ventuno ~ 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚍𝚊𝚗𝚗𝚊𝚝𝚘 𝚞𝚗𝚒𝚟𝚎𝚛𝚜𝚘
𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛
Nulla mi aveva preparato all'impatto devastante che avrebbe avuto Sebastian sul mio corpo.
Perché è così che mi sento: devastato, completamente sopraffatto. Mi scosto dalla sua bocca famelica che chiama il mio nome, dal suo respiro caldo che mi solletica il collo, e schiudo le labbra, lasciandomi sfuggire un gemito.
«Merda...» mormoro a corto di fiato, artigliandogli il petto, pregandolo con gli occhi di allontanarsi solo per un attimo. Non riesco a formulare un pensiero coerente, ho la mente vuota, irrimediabilmente compromessa da quest'uomo tanto bello.
«È troppo per te, piccolo?» ribatte lui chinando il capo.
È un diavolo, un angelo caduto, perché mi tenta e corrode ogni particella del mio spirito quando imprigiona una delle mie dita, tenendola fra i denti. Questa tensione mi fa fremere, mi svuota, mi prende in ostaggio. E allora sì, che capisco di non poter più scappare.
Non so nemmeno come ci siamo ritrovati aggrovigliati, quando abbiamo capito di essere tanto disperati e così bisognosi l'uno dell'altro. A un certo punto nulla ha avuto più senso, mi sono sentito perso e ho letto sul suo viso che anche lui stava provando lo stesso.
Allora ci siamo abbracciati, stretti, e ignorando lo scricchiolio delle nostre anime abbiamo cominciato a baciarci, a strapparci i vestiti di dosso.
Abbiamo lasciato che fosse l'istinto a mettere a tacere tutte le altre emozioni; abbiamo chiuso i nostri cuori in un cassetto, buttando la chiave, decidendo che non fossero importanti, che questo momento era l'unica cosa che contava.
«Sebastian, cazzo!» esclamo, avvertendo la sua presa farsi più pressante. Mi infilza i denti nella carne, come a dirmi che sono suo, e il suo sguardo feroce mi lacera l'anima quando inarco la schiena, stimolato dall'ennesima spinta, mentre un calore di cui sono già dipendente mi infiamma le vene.
Provo a ritirare la mano, ma lui non me lo permette e mi stringe il polso, impedendomi di muovermi. Mi fissa insistentemente, studiando come mi contorco sotto il suo tocco, e ghigna, soddisfatto delle mie risposte.
Sebastian ha le dita troppo grosse, troppo affamate, non sono abituato e il suo tocco rude, duro e prepotente mi è completamente estraneo, ma non posso dire di odiare come si spinge verso di me, come tenta di darmi piacere, come accarezza le mie parti più buie.
«Seb...» lo prego, con le lacrime che mi scorrono ancora sul viso e il cuore che batte come un tamburo.
«Piano... Vacci piano...»
Ha inserito nel mio corpo un solo dito e quella presenza, dapprima intrusiva, è tramutata, diventando un calore dolce, stimolante. Non credo di poter resistere a lungo, quindi piango lacrime di dolore, di attesa e di pura euforia.
Cazzo!
Penso quando sfiora la prostata, tendendo ogni arto per resistere alla scarica adrenalinica che mi infiamma lo spirito. Le sue mani sono stupende: dita affusolate e lunghe, polpastrelli morbidi e invitanti, da baciare. È talmente piacevole che non riesco a controllarmi e, prima ancora di realizzarlo, gli sto già mordendo il petto, tentando di placare un po' questa violenta fame che mi ha preso in ostaggio.
Sebastian ridacchia, rallentando la sua corsa. Si china sul mio volto, baciandomi la fronte, poi si sposta più in basso e mi cattura le labbra, chiudendo gli occhi come se le volesse assaporare. La sua lingua bollente gioca con la mia, mi solletica dentro, scivola nella mia bocca.
Stringo le gambe, sono un casino, e avvampo quando i nostri sguardi si incontrano e i nostri respiri si fondono. I gemiti che sfuggono dal mio controllo, vengono troncati a ogni spinta o mozzati dai suoi baci ancora prima di nascere.
Non ho mai provato nulla di simile.
«È colpa tua se sono così.» sussurra Seb, staccandosi un secondo.
«Sei troppo indifeso.»
«Non ho bisogno di difendermi dal mio migliore amico.» ribatto, sgusciando via dalla sua presa. Sebastian smette di opporre resistenza e mi lascia fare, mollandomi il polso per poi sorridermi sornione, mentre scruta i segni che mi ha lasciato addosso.
Collo, petto, pancia: tutto è chiazzato di quel viola rossiccio che non vedo l'ora di ammirare allo specchio, con gli occhiali fissi sul naso. Vorrei godermi il suo mondo colorato, osservarlo sotto le sue stesse lenti.
Ma è impossibile.
Perfino ora ho lo sguardo vitreo, bagnato, non riesco a catturare con chiarezza nulla, le lacrime continuano a scorrere.
Che espressione starà facendo lui?
Voglio guardarlo meglio, imprimermi nella memoria ogni singolo istante.
Mi faccio avanti, aggrappandomi alle coperte per darmi uno slancio e, finalmente, riesco ad appoggiargli il mento sulla spalla. Seb pare capire le mie intenzioni perché si mette dritto, si lascia cadere all'indietro. Infine mi dà il comando, facendomi mettere a cavalcioni sul suo fisico statuario.
Mi sta ancora stimolando con il medio, ma non basta a nessuno dei due e, mentre lui inarca il dito per introdurre l'indice, scivolo in avanti, sfiorandogli il cazzo con le cosce.
Lo sento inspirare profondamente. Entrambi abbiamo caldo, ci sentiamo bruciare dentro, ma ogni volta che mi tocca mi viene la pelle d'oca. So di fargli lo stesso effetto.
«Zack...» mi chiama, tenendomi il fianco per darmi più stabilità, mentre mi muovo impaziente sopra di lui.
«Rilassati.» sussurra, estraendo le dita, per poi varcare nuovamente quella soglia, ma con più vigore.
Deglutisco, provando inutilmente a darmi un contegno, anche se sono maledettamente impacciato. Seb mi fa segno di tornare da lui e striscio sul suo addome, arpionandogli la pelle, lasciando sul suo corpo i segni rossi delle mie unghie.
Mio. Mio. Mio.
Sto impazzendo.
Sebastian dovrebbe essere solamente mio.
Ogni singola ferita che gli colora le spalle mi appartiene. Sono stato io a infliggergli ogni graffio, ogni morso, ogni livido. Sono io l'unico artefice delle dolorose costellazioni che gli colorano il petto. Si sta donando completamente a me e me soltanto.
Schiudo le labbra e lo bacio profondamente, sentendomi perdutamente innamorato di lui; fingo di essere ricambiato, mi dico che in questo momento non ha in testa nessun altro, anche se so che non è vero.
Mi sto solo facendo del male, ne sono convinto, perché sono consapevole che Seb non sarà mai davvero mio, ma voglio ignorare questa triste realtà e lasciarmi avvolgere dal suo calore, dal battito del suo cuore, dal suo respiro che mi cerca, che mi chiama.
«Isaac.» pronuncia il mio nome come se lo stesse adorando e mi sento sciogliere.
«Voglio succhiartelo.» mormora, guardandomi con uno strano luccichio negli occhi.
Mi fermo, Seb fa lo stesso.
Mi alzo, lui mi aiuta arpionandomi le cosce.
Non mi siedo sul suo viso, né mi stendo per permettergli di agire, decido di non voler essere il solo a godere di quel piacere; quindi gli do le spalle e mi accovaccio sul suo fisico, arrossendo vistosamente. Sono felice che non mi possa vedere in faccia, perché sto morendo d'imbarazzo e non è nemmeno la prima volta che mi sento così oggi.
«Un sessantanove?» domanda, sorpreso.
«Non ti facevo così intraprendente.» sghignazza, respirandomi sul pacco. Solo che non è lì che fa scorrere la lingua. Ciò a cui punta è la mia entrata, già provata e gonfia, ma resisto a quel bruciore, perché le sue dita ora mi sfiorano la punta del pene, liberandosi della pelle di troppo, rendendomi più sensibile, più fragile.
«A proposito di intraprendenza...» borbotto, anche se sto sorridendo.
Sono completamente esposto, ma ho così tanta fiducia in Seb che mi ritrovo ad allargare le gambe, dandogli più spazio per agire. Tutta la preoccupazione che prima mi dava la nausea d'un tratto è scomparsa. È questo l'effetto che mi fa Sebastian: mi rende coraggioso, anche se non lo sono affatto.
«Ti dispiace?» mi chiede, complice, per poi schioccarmi un casto bacio proprio nel punto più volgare del mio corpo.
«Fai pure.» ridacchio.
Mi inumidisco le labbra, dicendomi che non posso rimanere immobile solo perché mi ha sorpreso, e lo prendo in bocca, avvertendone il sapore salato, pungente. Lo succhio per tutta la lunghezza, con la mente annebbiata di piacere, mentre la sua lingua si fa spazio nel mio corpo, aiutata dalle sue dita esperte.
Entra con forza, spingendosi contro le pareti, privandomi del respiro.
Il suo sapore mi invade le guance, mi rende uno schiavo bisognoso. È tremendamente duro, pulsa, eppure lo adoro. Allungo una mano per accarezzarlo dove non arrivo con la bocca. Serro le palpebre, godendomi il suono gli schiocchi delle nostre labbra, dei nostri corpi che si incastrano così dannatamente bene.
Abbiamo aspettato questo momento così tanto, che ogni nostro movimento è veloce, bisognoso, quasi arrabbiato.
Non sono mai stato così vigile, così affamato di emozioni. Non mi addormenterò, non cercherò una via di fuga, non oggi, non adesso.
Perché Seb è innamorato, sì, ma di un uomo. Qualcuno con cui posso competere e non glielo lascerò avere, non così facilmente, non quando lo sento già mio.
Lo stiamo davvero per fare e nessuno dei due stavolta si tirerà indietro.
D'un tratto però, la maniglia gira e quel rumore metallico ci fa staccare. Sebastian rimane sull'attenti, mentre io sguscio sotto le coperte. Quando nella toppa scatta il meccanismo di una chiave, ci lasciamo scappare un'imprecazione. Capiamo immediatamente chi ci ha interrotti.
Nick, il coinquilino di Sebastian, entra a passo pesante, come se nulla fosse. Ha delle enormi cuffie in testa e la musica dei Metallica riempie la stanza. Si chiude la porta alle spalle, poi si dirige verso la sua scrivania, ignorandoci. Mi sento arrossire e mentre mi copro fino al collo con le lenzuola. Seb lo fissa, incredulo. L'unica cosa che fa è portarsi un cuscino al cavallo, nascondendo le sue grazie e io alzo gli occhi al cielo.
Possibile che sia l'unico a vergognarmi? Sebastian sembra più che altro scocciato!
Solo in quel momento, Nick si volta verso di noi, con il libro che probabilmente era venuto a recuperare fra le mani. La sua bocca si spalanca in una O perfetta, e se non si fosse appena rifatto i dread probabilmente gli si sarebbero drizzati pure i capelli. A questo punto realizza, sobbalza, caccia un urletto sorpreso. Indietreggia, intontito, sbattendo contro il tavolo, e poi si porta le mani alle guance imbarazzato.
«Hai intenzione di guardarci ancora a lungo o...?» gli fa Seb e lui scuote vistosamente il capo, prima di voltare la testa verso la parete destra.
Si toglie le cuffie, schiarendosi la gola, a disagio, poi appoggia il romanzo sulla scrivania, dove l'aveva trovato, e si morde il labbro, colpevole.
«Mi avevi detto che sarebbe venuto Isaac, ma non pensavo che voi due...» mormora, impacciato, e vorrei scomparire.
Certo che non lo pensava: Seb non faceva che dire quanto gli piacesse Cloé fino a poco tempo fa!
«Se ti dico che viene qualcuno, è perché voglio che ti levi di torno per qualche ora.» ribatte Sebastian, grattandosi la nuca.
«Ma pensavo che tu e Cloé-»
«Basta! Ma possibile che sbuchi sempre fra le conversazioni?» sbotta il mio amico, lanciandomi uno sguardo.
«Lei non c'entra e tu sei di troppo. Io non rincaso mai quando passa Taylor.» aggiunge, tornando sul suo compagno di stanza, che ora sbianca.
«Noi non abbiamo quel tipo di rapporto!»
«Certo e io sono il Papa!»
«Ehm... Ragazzi?» gli ricordo della mia presenza e Nick pare sbloccarsi, perché borbotta un paio di scuse, prima di dirigersi verso la porta e scappare da questa situazione tragicomica.
Sebastian sospira, pizzicandosi la punta del naso, esausto. Mi libero delle coperte, lanciandole di lato per tornare da lui. Lo abbraccio da dietro, provando a rincuorarlo, ma non sembra funzionare.
«Perché ogni volta che siamo finalmente soli succede qualcosa?» domanda, lasciandosi scappare un risolino nervoso.
«Magari è l'universo che ci manda dei segnali.» scherzo.
«Fanculo l'universo, allora!» esclama, voltandosi nella mia direzione. Appoggia il mento sul mio petto e lascia che gli accarezzi la chioma.
È così carino!
«Dimmi che hai ancora voglia.» mi dice, fissandomi le labbra.
«Forse... Se mi baci...» sto al gioco e Seb si sporge verso di me, pronto a ricominciare, ma qualcuno bussa alla porta e veniamo interrotti per la seconda volta in meno di cinque minuti d'orologio.
«Ho dimenticato il libro!» esclama Nick, attraverso il legno.
«Posso prenderlo o mi uccidete?»
«Io ti uccido di sicuro!» sbotta Seb, recuperando le coperte per coprirci, ma non appena Nick entra in camera, pure il mio cellulare decide di suonare.
Mi allungo verso i pantaloni, finiti sul comodino, e tiro fuori il telefono dalla tasca, mentre Sebastian sbuffa sonoramente, infastidito. Ignoro i suoi lamenti, anche se provo esattamente lo stesso tipo di frustrazione. Magari dovrei semplicemente bloccare la chiamata e inserire la modalità aereo, però potrebbe essere importante.
Seb, per fortuna, non perde le speranze e continua ad abbracciarmi, coccolandomi mentre rispondo. Nick ci lancia un'occhiata piuttosto stranita, ma non commenta, preferendo recuperare il suo romanzo. Esce dalla camera l'attimo dopo.
«Pronto?» domando, accettando senza nemmeno guardare il numero.
«Zacchino!» mi saluta una voce dall'altra parte della linea, una di quelle che conosco bene, che ha accompagnato tutta la mia adolescenza. Non posso neanche insultarlo per quello stupido soprannome, perché in fondo era da troppo che non sentivo quel tono allegro. Anche se non mi avrebbe fatto star male chissà quanto rimandare questo momento un altro pochino.
«Indovina chi è appena tornato in città? Sei libero? Vengo a prenderti?» inizia con il suo solito interrogatorio e mi viene da ridere, nonostante la situazione, perché in fondo mi è mancato.
Non posso davvero dire di odiarlo, benché sia evidente chi fra noi due sia quello riuscito.
«Paul!» esclamo, sorridendo entusiasta. Sebastian mi guarda interrogativamente e allontano l'apparecchio dal viso, coprendo il microfono con il palmo, prima di spiegargli: «Mio fratello, quello intelligente quanto antipatico.»
«Sbaglio o è un mezzo insulto?» ridacchia l'altro dalla cornetta.
«Ma con chi stai parlando? Hai trovato finalmente un ragazzo?»
Lancio uno sguardo a Sebastian. Non posso chiamarlo il mio fidanzato, giusto? Inarca un sopracciglio, non interviene.
«No, è solo un amico.» replico, calcando bene sulle parole.
Anche se vorrei fosse ben altro.
Aggiungo fra me e me.
D'un tratto Seb raggela. Scioglie l'abbraccio e mi guarda sofferente. Ricambio il suo sguardo con uno perplesso. Non capisco dove ho sbagliato, non volevo irritarlo. Mi sembrava già parecchio infuriato per essere stato interrotto per ben tre volte, ma ora mi viene il dubbio che forse avrei dovuto rispondere di sì.
Scuoto il capo.
No, ma che vado a pensare? Lui non mi vede in quel modo! Siamo solo molto compatibili sessualmente, ecco tutto.
La fata sbuca da un angolo buio. Il suo sguardo accigliato vale più di mille parole.
«Allora è invitato anche lui!» esclama Paul nel frattempo, ignaro della situazione.
«È da tanto che non mi presenti qualcuno, pensavo fossi diventato un lupo solitario o qualcosa del genere.»
«Certo, invitiamo anche Nick a questo punto.» sussurra Sebastian, risentito, alzandosi dal letto per rimettersi i vestiti.
Merda, ma non sarà davvero l'universo?
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