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ventisei - 𝚝𝚘𝚛𝚝𝚊

𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛

Quando apro gli occhi è ormai tardo pomeriggio e i raggi presumibilmente arancioni del tramonto illuminano la stanza. Non ho mangiato e mi sento formicolare lo stomaco, preda dei morsi della fame.

Ho la bocca impastata dal sonno e un braccio ancora addormentato, sotto il dolce peso di qualcuno.

Quando volto il capo verso destra, mi aspetto di vedere la mamma al mio fianco, ma non è lei che trovo al capezzale. Il cuore mi balza in gola e sbarro le palpebre, confuso, mentre l'ormai debole luce, che filtra dalla finestra, rischiara quel suo bel viso che mi ha stregato così tanto.

Sebastian, seduto su uno sgabello, sta con la schiena chinata in avanti e la testa appoggiata sul mio grembo, quasi cercasse protezione. Ha lo sguardo contrito, tormentato dal sonno, e le dita intrecciate alle mie. Mi sento arrossire, malgrado il forte senso di conflitto che mi sta germogliando nel petto.

Non riesco a liberare la mano. Non voglio svegliarlo e in fondo mi piace sentirlo così, nonostante il sudore che mi bagna il palmo e si insinua nelle fessure create dalla nostra pelle.

Da quanto tempo me la sta stringendo?
Penso, poi Seb si muove e la mia attenzione viene catturata dal suo volto. Un dettaglio che dapprima non avevo notato, forse perché ancora stordito dal pisolino pomeridiano, mi spezza il cuore.

Un livido blu gli circonda il naso, più gonfio di quanto ricordassi. La chiazza si scurisce in punta, per poi allargarsi all'estremità: credo che Robert l'abbia colpito con un gancio dritto sul muso.

Che figlio di puttana!
Mi sorprendo a mordermi il labbro inferiore e me ne accorgo solo perché lo stringo così forte che avverto il sapore ferroso del sangue solleticarmi la lingua. È lieve, perché il taglio è piccolo, ma è più che abbastanza per farmi agitare. Per un attimo, accecato dalla rabbia, mi sono dimenticato del mio dolore: non può essere una cosa sana.

Un altro segnale preoccupante?

So che dovrei impensierirmi, però Seb mormora qualcosa ed è così tenero, che vengo spinto nuovamente nella sua ragnatela. Anche quando non è vigile, mi intrappola.

Pure se malconcio, Sebastian resta una creatura divina.

Pare che perfino i raggi del sole vogliano venerarlo, evidenziandogli la mascella squadrata e facendo risaltare la piccola fossetta che gli incide la guancia.

Questo ragazzo mi farà impazzire, prima o poi.
Penso, accarezzandogli la chioma morbida e profumata di shampoo. Ha i capelli ancora umidicci, non ha avuto il tempo di asciugarli e sono la prova definitiva che si è davvero fatto la doccia.
Vorrei sapere cosa gli passa per la testa.

«Isaac?» mormora Seb e sto per rispondergli, però non lo faccio perché mi rendo conto che mi sta chiamando dal mondo di Morfeo.

Merda.
Mi ritrovo a sospirare, preso in contropiede.
Perché è così adorabile? Non è giusto. Sta giocando sporco.

«Sei un cazzone. Spero che tu lo sappia.» ridacchio, concedendomi qualche secondo per ammirarlo. So che dovrei svegliarlo e che ho tutto il diritto di essere almeno un po' arrabbiato, ma come faccio a non sciogliermi se poi si comporta così?

Sebastian è sempre stato misterioso, a tratti lunatico e a volte un vero cretino, ma non è il tipo da ferire le persone solo perché gli va. Se sta con qualcuno, è perché evidentemente si è accorto di provare qualcosa per lei. Magari ha deciso di mettermi da parte perché ha intuito quanto mi piaccia la sua compagnia e, a modo suo, stava tentando di proteggermi.

Ciò non lo rende meno scemo, però sono altrettanto idiota visto che non lo sto buttando fuori di casa, nonostante mi abbia appena spezzato il cuore.

«Zack?» sussurra di nuovo, ma stavolta apre un occhio e la sua espressione si ammorbidisce immediatamente quando mi vede.

«Ehi.» lo saluto, mentre lui si rimette dritto sbadigliando sonoramente.

«Che ore sono?» domanda con la voce ancora impastata dal sonno. Inchioda lo sguardo sulla sveglia digitale che ho sul comodino, che segna le sei e dieci, poi riporta la sua attenzione su di me.
«Sei sveglio da molto?» chiede, mentre mi metto seduto, appoggiandomi alla spalliera del letto.

«No.» mento, sistemando il cuscino dietro la schiena. Sarà almeno un quarto d'ora che lo fisso, ma non ci tengo a farglielo sapere.

«Akiko ti ha fatto una torta.» dice d'un tratto. Si stiracchia sulla sedia, flettendo l'addome, e so di essere diventato rosso quando intravvedo quel lembo di pelle posto fra l'ombelico e i pantaloni. Siamo alle solite...
«Ha detto che lo zucchero aiuta a recuperare.» continua, inconsapevole di come me lo stia mangiando con gli occhi.

«Lei e le sue strane idee.» ridacchio nervosamente.

Rimaniamo in silenzio per un po', ad ascoltare il battito dei nostri respiri che riempiono la stanza.

Il tramonto lascia spazio all'oscurità della sera e Sebastian si alza piano per andare ad accendere la luce, come se non volesse spezzare questa tensione fatta di cose non dette.

Mi manca già la sua mano stretta alla mia.

A lui potrà anche andare bene lasciare le cose così come stanno, ma io mi sento soffocare e non sopporto più la situazione straziante che si è creata fra noi.

Vorrei parlargli, ascoltare quella sua voce così rassicurante e sapere cosa sta accadendo esattamente fra lui e Julia.
Non posso andare avanti sostenuto da dubbi, questa incertezza mi fa stare male. I ma e i se mi tormentano, mi imprigionano, eppure desidero solo essere libero di amarlo senza avere alcuna catena al collo.

Non credo che sia chiedere troppo, quindi mi faccio coraggio, prendo un respiro profondo e mi preparo alla battaglia emotiva che sto per scagliarci contro.

«Pensavo che non potessimo vederci.» borbotto appena si siede e, come previsto, lui abbassa lo sguardo, pentito delle sue stesse parole.

«Scusa...» mormora Seb, con gli occhi da cucciolo e il tono da angioletto.
«Posso rimangiarmelo?»

Gli avrei detto subito di , se si fosse trattato di qualsiasi altra ragazza, ma una parte di me non riesce ad accettare che ora gli piaccia proprio Julia.
Dopo tutta la merda che le ha gettato addosso, qualcosa semplicemente non mi torna.

«Solo se mi dici a che cazzo stavi pensando.» incrocio le braccia al petto e mi aspetto delle spiegazioni sensate.

Seb mi fissa per un secondo, incredulo. Immagino che pensasse che avremmo fatto pace quasi immediatamente, per poi finire a giocare a COD tutta la notte o a scambiarci qualche bacio.
Sempre che voglia ancora toccarmi.

«Non posso dirtelo...» sussurra d'un fiato, dopo un momento, stringendo le labbra l'attimo successivo, quasi temesse che la verità gli uscisse di bocca.

«E perché?» ribatto, con una sfacciataggine che non mi è mai appartenuta. Fino a ora.
«Perché hai paura che il povero Isaac si faccia del male?»

Sebastian sobbalza, mi guarda dritto negli occhi; una furia che non gli avevo mai visto gli infuoca lo sguardo. Sembra essere la mia: specchiata in quel mare blu che solitamente ha il potere di farmi sentire a casa, solo che in questo momento non fa che irritarmi.

«È così terribile che mi preoccupi per te, Zack?» sbotta, aggrappandosi con le unghie alle coperte.

«Sì, ok? È orribile!» esclamo.
«Non so se te ne sei accorto, ma non sono un bambino!»
Mi mordo l'interno della guancia, non so nemmeno io perché ci stiamo gridando contro. È come se tutta quella tensione stagna fosse diventata un oceano di lava e ora stiamo bruciando.

«Non ti ho mai trattato come un bambino.» risponde lui, cercando di rimanere calmo.

«Davvero? Perché a me pare di sì.» sospiro, travolto dall'angoscia.
«So badare a me stesso, cazzo! Non ho bisogno che tu mi faccia da balia.»

Rifiuto la mano che mi sta tendendo, distogliendo lo sguardo, ma Seb mi accarezza la guancia, proprio dove mi sono inflitto i tagli, come a rimarcare che ciò che ho affermato è una bugia; che ho bisogno di lui, dei farmaci, di qualcosa che mi aiuti.

«Certo!» esplode, quando lo scaccio con una manata.
«Per questo ogni volta che mi vedo con qualcuno reagisci così!»

L'ho ferito ed è evidente, eppure non riesco a pentirmene. È la prima volta che litighiamo sul serio ed è strano, perché in qualche modo quel silenzio è diventato elettricità e, mentre ci respingiamo, il cuore mi diventa più leggero.

«Come dovrei reagire? Prima mi baci e poi mi dici che non puoi più vedermi perché ti metti con la prima stronza che trovi!» gli urlo.
«Quanti cazzo di amanti vuoi ancora?» mi sfogo.
«Oppure cosa pensi di fare? Mollarci tutti per andare dietro a Julia?»

«Perché sei così arrabbiato? Pensavo che Julia ti piacesse.» ribatte ironico, con quella sua maledetta faccia da schiaffi. E d'un tratto vorrei solo baciarlo.

Tremo dalla voglia di prenderlo per il colletto della felpa e fargli dimenticare di tutto il resto del mondo, facendolo mio.

«Sì! Prima che te la portassi a letto mi stava più simpatica.» lo guardo male e leggo nei suoi occhi i miei stessi desideri.

«Io non-» si interrompe.
«Non ti devo alcuna spiegazione!» sbuffa.

Scanso le lenzuola con un braccio, preso dalla rabbia, ma così facendo gli mostro inavvertitamente il mio fisico.

Mamma deve avermi cambiato, forse perché ero sudato e, mi rendo conto solo ora, di essere in pigiama. La canottiera striminzita mostra tutta la mia magrezza e i pantaloncini che mi arrivano appena a metà coscia lasciano poco all'immaginazione, visto che si stringono sul pacco.
Merda. Spero che non pensi che voglia provocarlo.

Sebastian si è ammutolito, inspira fra i denti e si focalizza sulle mie clavicole, forse per ignorare il pomo d'Adamo che mi fa su e giù - non riesco a smettere di deglutire - o magari perché la canottiera mi evidenzia in modo preoccupante i capezzoli turgidi.

«No-non è come credi.» mi metto sulla difensiva, ma Seb si siede sul bordo del letto, venendomi così vicino che avverto il suo profumo solleticarmi le narici.

«È esattamente come credo.» ribatte.
«Non puoi negare che ci troviamo attraenti.» sospira. All'improvviso si leva la felpa e mi trovo a trattenere il fiato, mentre mi mostra il suo corpo senza veli, né vergogna.
«Prova a dirmi che non mi desideri. Ti sfido, forza.» mi incoraggia, ma ho la gola secca.

«Perché mi stai facendo questo?» gli chiedo, quando lui mi infila la testa nella sua felpa, riparandomi il collo dal suo sguardo.
«Vuoi già tradire la tua bella Julia?»

«Non sto con lei. È un'altra la ragazza che-» si interrompe.
«È complicato.» mi dice.

E allora che cazzo ci facevi con Julia?

«Tu prova a spiegarmelo.»

Scuote la testa.
«In realtà sono ancora convinto che non dovremmo vederci per un po'.» sussurra, accarezzandomi una spalla, giocherellando con la bretella della canottiera, prima di premere la felpa fino in fondo.

«E allora perché sei qui?» mormoro.
«Perché mi provochi? Potresti lasciarmi stare e basta.»

«Non voglio lasciarti.» confessa, inchiodandomi con quelle iridi di fuoco, così vivide e belle.
«Voglio preoccuparmi per te, passare le mie giornate al tuo fianco, ridere delle stupide coppiette insieme come facevamo una volta.» sposta lo sguardo dalle mie labbra agli occhi e viceversa, quasi stesse seguendo un percorso invisibile, e fremo perché desidero davvero che colmi la distanza che c'è fra noi.

«E baciarmi?» domando, o gracchio, alla ricerca d'aria. Non sono sicuro di respirare regolarmente.
«Vuoi a-anche baciarmi e fare altre cose?» lo provoco e lui sorride sornione, per poi deglutire.

«Sì.» ammette.
«Sì, è così.» abbassa così tanto la voce che per un secondo penso che abbia finito, ma poi porta la bocca al mio orecchio e aggiunge: «Ti voglio talmente tanto che ti farei perfino stare sopra. Isaac, ti permetterei di essere rude e di farmi male, di colpirmi e annientarmi. Lo capisci?»

Il mio cuore perde un battito. La sua voce è il canto ammaliante delle sirene di Ulisse, il dolce richiamo di una succube, la mela della tentazione.

«Sei fidanzato.» mormoro.

«Già, sarei un vero stronzo a baciarti ora.» abbassa il colletto della felpa, trova la bretella, che fino a un secondo prima pizzicava con le dita, e si avvicina pericolosamente al mio viso.

«Allora chiama la tua ragazza, mollala e poi toccami.» allungo una mano per accarezzargli la chioma e sussulto, perché una scarica elettrica mi investe da capo a piedi. Non sono mai stato tanto eccitato in vita mia.
«Oppure mandala direttamente al diavolo, bloccala e stai con me.»

«Oh, Zack.» ridacchia, ma il suo è solo un riflesso involontario. È per mascherare l'eccitazione che prova, ma non gli sta riuscendo benissimo, visto che l'ho intuito immediatamente.
«Sei ubriaco?»

«Sarebbe banale se ribattessi che lo sono di te?» ghigno.

«Un attimo fa ci stavamo mangiando vivi.» mi fa notare.

«Ci stiamo ancora mangiando vivi.» rispondo, percorrendo con l'indice le linee scolpite dai suoi addominali.
«Sbaglio?»

«Pensavo fossi arrabbiato.»
Si lascia toccare, incantato da come lo stuzzico, guardandomi come se si stesse realizzando il suo sogno proibito.

«Infatti lo sono.» borbotto.
«Ma immagino che il sesso sia un ottimo modo per calmarci.»

«Mi chiedi di spegnere il cervello?»

«Pensavo che volessi farti scopare.» non so da dove ho tirato fuori questa audacia, però il luccichio che gli illumina lo sguardo mi incanta e mi faccio avanti puntando a quelle labbra piene, a quel suo dannatissimo sorriso e a quella sua boccaccia impertinente.

«No.» si tira indietro.

Non mi permette nemmeno di sfiorarlo, ma non appena si alza noto che è duro come una roccia. Stringe le gambe, eppure vedo che sta pulsando attraverso il tessuto stretto dei jeans ed è palese che vorrebbe solo buttarsi fra le mie coperte da come arrossisce e impreca fra sé e sé.

Non sono l'unico sotto l'effetto di questa strana magia. Siamo incatenati l'uno all'altro e ne siamo entrambi consapevoli, solo che stavolta è Sebastian che sta scappando.

Peccato che abbia fatto male i calcoli: io sono un tipo decisamente più testardo di lui.

«È sbagliato.» mi dice.
«Lo voglio davvero, ma è sbagliato.»

«Da quando ti preoccupi di questi dettagli?» mi alzo, per poi aggrapparmi al braccio che mi sta porgendo. Mi struscio contro la sua pelle nuda, facendogli percepire quanto mi piaccia la sua presenza e quanto vorrei sentirlo più vicino.

«Io mi preoccupo constantemente per te.» confessa, abbassando ancora la voce, mentre appoggio il capo sul suo petto e mi lascio travolgere completamente dalla lussuria.
Il suo cuore batte inferocito, bramoso del mio respiro, e mi sento allo stesso modo. Vorrei mandare a fanculo l'universo intero e rimanere con lui per l'eternità.

«Allora smettila di farlo.» lo prego.
«Non sono un bambino, ricordi?»

«Lo so.» mormora.
«Dio, sei così bello...» mi prende per le braccia e so che mi bacerà, quindi chiudo gli occhi, aspettando la sua bocca bramosa, la lingua ingorda e i denti spietati; però l'unica cosa che percepisco è la morbidezza del materasso premuto contro la schiena e, quando spalanco le palpebre, Sebastian è già alla porta.

«Merda...» borbotta e mi metto seduto, perplesso.
«Non guardarmi così. Non hai idea di quanto mi stia trattenendo ora!» mi accusa.

«Se è così dura, smettila e torna qui.» gli dico allargando, speranzoso, le braccia. Supplicandolo di non lasciarmi, di rimanere al mio fianco.
«Puoi essere la mia torta.» aggiungo e lui inclina il capo, confuso.
«In-intendo, la cosa che mi aiuta a recuperare.» gli spiego, impacciato.

«Mi stai chiedendo di essere il tuo scudo?» mi domanda, dopo un attimo di esitazione.
«Di proteggerti dai tuoi demoni?»

Oh...
Non l'avevo vista in questi termini, però è vero che Seb mi aiuta a rimanere calmo, è l'unico che mi abbia mai trasmesso un po' di pace.
Almeno quando non è fra le braccia di qualcun altro!

Un pensiero, egoista quanto presuntuoso, si insinua nella mia mente e mette radici: nessuno lo ama quanto lo amo io, è ovvio che debba stare con me, no?

Forse è davvero questo quello che desidero da lui: che sia la mia ancora di salvezza in questa tempesta di emozioni che mi sta frantumando l'anima.
Sebastian non mi dirà di no, giusto? Perché resto comunque il suo migliore amico e mi vuole bene.

«Non ti va?» ribatto, dopo aver fatto chiarezza fra i miei pensieri e lo vedo trattenere il fiato.
«Tu ci sei sempre stato per me, Seb, fin da quando ci siamo incontrati. E sei diventato la ragione del mio sorriso in così poco tempo. Chiedo troppo se voglio che rimani anche quando sono nelle mie condizioni peggiori?»

Cazzo.
Realizzo, quando lo vedo sbiancare. Gli ho messo troppa pressione addosso, non è la reazione che volevo.

Faccio per rimangiarmelo, per dirgli che non fa niente, che non deve per forza essere il mio cavaliere, ma le parole non mi escono di bocca, perché il suo freddo rifiuto mi colpisce le viscere, affilato come una freccia letale.

«No.»
Scuote nuovamente la testa, con molta più forza di prima, quasi si volesse risvegliare da un incubo.

Crack. Credo di aver appena udito il suono della rottura del mio cuore, adesso lo percepisco fragile come vetro.

«Non posso essere ciò che ti fa andare avanti. Sono instabile e devo... Prima devo aggiustare le cose.» farnetica Sebastian, però la sua voce sta già diventando ovattata, interrotta da un fischio costante, che parte piano per poi diventare più forte e straziante.

Il suo tono è disperato, lacerato e allo stesso tempo completamente di ghiaccio. Purtroppo torna l'ira che avevo abbandonato.

A questo punto, sento la pazienza scivolare via dal mio corpo, insieme alla razionalità, e prima che me ne renda conto, gli tiro un cuscino.

«Allora vattene!» sbotto.
«Prima mi provochi, poi mi dici che ti piacciono le ragazze, va sempre a finire così con te!» esclamo, avvertendo un'inquietante rabbia infiammarmi le vene.

«Zack, non è come-»

«Stai zitto!» grido, alzandomi in piedi, solo che stavolta ho la pianta del piede appoggiata al materasso e lo guardo dall'alto, sentendomi improvvisamente più coraggioso.
«Ora parlo io! Sono stufo marcio!» mi impunto, stringendo i pugni.
«Prima ti innamori di Cloé, poi ti piace un tuo amico e ora questa tizia!? Cazzo, ma perché non posso essere io!?»

Lo vedo irrigidirsi di colpo, quasi lo avessero congelato sul posto, e solo ora mi rendo conto di cosa gli ho appena sputato contro. Le gambe smettono di reggermi e mi lascio cadere sul letto, in ginocchio. Comincio a piangere e mi sento un idiota. Lui invece è di pietra, non sa cosa dire.

«Mi piaci, Seb.» piagnucolo.
«Mi sei sempre piaciuto, ma tu non provi lo stesso! È così frustrante!» esclamo, provando a liberarmi dalle lacrime con il pugno chiuso, ma finisco con lo spargerle ancora di più e mi ritrovo presto il viso bagnato per intero.

Sono stravolto, uno straccio, e Sebastian non parla ancora; rimane ad ascoltare i miei singhiozzi mozzati.

«Quel tuo amico che ti ha rifiutato...» sussurra d'un tratto.
«Ero io?» domanda sempre più scioccato. Il suo volto si fa sfocato, a causa della vista appannata, però intuisco dal tono quanto quella scoperta l'abbia devastato.

Non aspetta la mia risposta, in realtà non ho nemmeno le forze per ribattere. Non avrei dovuto dichiararmi in questo modo, avevo ben altri piani. Speravo che fosse un momento magico, indimenticabile, eppure tutto è andato storto. Colpa della legge di Murphy, forse.

«Io ti ho... Io...» è senza parole e comincia a respirare irregolarmente.
«Nel bagno... Per colpa...»
Si aggrappa alle ginocchia, abbassando il capo e sembra davvero nel pallone. Mugugna qualcosa, però la voce non mi arriva chiara e non capisco quali siano i suoi pensieri.

All'improvviso sento uno strano rumore e, quando finalmente riesco a scacciare le lacrime con un ultimo rabbioso gesto, mi paralizzo.

Ora lo vedo chiaramente.

Non credevo che i miei sentimenti l'avrebbero fatto stare così male, pensavo di avere una minuscola speranza.

A quanto pare mi sbagliavo, perché la mia confessione l'ha appena fatto rigettare.
Realizzo, osservando con orrore il vomito sul pavimento e le sue belle labbra sporche, il suo fisico scosso dai tremiti. Si appoggia con la mano alla maniglia della porta e mi lancia un'occhiata sofferente.

Non pensavo che un rifiuto potesse essere tanto brutale.

«Scusa.» mormora dispiaciuto, prima di correre via.

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