola posta nel poggia-bevande. Non vi aveva trovato nulla. Girando il capo però ecco che aveva visto Sebastian, con la sua cannuccia fra le labbra. La stava mordicchiando, nervoso, tamburellando con le dita della mano libera sul ginocchio.
Isaac si ficcò le unghie nei palmi, punendosi per essere tornato con la mente a quell’istante. Se fosse stato più coraggioso, forse si sarebbe allungato, gli avrebbe tolto la bevanda di bocca, mettendosi in mezzo, per assaporare finalmente quelle labbra piene. E l’avrebbe fatto suo proprio davanti alla dolce Chloé.
Isaac strinse l’orso con più forza, soffocando un altro grido. Doveva smetterla. Sebastian non era un pezzo di carne. Era suo amico. Il migliore che potesse desiderare.
Si rimise seduto, attanagliato dai sensi di colpa.
Sebastian aveva già passato tanto senza che ci si mettesse anche lui con la sua stupidissima crisi ormonale. Non era più un adolescente. Aveva ventuno anni compiuti, santo cielo! E si detestava davvero, perché nonostante si stesse rimproverando, non riusciva a smettere. La loro amicizia era quanto di più prezioso avesse, eppure a Isaac non bastava più.
Voleva Sebastian.
Lo voleva carnalmente, sotto di lui, indifeso e spoglio di ogni vestito.
“Perché io sono l’unico che non può toccarlo!?”
Isaac deglutì, cacciando indietro la saliva. E scosse con forza il capo, tentando di allontanare quei maledetti pensieri. Sebastian non gli aveva parlato di lui perché lo giudicasse; doveva darci un taglio. E poi era fuori dalla sua portata. Sebastian era bello, disponibile, aveva una ragazza che amava da morire, una vita ricchissima e fin troppi problemi con suo padre: come poteva incasinarlo, buttandogli addosso quegli stupidissimi sentimenti?
No, sarebbe stato egoista. Anche se forse ammettere quell’amore l’avrebbe liberato di un peso enorme. Se Sebastian l’avesse rifiutato, si sarebbe finalmente messo l’anima in pace. Ci avrebbe rinunciato. Giusto?
“Ma poi mi tratta come un fratellino. Lo odio. Voglio e devo dimostrargli che so cavarmela da solo.” Si disse. E quale metodo migliore di fargli sapere che era un adulto dalla punta dei capelli fino a quella dei piedi, se non dichiarargli i suoi sentimenti?
Si immaginò la scena. “Ti trovo attraente, Seb. Quindi smettila di fare il moccioso, sali sul letto e fatti ammanettar-”
Isaac scosse il capo. Ma che diavolo!? Perché le sue fantasie erano tanto malate? E poi mica voleva ridurre tutto al semplice sesso! Ciò che desiderava da Sebastian era una relazione con la r maiuscola, con tanto di appuntamenti e coccole sul divano.
“Dio, mi faccio schifo da solo.” Sbuffò, pensando a quanto cavolo stesse diventando smielato. Cos’era diventato? Un dodicenne alle prese con la sua prima cotta? E poi non aveva appena deciso di tenersi tutto per sé? Perché non faceva che contraddirsi?
“Vorrei solo che sapesse che lo amo, va bene anche se non mi ricambia. ” se l’era ripetuto così tante, innumerevoli, volte… “Allora perché non gliel’ho già detto?”
Isaac aveva paura, in realtà. Era terrorizzato dal pensiero che Sebastian potesse abbandonarlo.
“Eppure dovrei esserci abituato…”
L’avevano fatto tutti. Era una cosa che succedeva da sempre, ormai dava pure per scontato che prima o poi sarebbe accaduto perfino con Sebastian, ma, allo stesso tempo, il pensiero che lui potesse davvero lasciarlo lo logorava. Isaac non aveva nessun altro, solo la sua famiglia, che ancora lo guardava con pietà e compassione. Non era mica un cucciolo ferito! Detestava quegli sguardi colmi di rammarico. Il suo Sebastian non l’aveva mai guardato in quel modo, l’unica cosa che riusciva a scorgere in quegli occhi cristallini era una sorta di adorazione. Che però ovviamente si stava solo immaginando! La sua mente come al solito gli giocava brutti scherzi, lo prendeva in giro.
Fu in quel momento che lanciò uno sguardo al muro, ai violenti poster di zombie, che lo sfidavano a dar loro una capocciata. A farsi male, a rendere il suo cervello spappolato, un intruglio molle e disgustoso, come quelli delle loro povere e ignare vittime.
Però Isaac non era tanto stupido da credere davvero che rompersi il cranio avrebbe risolto ogni suo dannato problema. Né così ingenuo o masochista. Anche se rimaneva irritato da morire.
Quindi la sua vittima sacrificale diventò il peluche che Sebastian gli aveva regalato qualche settimana prima. Un fantasmino, tanto carino quanto pietoso con quell’espressione triste e gli occhioni rivolti verso il basso. Isaac si chiedeva ancora perché gli avesse comprato una cosa del genere. Gli diede un pugno, però senza metterci davvero forza, e la sua mano sprofondò nel pancino morbido.
Socchiuse poi le palpebre. Del film ricordava poco e niente e le riprese erano talmente scure che gli era venuta un’emicrania, ma le maledette scene di sesso, oh, quelle avrebbe potuto perfino ricrearle.
Sospirò.
Si ripeté che non veniva da una famiglia ricca, che non potevano permettersi di riparare casa, che l’assicurazione medica non copriva gli attacchi di rabbia e che se si fosse spaccato volutamente la testa, per sfogarsi prendendo a craniate qualcosa, sua madre caporale maggiore Akiko avrebbe dato di matto. In più di un senso.
“I miei sono già in bolletta e pagano l’università a Paul. Mio fratello è quello intelligente della famiglia, è giusto che investano su di lui e sono fiero di avere un cervellone intorno.”
Cazzo, pareva una maledetta macchinetta. Perché sembrava che stesse cercando di autoconvincersi? Come se non credesse davvero ai suoi stessi pensieri. Forse il suo cervello era già spappolato.
E ora era lì: disteso sul letto mentre aspettava con impazienza che Sebastian uscisse dal bagno. Isaac era certo che l’avesse trattenuta perché odiava i bagni pubblici.
“Menomale che per pisciare non deve appoggiarsi sulla tazza, altrimenti girerebbe con sapone, bagnoschiuma, amuchina e prodotti antibatterici di ogni tipo.” Si disse Isaac, concedendosi un sorrisetto.
Fu allora che la porta si aprì con un cigolio alquanto sinistro, facendo balzare sull’attenti il poveretto. Isaac trattenne un urletto, per un secondo credette che fosse l’ombra, ma si calmò vedendo Sebastian.
“Certo che non è quella cosa! Quella roba non esiste davvero!” si rimproverò.
La ritrovata tranquillità però durò ben poco.
Isaac si rimise seduto, fingendo di non aver appena avuto un infarto, e incrociò lo sguardo furente del suo migliore amico. Forse la vecchia porta in legno – che doveva decisamente oliare – aveva solo cercato di avvertirlo: “Scappa, idiota!”
«Noi ora parliamo.» sentenziò Sebastian, avanzando deciso verso di lui.
«Di cosa?» Isaac fece il finto tonto, anche se sapeva che la sua messinscena non sarebbe durata.
«Lo sai.» sbuffò infatti l’altro. Isaac lo fissò con fare innocente, ma Sebastian non si arrese. «Di Julia.» specificò.
«Ancora?» borbottò Isaac con un cipiglio sul volto, mentre l'amico lo affiancava sul letto.
«Sì.»
Isaac cacciò fuori un grugnito di frustrazione. Sembrava che fosse più ossessionato da quella donna che da Chloé e la cosa gli dava tremendamente fastidio.
“Non ho già abbastanza problemi? La mia rivale in amore è la ragazza perfetta, non voglio che al triangolo si aggiunga pure Julia!”
Isaac, che era piuttosto ossessionato dai videogiochi, pensò che prima o poi sarebbe finito a fare lo yandere. E la sua mente, per qualche istante, vagò lungo scenari alquanto macabri, prima che Sebastian lo riportasse sul pianeta Terra.
«Smettila.» lo sgridò, allungandosi verso il comodino per recuperare una pallina antistress. Gliela ficcò in mano, prima di aggiungere: «Ti è vietato pensare a qualcosa che non sia io per i prossimi venti minuti.»
«Oddio, vuoi litigare per venti minuti?» sbuffò Isaac, stringendo con forza la palla, che si deformò seguendo la forma delle sue dita. Poi la buttò sul pavimento.
Sebastian alzò un sopracciglio in risposta. Isaac deglutì.
«Non ti ho lasciato da solo.» si mise subito sulla difensiva, stava già boccheggiando alla ricerca d’ossigeno. Lui non era bravo in queste situazioni e Sebastian – cazzo! – aveva un buon odore.
Perché con Julia, con chiunque altro provava solamente uno spiacevolissimo e agghiacciante disagio, mentre con lui no? Averlo a un palmo dal viso gli scaldava il cuore, lo faceva sentire addirittura potente, come se potesse fare qualsiasi cosa. Sebastian era una tentazione, una tortura ingiusta e bellissima, perché non poteva nemmeno addentarla quella cazzo di mela, e Isaac lo sapeva bene, ma averlo accanto allo stesso tempo lo tranquillizzava.
“Non è normale però. Lui è... Io non sono…” si morse il labbro. “Seb è etero ed è mio amico. Volerlo per me, desiderare il suo corpo, è semplicemente sbagliato!”
Isaac a volte avrebbe tanto voluto rassicurarlo che non era come gli altri, che quando lo guardava non vedeva qualcosa da divorare e distruggere, però non poteva… mentirgli. No che non gli sarebbe bastato un cavolo assaggio di quella fottuta tentazione!
Desiderava rovinarlo, impadronirsi della sua mente così Sebastian non avrebbe più guardato nessun altro che lui. Voleva derubarlo di ogni cosa: il corpo, il cuore, l'anima. Incidere il suo nome su quella pelle ambrata tanto perfetta, renderla sporca, portarlo al suo livello, marchiarlo a fuoco, succhiarlo, addentarlo.
E si detestava da morire per questo.
“Perché quando è lui a toccarmi penso solo che dovrebbe stringermi con più forza? Perché non ne sono terrorizzato?”
Se avesse davvero odiato ogni tipo di contatto fisico, Isaac non si sarebbe mai innamorato del modo in cui Sebastian lo toccava, lo sfiorava, lo venerava e accarezzava.
E poi c’erano dei momenti, momenti come quello, in cui tutto sembrava sospeso e all’improvviso il mondo intero scompariva e c’erano solamente loro.
«Non hai fatto altro che flirtare con lei.» si lamentò Sebastian, ma a voce bassa, quasi un sussurro.
Isaac strinse i pugni, provando a scappare dal suo sguardo. Si perse di nuovo.
«I minuti diventano trenta.» lo risvegliò Sebastian con un ghigno – e di colpo era così vicino! Letteralmente a un palmo dal naso. Isaac avvertiva il suo respiro caldo solleticargli le labbra.
Deglutì.
“Oh... Oh no.”
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